Riprendiamo due articoli - ripresi da Il Sismografo - di commento sulla terribile Nota di oggi - del Vicariato di Roma - sul caso Rupnik.
Tutto sotto la regia di Francesco come disse un altissimo esponente della curia romana?
QUI i post pubblicati sul caso Rupnik da MiL.
Luigi
18-9-23
(Federica Tourn - Domani) L’ex gesuita è accusato di abusi nei confronti di almeno una ventina di donne, ma la visita canonica al centro da lui fondato va in senso contrario: «Al Centro Aletti è presente una vita comunitaria sana e priva di particolari criticità». Un colpo di scena che potrebbe avere la regia del papa.
«Emerge con chiarezza che in seno al Centro Aletti è presente una vita comunitaria sana e priva di particolari criticità»: questo, in sintesi, il risultato della visita canonica disposta dal cardinale vicario di Roma, il vescovo Angelo De Donatis, sul Centro fondato e a lungo diretto da Marko Rupnik, l’ex gesuita accusato di aver abusato di almeno una ventina di donne.
Non solo: il cardinale vicario mette in dubbio una sentenza del dicastero per la Dottrina della fede (ex Congregazione), quando dichiara che «il visitatore ha potuto riscontrare e ha quindi segnalato procedure gravemente anomale il cui esame ha generato fondati dubbi anche sulla stessa richiesta di scomunica».
Scomunica in cui era incorso Rupnik per aver assolto in confessione una donna con cui aveva avuto un rapporto sessuale e che gli era stata rimessa pochi giorni dopo, molto probabilmente dal papa in persona. Ora, il fatto che il vicario generale oggi dichiari di aver «rimesso la relazione alle Autorità competenti» per la gravità dei riscontri sulla «richiesta della scomunica», sembra evidenziare uno scontro sotterraneo in Vaticano nel nome di Rupnik.
L’indagine
La visita canonica, avviata il 16 gennaio scorso, aveva l’obiettivo di indagare sulle dinamiche interne all’équipe del Centro Aletti, associazione pubblica di fedeli dal giugno 2019, e in particolare, sui rapporti fra l’attuale gruppo dirigente e Rupnik. La relazione finale del visitatore incaricato, don Giacomo Incitti, docente di diritto canonico presso la Pontificia università urbaniana, è chiara: nulla da eccepire su quel che succede in via Paolina.
Anzi, il gruppo ne è uscito rinsaldato: «la vicenda – a giudizio di Incitti – ha aiutato le persone che vivono l’esperienza del Centro Aletti a rafforzare la fiducia nel Signore, nella consapevolezza che il dono della vita di Dio si fa spazio anche attraverso la prova».
I membri del Centro Aletti, ha appurato il visitatore, «benché amareggiati dalle accuse pervenute e dalle modalità con cui sono state gestite, hanno scelto di mantenere il silenzio – nonostante la veemenza dei media – per custodire il cuore e non rivendicare una qualche irreprensibilità con cui ergersi a giudici degli altri».
Nessun problema
Nessun problema, quindi. Niente da dire sul fatto che la direttrice Maria Campatelli fosse in prima fila il 5 marzo scorso, insieme al resto dell’équipe e al gruppo dei gesuiti (ora usciti dallla Compagnia dopo l’espulsione di Rupnik, ratificata lo scorso 14 luglio), quando Rupnik concelebrava nella basilica di Santa Prassede a Roma, violando il divieto dei suoi superiori di esercitare attività ministeriale e sacramentale in pubblico.
Niente da dire nemmeno sugli esercizi spirituali che Rupnik avrebbe dovuto condurre per il Centro Aletti, in violazione delle restrizioni imposte dalla Compagnia; e, soprattutto, niente da rilevare sugli abusi che il sacerdote e artista commetteva anche nei locali del Centro, a Roma, approfittando del suo ruolo, come più di una vittima ha testimoniato alla Compagnia di Gesù nel corso dell’indagine avviata lo scorso febbraio.
