Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 942 pubblicata da Paix Liturgique il 19 giugno 2023, in cui si racconta la storia, soprattutto episcopale, di mons. Dominique Rey, attuale Vescovo di Fréjus-Tolone (che ricordiamo con piacere a guidare l’8º Pellegrinaggio internazionale Populus Summorum Pontificum nel 2019), ma probabilmente privato fra breve tempo del suo ufficio.
E dalla biografia di mons. Rey se ne coglie con chiarezza il motivo: nella sua Diocesi ha dato ospitalità e centralità a quelle che sono le «forze vive» del Cattolicesimo, trasformandola «in un crocevia di correnti tradizionali e carismatiche, in un rifugio per giovani preti non conformisti, con un seminario fiorente, un clero giovane di 250 sacerdoti attivi, parroci e vicari per tutti i campanili».
Animato, fin dai primi anni di sacerdozio, da un autentico spirito di evangelizzazione e di animazione liturgica tradizionale, è riconosciuto come «la punta di diamante di un Cattolicesimo francese che ha deciso di non scendere a compromessi», il Vescovo della «riconquista cattolica» il cui Seminario tutt’altro che vuoto rappresenta una rarità in Francia.
Così dall’anno 2020 si è scatenata contro di lui una vera e propria guerra che vede impegnate ed alleate le gerarchie tanto romane quanto francesi, nel tentativo di demolire ciò che ben può essere definito un «laboratorio per il futuro» della Chiesa Cattolica in Francia, in cui si mira a «sfumare i confini tra Cattolici conservatori e Cattolici tradizionali».
«Un Vescovo che scommette sul futuro della Chiesa? Gli uomini del passato, a Roma e nell’episcopato francese, volevano fargliela pagare»… in attesa, con fondata preoccupazione, di conoscere il suo successore.
L.V.
Da un giorno all’altro un fulmine colpirà mons. Dominique Marie Jean Rey Comm. l’Emm., Vescovo di Fréjus-Tolone, che papa Francesco dovrebbe probabilmente privare delle sue facoltà episcopali nominando un coadiutore con «poteri speciali». È colpevole, gravemente colpevole, di aver trasformato la sua Diocesi in un crocevia di correnti tradizionali e carismatiche, in un rifugio per giovani preti non conformisti, con un seminario fiorente, un clero giovane di 250 sacerdoti attivi, parroci e vicari per tutti i campanili. È insopportabile! Alla fine di una caccia spietata condotta da Roma, dal Nunzio apostolico, dai Vescovi e dalla confraternita, le corna sono pronte a suonare il colpo di grazia. Forse un po’ troppo in fretta. Il Vescovo di Fréjus-Tolone non è ancora morto.
Un sacerdote della generazione di San Giovanni Paolo II
Dominique Rey è nato nel 1952 a Saint-Étienne, in una famiglia cattolica di sette figli (una delle sue sorelle ha ricoperto un incarico di responsabilità presso l’istituto delle Suore di San Giuseppe di Cluny). Ha conseguito un master in economia politica e un dottorato in economia fiscale. Nel 1975 e 1976 ha lavorato per il Ministero delle Finanze del Ciad. Lì ha scoperto l’ardente pentecostalismo del pastore Jacques Giraud (da Vescovo, si è interessato alla «megachurch» del battista californiano Rick Warren). A Parigi, quando divenne ispettore fiscale presso il Ministero delle Finanze, scoprì l’associazione Comunità dell’Emmanuele, fondata nel 1972, di cui divenne membro di prima generazione.
Decide di diventare seminarista per l’Arcidiocesi di Parigi, ma non nel seminario allora molto progressista del card. Gabriel Auguste François Marty e di mons. Georges Robert Edmond Gilson, bensì in una comunità ospitata dall’Ordine dei frati predicatori in rue du Faubourg-St-Honoré. Fu ordinato nel 1984, come membro della Comunità dell’Emmanuele, per l’Arcidiocesi di Parigi, che era diventata lustigeriana. Nominato al Lycée Stanislas, la cui cappellania era allora affidata alla Comunità dell’Emmanuele, è poi diventato superiore dei cappellani di Paray-le-Monial, fulcro delle straripanti attività della Comunità, e sacerdote accompagnatore dei seminaristi. Nel 1995, tornato a Parigi, è stato nominato parroco della grande Parrocchia della Trinità di Parigi, affidata alla Comunità dell’Emmanuele, la cui numerosa comunità è paragonabile per età e dimensione familiare a quella delle chiese tradizionaliste. Ha animato le assemblee liturgiche – in senso piuttosto tradizionale – e le numerose attività, in particolare il famoso «caffè cristiano» nel cuore del quartiere di Pigalle [quartiere di Parigi noto per le sue attività e negozi licenziosi: N.d.T.].
