Riceviamo da don Alfredo Morselli e pubblichiamo un utile articolo del 16 settembre scorso.Luigi C.
È possibile avere dubbi sul fatto che Francesco è Papa?
Il Pontificato di Papa Francesco è divenuto oggetto di tante
perplessità e rimostranze: alcune di queste obiezioni vengono espresse in modo
lecito, mantenendo la fede cattolica e il dovuto ossequio al Pontefice.
È il caso, ad esempio, dei dubia presentati da alcuni
Cardinali circa Amoris laetitia[1] e delle
reazioni dell’Episcopato africano a Fiducia supplicans[2].
Altri generi di opposizione, invece non sono compatibili con
la fede: ad esempio, le varie forme di sedevacantismo, secondo le quali
Francesco non sarebbe Papa oppure sarebbe Papa solo materialmente[3].
Recentemente sono apparse tesi che, pur non negando
che Francesco sia Papa, tuttavia mettono in dubbio che lo sia effettivamente:
è il caso del prof. Massimo Viglione, il quale, nel suo libro Habemus Papam[4], sostiene
che “«la possibilità che Francesco non sia Francesco ma solo Jorge Mario
Bergoglio è concreta e tutt’altro che trascurabile» (p. 247) per molte
ragioni, ma soprattutto «per il vizio di consenso dello stesso Bergoglio,
che riteniamo sicuro anche in base ai fatti incontrovertibili di questi quasi
undici anni di pontificato» e «perché anche qualora Bergoglio fosse
veramente Francesco, le sue continue eresie pubbliche e pervicaci creano il
serio problema del papa eretico. E questo è per noi l’elemento più determinante»
(p. 248). «Per tutte queste ragioni riteniamo, come detto, fortemente
probabile che la Sede papale sia oggi vacante. Ma la certezza assolutamente
stringente, teologicamente e canonicamente, prove indiscutibili in mano, non
possiamo dire di averla» (p. 248). Noi, ribadisce Viglione, «siamo
moralmente convinti dell’alta probabilità della vacanza della Sede, ma non ci
sentiamo di presentarla come oggettiva certezza assoluta vincolante per altri
(e neanche per noi stessi)» (p. 250)”[5].
In base a quanto sopra, di fronte alla questione se
Francesco sia Papa o meno, ci troviamo di fronte a tre posizioni:
1.
Francesco è Papa
2.
Francesco non è Papa
3.
Non è certo che Franceso sia Papa
L’oggetto di questo studio riguarda la terza affermazione, e intende rispondere alla seguente domanda: è lecito dubitare del fatto che Francesco è Papa? E, se non è lecito, in quale peccato incorre colui che coltiva questo dubbio?
2.
Che cos’è il dubbio di fede?
Il Card. Pietro Palazzini spiega il dubbio di fede
nei seguenti termini:
“Il dubbio è una forma particolare dell’infedeltà e
dell’eresia: colui che dubita in materia di fede è eretico. Si tratta,
però, del dubbio accolto volontariamente nella mente, nonostante la sufficiente
proposizione della verità rivelata. In tal caso, colui che dubita, ha già
rifiutata la sottomissione della sua mente e della sua volontà all’autorità di
Dio rivelatore. Esso, perciò, non va confuso con la tentazione del dubbio,
tanto meno con l’ossessione del dubbio o con le semplici difficoltà teoriche: l’ossessione
è una forma morbosa, la quale se mai, analogamente a quanto avviene per le
altre forme ossessive, indica un’eccessiva preoccupazione di credere; le
difficoltà, poi, finché rimangono teoriche, non compromettono per nulla la
volontà” [6]
A questa ottima sintetica descrizione, aggiungo una nota circa
i dubia dei Cardinali: questi dubia non sono dubbi di fede, ma
richieste di spiegazione a seguito di possibili equivoci interpretativi[7].
Ma perché il dubbio di fede è una forma (e quindi rientra
nel genere) di eresia?
Perché, quando la Chiesa propone a credere in modo
infallibile una certa verità, dichiara che la tal proposizione è sempre e
certamente vera: l’eretico dice: “Non è vera”, colui che dubita afferma: “(Non
sempre e non certamente) è vera”. In entrambi casi la verità di fede è
contraddetta e quindi vale l’adagio che suona: “Il dubbioso in materia di fede
è un infedele”[8].
