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giovedì 23 maggio 2024

Il grande peccato del pensiero politico internazionale dei Vescovi di Francia

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 1041 di Eusebio Caffarelli detto «il Canonico» (evidente nome di fantasia, ispirato al personaggio del film Les Barbouzes del regista Georges Lautner)pubblicata da Paix Liturgique il 22 maggio, in cui si analizza il capitolo relativo alle questioni internazionali del discorso di chiusura pronunciato da mons. Éric de Moulins-Beaufort all’Assemblea plenaria di primavera della Conférence des Évêques de France.
In linea con la tendenza ermetica «ecclesialese» di cui ci eravamo già occupati (QUI), in questa occasione il Presidente della CEF inanella una lunga serie di sciocchezze che evidenziano la preoccupante ignoranza dei temi trattati e l’abissale mancanza di cultura.

L.V.


La produzione comunicativa della Conférence des Évêques de France è un genere letterario a sé stante, difficile da decifrare, non tanto per la profondità di pensiero o l’altezza delle opinioni espresse e offerte alla riflessione dei Cattolici francesi, quanto per la pratica del «né sì né no», il «contemporaneamente», il «sì o no», tipico di questo linguaggio da casellante che, per il nostro tempo, è un’estensione delle famose «mozioni radical-socialiste» che hanno segnato le ore parlamentari e politiche più gloriose della Terza e della Quarta Repubblica.

I nostri Signori ne hanno appena dato un’ulteriore prova, dopo l’Assemblea plenaria di primavera a Lourdes. Abbiamo qui il discorso di chiusura di mons. Éric de Moulins-Beaufort, Arcivescovo metropolita di Reims e Presidente della Conférence des Évêques de France, di oltre undici pagine serrate, di cui è impossibile dare un resoconto esaustivo senza una faticosa parafrasi più indigesta dell’originale [QUI: N.d.T.]. Accontentiamoci del passaggio in cui il Presidente della CEF, a nome dei suoi colleghi, estende il suo discorso alle questioni internazionali:

Infine, l’Europa. A giugno si terranno le elezioni del Parlamento europeo, che determineranno anche la composizione della prossima Commissione europea. In occasione di ciascuna di queste elezioni, noi Vescovi vorremmo ricordarvi che si tratta di prendere una decisione per l’Unione Europea e non di esprimere la nostra approvazione, il nostro risentimento o la nostra delusione nei confronti del nostro Governo nazionale. Vorremmo anche ricordarvi che queste elezioni sono importanti, che sono la nostra responsabilità di cittadini e che è quindi importante iscriversi alle liste elettorali, se non l’avete ancora fatto, e andare a votare il giorno stesso. In questo momento, vorrei chiarire che l’Unione Europea, anche se spesso ne ha l’aspetto, non è solo un’unione economica o commerciale. È un’avventura spirituale. È il frutto della decisione di Paesi che nel corso dei secoli sono stati spesso in guerra tra loro di unire le forze per imparare a vivere in una pace che non è una contrapposizione più o meno pacifica, ma una collaborazione e un’assistenza reciproca più ampia possibile. In un momento in cui la guerra infuria ancora tra Ucraina e Russia, è bene rendersi conto che l’Ucraina resiste per la sua libertà e, quindi, per la nostra, affinché le nostre società continuino a fondarsi sull’accordo delle libertà e non, soprattutto, sul peso della storia. Che ci piaccia o no, l’Europa ha lasciato un segno nella storia del mondo. Oggi si parla molto del suo declino, e le ragioni ci sono. Ma se alcuni Paesi europei sono stati tentati di conquistare il mondo, ciò che caratterizza l’Europa è piuttosto il rispetto e la promozione della libertà e dell’unicità di ogni popolo e, all’interno di ogni popolo, della libertà e dell’unicità di ogni persona umana, la speranza che una cooperazione di queste unicità sia possibile e porti a un mondo migliore. Il nostro voto del 9 giugno non deve essere un voto in cui l’Europa rinuncia alla sua responsabilità universale, né un voto in cui il nostro Paese rinuncia alla sua responsabilità nei confronti del mondo intero. Dovrebbe piuttosto essere un voto che dimostra il nostro impegno a servire la libertà di pensare, agire e lavorare insieme del nostro Paese e di tutti i Paesi. Raccomando a tutti voi di prestare attenzione alla prossima pubblicazione della lettera pastorale dei Vescovi dell’Euregio [Germania, Belgio, Francia e Lussemburgo: N.d.T.] per le elezioni del 9 giugno 2024 [Un soffio nuovo per l’Europa; QUI: N.d.T.]: il card. Jean-Claude Hollerich S.I., Arcivescovo di Lussemburgo, mons. Philippe Ballot, Vescovo di Metz, mons. Jean-Paul Gusching, Vescovo di Verdun, mons. Pierre-Yves Michel, Vescovo di Nancy e Toul, mons. Marc Camille Michel Stenger, Vescovo emerito di Troyes, mons. Stephan Ackermann, Vescovo di Trier, mons. Jean-Pierre Delville, Vescovo di Liegi, e mons. Pierre Warin, Vescovo di Namur, sotto l’occhio vigile del venerabile Robert Schuman.