Nel 2000, il card. Fortunato Baldelli, Nunzio apostolico in Francia, desideroso di proteggere il Seminario dell’Immacolata Concezione a La Castille, che era stato rilevato nel 1983 da mons. Joseph Théophile Louis Marie Madec, Vescovo di Fréjus-Tolone, ha nominato mons. Dominique Rey, 48 anni, Vescovo di Fréjus-Tolone, con il compito di far prosperare il seminario maggiore.
Un Vescovo che capisce il potere dei tradismatici
«Mons. Rey, lo start-uppeur dell’evangelizzazione», titolava il sito di informazione Les Jours [di tendenza socialista: N.d.T.] del 13 giugno, a firma di Timothée de Rauglaudre, che spiegava: «Il Vescovo carismatico ha trasformato la sua Diocesi di Fréjus-Tolone in un laboratorio di ricristianizzazione all’americana, con idee conservatrici al centro». Insomma, sarebbe il miglior utilizzatore di questi famosi tradismatici, la cui posizione è così analizzata da Gaël Brustier in un articolo per la Fondation Jean-Jaurès [di orientamento socialista: N.d.T.] (QUI): «I tradismatici hanno ereditato dai “tradis” un interesse per la politica e dai “chachas” una sicurezza di sé che permette loro di raggiungere gli altri abbastanza facilmente. Nel 2013, i tradismatici appariranno come i fratellini della “generazione San Giovanni Paolo II”, che si è riunita alla GMG del 1997, e come la generazione di Papa Benedetto XVI che si è riunita a Madrid per la GMG del 2011». Mons. Dominique Rey li capisce perfettamente: «Mons. Dominique Rey non è assolutamente un tradizionalista. Sottolineiamolo. Un vero carismatico, un Vescovo di shock cattolico, un eccezionale imprenditore politico, è la punta di diamante di un Cattolicesimo francese che ha deciso di non scendere a compromessi. Intellettuale, missionario e organizzatore, oltre che ottimo politico, ha intuito e sentito meglio di chiunque altro nell’episcopato francese la forza e il potere di uno spirito diffuso e capillare: lo spirito tradismatico…».
Un Vescovo di «riconquista cattolica», diceva il settimanale Le Point [di tendenza liberal: N.d.T.] il 3 novembre 2017, che vuole impiantare la Chiesa evangelizzando nelle discoteche e sui campi sportivi, mentre presiede le processioni tradizionaliste nei quartieri musulmani di Tolone. La rivista Golias [di tendenza cattolica di sinistra: N.d.T.], che gli dà due cappelli da somaro nel suo Trombinoscopio, si strozza per il fatto che il suo Observatoire sociopolitique [sito della Diocesi di Fréjus-Tolone che offre analisi su questioni economiche, politiche, culturali e bioetiche: N.d.T.], diretto da padre Louis-Marie Guitton, ha invitato Marion Jeanne Caroline Maréchal-Le Pen [Deputata del Front National, figlia di Jean-Marie Le Pen e sorella di Marine Le Pen: N.d.T.] all’edizione 2015 delle Università estive della Sainte-Baume. E la rivista Golias non sa che mons. Dominique Rey ha sposato l’erede della famiglia Orléans e che è il cappellano di famiglie cattoliche di Gotha che sostengono volentieri anche i tradismatici.
Il settimanale Le Point ha citato uno dei suoi collaboratori – don Thomas de Boisgelin, i cui antenati hanno combattuto nelle Crociate – che lo ha elogiato, seppur con sfumature, come ecclesiastico: «Quando si lavora con lui, bisogna accettare la povertà di spirito che consiste nel cambiare le proprie idee quando lui le cambia. […] Nella nostra Diocesi c’è accoglienza per tutti i modi di vivere la fede, nessuno viene lasciato ai margini, è una ricchezza, anche se a volte scuote le cose».
Il Vescovo ha corso dei rischi, anche finanziari, spalancando le porte, accogliendo una ventina di nuove comunità, carismatiche brasiliane, ma anche tradizionaliste, come la Società dei Missionari della Misericordia Divina, la cui Chiesa di San Francesco di Paola è diventata la sede di una parrocchia personale tradizionale nel centro della vecchia Tolone, cioè la città musulmana, una comunità che si dedica all’evangelizzazione dei musulmani.
Il Vescovo non si fa scrupoli a «fare shopping» nelle comunità latino-americane, ma anche in quelle tradizionali, tanto che il numero dei suoi seminaristi nel Seminario dell’Immacolata Concezione a La Castille, una tenuta vinicola vicino a Tolone, dove jeans e tonaca si sfregano, ma anche collocati in comunità esterne al seminario, ha superato in alcuni anni i novanta.
