Il più alto superiore della Segreteria di Stato vaticana è il cardinale italiano Pietro Parolin, "Segretario di Stato di Sua Santità Papa Francesco". La Praedicate Evangelium parla di "Segreteria papale". Il "Sostituto per gli Affari generali", tutto al più il secondo della gerarchia è l'ex nunzio, arcivescovo venezuelano, Edgar Peña Parra (64 anni) e occupa la carica dal 15 agosto 2018. In realtà però, nei fatti, e in numerose questioni a volte essenziali, il
Sostituto è il secondo della gerarchia cattolica. Essendo per la verità l'Aiutante di campo permanentemente accanto al sovrano, è chiamato per primo a far rispettare i suoi ordini. Formalmente, secondo la Costituzione Praedicate Evangelium, i poteri del Sostituto sono numerosi, piuttosto ampi e a volte indefiniti come si legge nell'Art. 46: "Alla Sezione per gli Affari Generali spetta in particolar modo di attendere al disbrigo degli affari riguardanti il servizio quotidiano del Romano Pontefice; di esaminare quegli affari che occorra trattare al di fuori della competenza ordinaria delle Istituzioni curiali e degli altri Organismi della Sede Apostolica; di favorire il coordinamento fra i medesimi Dicasteri e Organismi ed Uffici senza pregiudizio della loro autonomia. Spetta ad essa espletare tutto ciò che riguarda i Rappresentanti degli Stati presso la Santa Sede".Il Sostituto
vaticano, un immenso potere nella Chiesa
A tutto ciò, e proprio per queste mansioni
assegnate al Sostituto nel testo recente della nuova Costituzione ma anche
nelle precedenti, si somma un potere unico, immenso e dirimente: essere il
braccio esecutivo e di massima fiducia del Pontefice in un rapporto simile a
quello tra un Generale comandante e il suo primo Aiutante di campo. Alla
relazione gerarchica con il Vescovo di Roma si aggiunge strada facendo, nel
tempo, la crescita di un rapporto di amicizia molto solido perché basata sulla
lealtà.
Con ogni probabilità nella vicenda del prete argentino Ariel Alberto Pràncipi, processato e sentenziato in processi regolari, dimesso dallo stato clericale ma poi reintegrato al ministero per disposizioni della Segreteria di Stato, il vero e unico potere è stato il Sostituto, mons. Peña Parra. Nessun altro in Vaticano avrebbe potuto mettere le mani in una simile storia. Farlo senza protezione sarebbe stato come sedersi su cavi di alta tensione.
Probabilmente, anzi quasi certamente, il
marchingegno era affidabile perché era già stato implementato in altri casi e
forse perché si pensava che con un cardinale argentino, molto amico di
Francesco, alla guida del Dicastero per la Dottrina della Fede (Víctor Manuel
Fernández), avrebbe avuto un basso profilo, comunque non esplosivo.
La coppia:
mons. Kennedy e mons. Scicluna
Gli strateghi del marchingegno di un processo con
nuovi elementi presso la Segretaria di Stato, per “aiutare” l’ex prete pedofilo
argentino Ariel Alberto Pràncipi, e cioè l'arcivescovo Edgar Peña Parra e il
card. Víctor Manuel Fernández, i due collaboratori più vicini al Santo Padre
anche per ragioni di amicizia, non fecero i conti con una coppia particolare:
mons. Kennedy e mons. Scicluna.
Il ruolo del
card. Fernández
Queste due figure sono: John Joseph Kennedy,
Segretario per la Sezione Disciplinare del Dicastero per la Dottrina della Fede
e Charles Jude Scicluna, Segretario aggiunto. Da quanto si è potuto sapere di
più su questa irritante e potenzialmente devastante vicenda, sono questi due
ecclesiastici coloro che hanno stoppato - chiamando in causa la persona del
Pontefice - la prepotente invasione di campo del Sostituto. All’iniziativa di
Kennedy e Scicluna andrebbe associato il consenso del Sottosegretario, mons.
Philippe Curbelié ,nonché del Promotore di Giustizia, padre Robert Joseph
Geisinger.
Insomma, il Prefetto card. Fernández, amico
dell’ex prete, sarebbe rimasto isolato al momento dello scoppio del caso e
anche dopo. In Argentina tra l’altro si è scritto ancora sulla vicenda e si è
detto che tra l’oggi cardinale Fenández e l’ex presbitero Ariel Alberto
Pràncipi esiste da molti anni una forte amicizia nata e sviluppata prima nel
seminario e poi nella diocesi in cui erano incardinati.
La pazienza
è finita
L'ultima considerazione che si può fare, allo
stato attuale delle cose, riguarda una denuncia già fatta e conosciuta in
ambienti ecclesiastici e soprattutto vaticani. Si riassume nell’espressione:
‘la pazienza è finita’.
Di cosa si parla?
Del fatto che in diversi momenti e da diverse
istanze si sono fatti avanti gradualmente numerosi tentativi di influenzare
processi o sentenze riguardanti membri del clero imputati di abusi sessuali su
minori e vulnerabili. E così dunque il Dicastero per la Dottrina della Fede, in
particolare la sua Sezione disciplinare, con metodi, parole, suggerimenti,
colpi di autorità o consigli non richiesti, è diventato un luogo per ingerenze
e interferenze.
Nella Chiesa le condotte pedofile, in particolare
quelle seriali, spesso trovano sostegno in reti di occultamento e di difesa. Il
team che si prende cura istituzionale in Vaticano della lotta contro la
pedofilia clericale appare piuttosto stanco e sfinito di dover usare del
proprio tempo e delle proprie scarse risorse per stoppare sporche influenze
esterne anche altolocate.