Ognuna delle proposte qui esposte meriterebbe un commento approfondito, tanto sono piene di sottigliezze, luoghi comuni, errori e idee vuote sull’Europa in generale e sulla situazione attuale di questo (sotto)continente. È una sintesi, come direbbe lo sceneggiatore Michel Audiard: thèse, antithèse et foutaise! [tesi, antitesi e… sciocchezze: N.d.T.].

La prima sciocchezza

È sistemica, per usare un vocabolario preferito dai «nostri» Vescovi. Consiste nel mantenere, contro ogni previsione – perseverare diabolicum est – l’ambiguità tra Europa e Unione Europea. Non è degno di un dibattito che dovrebbe aiutare i nostri concittadini a capire cosa c’è in gioco quando faranno la loro scelta alle elezioni del prossimo giugno. L’Unione Europea è un’istituzione burocratico-amministrativa che oggi non ha nulla a che vedere con l’ideale di un continente unito dal lavoro secolare dei monaci, dall’onore della ragione e dal rispetto della dignità umana. Come possono, con tanta impudenza, fingere di non vedere che le autorità europee nel loro insieme – politiche, parlamentari, giuridiche, sociali e culturali – da diversi decenni favoriscono sistematicamente tutto ciò che porta allo snaturamento della famiglia, all’indebolimento della protezione sociale, alla dissoluzione delle identità nazionali, per non parlare degli attacchi alla vita – in breve, la massiccia contraddizione tra le leggi europee e i «principi non negoziabili» della dottrina sociale della Chiesa? È tutto un mistero.

La seconda assurdità

Rientra nella categoria dell’educazione civica di base, insegnata nelle scuole europee e di cui i nostri Vescovi non hanno evidentemente beneficiato molto. Farci credere che le elezioni europee siano un processo democratico che avrebbe un’influenza diretta sulla «determinazione della composizione della prossima Commissione europea» è una bugia o una droga autoinflitta. Chiunque abbia una minima conoscenza del funzionamento interno della Commissione europea sa che si tratta essenzialmente di una questione di Governi e di equilibrio di potere tra gruppi di pressione pro-europei, e che il futuro Parlamento europeo ha solo un vago diritto di controllo. Inoltre, de facto, questo potere residuale è servito solo a tenere fuori dalle posizioni di potere i candidati che non si adattavano all’agenda liberal-libertaria delle élite di Bruxelles. Non c’è nulla di meno democratico nella scelta dei veri protagonisti della politica europea. Il Parlamento europeo non è altro che una camera di registrazione. Tutti gli osservatori sono consapevoli della vaghezza mantenuta su questo tema a Bruxelles, ma soprattutto dell’assenza di una vera democrazia. Un dissidente sovietico disse una volta dell’Unione Europea: «Ho vissuto nel vostro futuro» [«I have lived in your future», Vladimir Konstantinovič Bukovskij: N.d.T.]. Ai veri difensori della libertà dobbiamo un vero e proprio «dovere di memoria»: non lasciarci cullare da illusioni e bugie. Un dissidente ancora più famoso diceva: «La menzogna non passerà attraverso di me» [«Let the lie come into the world, let it even triumph. But not through me», Aleksandr Isaevič Solženicyn: N.d.T.]. Evidentemente i nostri Vescovi non l’hanno mai sentito nominare.