Tutto nella norma, insomma. Si sono rese necessarie alcune modifiche allo Statuto, vista l’uscita della compagine dei gesuiti dal Centro ma, a parte questi aggiustamenti tecnici, restano «integre le finalità fondative».
La regia del papa
Resta da vedere che cosa succederà adesso che il cardinale De Donatis ha lanciato la bomba sulla scomunica, imposta a Rupnik nel 2020 con una sentenza firmata dal cardinale Luis Ladaria Ferrer, all’epoca prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
Al netto della successiva revoca, mettere in dubbio i presupposti per la scomunica appare un chiaro atto di sfida nei confronti del Dicastero vaticano, con un unico obiettivo di fondo: la riabilitazione di Rupnik, in spregio alla Compagnia di Gesù che ne ha deciso l’espulsione e dei vescovi sloveni che hanno condannato gli abusi – per non parlare delle vittime.
Non solo: difficile pensare che dietro il pesante attacco di De Donatis non ci sia l’approvazione, se non addirittura la regia, del papa. Lo stesso Francesco, d’altronde, appena tre mesi fa aveva illustrato proprio un mosaico di Rupnik presente a Santa Marta durante un messaggio a un congresso mariologico brasiliano, segno inequivocabile di sostegno al discusso confratello.
Tre giorni fa, la direttrice del Centro, Maria Campatelli, che non ha mai fatto mistero di essere totalmente dalla parte di Rupnik, anche attraverso lettere pubbliche in cui l’ex sacerdote veniva dipinto come vittima di stampa e gesuiti, è stata ricevuta dal papa in colloquio privato. Oggi, alla luce dell’esito della visita canonica, non è difficile immaginare che al cuore dell’incontro in Vaticano ci sia stato un cordiale avallo delle attività del Centro, che potrà quindi portare avanti le redditizie opere di Rupnik con la benedizione di Francesco.
(Domani)
18-9-23
(Franca Giansoldati, Il Messaggero) Si sta profilando uno scontro mai visto e dalle conseguenze imprevedibili tra il cardinale Vicario di Roma, l'Ordine dei Gesuiti e il Dicastero della Dottrina della Fede per la gestione (ben poco trasparente) del più brutto e imbarazzante caso di abusi sessuali su donne commessi da un prete: l'ex gesuita Marko Rupnik, artista di fama e amico personale di diversi prelati (tra cui il vicario di Roma, De Donatis) nonché di Papa Francesco. La vicenda opaca e ingarbugliata si trascina da due anni con diversi colpi di scena, compresa l'espulsione dalla Compagnia di Gesù di padre Rupnik avvenuta a giugno, poichè ritenuto responsabile di molestie nei confronti di laiche e religiose che avrebbero gravitato attorno alle sue attività spirituali e artistiche e al famoso Centro Aletti fondato agli inizi degli anni Novanta a Roma.
Il Vicariato di Roma stamattina ha diffuso una nota in cui sostanzialmente vengono sollevati dubbi sulle inchieste fatte sia dalla Congregazione della Fede (che aveva scomunicato l'ex gesuita sloveno con l'accusa gravissima di aver assolto il complice), sia dalla Compagnia di Gesù, che poi lo aveva espulso. Il Vicariato annuncia di avere fatto fare una visita canonica (segretissima, di cui nessuno sapeva nulla) sul Centro Aletti, affidandola ad un canonista dell'Urbaniana, padre Giacomo Incitti. In Vicariato però stamattina cadevano tutti dalle nuvole perchè nessuno ne aveva mai sentito parlare e nessuno ha mai letto la relazione finale.
