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martedì 7 maggio 2024

Le Sante Messe del tempo pasquale in dom Prosper Guéranger #16 martedì delle Rogazioni

Continuiamo le meditazioni liturgiche tratte dall’Année Liturgique di dom Propser Guéranger (Le Mans 1841-1866) per il tempo pasquale: martedì delle Rogazioni.

L.V.

MARTEDÌ DELLE ROGAZIONI

Preghiera per i peccatori

Oggi continuano ancora le suppliche della Chiesa e le schiere del Signore percorrono, per la seconda volta, le vie della città e i sentieri delle campagne. Uniamoci a essi e facciamo sentire anche noi quel grido che penetra fino al cielo: Kyrie, eléison! Signore, abbi pietà! Riflettiamo al numero immenso dei peccati che si commettono ogni giorno e ogni notte, e imploriamo misericordia. All’epoca del diluvio, «ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra»¹; ma gli uomini non si preoccupavano di domandare grazia al cielo. Dice il Signore: «… venne il diluvio e li fece perire tutti»². Se avessero pregato, se avessero fatto ammenda onorevole alla divina giustizia, la mano di Dio si sarebbe arrestata; non avrebbe rovesciato sulla terra «le cataratte del cielo»³. Un giorno dovrà pur venire, nel quale non più le acque, ma un fuoco acceso dalla collera celeste divamperà su questa terra che noi calpestiamo; un fuoco che brucerà fino alle radici delle montagne⁴ e, come accadde al tempo di Noè, divorerà i peccatori sorpresi nella loro effimera sicurezza.
Ma in anticipo, la santa Chiesa, oppressa dai suoi nemici, decimata dal martirio dei suoi figli, ridotta agli estremi dalle defezioni degli altri, sprovvista di qualunque appoggio terrestre, sentirà che quel giorno è vicino; poiché rara sarà la preghiera, come la fede. Vegliamo, dunque, e preghiamo, affinché questi giorni della consumazione vengano ritardati; affinché la vita cristiana, così dissanguata, riprenda un po’ di vigore; e che il mondo, invecchiato, non si abbatta durante i tempi nostri. I cristiani sono ancora presenti dappertutto, ma il loro numero è visibilmente diminuito. L’eresia occupa vaste regioni, dove prima fioriva il cattolicesimo; nei Paesi da essi risparmiati, l’incredulità e l’indifferenza hanno condotto la maggior parte degli uomini a non essere più cristiani che di nome, e a trasgredire senza rimorsi anche i doveri religiosi più essenziali; in un gran numero di quelli che compiono i loro obblighi di cattolici, le verità sono diminuite (cfr. Sal 11, 2), la forza della fede ha lasciato il posto alla mollezza delle convinzioni; conciliazioni impossibili sono tentate e seguite; i sentimenti e le azioni dei santi, che lo Spirito di Dio animava, gli atti e gli insegnamenti della Chiesa, sono tacciati di esagerazione e d’incompatibilità con un sedicente progresso; la ricerca degli agi è divenuta uno studio assiduo; la conquista dei beni terrestri, una nobile passione; l’indipendenza un idolo, al quale tutto si sacrifica; la sottomissione, una vergogna che bisogna fuggire o dissimulare; e, finalmente, il sensualismo, quale impura atmosfera, impregna da ogni parte una società che si direbbe abbia deciso di abolire anche il ricordo della Croce.
Sorgono da qui tanti pericoli per questa umanità che sogna condizioni diverse da quelle che Dio ha voluto imporle. Se il Vangelo è divino, come gli uomini potrebbero fare il contrario, senza provocare il cielo a lanciare sopra di essi quei flagelli che schiacciano, quando non salvano? Siamo giusti e sappiamo riconoscere le nostre miserie di fronte alla santità suprema: i peccati della terra si moltiplicano, per numero e per intensità, in una maniera impressionante; e pertanto, nel quadro che abbiamo tracciato, non parliamo né dell’empietà forsennata né degli insegnamenti perversi, il cui veleno circola un po’ dappertutto, né dei patti con Satana che minaccia di far discendere il nostro secolo al livello di quelli pagani; né della cospirazione tenebrosa organizzata contro ogni ordine, ogni giustizia, ogni verità. Ancora una volta, uniamoci alla santa Chiesa ed esclamiamo con lei in questi giorni: «Dalla tua collera, liberaci, o Signore!»

