Post in evidenza

MiL è arrivato a 20.000 post, ad maiorem Dei gloriam! #messainlatino #blogmil #sonosoddisfazioni #20000

Con piacere, ed una punta di sana soddisfazione (per il traguardo che ripaga i tanti nostri sacrifici) avvisiamo i nostri lettori che il blo...

domenica 31 dicembre 2023

“Il Sismografo”: sembra essere proprio "fine corsa"

Purtroppo la notizia della chiusura de Il Sismografo (QUI MiL: "Il Sismografo chiude: si spegne una luce di libertà nella Chiesa"), annunciata da Luis Badilla stesso è confermata e non ci paiono essere notizie di resipiscenze.
Molto ci divideva, come vissuto e idee, da Badilla, ma la stima per il suo blog e per quello che faceva era grande. E abbiamo già una grande nostalgia. Un'importante vaticanista mi ha detto giorni fa "come faremo senza Il Sismografo?".
Di seguito una bella analisi della storia  de Il Sismografo.
Noi  speriamo ancora che cambi idea.
QUI Franca Giansoldati su Il Messaggero.
Luigi C.

20 dicembre 2023, Settimana News, Lorenzo Prezzi e Marco Bernardoni

Ogni testata che chiude è una povertà informativa che si gonfia. Nel caso del blog Il Sismografo la perdita è maggiore perché le decine di informazioni che dava ogni giorno diventavano strumento di lavoro per gli informatori religiosi e gli «addetti ai lavori».

Per chi non lo frequentava, si può dire che lo strumento fosse un aggregatore di informazioni pubblicate in rete (da agenzie, riviste, siti, blog, giornali ecc.) riguardanti le Chiese e gli eventi religiosi. Di ogni articolo il Sismografo riportava il titolo, con qualche riga di chiarifica, e rimandava poi alla fonte. L’accurata e sistematica rassegna su Internet permetteva di accedere a un panorama affidabile dei fatti di religione e di Chiesa.
Non una semplice rassegna stampa. Pur senza censurare nessuna voce, il blog operava una scrematura che aiutava a identificare i fatti salienti a livello mondiale nelle lingue principali. E tutto questo contrastava con l’essenzialità monastica dei mezzi: due computer (sempre accesi), una stampante, un postaggio a ritmo continuo, in un salottino (un divano per due persone, un piccolo frigo, due posizioni di lavoro e poco altro) in un appartamento modesto a poche decine di metri dal colonnato di San Pietro.

I costi ridotti all’osso: l’appartamento in comodato gratuito, molto volontariato, una modesta pensione e qualche rara offerta. Con una professionalità raffinata e un grande amore alla Chiesa.
Diciasette anni di attività

Il motore del tutto era Luis Badilla (già ascoltato consigliere di Salvator Allende in Cile, esule, giornalista alla Radio Vaticana, pensionato) assieme al suo collaboratore canadese, Robert Calvaresi. Ci siamo visti due volte. L’ultima il 17 novembre scorso, quando ci ha preannunciato la chiusura (siamo stati i primi a saperlo), resa nota un mese dopo, domenica 17 dicembre.

Sul sito i commenti o gli editoriali erano molto rari, in linea con le esigenze di apertura e di riforma «francescane», ma progressivamente più critici nei confronti del papa e della sua «macchina informativa». Per noi, del tutto consenzienti con l’esigenza del rinnovamento ma meno convinti delle punte più critiche, il racconto dell’esperienza del Sismografo è stato affascinante e sincero.

Lo riportiamo secondo i nostri appunti, chiedendo scusa a Luis e Robert della sua parzialità e a quanti si sentissero feriti per i riferimenti considerati ingiusti o non adeguati.

Nel breve commiato ai lettori apparso sul sito si fa cenno della conclusione del processo al card. Becciu («uno spartiacque dirimente perché denuda una modalità singolare dell’esercizio del potere da parte di papa Francesco»). E si ricorda un’altra coincidenza significativa per questo servizio informativo:

«Il 16 dicembre 2006 è stata la “prima volta” de Il Sismografo in rete, aperto a tutti anche se pochissime persone già lo usavano come strumento di lavoro per prendere decisioni. Mi sarebbe – ci sarebbe – piaciuto continuare questo servizio che ha raggiunto tutti i suoi propositi iniziali, e forse qualcosa in più, e anche inatteso. Ma dopo 17 anni di vita, seppure con formati e destinatari diversi, la mia vecchiaia, 78 anni, e le sue compagne, le malattie, mi esortano a fermarmi perché buono e prudente. Le forze necessarie per andare avanti non ci sono più […]. Alla fine di questa avventura possiamo dirci fieri di ciò che abbiamo fatto, soprattutto perché non abbiamo mai ceduto alla perniciosa abitudine – ecclesiastica ed ecclesiale – di giustificare le menzogne per non danneggiare – si dice – l’immagine della Chiesa. La sola storia della pedofilia nel clero dimostra il contrario. Una Chiesa sempre più identificata con Cristo si sostiene solo con la potenza della verità e ogni volta che invece lo farà usando il potere della menzogna tradirà il suo Fondatore».
Monitorare l’informazione religiosa in reteDagli appunti dell’incontro del 17 novembre 2023

Il progetto nasce da un appello di Benedetto XVI in seguito alle reazioni spesso negative, in particolare nel composito mondo arabo-islamico, alla lectio di Ratisbona (2006), per monitorare la reazione in questi paesi trainati dalle posizioni del governo della Turchia.

Luis Badilla, allora in servizio alla Radio Vaticana dove aveva già lavorato fino al 2000, viene sollecitato ad allestire un progetto per monitorare in tempo reale l’informazione religiosa in rete, in particolare sugli eventi post-Ratisbona. All’inizio Badilla fa rassegna stampa per Lombardi – che a quel tempo ha la responsabilità della Sala Stampa e della TV – e ogni mattina, presso la sede della Radio, si incontrano Tucci, Lombardi e Badilla per un’ora di «strategia comunicativa preventiva».

Dopo Ratisbona questa medesima esperienza si ripete in altre circostanze delicate: lo scandalo della pedofilia nella Chiesa dell’Irlanda e poi la revoca della scomunica a quattro vescovi ordinati da mons. Marcel Lefebvre (Fraternità Sacerdotale San Pio X).

A partire da questi eventi, gradualmente e per tentativi, l’idea si articola in modo più efficace in un ambito completamente nuovo. Il Vaticano, fino ad allora, non si era mai interessato sistematicamente nel monitoraggio dell’informazione che circolava in rete.

Il progetto, sin dagli inizi, è una iniziativa di Luis Badilla che lui sviluppa autonomamente a partire da un monitoraggio finanziato in partenza da Radio Vaticana con un contributo di 1.000 euro al mese. Il lavoro si svolge alcune ore della mattina nella sede della radio e il resto della giornata a casa, poiché i filtri nei computer della Santa Sede bloccavano il lavoro di ricerca con numerose parole vietate, in particolare a contenuto sessuale.

Il successo del monitoraggio, che si spediva a centinaia di persone nell’orbita vaticana, fa maturare le condizioni che inducono Badilla ad aprire, sotto sua responsabilità, un sito web di libero accesso per tutti. Anche per evitare la spedizione di tante email ogni mattina alle ore 7 che, tra l’altro, molti destinatari rilanciavano ai propri contatti ben oltre la mailing list, compilata con grande severità e controllo.

Dopo le prime verifiche circa la buona accoglienza del sito, si capisce che occorre garantire continuità all’esperimento. Si pensa alla formazione di un gruppo ristretto, ma con persone di talento per la ricerca e in possesso di buone conoscenze sulla Santa Sede e anche sulle principali confessioni religiose.
La riforma del 2015

Quando mons. Dario Edoardo Viganò subentra a p. Federico Lombardi alla direzione della nuova Segreteria per la comunicazione (2015, inizio della «riforma dei media vaticani»), Badilla viene liquidato su due piedi, in via della Conciliazione, dopo 40 anni di servizio nella comunicazione vaticana.

Caduto il finanziamento, Badilla deve ricorrere ai suoi soldi – e a qualche donazione – e deve ridimensionare l’idea di preparare una continuità del progetto nel tempo. Per qualche momento, nell’entusiasmo del nuovo papato e con l’inizio delle riforme, si è immaginato di poter includere nel nuovo corso dei media vaticani anche Il Sismografo, dato che lo si riteneva di proprietà del Vaticano. «I riformisti – dice Badilla – non sapevano neanche che il blog era un progetto privato di alcuni laici cattolici».