«Tutta la vicenda, a giudizio del Visitatore, ha aiutato le persone che vivono l'esperienza del Centro Aletti a rafforzare la fiducia nel Signore, nella consapevolezza che il dono della vita di Dio si fa spazio anche attraverso la prova». Inoltre, «come da esplicita richiesta formulata nel decreto di nomina, tenuto conto delle ricadute sulla vita dell'Associazione, il Visitatore ha doverosamente esaminato anche le principali accuse che sono state mosse al padre Rupnik, soprattutto quella che ha portato alla richiesta di scomunica. In base al copioso materiale documentario studiato, il Visitatore ha potuto riscontrare e ha quindi segnalato procedure gravemente anomale il cui esame ha generato fondati dubbi anche sulla stessa richiesta di scomunica».
In pratica il Vicariato, con questa nota, è sceso in campo mettendo in dubbio la correttezza sia della Congregazione della Fede sia dei Gesuiti che, dopo avere raccolto le testimonianze delle vittime, avevano proceduto a formulare, in tempi differenti, giudizi di condanna nei confronti di padre Rupnik.
Inoltre nel testo preparato dal Vicariato non appare una sola parola nei confronti delle presunte vittime, come se fossero dei fantasmi.
Sabato scorso Papa Francesco ha voluto ricevere ufficialmente in Vaticano la teologa amica di Rupnik – Maria Campatelli - che gestisce il Centro Aletti e che ha sempre difeso da ogni accusa l'ex gesuita. Una udienza piuttosto anomala, corredata di foto di rito, che ha sollevato parecchi interrogativi, anche perché il caso per il Vaticano resta aperto. Sebbene sia stato scomunicato due anni fa ma poi misteriosamente perdonato per l'assoluzione di complice (c'è chi dice che sia stato il Papa in persona a togliergli la scomunica), cacciato dai Gesuiti dopo una inchiesta interna che ha portato alla luce diverse vittime, Rupnik di fatto è ancora sacerdote anche se non si sa in quale diocesi nel frattempo sia stato incardinato, né se su di lui verranno presi provvedimenti di espulsione dal sacerdozio.
I Gesuiti, il 9 giugno scorso, lo avevano dimesso dalla Compagnia di Gesù. «Il Team Referente in casi di denunce nei confronti di gesuiti appartenenti alla DIR ci ha consegnato nel febbraio 2023 il dossier relativo alle numerose denunce di ogni tipo che ci sono giunte, provenienti da fonti molto diverse e per fatti avvenuti in un arco temporale di oltre 30 anni a riguardo di padre Rupnik. Come Superiori abbiamo ritenuto il grado di credibilità di quanto denunciato o testimoniato come molto alto e ci siamo attenuti alle indicazioni e alle raccomandazioni forniteci dal Team Referente nelle sue considerazioni finali» aveva spiegato padre Johan Verschueren aggiungendo che la Compagnia di Gesù aveva imposto a Rupnik di cambiare di comunità e di accettare una nuova missione offrendogli «un’ultima possibilità come gesuita di fare i conti con il proprio passato e dare un segnale chiaro alle numerose persone lese che testimoniavano contro di lui, per poter entrare in un percorso di verità». Ma di fronte al reiterato rifiuto di Rupnik di obbedire a questo mandato, ai gesuiti non è «rimasta purtroppo che una sola soluzione: la dimissione dalla Compagnia di Gesù».
Papa Francesco in una intervista alla Ap si era soffermato sul caso Rupnik affermando che non si aspettava affiorasse quello che nel frattempo è emerso con le denunce. «Per me è stata una sorpresa, davvero. Questo, una persona, un artista di questo livello, per me è stata una grande sorpresa e una ferita». Aveva detto, auspicando una maggiore trasparenza, riguardo alla modalità in cui vengono gestiti i casi di abusi: «È quello che voglio, e con la trasparenza arriva una cosa molto bella, che è la vergogna”.
Diverse università pontificie in questi mesi hanno revocato la laurea ad honorem che avevano conferito a Rupnik e diverse conferenze episcopali si stanno interrogando se smantellare i lavori musivi che ornano le cappelle in varie parti del mondo. Anche in Vaticano e in Vicariato ci sono due cappelle interamente lavorate da Rupnik. La cappella del Vicariato era stata commissionata proprio da De Donatis.