Grazie ad Aldo Maria Valli per questa bella traduzione.
Con il nostro amato Tolkien de Il Signore degli Anelli.
Luigi
Duc in altum, 20-7-23
Cari amici di Duc in altum, in questo articolo il blogger argentino che ha dato inizio [qui] al nostro dibattito sul “che cosa dobbiamo fare”, torna in argomento, ma questa volta per parlarci della speranza.
di The Wanderer
La scorsa settimana abbiamo parlato [qui] dell’accelerazione del male e dell’eresia a cui stiamo assistendo nella Chiesa. È vero che, ad esempio, i concetti che papa Francesco ha espresso nella lettera che accompagna la nomina di monsignor Víctor Fernández alla Dottrina della fede, e che il neo-prefetto si è incaricato di diffondere in tutto il mondo, erano già stati espressi con parole molto simili da papa Giovanni XXIII, e che quel dicastero era stato smantellato da Paolo VI. È la stessa luna che ha iniziato a illuminare la Chiesa sessant’anni fa e continua a illuminarla ora. Tuttavia, la tonalità e l’intensità di quella luce fredda è cambiata. Ora, con papa Francesco, tutto è più brutale, spietato, crudele e sfacciato. Quando nel 1968 Paolo VI decise di rimuovere quel fiero custode dell’ortodossia che fu Ottaviani, nominò al suo posto il cardinale croato Franjo Šeper, che non era esattamente un tradizionalista, ma aveva le carte in regola per quel tipo di lavoro. La nomina di Tucho Fernández è invece una vergognosa impudenza che solo un pontefice come Bergoglio poteva permettersi.
Queste manovre, unitamente alla nomina dei nuovi cardinali, hanno gettato molti cattolici nella tristezza e nello sconforto. Per rendersene conto, basta leggere i siti cattolici di tutto il mondo, non necessariamente tradizionalisti. Penso per esempio a questa rubrica, Espada de doble filo, del sempre misurato Bruno Moreno. Va detto che, in linea di principio, la vasta reazione è un buon segno, perché indica che teniamo alla Chiesa e soffriamo per lei. Sarebbe molto grave se non ci preoccupassimo del fatto che un posto così importante come quello di prefetto del dicastero incaricato della custodia della dottrina cattolica sia occupato da un fantoccio. Idem se non provassimo nessuno sconcerto di fronte alle affermazioni del nuovo cardinale portoghese che si dice non interessato a convertire i giovani a Cristo. Il problema, in ogni caso, è la comparsa di quella che san Giovanni Damasceno chiamava tristitia agravans, una tristezza che scende sempre di più nell’anima dell’uomo e difficilmente può essere scacciata.
Naturalmente, per smettere di affondare in questa sorta di sabbie mobili di tristezza e noia, dobbiamo aggrapparci, con gli artigli, a qualcosa che ci impedisca di sprofondare ulteriormente. In altre parole, dobbiamo aggrapparci alla speranza. E a questo punto, credo che alcune riflessioni possano essere utili.
In primo luogo, possiamo attingere dalla letteratura. Tolkien, ne Il Signore degli anelli, ci mostra una contea e un mondo in cui si viveva spensieratamente, festeggiando compleanni, bevendo birra e fumando una pipa dopo l’altra. Tuttavia, il male si stava preparando a invadere ogni cosa. Alcuni erano consapevoli della minaccia incombente che stava lentamente avanzando; ma sembrava che non si potesse fare nulla, se non rassegnarsi all’evidenza e piangere per ciò che era andato perduto. Eppure, in modo misterioso e inaspettato, appare Aragorn, il re che si riprende ciò che è suo e che gli era stato tolto. E può farlo perché assieme a lui, pur con un peso insostenibile sulle spalle, c’è Frodo che scala le vette della montagna del male per distruggere l’anello.
Questo riferimento a Tolkien non è un capriccio letterario. I grandi cambiamenti nell’umanità, nel bene e nel male, sono opera di una singola persona, non di sistemi o istituzioni. San John Henry Newman si esprime in questi termini:
Non c’è sistema che abbia compiuto una grande opera; al contrario: i sistemi nascono dagli sforzi dei singoli. Lutero era un individuo. Gli stessi difetti di un individuo attirano l’attenzione; egli perde, ma la sua causa vince (se è valida e lui è di larghe vedute). Così è: noi promuoviamo la verità sulla base del sacrificio di noi stessi (Apologia pro vita sua).
Senza Lutero non ci sarebbe stata la Riforma come la conosciamo, e senza Lenin non ci sarebbe stata la Rivoluzione russa. Allo stesso modo, ma in positivo, senza san Bernardo l’Europa dello splendore medievale non avrebbe preso forma, senza Giovanni Sobieski i turchi avrebbero invaso l’Europa e senza Isabella di Castiglia l’America non sarebbe ciò che è. È bastata una sola persona per cambiare il destino di interi Paesi e continenti. E non sempre la persona in questione occupava posizioni di prestigio: parliamo di un monaco vestito con un povero saio bianco, di un principe polacco marginale, di una ragazza capitata sul trono di un’arida terra spagnola. Eppure, questo è bastato a Dio per cambiare la storia dell’umanità.
In uno dei suoi sermoni parrocchiali, Newman continua:
Le persone non religiose non possono sapere nulla dei santi nascosti. E nessuno, religioso o meno, può scoprirli senza studiarli molto attentamente. Bastano loro per portare avanti l’opera silenziosa di Dio. Così erano gli apostoli; e in ogni generazione si possono nominare altri che li hanno seguiti nella santità. Sono stati loro a comunicare la luce a un certo numero di astri inferiori, che a loro volta la distribuiscono in tutto il mondo. I focolai principali di questa luce sono lontani dalla vista, anche per la maggioranza dei cristiani sinceri; così come non si vede l’Autore della luce e della verità, da cui proviene ogni bene. Un pugno di uomini, con una grazia sublime, salverà il mondo nei prossimi secoli. Questi uomini sono posti sulla loro torre di guardia, come il profeta, e accendono i loro fari sulle cime. Ognuno riceve la fiamma sacra e poi la passa a un altro, rifornendo le sue braci e regolandole meglio, se possibile, in modo che rimanga luminosa come quando è arrivata nelle sue mani. Così, lo stesso fuoco acceso sul Monte Moriah, anche se a volte sembra spegnersi, è rimasto intatto fino ai giorni nostri, e confidiamo in loro per mantenerlo vivo fino alla fine.
Non sappiamo dove sia nascosto quel santo, quell’uomo della Provvidenza che potrebbe dissipare le nebbie che avvolgono la Chiesa di oggi. Forse stiamo vivendo negli ultimi tempi. Forse siamo noi ad avere il compito di tenere acceso il fuoco in mezzo ad anni e decenni di tenebre. Forse non apparirà nessun uomo, ma sarà il Figlio dell’uomo a tornare nella gloria e nella maestà. Non lo sappiamo. Ma che la possibilità sia l’una o l’altra di queste, è certo che siamo ancora in tempo per tenere accesa la fiamma della speranza.
Traduzione di Valentina Lazzari
Titolo originale: La llama de la esperanza