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mercoledì 26 giugno 2024

Lettera aperta di padre Spataro sull’intervista di MiL al prof. Grillo

Pubblichiamo, grati, un qualificatissimo commento (all’intervista a Grillo) che padre Roberto Spataro sdb (Segretario emerito della Pontificia Academia Latinitatis e Socio ordinario dell’Academia Latinitati Fovendae
ha inviato al nostro Luigi, quale lettera aperta da offrire ai lettori di MiL focalizzando l’attenzione sull’uso della lingua latina.
Qui sull’ intervista si veda anche Nico Spuntoni (il Giornale). 
Roberto 

Gentile Dott. Casalini,

Da attento lettore di MiL non posso che ringraziarla per l’ampia attenzione dedicata alla recente intervista rilasciata dal prof. Andrea Grillo sulla “Missa iuxta Ritum Romanum antiquiorem” (mi permetto di ricordare en passant che in lingua latina antiquior/ius ha pure e principalmente il significato di “più importante”) e alle reazioni che ha suscitato in illustri commentatori. I non pochi fedeli che leggono MiL, ai quali è invece del tutto ignoto il nome del prof. Grillo, e che avvicino nel servizio pastorale apprezzano molto le idee promosse dal sito da Lei lodevolmente diretto.

Le opinioni del prof. Grillo hanno suscitato in me grande perplessità. Tuttavia, vorrei soffermarmi su un unico punto, solo apparentemente marginale, laddove ha parlato di “lingue morte” con

evidente riferimento alla lingua latina. Il mio stupore nasce da tre motivi. 

 Anzitutto, in altro articolo, risalente al 2021, facilmente rintracciabile sulla rete, lo stesso prof. Grillo, nega che tale possa essere considerata la lingua latina. 

 In secondo luogo, tra gli studiosidi questo tipo di fenomeni storico-linguistici, superando la dicotomia lingue vive/lingue morte, si preferisce parlare a proposito del latino e della sua storia peculiare di “lingua immortale”: il grande filologo Wilfried Stroh è stato autore di un fortunatissimo saggio intitolato “Latein ist tot: lebe Latein!”.

 In terzo luogo, il latino assolve nel rito romano, prima e dopo la cosiddetta riforma liturgica postconciliare, la funzione di “lingua sacra”, come gli studiosi del calibro della Scuola di Nimega, tra cui l’eccellente Christine Mohrmann, sicuramente non ignota al prof. Grillo, hanno mostrato con solidi argomenti. Solo la lingua sacra, proprio perché sottratta all’uso quotidiano, lungi dall'essere "morta", dispone di una vitale carica espressivo-performativa religiosa che sostiene e promuove l’“actuosa participatio”.

In conclusione, mi sembra che l’utilizzo dell’espressione “lingue morte”, con riferimento al latino, sia stato un punto decisamente infelice dell’intervista del prof. Grillo, che riecheggia conversazioni di ragazzi di scuola superiore di primo livello che dileggiano i loro compagni che frequentano il Liceo Classico.

Satis intelligentibus.

Colgo l’occasione per salutarla con molta cordialità


Sac. Prof. Roberto Spataro, sdb
Segretario emerito della Pontificia Academia Latinitatis
Socio ordinario dell’Academia Latinitati Fovendae

3 commenti:

  1. Il teologo De Lauriers diceva che ci sono due modi per fare teologia, quello ortodosso di guardare a Dio, parlare di Dio, e quello deformante di guardare all'uomo, parlare dell'uomo, esaltandone il culto.
    Non ho dubbi su dove erroneamente da decenni si ponga lo sguardo della teologia che è stata stravolta dalle correnti filosofiche moderne.

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  2. Ma il tanto caro Concilio Vaticano II non aveva detto che comunque che nella liturgia la lingua latina doveva conservarsi e che le lingue volgari erano ammesse in via residuale, concorrente ma mai in esclusiva? Consiglio al prof. Grillo una ripassata!!

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  3. In riferimento a tutte queste maldestre novità, nel mio dialetto, si direbbe "Hanno stancato pure San Giuseppe" facendo riferimento alla virtù indefessa dell'insigne Patriarca.

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