Grazie a Marco Tosatti per la pubblicazione di questa importante ed emozionante lettera: "Allora, nella Verità La supplichiamo Santo Padre: chieda al Dicastero competente di ritirare questo documento inutile e dannoso, e impegniamoci “todos”, nessuno escluso, per avviare una pastorale sincera e davvero efficace, in piena sintonia con l’immagine del Pastore Buono che va in cerca delle pecorelle ferite, le difende, le porta sulle spalle e le guarisce riconducendole al gregge. Abbiamo bisogno di pascolo buono, papa Francesco, abbiamo bisogno di parole di Verità".
InfoVaticana – Carlos Esteban: "Veritas supplicans: Lettera aperta di omosessuali a Francesco: “Un gruppo di omosessuali cattolici ha inviato al Papa una lettera aperta in cui si chiede che revochi l’autorizzazione ai sacerdoti di benedire le coppie omosessuali”".
Religión en Libertad- J.M. Carrera: "Arcivescovo di Oviedo, Spagna, allerta su Fiducia Supplicans e altro: “né agenda 2030, né cambiamento climatico, né gender”". QUI Michael Haynes.
Ad oggi molti vescovi hanno già dichiarato che non applicheranno il documento vaticano, lo vietano ai loro sacerdoti e rifiutano di impartire le benedizioni indicate dalla Fiducia Supplicans: QUI l'elenco e QUI.
Luigi C.
15 Febbraio 2024
Cari amici e nemici di Stilum curiae, offriamo alla vostra attenzione questa lettera scritta da persone omosessuali credenti, e rivolta al pontefice regnante. Speriamo che qualcuno gliela faccia pervenire, e che abbia un qualche effetto. Buona lettura e condivisione.
Veritas supplicans, lettera al Papa
13-2-23
Lettera aperta in forma di supplica filiale a PAPA FRANCESCO sulle benedizioni pastorali delle coppie omosessuali
La verità supplicante del popolo fedele di Dio con attrazioni per lo stesso sesso, dei loro familiari e dei loro amici, “riceve il dono della benedizione che sgorga dal cuore di Cristo attraverso la sua Chiesa” (cit. FS.1).
Caro Papa Francesco, con un certo azzardo rivolgiamo a Lei la nostra supplica; lo facciamo col timore del bimbo che si sente ferito dalla parole del proprio papà.
Siamo omosessuali cattolici, accompagnati dalle nostre famiglie e dai nostri amici. La nostra debole voce fa sempre più fatica ad essere ascoltata perché giudicata stonata e mediaticamente scorretta. Per questo ci rivolgiamo direttamente a Lei, Santo Padre, per comunicarLe i nostri dubbi e le nostre perplessità sulla Dichiarazione Fiducia supplicans del Dicastero per la Dottrina della Fede.
Durante gli anni del Suo pontificato abbiamo seguito con attenzione lo sviluppo della “riflessione teologica, basata sulla visione pastorale” di Sua Santità, sin da quel primo “Chi sono io per giudicare un gay?” che provocò l’attenzione mondiale sul tema delle persone omosessuali. In quel momento tutti capimmo, chi con soddisfazione e chi invece con preoccupazione, che la questione omosessuale le stava particolarmente a cuore. Tutti capimmo, Santità, che Lei quella frase ce l’aveva nel cuore già da tempo e attendeva l’occasione per poterla manifestare pubblicamente. La Sua non era una semplice nota di carattere pastorale ma la dichiarazione di voler modificare una visione pastorale che a Lei non convince.
Santo Padre, è evidente che Lei aveva già deciso la direzione da prendere avendo probabilmente ascoltato le voci più in vista che trattano di questo tema. Avrebbe potuto scegliere la via del padre che interpella e ascolta tutti i suoi figli, anche quelli più rigidi, non rappresentati e magari reticenti. Invece ha deciso di ascoltare una sola parte, quella senz’altro più allineata al mondo moderno, più visibile e organizzata.