A un certo punto, p. Antonio Spadaro − conoscitore e utente del monitoraggio della stampa in rete − propone di trovare un modo per salvare il sito. Si parla con Badilla di 1.000 euro al mese per ricompensare due giovani da formare per garantire in futuro la prosecuzione del blog. L’idea, in concreto, consiste nell’affiancare Il Sismografo alla rivista Civiltà cattolica, immaginando una sorta di servizio di news ecclesiali attivo 24 ore su 24. Ma la comunità degli scrittori della rivista dei gesuiti non accoglie la proposta, a quanto pare per valutazioni di carattere economico. Non se la sentono di investire 12 mila euro all’anno. Intanto, mons. Viganò comunicava di volerlo sostituire con un suo progetto equivalente, che però non è mai partito.

Da quel momento in poi, il Sismografo vive soltanto della pensione di Badilla e di pochissime offerte dei lettori. Curiosa la proposta di sovvenzioni giunta da parte del presidente ungherese Victor Orban. Una somma significativa, ma modesta, come donazione liberale, ma con la firma dell’accettazione. Badilla decide di rinunciarvi per tenere le mani libere.
Una qualità mediocre

Il sito ormai era molto cliccato negli uffici curiali, ma di nascosto, come se fosse «un sito pornografico», commenta sorridendo Badilla. «Tutti lo vedono ma nessuno lo riconosce». Per lui, in questi anni, c’è stata una sola convocazione in Segreteria di Stato. Non per parlare del Sismografo, bensì per fargli presente un indebito attacco all’attuale nunzio apostolico in Portogallo, ex rappresentante del papa in Cile durante il caso Karadima. L’arcivescovo era stato accusato di occultamento – secondo gli articoli della stampa cilena citati dal Sismografo – nel caso del cosiddetto «sistema Karadima».

La riforma vaticana delle comunicazioni «è stata disastrosa. Lo dimostrano i fatti e i giudizi dei diversi utenti dei media della Santa Sede. Ha cancellato quasi tutto quello che si faceva di buono senza introdurre le riforme necessarie e neanche proposte innovative».

I costi annuali del sistema mediatico vaticano superano di molto due decine di milioni di euro. C’è stato un grande sforzo iniziale per ridurre le spese, la famosa proposta della spending review del Rapporto Patten. Ma l’invito ad accorpare enti diversi non conteneva nessuna analisi critica e nessuna prospettiva sui contenuti da comunicare. Oggi, otto anni dopo la riforma dei media, la curia vaticana ha attivi 18 diversi servizi stampa, uno per dicastero, oltre alla Sala Stampa. Da sempre la riforma ha avuto un’impostazione propagandistica, al servizio del «sovrano».

Intanto, in Radio Vaticana decine di persone, vecchi e bravi dipendenti, restano sottoimpiegati. Si susseguono molti organigrammi con numerose gerarchie interne. Alla fine viene offerta un’informazione irrilevante, di qualità mediocre e noiosa. «Sostanzialmente sono mezzi istituzionali di comunicazione usati per fare propaganda papolatrica, come si è visto recentemente nel caso del Sinodo. Tra l’altro, molte critiche a un sistema di questo tipo sono state pronunciate paradossalmente dallo stesso papa nella visita alla Radio Vaticana del 24 maggio 2021».
I problemi in due livelli

Il primo problema riguarda il papa, che ha imposto un modello di comunicazione direttamente gestito da lui. Cosa per la quale si dimostra molto abile. Le 280 interviste finora concesse, di ogni tipologia comunicativa (testate internazionali, nazionali, riviste, giornali e giornaletti, libri, smartphone, TV) sono state tutte organizzate in proprio, senza informare né la Segreteria di stato né il Dicastero per la comunicazione né la Sala Stampa.

In Argentina, da cardinale, Bergoglio ha concesso una sola intervista, alla signora Elisabetta Piqué. Ha una ventina di giornalisti «amici» di cui si fida e che «sfrutta» molto bene. Anche Badilla ha inizialmente fatto parte di questo gruppo, fino a quando non ha scelto di dissociarsi da un modo di comunicare che non è più al servizio della verità, ma si fa «culto della personalità». Un clima ben diverso da quello sperimentato nei decenni precedenti, quando p. Tucci, direttore di Radio Vaticana, chiedeva ai collaboratori di «dare notizie affidabili e secche», senza svolazzi retorici o elogi impropri.

