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lunedì 18 marzo 2024

Nomine e discussioni pianificate: così il Sinodo di Francesco si allontana, persino, dal Concilio

"Francesco ordina l'istituzione di gruppi di studio sui temi caldi in vista della sessione di ottobre prossimo. Diminuisce lo spazio dei vescovi partecipanti?"
La cd. "Chiesa Sinodale" si rivela, sempre più, una dittatura burocratica ed eretica, simile alla Corea del Nord.
Luigi C.

Nico Spuntoni, Il Giornale, 17-3-24

Francesco vuole una Chiesa sinodale, ma per raggiungere questo scopo sembra determinato anche a cambiare il concetto stesso di "Sinodo" che conosciamo da Paolo VI in poi. Frutto del Concilio Vaticano II, "Sinodo" è stata finora intesa come "un'espressione particolarmente fruttuosa e lo strumento della collegialità episcopale", secondo un'azzeccata definizione di Giovanni Paolo II. La XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi divisa in due sessioni e che si concluderà ad ottobre prossimo, però, verrà ricordata per essere stata la prima con laici - nominati dal Papa - aventi diritto di voto.

Un lungo Sinodo

Sebbene sia entrato nel vivo ad ottobre scorso, l'inizio di questo percorso sinodale in realtà risale addirittura al 2021 con l'avvio di una fase preparatoria nelle diocesi. Dunque, alla seconda sessione del prossimo ottobre si arriverà con alle spalle un processo già lungo tre anni: nonostante ciò, Francesco ritiene che un mese non sarebbe sufficiente per confrontarsi sui temi emersi durante la prima sessione. Da questa convinzione, perciò, nasce la sua decisione di costituire dei gruppi di studio che a loro volta dovranno interrogarsi sulle questioni poste nella relazione di sintesi presentata alla fine della prima sessione e saranno chiamati a preparare il terreno ai padri sinodali.
In una lettera diffusa questa settimana e inviata a febbraio al segretario generale della segreteria generale del Sinodo, il cardinale Mario Grech, Bergoglio ha spiegato che sarà compito di quest'organismo "di comune accordo con i Dicasteri della Curia Romana competenti, costituire tali Gruppi, chiamando a farne parte Pastori ed Esperti di tutti i Continenti e prendendo in considerazione non solo gli studi già esistenti, ma anche le esperienze più rilevanti in atto nel Popolo di Dio radunato nelle Chiese locali". Insomma, la composizione dei gruppi che dovranno affrontare, tra le altre cose, "questioni teologiche e canonistiche intorno a specifiche forme ministeriali" verrà decisa dall'alto, dalla segreteria generale del Sinodo e dalla Curia. Detto, fatto.

Alla lettera del Papa è seguito un lungo documento del cardinale Grech dal titolo "Come essere Chiesa sinodale in missione?" che detta la traccia di lavoro. Nelle intenzioni dei nuovi testi, questi gruppi di studio dovrebbero fornire una traccia anche sui "criteri teologici e metodologie sinodali per un discernimento condiviso di questioni dottrinali, pastorali ed etiche controverse" e quindi, in un certo senso, imporre ai padri sinodali i confini della discussione sugli argomenti più caldi come diaconato femminile e obbligo del celibato sacerdotale. A loro volta, questi gruppi di studio si dovranno attenere alla traccia di lavoro già impostagli dalla segreteria generale del Sinodo che li individua e li nomina.

Nomine e temi dall'alto

Difficile non rintracciare, dietro al documento del cardinale Grech diffuso questa settimana, una sorta di tentativo di orientare in qualche modo il lavoro dei padri sinodali e dunque influenzare le conclusioni della sessione finale del Sinodo. Non è da escludere che questo cambiamento delle carte in tavola possa essere dettato dal fastidio provocato da quei padri sinodali che lo scorso ottobre non si sono uniti alla maggioranza assoluta dei voti, rivendicata come un "successo" dal cardinale relatore generale Jean-Claude Hollerich, sui paragrafi della relazione di sintesi.


Se si è sentita la necessità di istituire dei gruppi di studio in vista della seconda sessione, evidentemente non c'è stata piena soddisfazione su come le cose sono andate durante la prima, nonostante le dichiarazioni entusiastiche. Eppure tra l'ingresso dei laici prescelti, i membri di diretta nomina pontificia e i capi dicastero quasi tutti nominati negli ultimi undici anni, l'elenco dei partecipanti con diritto di voto presenta già una forte impronta centralizzata.

Rischio burocratizzazione

Il contributo di questi gruppi di studio andrà ad intaccare in qualche modo l'autonomia di discussione dei padri sinodali che, nonostante tutto, sono garanzia della rappresentatività ecclesiale dell'assise? Il rischio c'è. Allo stesso modo, decisioni come questa sembrano andare nella direzione di una burocratizzazione della Chiesa, un pericolo preconizzato negli anni del post-concilio da una figura come quella dell'"apostolo vagabondo" Giuseppe Sandri. La Chiesa sinodale tratteggiata da Paolo VI sull'onda dei contributi del Concilio Vaticano II puntava invece ad un maggiore coinvolgimento dei vescovi nel governo pastorale della Chiesa universale in virtù del loro status di "rappresentanti di Cristo presso il popolo stesso (di cui) conoscete i bisogni ed i desideri, e ne procurate il bene spirituale e la salvezza cristiana". Nomine, temi, modalità di lavoro stabilite dalla segreteria generale del Sinodo e dai dicasteri di Curia sembrano andare in senso opposto a quel "pratico decentramento giuridico e ad un certo pluralismo di espressioni ecclesiali confacenti alla tradizione e all’indole della Chiesa locale" portati dal Concilio e riconosciuti da papa Montini con l'istituzione del Sinodo dei vescovi.