In questi anni l’abbiamo vista rivolgersi di persona, con paterna accoglienza, ai Suoi amici transessuali e omosessuali, singoli e in coppia, che hanno avuto il privilegio di condividere con Lei i loro pensieri e le loro esperienze. Purtroppo, però, non ci è giunta notizia di Suoi incontri con chi vive e sperimenta, per Grazia di Dio, la bellezza liberante del Magistero cattolico per le persone con attrazioni per lo stesso sesso.
Abbiamo ricevuto con favore il Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede al dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso pubblicato il 15 marzo 2021, perchè ci confermava nella fede e al contempo ci animava come uomini e donne, maschi e femmine, nel cammino alla sequela del Signore per la salvezza delle nostre anime. Infatti tale Responsum dichiara in maniera cristallina “Per essere coerenti con la natura dei sacramentali, quando si invoca una benedizione su alcune relazioni umane occorre – oltre alla retta intenzione di coloro che ne partecipano – che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore. Sono quindi compatibili con l’essenza della benedizione impartita dalla Chiesa solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni” e aggiunge “la Chiesa rammenta che Dio stesso non smette di benedire ciascuno dei suoi figli pellegrinanti in questo mondo […]. Ma non benedice né può benedire il peccato”. Soltanto qualche mese dopo, il 18 dicembre 2023, lo stesso Dicastero, purtroppo, si opponeva a sé stesso pubblicando la Dichiarazione Fiducia Supplicans con la quale si aggira e si scavalca “che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato” e quindi si “benedice il peccato”. E’ evidente che la coesistenza dei due documenti è un monumento al relativismo morale nonché una grave offesa alla logica e alla ragione.
Papa Francesco, Lei, difendendo a oltranza Fiducia supplicans, sembra voler piantare un paletto per segnare un punto di non ritorno. Anzi, ci prospetta l’inizio di un percorso già segnato e del quale se ne intravedono i contorni: l’appoggio pubblico che Lei ha manifestato alle unioni omosessuali in ambito civile, non potrà non trovare un’applicazione coerente anche in ambito ecclesiale utilizzando il medesimo pretesto di salvare la dottrina sul matrimonio cattolico.
La Chiesa ha sempre benedetto “todos, todos, todos”, come Lei ama ripetere, ma tramite una benedizione canonica, liturgica, sacerdotale e quindi efficace. Gli omosessuali non hanno forse diritto, anche loro, di ricevere questo sacramentale nel pieno del suo potenziale di Grazia? Santo Padre, se quel desiderio del Suo cuore, di accogliere gli “omosessuali che cercano Dio”, è sincero e profondo, perché proporgli una benedizione sbrigativa, svuotata del suo carattere sacramentale, solo perché, per le Sue convinzioni personali, l’accoglienza deve passare necessariamente attraverso la piena accettazione, sociale ed ecclesiale, dell’“amore omosessuale”, mutuando così un linguaggio che come cattolici non ci appartiene? È davvero convinto che questa sia la via giusta per concepire una pastorale cattolica che risponda alle vere domande spirituali di un cuore con attrazioni per lo stesso sesso?
Noi, sommessamente, pensiamo di no, papa Francesco. Noi pensiamo che ci sia molto altro e molto di più. Abbiamo tutti una chiamata speciale da parte del Signore Gesù: assomigliare a Lui, amare come Lui ci ama. Noi vogliamo prendere la nostra Croce e seguirLo perché il Suo giogo è soave e leggero, mentre il giogo del mondo è duro e porta alla disperazione. Noi lo abbiamo sperimentato, Santità, perché abbiamo percorso quei sentieri tortuosi e ne portiamo ancora le ferite.