Il secondo problema riguarda invece il Dicastero della comunicazione, che è diventato un gruppo di controllori dell’informazione vaticana con potere di censura sui vaticanisti. Questi temono infatti di essere esclusi dall’entourage papale – ad esempio, dai viaggi – e di non poter più fare il loro lavoro. Di fatto, nessuno di loro è libero da condizionamenti vari, piccoli e grandi. Tutto questo «non si può cambiare. E rende molto difficile proseguire il nostro lavoro» sul finire di questo pontificato.

Qui si apre il tema della salute del papa che ha diverse patologie, alcune serie e meno note. Si deve quindi pensare al conclave e al suo successore. A detta di Badilla, Francesco punterebbe sul venezuelano Edgar Peña Parra. Attuale Sostituto per gli affari della Segreteria di Stato, è lambito dallo scandalo del palazzo di Londra e da altri fatti pregressi in Venezuela. Il papa «si fida solo di lui e tutte le comunicazioni al papa passano di fatto dal suo filtro. Neppure i vertici della Segreteria di stato avrebbero facile accesso al papa e di conseguenza farebbero fatica a informarlo e a ricevere da lui indicazioni».

Alla recente Assemblea sinodale − fa notare Badilla − si è di fatto prodotto un pre-conclave. Erano presenti 45 cardinali elettori circa che hanno potuto conoscersi e confrontarsi. Il papa ha escluso le sue dimissioni. Sarebbe una buona notizia, perché allontana la prospettiva di possibili condizionamenti da parte del papa «emerito».
Le ragioni della chiusura

Tornando alle ragioni della chiusura de Il Sismografo, esse sono in sostanza due: la salute di Badilla, sempre più compromessa da diverse patologie, e il fatto di non essere riusciti «a preparare un gruppo capace di dare continuità allo scopo de Il Sismografo, ovvero rispondere come laici – autonomi, maturi, adulti e non clericali – all’appello di papa Benedetto XVI del 2009».

Si tratta di una riflessione di papa Ratzinger nella lettera con cui spiegava la remissione della scomunica dei quattro vescovi lefebvriani, tra i quali vi era il negazionista Richard Williamson. Una decisione che provocò molte polemiche contro lo stesso Ratzinger, perché l’annuncio vaticano arrivò proprio nel momento in cui circolava in rete un’intervista a Williamson nella quale egli negava la Shoah.

Scriveva Ratzinger in quella lettera: «Mi è stato detto che seguire con attenzione le notizie raggiungibili mediante Internet avrebbe dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema», ed evitare di includere nella lista un vescovo antisemita (10 marzo 2009).

L’appello di papa Benedetto sta alla base di questa storia e del proposito di continuare l’esperienza. Ma sono scomparse le condizioni, anche minime, per poterlo fare. Per 17 anni Badilla si è impegnato in questo servizio alla Chiesa, ma quanto sta accadendo e l’attuale clima lo disgustano e demotivano. Ritiene di essere difficilmente attaccabile per come ha lavorato. Ora lo si accusa di «tradizionalismo» … dopo che, anni fa, il card. Sodano voleva farlo licenziare da Radio Vaticana con l’accusa di «comunismo», garantita dell’autorità «morale» di Pinochet.
Coscienza e verità

Al termine del nostro colloquio, una conclusione serena e amara: «Non voglio finire nel solco di una critica malevola e tanto meno, come accade oggi nella Chiesa, in una guerra civile tra generali ma senza soldati. Mi rifiuto di stare al gioco dei gruppi di potere, delle bande e delle cordate. Queste realtà non hanno nulla da spartire con il Vangelo e la missione che Cristo affidò alla sua Chiesa».

«Ho criticato il papa e ritengo di avere fatto bene, anzi, penso che alcune parole dell’arcivescovo Joseph Ratzinger mi aiutino a spiegare la breve vita de Il sismografo. Era il 10 agosto 1978 quando l’allora cardinale Joseph Ratzinger, arcivescovo di Monaco e Frisinga, celebrò nella cattedrale del capoluogo bavarese la messa per Paolo VI e tenne un’omelia nella quale disse: “Un papa che oggi non subisse critiche fallirebbe il suo compito dinanzi a questo tempo. Paolo VI ha resistito alla telecrazia e alla demoscopia, le due potenze dittatoriali del presente. Ha potuto farlo perché non prendeva come parametro il successo e l’approvazione, bensì la coscienza, che si misura sulla verità, sulla fede”».

«Del papa regnante – conclude Badilla – conosciamo molte cose, non sempre brillanti e talvolta fuori luogo per un successore di Pietro; ma è pur sempre il nostro papa».