A tal proposito, il Concilio
Vaticano I ha dichiarato:
“coloro che hanno ricevuto
la fede sotto il magistero della Chiesa non possono mai avere giustificato
motivo di mutare o di dubitare della propria fede”[9].
In piena conformità con tutta la Tradizione della Chiesa,
anche il Catechismo della Chiesa
Cattolica pone il dubbio tra i
peccati contro la fede:
CCC 2088: “Ci sono diversi modi di peccare contro la fede.
Il dubbio volontario circa la fede trascura o rifiuta di ritenere per vero ciò
che Dio ha rivelato, e la santa Chiesa ci propone a credere. […] Se viene
deliberatamente coltivato, il dubbio può condurre all’accecamento dello spirito”
3.
Il dubbio di fede non riguarda solo i dogmi.
Su che cosa non possiamo dubitare? Senz’altro sui dogmi
definiti, ma non solo: non si può dubitare su tutto ciò che la Chiesa propone a
credere in modo infallibile, richiedendo l’assenso interno di fede. Così spiega
Lumen gentium:
“…questo assenso religioso della volontà e della
intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del
romano Pontefice, anche quando non parla «ex cathedra». Ciò implica che il suo
supremo magistero sia accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisca
alle sue affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di
lui manifestatasi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei
documenti, o dall’insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera
di esprimersi”[10].
Questo insegnamento solenne ci mette al riparo da due
errori: il primo è quello che ritiene obbligante solo il magistero «ex
cathedra», cioè solo le definizioni dogmatiche, per cui nell’ultimo secolo si
sarebbe obbligati a credere nell’Assunzione al cielo della Madonna e poco altro;
in questo caso il Magistero ordinario diventerebbe oggetto di libera
discussione, e ciò è inammissibile.
Il secondo errore è quello di ritenersi obbligati a
credere ad ogni flatus vocis emesso dal Papa, senza distinguere tra un’enciclica
e un’omelia pronunciata a braccio, intervista in aereo e simili. Del resto,
anche Lumen gentium ammette, sempre al § 25, che il Papa possa parlare
come “persona privata”; in questo caso, di per sé, non è richiesto nessun
assenso.
4.
Su quali affermazioni non si può dubitare?
La risposta a questa domanda ci viene fornita dalla
Congregazione per la Dottrina della Fede, la quale ha pubblicato, nel 1989, i
testi della Professione di Fede e del Giuramento di fedeltà nell’assumere
un ufficio da esercitare a nome della Chiesa[11].
La Professione di Fede comprende il Simbolo degli
Apostoli e l’aggiunta di tre commi:
“Credo pure con ferma fede tutto ciò che è contenuto nella
Parola di Dio scritta o trasmessa e che la Chiesa, sia con giudizio solenne sia
con magistero ordinario e universale, propone a credere come divinamente
rivelato.
Fermamente accolgo e ritengo anche tutte e singole le
verità circa la dottrina che riguarda la fede o i costumi proposte dalla Chiesa
in modo definitivo.
Aderisco inoltre con religioso ossequio della volontà e
dell’intelletto agli insegnamenti che il Romano Pontefice o il Collegio dei
Vescovi propongono quando esercitano il loro magistero autentico, sebbene non
intendano proclamarli con atto definitivo”.
Le parole introduttive di ogni paragrafo (Credo pure con
ferma fede…, Fermamente accolgo e ritengo…, Aderisco inoltre con religioso
ossequio della volontà e dell’intelletto…) escludono chiaramente la liceità
di ogni dubbio[12].
5.
La legittimità dell’elezione del Papa che grado
di assenso richiede?
La stessa Congregazione per la Dottrina della Fede ha emanato
la «Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professione
di Fede» (d’ora in poi indicata come Nota), resa pubblica e comparsa
su L’Osservatore Romano del 30 giugno -1° luglio 1998, allo scopo di
spiegare il significato e il valore dottrinale dei tre commi conclusivi, che si
riferiscono alla qualificazione teologica delle dottrine e al tipo di assenso
richiesto ai fedeli.