[…]

La quarta stupidaggine

«L’Europa è pace» e votare contro l’Unione Europea equivarrebbe a complicità con i fautori della guerra. Pensiero semplicistico e miope e analisi storica. La pace in Europa dal 1945 al 1991 è stata il prodotto dell’equilibrio del terrore, punto e basta. La prova migliore è che il (relativo) declino della pace ha portato a una recrudescenza dei conflitti, ad esempio nell’ex Jugoslavia. Le istituzioni europee hanno avuto poco a che fare con questo fenomeno e non hanno fatto nulla per influenzare le politiche bellicose dei suoi membri attraverso l’istituzione militare ad essa statutariamente legata, l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. Ha portato morte e distruzione fino all’Afghanistan. Andate a spiegare a un iracheno, a un siriano, a uno yemenita o a un abitante del Donbass che «l’Europa è pace». Vi rideranno in faccia o scoppieranno a piangere, se hanno ancora qualche lacrima da versare. Non è mai stato fatto nulla per aiutarlo a distinguere tra l’Occidente, l’Europa, la NATO, la Comunità internazionale e i bombardieri a tappeto. Quanto al passato, riferirsi a quei Paesi europei che, cito testualmente, «sono stati tentati di conquistare il mondo», è un eufemismo scandaloso. C’è così tanto da dire sull’epopea coloniale, anche senza pathos o nevrosi da pentimento, che i nostri ex popoli dominati, ora indipendenti e spesso ipersensibili su questi temi, gradirebbero un po’ di cautela. Quanto a considerazioni geopolitiche intelligenti, sarebbe chiedere troppo.

L’ultima sciocchezza

I nostri Vescovi farebbero bene a moderare i loro riferimenti al «venerabile» Robert Schuman. In questo campo è necessaria la più elementare cautela. Non essendo né un vero veterano né un combattente della resistenza nazista, un patriota dalle fedeltà fluttuanti, influenzato da interessi diversi da quelli del suo Paese, sarebbe molto meglio aspettare che tutti gli archivi relativi alla storia di quei tempi travagliati siano stati aperti e che le dispute che hanno generato si siano spente una volta per tutte – in breve, che sia giunto il tempo di una storia non propagandistica – prima di issarlo sul pennone. Suggeriamo loro di applicare la stessa cautela che hanno applicato al caso di San Charles de Jesus de Foucauld, per quanto riguarda il suo coinvolgimento nella politica coloniale della Francia in Algeria. Non c’è fretta in questa vicenda, se non il sospetto che venga usata per promuovere altri interessi meno affascinanti.

Conclusione

Ancora una volta, nel migliore dei casi, i Vescovi francesi prendono il loro gregge per minorenni più o meno ritardati, incapaci di giudicare da soli e ignoranti; nel peggiore, rivelano un’abissale mancanza di cultura. Farebbero bene a rendersi conto che un simile atteggiamento ha dei limiti, e che probabilmente non sono molto lontani dall’essere raggiunti.

Il loro dovere, in una questione così delicata, è comunque di una semplicità che si potrebbe definire evangelica: invocare la pace e la riconciliazione, predicare che si avviino al più presto iniziative diplomatiche per porre fine a questi scontri fratricidi e inutili. Cosa stanno facendo il Consilium Conferentiarum Episcoporum Europae e la Commission of the Bishops’ Conferences of the European Union in questo senso? Questo discorso potrebbe forse essere tacciato di irenismo, ma avrebbe almeno il merito di far dimenticare l’abissale silenzio dei Vescovi francesi sui massacri provocati nel Donbass dai loro «piccoli protetti» dal 2014, perfettamente riconosciuti (e subito insabbiati) da organismi internazionali di tutto rispetto. Altrimenti, i meno informati nei loro confronti saranno costretti a constatare che, per conformismo, pigrizia o peggio, i ghostwriter dell’episcopato si accontentano di rigurgitare la narrazione mediatica, e di diventare, ancora una volta, gli ingenui amplificatori del discorso dei maestri del pensiero del nostro tempo, dimentichi della loro vocazione di pastori e defensor civitatis, sballottati tra ignoranza e colpevole ingenuità.

1 commento:

  1. Yemen: conflitto tra gran parte degli sciiti delle montagne e i sunniti, con varie fazioni che cercano alleati esterni per prevalere. L'Europa è la Nato c'entrano poco, ci siamo limitati a bombardare Al Qaeda e gli Houthi quando sparavano alle navi commerciali.

    Donbass: qui più che Europa e NATO la colpa è delle milizie russe che hanno invaso il territorio nel 2014, dedicandosi anche alla persecuzione dei cattolici. Se gli Azov hanno fatto crimini, ben peggiori he hanno fatto i filorussi e i soldati russi sotto copertura

    Siria: i maggiori bombardamenti in Russia li hanno fatti I Russi, non i paesi NATO

    Sull'Iraq hanno ragione, ma comunque ne hanno cannati 3 su 4 in geopolitica

    RispondiElimina

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