Un'interessante analisi sulle lacerazioni della Chiesa d'oggi, cd. "sinodale".
The Catholic Thing – Raymond J. De Souza: Sinodalità morta: “…La sinodalità è in difficoltà. Per tutto il 2023, anche quando la fase planetaria del processo sinodale per una Chiesa sinodale andava avanti, nessuno sapeva esattamente cosa fosse. Qualunque cosa significasse, la sinodalità onnicomprensiva come nuovo modo di essere Chiesa è morta il 18 dicembre 2023, quando è stata pubblicata l'autorizzazione alle benedizioni per le coppie irregolari e omosessuali. Il processo sinodale superconsultivo non si riprenderà mai. Dopo tutto, come risponderanno il Santo Padre e i suoi consiglieri quando, nei primi giorni dell'assemblea sinodale del prossimo ottobre, qualcuno chiederà: "A quali progetti segreti stanno lavorando in questo momento il Santo Padre e la Curia romana che non tengono conto del processo sinodale, contraddicono le sue decisioni e ne minano la credibilità?"(...) Il cardinale McElroy ha ragione a non essere sicuro che il progetto sinodale sopravviverà a Papa Francesco. Probabilmente no, visto che la sinodalità ha portato gli ortodossi a scomunicarsi reciprocamente e ha fratturato la Comunione anglicana. Nel mondo cattolico, la sinodalità in Germania flirta con lo scisma e per la Chiesa siro-malabarese ha portato la violenza nel santuario. Non è un momento propizio per la sinodalità, anche se la Curia romana non sta tramando alle spalle dei membri sinodali”.
Monday Vatican – Andrea Gagliarducci: "…si pensava che un percorso sinodale più ampio avrebbe assorbito il percorso sinodale tedesco. Nel sinodo di ottobre, alcuni temi sembravano nascere proprio dall'idea di dover rispondere alle questioni sollevate in Germania. … Tuttavia, questa situazione ha aperto un vaso di Pandora…. Questa dicotomia (dottrina-prassi) che si crea nel pontificato di Francesco può quindi rappresentare anche la fine delle speranze di rinnovamento: è troppo tiepido per i progressisti e troppo pragmatico per i conservatori. È così che il Papa si trova sempre più solo”.
Luigi C.
Roberto de Mattei, 12-2-24
La società in cui viviamo, l’atmosfera in cui siamo immersi, tende a squilibrare le facoltà superiori della nostra anima che sono due, la mente e il cuore o, se preferiamo, l’intelligenza, che ci è stata data da Dio per conoscere ciò che è vero, è la volontà con cui siamo chiamati ad amare ciò che è buono. La Verità e il Bene non sono diversi da Dio stesso, Sommo Bene, Verità assoluta, nostra causa prima e nostro ultimo fine, perché tutto viene da Dio e tutto a lui si riconduce.
La realtà psicologica della nostra persona è fatta di idee, concepite dalla nostra intelligenza, di sentimenti, che nascono dal nostro cuore, e di azioni a cui l’intelligenza e la volontà ci spingono. Tra idee e sentimenti, tra intelligenza e volontà, tra mente e cuore, ci deve essere un equilibrio, altrimenti si rischia di cadere nell’intellettualismo o nel sentimentalismo, ovvero in una ipertrofia della ragione o della volontà. che porta a una dissociazione della nostra persona e a una catastrofe sul piano delle nostre azioni.
Dopo l’illuminismo del XVIII secolo, il regime sotto il quale è vissuta l’umanità è stato soprattutto la dittatura dell’intelligenza: un’intelligenza che si è voluta emancipare dalla realtà per costruire a tavolino un proprio mondo, che alla realtà si opponeva. Per questo il Novecento è stato il secolo delle grandi costruzioni intellettuali, sotto forma di sistemi filosofici come l’idealismo e il marxismo. L’uomo in preda a questa deviazione, si chiude in un mondo mentale fatto di utopie, di calcoli astratti e alla fine di pure parole.
