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domenica 16 giugno 2024

Addio primato petrino? Il nuovo documento vaticano sul vescovo di Roma, al servizio di sinodalità ed ecumenismo

Grazie ad Aldo Maria Valli per queste riflessioni sul nuovo documento vaticano sul papato (QUI MiL).
"Ora tocca agli esperti commentare. Ma, a naso, mi sento di dirlo: se si dovesse procedere lungo questa strada, una pietra tombale cadrebbe sul primato petrino".
QUI Michael Haynes.
Luigi C.


13-6-24
Come annunciato [qui], è stato presentato in Vaticano il documento del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani Il Vescovo di Roma. Primato e sinodalità nei dialoghi ecumenici e nelle risposte all’enciclica “Ut unum sint”.
Qui potete leggere il testo degli interventi tenuti nel corso della conferenza stampa. Qui il testo del documento.
Da parte di Duc in altum, una primissima lettura.
*
È triste dirlo, ma ogni volta che il Vaticano presenta un nuovo documento la prima domanda che mi sorge spontanea è: dove sarà la fregatura questa volta? Domanda prontamente scattata anche in occasione della presentazione, oggi, del documento del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani.
Documento che, a una primissima lettura, mi sembra così sintetizzabile: ecumenismo e sinodalità siano al di sopra del primato. Anzi, il primato stesso, così come l’autorità papale, sia messo al servizio di ecumenismo e sinodalità. Infatti Vatican News intitola il suo articolo Il Vescovo di Roma servitore dell’unità. Non più della verità, ma dell’unità.

Presentato come “il primo documento che riassume l’intero dibattito ecumenico sul servizio del primato nella Chiesa dal Concilio Vaticano II”, il testo, è stato spiegato, è il frutto di quasi quattro anni di “lavoro veramente ecumenico e sinodale”, un processo avviato dal Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani nel 2020, in occasione del venticinquesimo anniversario della Ut Unum sint, l’enciclica di Giovanni Paolo II sull’impegno ecumenico.

Redatto con il contributo di “teologi ortodossi e protestanti” oltre che della Curia romana e del Sinodo dei vescovi, il documento si presenta come la tappa di un cammino, non l’indicazione di una linea vincolante, ma la direzione è chiara.

Il primato papale, si legge, dovrebbe essere intimamente legato alla sinodalità, poiché esiste “reciproca interdipendenza tra primato e sinodalità a ogni livello della Chiesa”. Ecco dunque l’idea che emerge: “La necessità di un esercizio sinodale del primato”.

Inteso nel senso nuovo, il papato deve aprire la porta al decentramento del potere. L’ottica sinodale infatti richiede di attribuire maggiori poteri ai livelli “regionali” della Chiesa cattolica, secondo “un continuo decentramento ispirato al modello delle antiche Chiese patriarcali”.

Oggi, in parole povere, per il primato papale tradizionalmente inteso non c’è più posto.

Tra i suggerimenti pratici il documento propone una “reinterpretazione” degli insegnamenti del Vaticano I, il concilio della costituzione dogmatica Pastor aeternus su primato e infallibilità del papa. Reinterpretazione in che senso: sostanzialmente, primato e infallibilità sono ostacoli che vanno rimossi: Come? Attraverso una “riformulazione” degli insegnamenti del Vaticano I, concilio che fu “fortemente condizionato dal contesto storico”, e dunque va superato.

Altro suggerimento: “Una più chiara distinzione tra le diverse responsabilità del Vescovo di Roma”, per aiutare il suo “ministero di unità”. Occorre vedere come “le altre Chiese occidentali possano relazionarsi con il vescovo di Roma in quanto primate, pur avendo esse stesse una certa autonomia”. Traduzione: il papa sia considerato solo il vescovo di una diocesi importante e gli altri primati abbiano un potere come il suo. Infatti – testuale – “un maggiore accento sull’esercizio del ministero del Papa nella sua Chiesa particolare, la diocesi di Roma, metterebbe in evidenza il ministero episcopale che condivide con i suoi fratelli vescovi e rinnoverebbe l’immagine del papato”.

Infine, tra le proposte, figura quella di promuovere la “comunione conciliare” attraverso incontri regolari tra i leader della Chiesa a livello mondiale. Perché la sinodalità va praticata non solo all’interno della Chiesa cattolica ma anche nel rapporto con le altre Chiese.

In questa prospettiva, “sembra particolarmente necessario chiarire il significato dell’espressione Chiesa universale”. Infatti, “il primato romano dovrebbe essere inteso non tanto come un potere universale in una Chiesa universale (Ecclesia universalis), ma come un’autorità al servizio della comunione tra le Chiese (communio Ecclesiarum), cioè di tutta la Chiesa (Ecclesia universa)”. In altre parole, il papato si spogli della sua autorità divina (quella delineata nella Pastor aeternus) e si dedichi alla promozione dell’unità ecumenica mediante un potere depotenziato.

Ora tocca agli esperti commentare. Ma, a naso, mi sento di dirlo: se si dovesse procedere lungo questa strada, una pietra tombale cadrebbe sul primato petrino.

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