Mi limito, in questa sede, ad alcune osservazioni sul
secondo comma, che è quello che contiene la risposta ala nostra domanda[13]. La Nota
spiega, al § 6:
“L’oggetto che viene insegnato con questa formula
comprende tutte quelle dottrine attinenti al campo dogmatico o morale, che
sono necessarie per custodire ed esporre fedelmente il deposito della fede,
sebbene non siano state proposte dal magistero della Chiesa come formalmente
rivelate[14]”.
Dopo un approfondimento del testo appena citato, la Nota
prosegue, al § 7:
“Le verità relative a questo secondo comma possono essere
di natura diversa e rivestono quindi un carattere differente per il loro
rapportarsi alla rivelazione. Esistono, infatti, verità che sono
necessariamente connesse con la rivelazione in forza di un rapporto storico;
mentre altre verità evidenziano una connessione logica, la quale esprime
una tappa nella maturazione della conoscenza, che la Chiesa è chiamata a
compiere, della stessa rivelazione. Il fatto che queste dottrine non siano
proposte come formalmente rivelate, in quanto aggiungono al dato di fede elementi
non rivelati o non ancora riconosciuti espressamente come tali, nulla
toglie al loro carattere definitivo, che è richiesto almeno dal legame
intrinseco con la verità rivelata”.
In seguito, al § 11, la Nota propone alcuni esempi di
queste verità che sono necessariamente connesse con la rivelazione in forza di
un rapporto storico o di una connessione logica:
“Con riferimento alle verità connesse con la rivelazione
per necessità storica, che sono da tenersi in modo definitivo, ma che non
potranno essere dichiarate come divinamente rivelate, si possono indicare come
esempi la legittimità dell’elezione del Sommo Pontefice o della
celebrazione di un concilio ecumenico, le canonizzazioni dei santi (fatti
dogmatici); la dichiarazione di Leone XIII nella Lettera
Apostolica Apostolicae Curae sulla invalidità delle ordinazioni
anglicane”.
Come si vede, il magistero indica la legittimità dell’elezione
del Sommo Pontefice come verità connessa con la Rivelazione, verità su cui non
è possibile dubitare.
6.
Connessione logica tra la Rivelazione e l’impossibilità
di dubitare su chi sia il Pontefice
Connessione logica tra la Rivelazione e le verità
descritte nel secondo comma conclusione della Professio fidei significa
che la negazione di una di queste verità comporterebbe una negazione necessaria
di verità esplicitamente e direttamente definite.
1. La negazione o il dubbio di chi sia il Papa, un Papa
moralmente accettato dalla totalità morale dei Cattolici, comporterebbe l’impossibilità
dell’atto di fede e la negazione della indefettibilità della Chiesa.
Infatti, un miliardo e trecentomila cattolici non possono
sbagliarsi su chi è il Papa. Il Pontefice è il primum movens della propositio
ecclesiae: non esiste una fede che non sia proposta a credere dalla Chiesa
e quindi dal Romano Pontefice: se un miliardo e trecentomila cattolici, che
vogliono credere ciò che Dio ci ha rivelato e la Chiesa ci propone a credere,
guardassero a un punto di riferimento che non è tale, non potrebbero, di fatto,
credere: sarebbe impossibile l’atto di fede.
Compresi in questo miliardo e trecentomila cattolici ci sono
santi, martiri, tanti buoni fedeli, il cui sensus fidei non può
complessivamente ingannarsi.
Si può applicare, in senso spirituale, al Romano Pontefice,
il versetto 15 del salmo 144 (Vg) “Oculi omnium in te sperant, Domine; et tu
das escam illorum in tempore opportuno” (“Gli occhi di tutti a te sono rivolti
in attesa e tu dai loro il cibo a tempo opportuno”): si tratta del nutrimento
della fede, mediante un retto insegnamento.