La filosofia razionalista di Kant, di Hegel e di Marx, oggi è in crisi, perché il sogno di costruzione intellettuale del Novecento è fallito, ma ad esso si va sostituendo un’altra forma mentale, che deriva, più che dagli illuministi, da Rousseau e dal romanticismo ottocentesco. La potremmo definire sentimentalismo, perché implica il primato del sentimento sulla ragione, la dittatura del sentimento o, come qualcuno dice la dittatura delle emozioni. Tra queste emozioni quelle che generalmente prevalgono sono la rabbia, la disperazione, l’odio verso la realtà che ci circonda. Il sentimentalismo, come l’intellettualismo mette al centro di tutto il proprio io. Potremmo definire questi due atteggiamenti una forma di narcisismo, intellettuale o sentimentale, a seconda dei casi.
Benedetto XVI ha coniato il termine “dittatura del relativismo”, riferendosi a quel razionalismo dissolutore che pretende distruggere ogni traccia di verità. Un sacerdote americano, padre Dwight Longenecker, ha scritto un libro dal titolo Beheading Hydra, “La decapitazione dell’Idra”, in cui parla a sua volta della “ dittatura del sentimentalismo”. Secondo padre Longenecker, il sentimentalismo fa parte del codice genetico della moderna società occidentale. È presente ovunque, come l’aria che respiriamo: nella pubblicità, nella politica, nel sistema educativo, nei social media, perché ovunque, nelle nostre azioni siamo motivati dai sentimenti. Il mondo dei social si presta bene alla tirannia del sentimentalismo, perché permette sfoghi immediati e irriflessivi delle proprie emozioni.
Ma facciamo un esempio concreto, per non rimanere anche noi nell’astratto e nel generico. Intellettualismo e sentimentalismo sono penetrati anche all’interno del mondo cattolico, che si trova oggi a vivere una delle crisi più dolorose della sua storia. Una crisi che sembra senza soluzione perché, nel suo cuore, tocca l’istituzione stessa del Papato, fondato da Gesù Cristo. Accade così che le parole e i gesti di papa Francesco scuotono molti di noi, fino a farci mettere in dubbio la legittimità del suo pontificato. La posizione intellettualista è quella di chi, di fronte a questa crisi, si mette a tavolino e, analizzando, sul piano giuridico, la rinuncia al pontificato di Benedetto XVI o l’elezione di papa Francesco, vuole convincere sé stesso e gli altri dell’invalidità delle dimissioni di Benedetto o dell’elezione di Francesco, per eliminare quest’ultimo dall’orizzonte della Chiesa. Ma questo ragionamento prescinde totalmente dalla realtà, che è l’accettazione pacifica e universale del Pontefice da parte del collegio cardinalizio, dell’episcopato e del popolo cattolico, e distrugge uno dei cardini della Chiesa fondata da Gesù Cristo: la sua necessaria visibilità, fino alla fine dei tempi.
La posizione sentimentale è, al contrario, quella di chi è mosso da un sentimento di smodato odio e repulsione verso il regnante pontefice e per evitare di essere considerato scismatico o fuori della Chiesa, si trincera in un contraddittorio sedevacantismo di fatto, fondato non su motivi razionali, ma su fluttuanti emozioni.
Come regolarci in questa drammatica situazione? Ricordando che la fede cattolica è un’esperienza vissuta, ma questa esperienza non né puramente razionale, né puramente sentimentale; essa nasce dall’equilibrio tra le idee, i sentimenti e le azioni: questo è stato il cristianesimo vissuto dei santi nel corso della storia.
Nei momenti di incertezza, di dubbio, di confusione, non fidiamoci di elucubrazioni intellettuali né di appelli sentimentali, ma seguiamo l’esempio dei santi. Chi segue l’esempio dei santi non sbaglia mai.
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