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domenica 28 luglio 2024

29 luglio. Olaf il santo

Preghiamo il grande santo norvegese S. Olaf, alla vigilia della sua festa.
Luigi C.

Schola PalatinaRino Zabiaffi,  15 Novembre 2023

Olaf II di Norvegia o Olaf II Haraldsson fu venerato già poco dopo la sua morte tanto come eroe dell’indipendenza nazionale quanto come martire per la difesa della fede cristiana. La più conosciuta delle saghe norrene, passata alla storia col titolo di Heimskringla, parla ampiamente di questo sovrano.

Dalle scorrerie alla conversione

Olaf nacque attorno al 995 in un contesto ancora pagano: fonti medioevali islandesi indicano sua madre come Åsta Gudbrandsdatter e suo padre come Harald Grenske, bisnipote di Harald I di Norvegia. Carattere combattivo e capace in battaglia, Olaf trascorse la gioventù compiendo scorrerie nei Paesi baltici e poi in Spagna ed in Francia. Fu in lotta contro l’Inghilterra fra il 1009 e il 1011 e forse prese parte all’assalto di Canterbury, spartendosi il bottino ottenuto col saccheggio delle chiese. Difese, però, questo Paese, alleandosi col sovrano Etelredo, contro le truppe danesi: quando queste, guidate da Sweyn I, ebbero la meglio, decise di fuggire nel continente, in Spagna e poi in Normandia. A questo periodo risale anche la sua conversione alla fede cristiana, si dice che abbia ricevuto il battesimo a Rouen.

Di ritorno in patria, nel 1015, benché a capo di un piccolo esercito, riuscì a conquistare diverse regioni precedentemente sotto il controllo svedese e danese e si insediò sul trono regale nel 1016, dopo una battaglia decisiva svoltasi contro Sveinn Hákonarson, erede della corona. Nel decennio che seguì, unificò sotto al suo potere i diversi Ting ovvero le assemblee dei clan locali. Pur fissando la propria corte a Nidaros, Olaf, accompagnato sempre dal vescovo inglese Grimkell, percorse l’intero territorio del regno, concentrando i propri sforzi soprattutto nelle regioni del centro e del nord, ove più forti furono le resistenze, consolidando così il potere centrale.

Dall’esilio al martirio

Cercò di rendere il Cristianesimo religione di Stato, chiamando dall’Inghilterra vescovi e sacerdoti missionari, per completare l’opera di evangelizzazione iniziata in Norvegia. Come già aveva fatto anche il suo omonimo predecessore, Olaf Tryggvason, sant’Olaf s’impegnò ad estirpare i costumi pagani, erigendo chiese di nuova costruzione. Nel 1024, promulgò un codice, considerato oggi il primo esempio di legislazione nazionale.

La sua politica fu tuttavia invisa agli aristocratici del Paese, i quali, per sbarazzarsi di lui, sollecitarono l’intervento di re Canuto, sovrano di Danimarca e d’Inghilterra, che, accolte le loro richieste, nel 1028 cacciò sant’Olaf, ne prese il posto alla guida del regno e lo costrinse all’esilio in Russia. Per cercare di riconquistare il proprio trono, sant’Olaf radunò tuttavia in Svezia un esercito. Lo scontro decisivo, cui re Canuto non prese parte, avvenne il 29 luglio del 1030 a Stiklestad, non lontano da Nidaros: all’età di circa 35 anni, sant’Olaf cadde in battaglia, da martire.

In punto di morte, invocò il soccorso del Signore: «Che Dio mi aiuti!». Il suo operato gli valse l’appellativo postumo di Rex Perpetuus Norvegiae e la sua fama non smise di crescere, oscurando le azioni del nuovo sovrano, Canuto, ed anzi rendendolo ben presto impopolare presso l’aristocrazia. Alla morte di Canuto successe sul trono di Danimarca il figlio di Olaf, Magnus I di Norvegia.

Una rapida canonizzazione

Sempre più frequenti divennero le testimonianze di miracoli accaduti sul luogo dell’ultima battaglia di Olaf, nonché su quello della sepoltura. Nello stesso periodo il vescovo Grimkell iniziò con zelo a raccogliere notizie e racconti dei fatti straordinari attribuiti all’intercessione di sant’Olaf: essendo lui pratico delle procedure, seguite in questi casi dalla Chiesa, giunse ben presto alla sua canonizzazione, il 29 luglio 1031.

Si iniziarono a costruire chiese e santuari in onore di re Olaf, oltre naturalmente che in Norvegia, anche in Inghilterra, in Svezia ed a Roma. Quando le sue spoglie mortali vennero riesumate per essere traslate nella chiesa di San Clemente a Nidaros dopo una prima sepoltura, fatta altrove in gran segreto, e poi in cattedrale, i presenti notarono come il suo corpo si fosse miracolosamente conservato in modo integro. Le spoglie furono deposte in un sarcofago argenteo, che sembra però essere stato portato in territorio danese e fatto fondere durante gli anni della Riforma protestante.

A Stiklestad venne poi costruita una cappella in legno, su cui, alcuni anni più tardi, venne eretta una seconda struttura in muratura, ancora oggi meta di pellegrinaggi e teatro ogni anno, dal 1954, di una rievocazione storica, per ripercorrere gli ultimi giorni della vita terrena di sant’Olaf, in particolare gli eventi che accompagnarono la battaglia in cui rimase ucciso. A tale evento, cui lavorano 700 persone, fra professionisti e dilettanti, partecipano circa 800.000 spettatori.

Il “Cammino di sant’Olaf”

Sant’Olaf nel XIV secolo venne celebrato come protettore dei mercanti appartenenti alla Lega anseatica; oggi è patrono di Norvegia, la sua festa viene celebrata il 29 luglio, giorno anniversario della sua morte. I suoi emblemi sono la corona, lo stendardo di battaglia, lo scudo, l’elmo, la spada, l’ascia, lo scettro e il globo. Si tratta dell’ultimo Santo occidentale, accettato nel culto anche dalla Chiesa ortodossa orientale. Ogni anno migliaia di pellegrini percorrono i 643 chilometri del “Cammino di Sant’Olaf”, una rete di percorsi che attraversano la Svezia e la Norvegia e che uniscono Oslo, capitale odierna dello Stato, a Trondheim (o, anticamente, Nidaros, in cui Olaf pose la sede del governo, nel momento in cui fu insediato come re).

Quello di Gudbrandsdalen è il più antico ed è l’unico a passare per Bonsnes, dove ebbe i propri natali Olaf. Si tratta di un terreno meno praticato, in confronto alla via Francigena o ad altri sentieri europei, forse anche a motivo della Riforma luterana, che pose al bando ogni forma di venerazione nei confronti dei Santi, compreso il pellegrinaggio: sicuramente, per chi lo compia, è però un percorso di grande e profondo significato spirituale.