Domani anche il calendario VO ricorda la Madre della BMV (S. Gioacchino si commemora il 16 agosto). Il 26 luglio si festeggiavano le Madri Cattoliche.
Qualche riflessione sui genitori della Madonna, prendendo spunto dall’arte di Giotto.
Luigi
Schola Palatina, Sara Magister | 29 Novembre 2022
Giotto, nell’Incontro tra Sant’Anna e Gioacchino presso la Porta d’Oro, sito presso la Cappella degli Scrovegni, a Padova, propone più livelli di lettura: oltre a quello narrativo, molti altri guidano l’osservatore verso un significato più profondo, verso il mistero. Vediamo quali…
La storia dei genitori di Maria è stata tramandata da alcuni vangeli apocrifi; attorno alla metà del XIII secolo Jacopo da Varazze l’inserì nella sua raccolta sulle vite dei Santi, nota con il titolo di Legenda Aurea. È questo un testo fondamentale per la storia dell’arte sacra, perché divenne subito una fonte di riferimento per tutti gli artisti, che si dovevano cimentare nella raffigurazione delle vite dei Santi o di quegli episodi della vita di Gesù e dei suoi familiari non inseriti nei testi canonici.
Alla Legenda Aurea attinse a piene mani anche Giotto, quando, nel 1302, venne assoldato dal potente banchiere ed ex-usuraio Enrico Scrovegni, per dipingere l’intera sua cappella palatina, collocata sulle rovine dell’anfiteatro (o arena) di Padova.
Sant’Anna e Gioacchino sotto una volta stellata
Il ciclo pittorico si distende lungo le quattro pareti della cappella, al di sotto di una volta dipinta a cielo stellato, ed inizia proprio con la vicenda drammatica dei due genitori di Maria, che si sviluppa in ben sei scene sulla parte alta della parete destra.
L’inizio è drammatico: Gioacchino viene cacciato dal tempio di Gerusalemme, perché ritenuto maledetto dal Signore, che non gli aveva concesso di avere figli. Chiuso nel suo dolore, egli fugge tra le montagne e per diversi mesi non fa avere notizie di sé a sua moglie.
Nel frattempo Anna viene rassicurata dall’angelo del Signore, che compare anche a Gioacchino, annunciandole che sua moglie presto partorirà. Gioacchino quindi offre un sacrificio di ringraziamento a Dio e viene invitato dall’angelo a tornare da sua moglie, perché le loro preghiere sono state esaudite. Ed ecco la scena finale, quella qui presentata, in cui Anna e Gioacchino si incontrano fuori dalla Porta d’Oro di Gerusalemme, per ricongiungersi e preparare l’avvento della nascita della Vergine.
Sulla sinistra, un giovane inserviente con il bastone e il cesto delle provviste si affaccia sulla scena. La sua presenza si riferisce al cammino di ritorno di Gioacchino e dei suoi servi verso Gerusalemme, mentre il loro prossimo arrivo viene annunciato ad Anna da un angelo: «Va ora alla Porta che è detta Aurea, fatti incontro a tuo marito, oggi infatti verrà da te». Il Santo è quindi arrivato all’ingresso della città, dove sua moglie lo stava aspettando insieme alle sue amiche.
Al suo arrivo Anna non riesce a contenere la sua gioia e lascia quindi il pesante mantello a una sua amica, per corrergli incontro ed abbracciarlo: «Si appese al suo collo rendendo grazie a Dio e dicendo: “ero vedova ed ecco non lo sono più; ero sterile ed ecco ho già concepito”». A gioire poi non è solo lei, bensì tutti gli altri presenti: «Tutta la terra d’Israele si rallegrò di questa notizia».
Giotto qui intenzionalmente raffigura l’arco in sbieco, per dare il senso del dentro-fuori dalle mura, e per suggerire che anche il gruppo delle amiche sta spingendosi fuori, lungo quel ponticello ricurvo, che si conclude proprio sul gruppo principale.
Un tripudio di luce e colore
L’abbraccio tra i due, quindi, conclude e scioglie tutte le difficoltà e il dolore passati, in un tripudio di luce e colore che, a partire da quella dorata che brilla sulle loro teste e, seguendo sull’arcata che profila la porta monumentale, sembra accendere l’intera città.
L’intensità, la spontaneità e la purezza dei sentimenti espressi riescono a irraggiare tutto l’ambiente ed a contagiare le amiche di Anna, che si fermano sorridenti e sodali ad ammirare il lieto fine di un percorso difficile, ma guidato dalla costante presenza del Signore.
Il nitore formale, la disposizione dei colori per masse luminose e il rapporto tra i personaggi e lo spazio, dalle proporzioni simboliche ma con una profondità e monumentalità nuove per l’epoca, sono le strategie visive che Giotto mette in campo per fare cogliere allo spettatore l’immediatezza dell’azione in scena. Ma ciò non significa che quello puramente narrativo sia l’unico livello di lettura, perché una serie di dettagli guida il visitatore attento alla comprensione di un significato più profondo, e strettamente collegato con il mistero che si sta manifestando nella realtà della vita dell’uomo.
Giotto infatti porta la scena nel suo tempo, conferendo ai personaggi abiti per l’epoca moderni, ma che denotano anche ruoli sociali e simbolici ben precisi.
Al passato di vedovanza di Anna, che lei stessa cita nelle sue parole, potrebbe alludere la donna vestita di scuro e con il viso parzialmente coperto che si trova dietro di lei. Una figura celeberrima, memore forse di modelli o suggestioni classici, ma anche delle anziane vedove che ancora oggi si possono vedere nell’entroterra rurale italiano.
Secondo altri studiosi la figura – l’unica a mantenersi distante dall’aria festosa che la circonda – potrebbe simboleggiare invece la sinagoga, indicata come nerovestita in alcuni inni pasquali. In tal caso il riferimento sarebbe al fatto che il concepimento di Maria prelude all’incarnazione di Gesù e quindi al progressivo allontanamento dell’antica religione.
Sant’Anna e Gioacchino: altri significati
Le altre amiche della Santa sono invece, come lei, vestite a festa. Quelle maritate hanno i capelli raccolti in trecce e acconciature elaborate secondo la moda del tempo ed i loro volti sorridenti sono veri e propri ritratti, uno diverso dall’altro, a dimostrazione della capacità e dell’interesse di Giotto nell’esplorare la varietà dei singoli individui, anche quando si uniscono in quello che sembra qui un vero e proprio gruppo corale.
Il mantello che l’amica di Anna sostiene per lei è foderato di pelliccia di vaio – che nel Medioevo faceva parte dell’abbigliamento nuziale –, quella stessa che spunta dalla piega del mantello della ricca donna vestita di rosso. D’altra parte nel momento in cui Anna aveva ricevuto la notizia della sua maternità aveva deciso di deporre i suoi abiti vedovili e penitenziali, per indossare quelli della nuova sposa.
Il tenero e raro bacio sulla bocca tra i due, infine, non è qui solo un segno di affetto, perché allude anche al concepimento carnale di Maria, nata pura dal peccato originale, ma con un atto di vera unione coniugale.
FONTE: Radici Cristiane n. 145
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