2. Se ci fosse un errore sull’identità Papa, sarebbe
impossibile Credere Deo (cf. San
Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, IIª-IIae q. 2 a. 2)[15],
cioè credere non perché scegliamo noi gli articoli a cui credere, ma perché ci
sono proposti come un dono dall’alto (cf. Gc 1,17). E se lo strumento di detto
dono è fallace, viene a essere minato lo stesso atto di fede.
Non è possibile credere incondizionatamente a chi non
sappiamo se ha la facoltà o la potenzialità di proporre a credere.
3. Sarebbe pure impossibile Credere Deum[16],
perché anche l’oggetto materiale della fede sarebbe imprecisato, e la
Tradizione sarebbe ridotta a un libro, vuoi il Denzinger, vuoi il Catechismo
della Chiesa Cattolica, da interpretare ciascuno come può. Verrebbe a
cadere la possibilità del Magistero vivo, cioè di una propositio qui e ora,
a cui si deve una risposta qui e ora, qual è l’assenso proprio dell’atto
di fede.
7.
In quale peccato incorre colui che coltiva il dubbio
se un Papa, pur universalmente riconosciuto come tale, lo sia effettivamente?
7.1 Precisiamo i termini.
1. Coltivare il dubbio: non si tratta di chi, di
fronte ad affermazioni sconcertanti, si chiede, mosso dalle passioni dell’irascibile:
“Ma come può un Papa affermare ciò?”, ma poi rientra in se stesso e cerca di capire
come stanno le cose.
Non si tratta neppure di chi studia se, in linea teorica, possa
darsi il caso di un Papa dubbio.
Coltivare il dubbio significa affermare: “Non è
possibile sapere con certezza se quello che tutti ritengono oggi Papa sia
effettivamente tale”.
2. Papa universalmente riconosciuto come tale: Roberto de Mattei ha spiegato egregiamente questo concetto:
“Per quanto riguarda i dubbi sull’elezione del cardinale
Bergoglio, al di là delle sottigliezze giuridiche, non c’è stato alcun
cardinale, partecipante al Conclave del 2013, che abbia sollevato dubbi sulla
validità di quell’elezione. Tutta la Chiesa ha accettato e riconosciuto
Francesco come legittimo Papa e, secondo il diritto canonico, la pacifica “universalis ecclesiae adhaesio”
(adesione della Chiesa universale) è segno ed effetto infallibile di un’elezione
valida e di un papato legittimo. La professoressa Geraldina Boni in un
approfondito studio dal titolo Sopra una
rinuncia. La decisione di papa Benedetto XVI e il diritto [Geraldina Boni, Sopra una rinuncia. La decisione di papa
Benedetto XVI e il diritto (Bononia University Press, Bologna 2015)],
ricorda come le costituzioni canoniche in vigore, non considerano invalida un’elezione
frutto di patteggiamenti, accordi, promesse od altri impegni di qualsiasi
genere come la possibile pianificazione dell’elezione del cardinale
Bergoglio.
Quanto scrive la prof.ssa Boni coincide con ciò che Robert
Siscoe e John Salza osservano, sulla base dei più autorevoli teologi e
canonisti: «… è dottrina comune della
Chiesa che l’accettazione pacifica e universale di un Papa fornisce certezza
infallibile della sua legittimità» [Robert Siscoe e JohnSalza, “Is Francis or Benedict the True Pope?” (two-part
series), in “Catholic Family News”, Sept-Oct. 2016[17]]”[18].
7.2 Risposta a una possibile
obiezione.
Obiezione: sia il
testo della Nota, sia la spiegazione
circa l’adesione della Chiesa universale
parlano di impossibilità morale di dubitare circa l’elezione di un Pontefice,
ma non del dubbio se un Pontefice validamente eletto lo sia di fatto, nel
momento attuale in cui si dubita.
Risposta: se non è lecito dubitare della validità
dell’elezione, a maggior ragione non si può dubitare se un Papa
validamente eletto lo sia ancora in un certo momento: da un lato ci sono le
ragioni esposte al § 6 di questo scritto, dall’altro bisognerebbe provare che un
Papa è decaduto; e ciò è molto difficile, permanendo comunque l’adesione della Chiesa universale sul fatto che è Papa.
7.3 Risposta alla nostra domanda.
In quale peccato incorre colui che coltiva il dubbio se un
Papa, pur universalmente riconosciuto come tale, lo sia effettivamente?