Preghiera per i beni della terra

Un altro dei fini che si propongono le Rogazioni è quello di attirare la benedizione di Dio sui raccolti e i frutti della terra; è la domanda del pane quotidiano che si tratta di presentare solennemente alla Maestà divina. «Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente»⁵. Ferma su queste parole, la santa Chiesa supplica il Signore di dare anche quest’anno agli abitanti della terra il nutrimento di cui hanno bisogno. Confessa che ne sono indegni per le loro offese: riconosciamo con lei i diritti della divina giustizia sopra di noi e scongiuriamola di lasciarsi vincere dalla misericordia. I flagelli che potrebbero arrestare improvvisamente le speranze orgogliose dell’uomo sono nelle mani di Dio; nessuno sforzo sarebbe per lui di annientare tante belle ricerche: un turbamento dell’atmosfera sarebbe sufficiente per ridurre i popoli agli estremi. Ha un bel fare la scienza economica! Bene o male deve fare i conti con Dio! Essa parla di lui raramente, ed egli sembra consentire a vedersi dimenticato; ma «non prenderà sonno il custode d’Israele»⁶. Che egli trattenga la sua mano benefica e i nostri lavori agricoli, di cui siamo così fieri, le nostre coltivazioni, per mezzo delle quali ci vantiamo di aver reso ormai impossibile la carestia, saranno immediatamente colpite di sterilità. Una malattia, la cui origine resterà sconosciuta, si potrebbe improvvisamente abbattere sui prodotti della terra – quante volte l’abbiamo costatato – e sarebbe sufficiente per affamare i popoli, sufficiente per attirare le più terribili perturbazioni in un ordine sociale che ha voluto liberarsi dalla legge cristiana e non ha più altra ragione di sussistere che la compassione divina.
Tuttavia, se il Signore si degnerà anche quest’anno di concedere fecondità e protezione ai raccolti che le nostre mani hanno seminato, dovremo dire, per amore della verità, che egli avrà dato il nutrimento a coloro che lo dimenticano, a coloro che lo bestemmiano, come a quelli che pensano a lui e gli rendono onore. I ciechi e i perversi, abusando di questa longanimità, ne approfitteranno per proclamare sempre più forte l’inviolabilità delle leggi della natura; Dio tacerà ancora e li nutrirà. Perché trattiene la sua indignazione? Perché la sua Chiesa ha pregato, perché sulla terra ha riconosciuto i dieci giusti (cfr. Gen 18, 32), ossia quel ristretto numero di cui si contenta nella sua adorabile bontà. Egli lascerà, dunque, parlare e scrivere i sapienti economisti che gli sarebbe così facile confondere; e grazie a questa pazienza avverrà che molti di essi si stancheranno di seguitare a correre così le vie dell’assurdo: una circostanza inattesa schiuderà i loro occhi, un giorno essi crederanno e pregheranno insieme a noi. Altri sprofonderanno sempre più in basso nelle loro tenebre; sfideranno la giustizia divina sino alla fine e meriteranno che su di essi si compia il terribile oracolo: «Il Signore ha fatto tutto per un fine, anche l’empio per il giorno della sventura» (Pr 16, 4).
Per noi che ci gloriamo della semplicità della nostra fede, che attendiamo tutto da Dio e niente da noi stessi, che ci riconosciamo peccatori e indegni dei suoi doni, imploreremo, durante questi tre giorni, il pane della sua misericordia e diremo insieme alla santa Chiesa: «Che ti degni dare e conservare i frutti della terra, ti preghiamo, ascoltaci, o Signore!» Che egli si degni ancora questa volta di esaudire il grido del nostro affanno! E, tra un anno, torneremo a indirizzargli la medesima domanda. Marciando, sotto il vessillo della croce, noi verremo di nuovo a percorrere le medesime strade, facendo risuonare nell’aria le medesime litanie; e la nostra fiducia si fortificherà sempre più al pensiero che la santa Chiesa, in tutto il mondo cristiano, conduce i suoi figli in questo supplichevole cammino. Da quindici secoli il Signore riceve i voti dei suoi fedeli, in quest’epoca dell’anno; non vorremo essere noi, adesso, ad attenuare l’omaggio che gli è dovuto: faremo ogni sforzo per supplire, con l’ardore delle nostre preghiere, all’indifferenza e alla mollezza che troppo spesso vi si uniscono, facendo così sparire dai nostri usi molti di quei segni di cattolicità che furono così cari ai nostri padri.

¹ Gen 6, 12.
² Lc 17, 27.
³ Gen 8, 2.
⁴ Cfr. Dt 32, 22.
⁵ Sal 144 (145), 15-16.
⁶ Sal 120 (121), 4.

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