Vi proponiamo – in nostra traduzione – l’articolo pubblicato il 18 settembre sul sito Caminante Wanderer.
L’articolo offre molti spunti di riflessione sulle più recenti interviste di mons. Víctor Manuel Fernández, in particolare quella rilasciata al vaticanista Edward Pentin su National Catholic Register (QUI la traduzione italiana su MiL), in cui il nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede parla in merito all’accettazione da parte dei Vescovi della «dottrina del Santo Padre», in chiara contrapposizione alla dottrina della Chiesa Cattolica, finendo così «per trasformare papa Francesco in una sorta di oracolo, una particolare ipostasi dello Spirito Santo, la cui parola è magistero autentico e quindi non contiene errori e deve essere obbedita da tutti i Cattolici. E, di conseguenza, ha anche trasformato la Chiesa in un’istituzione che segue un leader, che non è Cristo ma il Papa del momento».
QUI altri nostri post sulla nomina di mons. Fernández.
L.V.
Una settimana fa, un altro dei figli più amati dell’Argentina, mons. [e prossimo card.: N.d.T.] Víctor Manuel Fernández, ha assunto l’incarico di Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede. Due Argentini sono ora al vertice del governo della Chiesa cattolica. Un motivo di orgoglio per tutti i nati in questa terra particolarmente benedetta?
E il nuovo Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, ormai quasi Cardinale, ha avuto nei giorni scorsi alcune emanazioni sotto forma di interviste concesse a padre Antonio Spadaro S.I., al tempo direttore della rivista La Civiltà Cattolica, e al vaticanista Edward Pentin del National Catholic Register [QUI tradotta in italiano su MiL: N.d.T.]. Vorrei commentare brevemente una delle dichiarazioni del prelato, ma prima devo sottolineare che i Cattolici possono stare tranquilli sulla formazione e sulla saggezza del nuovo inquisitore. Mons. Víctor Manuel Fernández afferma che la formazione che ha ricevuto è stata «strettamente tomistica» (nel Seminario Mayor Jesús Buen Pastor di Río Cuarto?) anche se il suo maestro è stato San Bonaventura da Bagnoregio, molto appropriato per i tempi francescani. E riconosce anche il suo discepolato nei confronti di Maurice Blondel, senza dimenticare la «precisione argomentativa di Karl Rahner, la profondità spirituale di Hans Urs von Balthasar, l’ecclesiologia di Yves Congar e l’opera di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI». Aggiunge poi Étienne Gilson e Réginald Garrigou-Lagrange. E per dimostrare di essere aperto alla realtà latinoamericana, confessa anche di essere discepolo di Gustavo Gutiérrez, Lucio Gera e Rafael Tello, senza dimenticare Hans-Georg Gadamer. Un vuoto abissale di saggezza! Mons. Víctor Manuel Fernández non si rende conto, o non ha un buon amico che glielo sussurri, che esponendo la lunga lista dei suoi maestri, che dimostra la sua mancanza di fedeltà a qualcuno di loro e il pot-pourri teologico che gli serpeggia in testa, non fa altro che documentare la sua ignoranza, la sua insicurezza e la sua incompetenza per il posto che occupa?
Ma la cosa più interessante ed esilarante il Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede l’ha detta nell’intervista al vaticanista Edward Pentin.
In risposta a una domanda sull’accettazione del magistero di papa Francesco, mons. Víctor Manuel Fernández ha detto in un’intervista esclusiva via e-mail dell’8 settembre che il Papa non ha solo il dovere di custodire e preservare il deposito «statico» della fede, ma anche un secondo carisma unico, dato solo a Pietro e ai suoi successori, che è «un dono vivo e attivo».
«Io non ho questo carisma, né voi né il card. Raymond Leo Burke. Oggi solo papa Francesco lo possiede», ha detto mons. Víctor Manuel Fernández. Il card. Raymond Leo Burke ha recentemente scritto la prefazione del libro Processo sinodale: Un Vaso di Pandora [scritto da Julio Loredo e José Antonio Ureta, QUI, QUI e QUI su MiL: N.d.T.], in cui critica aspramente la prossima XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi e ha spesso espresso preoccupazione per alcuni insegnamenti di questo pontificato.