La Nota ci fornisce la risposta, offrendocene le
motivazioni; abbiamo visto che l’accettazione della validità dell’elezione del
Romano Pontefice è assimilabile alle verità indicate nel secondo comma:
8. Per quanto riguarda la natura dell’assenso
dovuto alle verità proposte dalla Chiesa come divinamente rivelate (1° comma) o
da ritenersi in modo definitivo (2° comma), è importante sottolineare che non
vi è differenza circa il carattere pieno e irrevocabile dell’assenso, dovuto ai
rispettivi insegnamenti. La differenza si riferisce alla virtù soprannaturale
della fede: nel caso delle verità del 1° comma l’assenso è fondato direttamente
sulla fede nell’autorità della Parola di Dio (dottrine de fide credenda); nel
caso delle verità del 2° comma, esso è fondato sulla fede nell’assistenza dello
Spirito Santo al magistero e sulla dottrina cattolica dell’infallibilità del
magistero (dottrine de fide tenendo).
Posto il “carattere pieno e irrevocabile dell’assenso”
richiesto, “fondato sulla fede nell’assistenza dello Spirito Santo al magistero
e sulla dottrina cattolica dell’infallibilità del magistero”, è chiaro che il
mancato assenso – sia negando, sia dubitando – costituisce un grave peccato
contro la fede. La Nota spiega che colui che rifiuta il suddetto assenso
“assumerebbe una posizione di rifiuto di verità della dottrina cattolica e
pertanto non sarebbe più in piena comunione con la Chiesa cattolica” (§ 6).
8.
Conclusione
In questo scritto mi sono limitato a trattare solo un tema
ben delimitato, ovvero la liceità o meno del dubbio sul fatto che il Papa
riconosciuto tale dalla totalità morale della Chiesa lo sia realmente di fatto.
Mi rendo conto che le problematiche sorte in questi ultimi
tempi ci porterebbero a trattare temi più complessi, e ad affrontare le
questioni circa la possibilità di un Papa eretico, che cosa si dovrebbe fare in
questi casi, e le varie ipotesi sedevacantiste.
Rimando alla lettura di alcuni importanti saggi, tra cui Arnaldo Xavier da Silveira, Ipotesi
teologica di un papa eretico, Chieti: Solfanelli 2016, e, sempre del
medesimo autore, Se un Papa è eretico: che fare?, Roma: Ed. Fiducia,
2019.
Personalmente ritengo che non abbiamo una dottrina, certa e
comune ai vari autori probati, circa la possibilità di un Papa eretico e,
soprattutto, indicazioni sicure su cosa fare qualora il caso si verificasse
(caso ammesso e non concesso).
Siamo, per alcuni aspetti, in una situazione di stallo e di
buio, simile alla situazione descritta dal Profeta Geremia (14,18): “Anche il
profeta e il sacerdote si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare”.
Rimangono tuttavia certezze non di poco conto: le Promesse
del Salvatore (Non praevalebunt) e il Trionfo del Cuore Immacolato,
promesso a Fatima dalla Madonna.
Da parte nostra non ci rimane altro che provare a fare gli
eletti, nel senso di Mt 24, 21-24:
“… vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai
avvenne dall’inizio del mondo fino a ora, né mai più ci sarà. E se quei giorni
non fossero abbreviati, nessun vivente si salverebbe; ma a causa degli
eletti quei giorni saranno abbreviati. Allora se qualcuno vi dirà: Ecco, il
Cristo è qui, o: È là, non ci credete. Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi
profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se
possibile, anche gli eletti”.
Icone di questi eletti potrebbero essere San Pio da
Pietrelcina, figura del buon clero ingiustamente perseguitato, e i santi
Pastorelli di Fatima, modello di tutte le anime riparatrici.
Imitiamoli e questi giorni saranno abbreviati.
Ritengo ogni ipotesi alternativa a questo obbligo (tutti i sedevacantismi,
i dubbi su chi sia il Papa etc,) uno schiodarsi dalla Croce che è
chiesto ai buoni cristiani di portare in questo tempo.