Sappiamo, Santo Padre, quali sono le sue preoccupazioni perché sono le nostre medesime. Lei soffre, come soffriamo anche noi, perché taluni omosessuali vengono rifiutati dalle loro stesse famiglie a motivo del loro legame affettivo con una persona dello stesso sesso. Questo atteggiamento di rifiuto, nonostante le buone intenzioni, disconosce il Magistero cattolico in materia, il quale è perentorio quando afferma che gli omosessuali “devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”. Pertanto siamo d’accordo con le Sue preoccupazioni perché abbiamo sperimentato nella nostra carne quel rifiuto. Anche noi, Santo Padre, a volte siamo stati guardati con sospetto, con sufficienza, con pena o con disprezzo, proprio da parte di chi ci vuole bene. Oggi purtroppo, dobbiamo dirlo, sperimentiamo quello stesso disprezzo anche da parte di alcuni pastori della gerarchia cattolica, sia tra quelli più conservatori che tra quelli più progressisti.
Certo, apparentemente Fiducia supplicans interviene in queste situazioni familiari problematiche e dolorose, in soccorso delle persone omosessuali rifiutate a causa della loro relazione con persone dello stesso sesso. Però se Lei, papa Francesco, afferma che l’“amore omosessuale” è buono e viene da Dio, come potrebbe un genitore cattolico continuare a giustificare una visione educativa diversa? È probabile, infatti, che in molte famiglie cattoliche stia accadendo proprio questo: genitori che apparentemente si riconciliano con i propri figli, perché “lo ha detto papa Francesco con Fiducia supplicans”. Questo metodo rivoluzionario, però, ha il sapore di una ingerenza; si interviene a gamba tesa contro il comando di Dio rivolto ai genitori di “passare la propria fede ai figli”. Viene così stroncato quel dialogo costruttivo tra genitori e figli, ispirato dalla dottrina cattolica, che è invece necessario per la crescita spirituale di tutti i componenti della famiglia che, chiamata dal Signore ad interrogarsi a fondo in tema di omosessualità, possa diventare maestra d’amore e non di conformismo. Riserviamo alle famiglie quella libertà educativa che gli è propria, Santità, senza interferire con opinioni personali calate dall’altro, per quanto autorevoli possano essere. Noi siamo convinti che sempre di più avremo bisogno di queste famiglie sante, diventate esperte nel prendersi cura delle ferite emotive anziché di continuare ad ignorarle.
Abbiamo risolto forse qualche situazione critica, certo, ma a scapito della Verità. Lei, Santo Padre, dichiarando buono l’“amore omosessuale”, si sostituisce alle famiglie per “risolvere il problema” di qualche doloroso caso particolare. In questo modo potrebbe costringere alcuni genitori cattolici a seguire le orme di tanti, tra cardinali, vescovi e sacerdoti in tutto il mondo, che rifiutano Fiducia supplicans, creando così ulteriori tensioni in seno alle famiglie. Lei sa bene che i sentimenti omosessuali sono in sé stessi disordinati, anche se non Le piace questo linguaggio perché Le appare duro e offensivo. Non sarebbe forse più pastoralmente corretto “risolvere il problema” praticando la Verità con la Carità, piuttosto che percorrere la via di un sentimentalismo bugiardo? La Verità ci rende liberi davvero, Santità, non è un modo di dire sorpassato. Mentre la menzogna ci rende ancora più schiavi di una ideologia sbrigativa e superficiale che non ha nulla a che fare con la Verità di Cristo, né tantomeno con la Sua Carità.
Santo Padre, noi aspiriamo alle cose più alte, aspiriamo al Cielo, non ci serve un’amichevole pacca sulle spalle pietosa e degradante come Fiducia supplicans. Anche noi abbiamo diritto di percorrere il cammino di conversione e, finalmente, che Cristo Gesù renda Gloriosa la nostra Croce.
Allora, nella Verità La supplichiamo Santo Padre: chieda al Dicastero competente di ritirare questo documento inutile e dannoso, e impegniamoci “todos”, nessuno escluso, per avviare una pastorale sincera e davvero efficace, in piena sintonia con l’immagine del Pastore Buono che va in cerca delle pecorelle ferite, le difende, le porta sulle spalle e le guarisce riconducendole al gregge. Abbiamo bisogno di pascolo buono, papa Francesco, abbiamo bisogno di parole di Verità.
Con franchezza e rispetto.
Omosessuali cattolici, le loro famiglie e i loro amici
“Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare
ad acque tranquille mi conduce”. Salmo 23