«Ora, se mi si dice che alcuni Vescovi hanno un dono speciale dello Spirito Santo per giudicare la dottrina del Santo Padre, entreremo in un circolo vizioso (in cui chiunque può affermare di avere la vera dottrina) e questo sarebbe eresia e scisma», ha detto.
Non sono un teologo e chi lo è può correggermi. Esiste, tra l’altro, un «carisma» proprio del ministero petrino e posseduto solo dal Papa del momento, e consiste nell’assistenza dello Spirito Santo che gli conferisce l’infallibilità purché siano soddisfatte le seguenti condizioni:
- il Papa deve parlare ex cathedra, cioè dalla sua posizione di suprema autorità nella Chiesa e nell’esercizio del suo magistero straordinario;
- la dichiarazione deve riguardare una questione di fede o di morale;
- il Papa deve esprimere chiaramente la sua intenzione di definire una dottrina in modo infallibile.
Solo quando queste condizioni sono soddisfatte si parla di «inerranza assoluta», cioè il suo insegnamento è considerato infallibile e privo di errori. Di conseguenza, i Cattolici sono obbligati ad accettarlo come vero e vincolante per la fede e la pratica religiosa.
Inoltre, l’infallibilità papale stabilisce l’autorità finale del Papa in materia di fede e di morale. Quando il Papa pronuncia una dichiarazione infallibile, ci si aspetta che i Cattolici la accettino come verità definitiva e non soggetta a discussioni o dubbi. Tuttavia, è importante tenere presente che l’infallibilità papale ha dei limiti specifici. Non implica che il Papa sia infallibile in tutti gli aspetti del suo insegnamento o che sia incapace di sbagliare in altri ambiti. Si applica solo a dichiarazioni specifiche fatte nelle condizioni sopra menzionate.
Tutto questo è dottrina nota a qualsiasi Cattolico preparato. È stata affermata dal Concilio Vaticano I nella costituzione dogmatica Pastor aeternus e riaffermata dal Concilio Vaticano II nella costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium (n. 25), quando parla del Romano Pontefice «singolarmente insignito del carisma dell’infallibilità della Chiesa stessa», ma solo quando parla come maestro universale, cioè quando sono soddisfatte le condizioni sopra descritte, e non quando si esprime come maestro privato.
Tuttavia, mons. Víctor Manuel Fernández sembra – forse seguendo il filosofo Hans-Georg Gadamer – fare un’ermeneutica estesa delle disposizioni degli ultimi due Concilii: papa Francesco avrebbe «inerranza assoluta» e quindi «autorità finale» in tutti i suoi insegnamenti, indipendentemente dal fatto che siano o meno pronunciati ex cathedra. Anche quelli pronunciati ex aerea nave o ex latrina sarebbero insegnamenti certi con l’obbligo di essere accettati, pena la caduta nell’eresia.
Non sto esagerando. Si tratta di seguire il ragionamento di mons. Víctor Manuel Fernández.
Premessa maggiore: il Papa non deve solo custodire il deposito «statico» della fede, ma anche insegnare la dottrina della Chiesa in virtù di un carisma «vivo e attivo» che possiede e che è un dono dello Spirito Santo.
Premessa minore: né i Vescovi né i fedeli laici possiedono questo dono «vivo e attivo», poiché è esclusivo del Romano Pontefice.
Conclusione: tutti i Vescovi e i fedeli laici devono accettare non solo il deposito «statico» della fede, ma anche tutti gli insegnamenti del Papa sulla Chiesa. Se non lo fanno e lo criticano, cadono nello scisma e nell’eresia.