Si tratta invece di accettare quello che P.
Garrigou-Lagrange chiamava il chiaroscuro della fede[19], cioè
gustare la luce che la fede comunque ci offre, anche in questa epoca, accettando
pure l’oscurità del non ancora: riposare in fede oscura, come diceva San
Paolo della Croce[20]:
La fede oscura
strada sicura
del santo amore.
Oh qual dolcezza
la sua certezza
mi reca al cuor!
[1] Cf. «I
quattro cardinali spiegano i “dubia”», https://lanuovabq.it/it/i-quattro-cardinali-spiegano-i-dubia.
[2] Cf. «Vescovi
africani, belgi e olandesi davanti alla Fiducia supplicans», https://tinyurl.com/vescovi-fiducia-s.
[3] Il
sedevacantismo comprende attualmente diversi gruppi: a un primo gruppo si
possono annoverare i sedevacantisti simpliciter, secondo i quali al
momento non c’è Papa: tra essi la Congregazione di Maria Regina Immacolata
il cui superiore è Mark Pivarunas, la Società San Pio V fondata da
Clarence Kelly, la Chiesa ortodossa greco-cattolica ucraina. Un secondo
gruppo comprende i “sedeprivazionisti”, detti anche tesisti, perché
seguono la Tesi di Cassiciacum, elaborata dal P. Guérard des Lauriers
O.P: secondo questa tesi, dal 1965 la cattedra di San Pietro è “occupata solo
materialmente dagli eletti dei conclavi convocati (tutti validi fino a prova
del contrario). Le persone elette dai conclavi sarebbero rimaste solo in
potenza “papi”, in quanto soggetti umani meramente designati al papato, e
quindi, propriamente e in senso stretto, non papi, Tali “papi” (impropriamente
e in senso lato, in quanto solo canonicamente eletti), insegnando in veste di
pastori della Chiesa dottrine già condannate come eretiche dal Magistero
ecclesiastico, manifesterebbero pubblicamente di fatto di essere privi di quell’autorità
di origine divina che preserva il papa dall’errore sia nel suo magistero
straordinario che in quello ordinario e universale. Quella del papa è difatti
un’autorità sovrannaturale che, previa un’elezione valida, solo Cristo, e non
il conclave, attribuisce direttamente al suo vicario in terra, garantendone il
carattere di infallibilità magisteriale e il primato giuridico. Se ne desume
che al momento dell’accettazione dell’elezione al papato, gli eletti dal
Conclave (almeno dal cardinale Giovanni Battista Montini sino all’attuale Jorge
Mario Bergoglio) abbiano accettato solo verbalmente e esteriormente, ponendo in
realtà interiormente un ostacolo (“obice”) all’accettazione, impedendo così la
comunicazione da parte di Dio del carisma divino normalmente spettante. Tale
ostacolo è individuato nella mancanza da parte dell’eletto dell’«intenzione
oggettiva ed abituale di procurare e di realizzare il bene e il fine della
Chiesa»“ (cit. da https://it.wikipedia.org/wiki/Tesi_di_Cassiciacum).
Non mancano altri gruppuscoli minoritari.
[4] Habemus
Papam. Papa eretico, rinuncia, sede vacante. L’insegnamento del passato e il
dibattito dopo l’11 febbraio 2013 (Maniero del Mirto, 2024).
[5] Cit.
in Roberto de Mattei, «Francesco è
Papa? Dubbi e contraddizioni», https://tinyurl.com/recensione-viglione.
[6] Pietro Palazzini, Vita e Virtù Cristiane, Roma: ed. Paoline, 1975, pp.27-28; il
grassetto è mio.
[7] Cf.
il mio «I dubia spiegati a chi avesse ancora dubia», https://lanuovabq.it/it/i-dubia-spiegati-a-chi-avesse-ancora-dubia.