Possiamo già prevedere come sarà la gestione del nuovo Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede. Ogni giorno il Dicastero emetterà sentenze di eresia urbi et orbi e la Chiesa in cui c’è posto per tutti, tutti, tutti finirà per essere una Chiesa solo per gli ossequiosi. Così ora si scopre che noi Cattolici siamo obbligati a seguire non la dottrina della Chiesa, ma la dottrina del Papa. Questa è un’assurdità, un’assurdità inconcepibile dalla bocca di colui che dovrebbe essere il capo teologico della Chiesa. Come ha scritto [QUI tradotto in italiano sul sito Duc in altum: N.d.T.] il prof. Eduardo Echevarría, docente di Filosofia e Teologia sistematica al Sacred Heart Major Seminary di Detroit, una cosa è affermare che il Magistero ha un proprio carisma nella missione di custodire infallibilmente la Fede data una volta per tutte alla Chiesa, un’altra è affermare che il Papa ha un carisma che custodisce la propria dottrina.
Il nuovo Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede ha espresso con voce ufficiale ciò che avevamo avvertito in questo blog [QUI tradotto in italiano su MiL: N.d.T.] poco più di due anni fa, e in modo più che sufficiente. Allora avevamo detto che la Tradizione era stata divorata dal Magistero e mons. Víctor Manuel Fernández promette di divorare anche la Scrittura. Perché secondo lui il «carisma vivo e attivo» di cui è dotato papa Francesco è superiore al «deposito statico», cioè la Scrittura e la Tradizione. Gli eretici non sarebbero più coloro che negano gli insegnamenti contenuti nel depositum fidei, ad esempio che gli adulteri non possono ricevere l’Eucaristia o che i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso sono un peccato grave, ma coloro che mettono in discussione il «carisma vivo e attivo» di cui è investito il Romano Pontefice.
Cosa avrebbe dato il Beato Papa Pio IX per avere un Prefetto con la tempra teologica di Tucho Fernandez! È curioso come la galleria di personaggi che popolano il Vaticano in questo pontificato, apertamente progressista e denigratoria dei tempi passati, assuma senza vergogna gli atteggiamenti più reazionari che nemmeno Joseph Marie de Maistre o l’ultramontano più radicato avrebbero osato sostenere.
Queste affermazioni dimostrano che mons. Víctor Manuel Fernández ha finito per trasformare papa Francesco in una sorta di oracolo, una particolare ipostasi dello Spirito Santo, la cui parola è magistero autentico e quindi non contiene errori e deve essere obbedita da tutti i Cattolici. E, di conseguenza, ha anche trasformato la Chiesa in un’istituzione che segue un leader, che non è Cristo ma il Papa del momento, che ha pieni poteri per plasmarla a suo gusto e capriccio. Come ha detto il nostro buon amico Ludovicus nel 2013: «Il Papa sta cominciando a configurarsi come un leader, e il Cattolicesimo come la religione del Papa». Consiglio vivamente la lettura di questo articolo, che mostra come il Pontificato romano degli ultimi decenni sia stato inteso come una leadership di un «movimento» sulla base di un programma e di un peculiare «carisma» fornito dal nome scelto dal Papa.
Con dieci anni di anticipo, Ludovicus ha annunciato quello che è successo e che mons. Víctor Manuel Fernández ha espresso chiaramente: papa Francesco ha carismatizzato l’istituzionale a livelli massimi e cannibalizzanti. Se il suo è un «Dio che si manifesta nel tempo ed è presente nei processi della storia», essendo la fede «una fede un cammino, una fede storica. Dio si è rivelato come storia, non come compendio di verità astratte» – frasi testuali di papa Francesco –, quindi è un Dio che sceglie e benedice un leader incaricato di renderlo presente nelle dinamiche della storia. La Chiesa non è più un’istituzione, è un movimento e il suo leader è un caudillo. Come non collegare tutto questo alla dottrina di Juan Domingo Perón!
Come ho detto altre volte, la cosa migliore da fare è lasciare che mons. Víctor Manuel Fernández parli e faccia. Nel Dicastero per la Dottrina della Fede, si dice, lo stanno aspettando con coltello e forchetta pronti. La sua fatuità autorizzata gli farà commettere innumerevoli errori, che certamente causeranno vittime, ma che saranno il suo passaporto per il pensionamento anticipato non appena il prossimo Pontefice siederà sul trono di Pietro.
Sarà lui Giovanni 24°?
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