[8] Spiega
il famoso moralista Prümmer:”Cum fides
catholica sit certissima, numquam adesse potest iusta causa eam in dubium
vocandi (Conc. Vat., sess. 3, cap. 3 (Denz. n. 1794 [Denzinger-Hünnermann
40/3014; n.d.r.; vedi nota 2), ideoque omne dubium voluntarium de illa est
graviter peccaminosum […] Catholicus, qui posilive dubitat de aliqua
propositione, quam certo sciat esse ab Ecclesia ut articulum fidei propositam,
est haereticus (Cf. Cod. iur. can. c. 1325, § 2). Patet; etenim tali dubio
destruitur obiectum formale fidei, scil. infallibilitas Dei revelantis. Hinc
illud adagium: “Dubius in fide infidelis est”…”; Dominicus Prümmer, Manuale
Theologiae Moralis secundum principia S. Thomae Aquinatis, vol I,
(Barcinonae - Friburgi Brisg. - Romae: Herder, 1958/13), p. 368, n. 520.
[9] Concilio Ecumenico Vaticano I,
Costituzione dogmatica Dei Filius
sulla fede cattolica: “…illi enim, qui fidem sub Ecclesiæ magisterio
susceperunt, nullam unquam habere possunt justam causam mutandi, aut in dubium
fidem eamdem revocandi.” Denzinger-Hünnermann
40/3014.
[10] Lumen
gentium, § 25.
[11] https://tinyurl.com/giuramento-di-fedelta-etc.
[12] Non
mi è possibile in questa sede dilungarmi a spiegare il terzo comma, per cui, a
chi legittimamente mi esigerebbe una certa distinzione sulle verità proposte
con un atto non definitivo, risponderei: “Per la questione del dubbio preso qui
in esame, bastano i primi due commi, che riguardano verità di cui non si può
dubitare”.
[13] Chi
volesse approfondire gli altri due commi, può trovare nella stessa Nota
una esaudiente spiegazione: cf. https://tinyurl.com/giuramento-di-fedelta-etc.
[14] Il
testo include la nota a piè di pagina n. 13, utile come esempio di documenti
vincolati: “Cf. Paolo VI, Lett. Enc. Humanae Vitae, n. 4: AAS 60
(1968) 483; Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Veritatis Splendor, nn.
36-37: AAS 85 (1993) 1162-1163”.
[15]
IIª-IIae q. 2 a. 2 co. (Se sia giusto distinguere nell’atto di fede il “credere
a Dio” dal “credere Dio” e “credere in Dio”): “L’atto di qualsiasi abito come di
qualsiasi potenza va considerato in base al rapporto dell’abito o della potenza
col proprio oggetto. Ora, tre sono gli aspetti in cui possiamo considerare l’oggetto
della fede. Infatti, esso si può considerare sia in rapporto all’intelletto,
sia in rapporto alla volontà, poiché credere, come abbiamo detto sopra, spetta
all’intelletto sotto la mozione della volontà che lo spinge ad assentire. Se si
considera in rapporto all’intelletto, allora nell’oggetto della fede possiamo
distinguere due cose, secondo le spiegazioni date. La prima è l’oggetto
materiale della fede. E da questo lato si considera come atto di fede “credere
Dio”: poiché, come sopra abbiamo detto, niente viene proposto alla nostra fede,
se non in quanto appartiene a Dio. - La seconda è la ragione formale dell’oggetto,
la quale costituisce come il motivo per cui si acconsente a una data verità di
fede. E da questo lato si considera come atto di fede “credere a Dio”: poiché,
come sopra abbiamo detto, oggetto formale della fede è la prima verità, alla
quale l’uomo deve aderire, per accettare in forza di essa le cose da credere. -
Se invece si considera l’oggetto di fede sotto un terzo aspetto, cioè in quanto
dipende dall’intelletto dietro la mozione della volontà, allora si ha come atto
di fede il “credere in Dio”: ché la verità prima considerata qual fine si
riferisce alla volontà”.
[16] Vedi
nota precedente.
[17] http://www.trueorfalsepope.com/p/is-francis-or-benedict-true-pope.html.
[18] Roberto de Mattei, «Roberto de Mattei
risponde al libro di Antonio Socci», https://tinyurl.com/de-mattei-socci.
[19] Réginald Garrigou-Lagrange O.P., Il
senso del mistero e il chiaroscuro intellettuale, Verona: Fede E Cultura,
2019.
[20] Lettera
I,137.