Il motu proprio Summorum Pontificum, nel 2007, è stato accolto molto bene nella Diocesi di Fréjus-Tolone. È addirittura l’unica Diocesi in Francia in cui il motu proprio è stato veramente applicato, cioè dove i parroci hanno avuto piena libertà di celebrare la Santa Messa tradizionale, su richiesta di «gruppi stabili», senza fare riferimento al Vescovo, e naturalmente a Roma. Questo era prima della sinodalità…
Papa Benedetto XVI avrebbe potuto trasferire mons. Dominique Rey in una Diocesi più grande per estendere la sua esperienza, o addirittura nominarlo cardinale. Invece, nel 2008, ha semplicemente nominato mons. Marc Marie Max Aillet, Vicario generale di Fréjus-Tolone e membro dell’associazione Comunità di San Martino, su richiesta di mons. Rey, Vescovo di Bayonne.
Mettere alla prova il bergoglionismo
Il clima nella Chiesa è cambiato, come sappiamo, a partire dal 2013. Si è trattato di una sorta di raffreddamento climatico per diocesi, comunità e seminari prosperi, che sono stati etichettati come «clericali», luoghi pericolosi da sopprimere. Mons. Mario Oliveri, Vescovo di Albenga-Imperia, in Italia, è stato costretto a dimettersi con la nomina di un coadiutore [mons. Guglielmo Borghetti: N.d.T.] a cui sono stati conferiti pieni poteri di governo della Diocesi. A mons. Pedro Daniel Martinez Perea, classicissimo Vescovo di San Luis in Argentina («Ha detto Amoris laetitia? Non ne ho sentito parlare, a casa mia non è cambiato nulla»), papa Francesco ha chiesto le sue dimissioni. Mons. Rogelio Ricardo Livieres Plano, Vescovo di Ciudad del Este, in Paraguay, è stato dimesso e il suo fiorente Seminario maggiore di San Giuseppe è stato rimesso in riga. Nella Diocesi di San Rafael, in Argentina, un altro seminario è stato chiuso perché troppo «rigido».
Di conseguenza, i confratelli francesi di mons. Dominique Rey, più critici, hanno sentito di avere le ali. Le «domande» inviate dalle Congregazioni romane al Vescovo si moltiplicano, perché con un numero così elevato di giovani comunità, è inevitabile che ci sia spazio per crisi e disfunzioni. L’11 gennaio 2020, per la prima volta dall’epoca di San Giovanni Paolo II, viene nominato Nunzio apostolico in Francia un progressista deciso, mons. Celestino Migliore. Il 3 maggio 2020, il Vescovo è stato pugnalato in faccia da una lettera pubblica inviata da don Arnaud Adrien, ex rettore del Seminario dell’Immacolata Concezione a La Castille, l’esatto contrario di un uomo di sinistra, ma a cui il tradizionalismo fa venire l’orticaria, indirizzata ai decani, ai membri del consiglio presbiterale, ai canonici, a mons. Jean-Marc Noël Aveline, Arcivescovo metropolita di Marsiglia, a mons. Jérôme Daniel Beau, Arcivescovo di Bourges e responsabile dei seminari nella Conferenza episcopale, una lettera insomma destinata a circolare nei Vescovati di Francia e nei Dicasteri della Curia romana. La lettera conteneva un’unica accusa: mons. Dominique Rey era colpevole di aver dato al suo seminario «una linea sempre più tradizionalista» senza consultare i vicari generali. La prova: il licenziamento di don Charles Mallard, professore di teologia fondamentale molto «aperto», da parte di don Jean-Raphaël Dubrule, della Società dei Missionari della Misericordia Divina, che era stato nominato prefetto degli studi a La Castille.
Da quel momento in poi, gli eventi si susseguirono rapidamente, soprattutto nel contesto del Comitato di Salute Pubblica che stava preparando e poi pubblicando il motu proprio Traditionis custodes, un documento destinato a distruggere i sostenitori della liturgia tradizionale. Mons. Dominique Rey dovette giustificarsi davanti a una sorta di tribunale presieduto dal card. Beniamino Stella, allora onnipotente Prefetto della Congregazione per il Clero, e davanti ai principali membri della sua Congregazione, in particolare mons. Joël Michel Marie Luc Mercier, Segretario della Congregazione, e il temibilissimo padre Louis Menvielle, membro dell’Istituto Nostra Signora della Vita. Seguì, sempre nel 2020, una «visita amichevole» di mons. Jean-Marc Noël Aveline, Arcivescovo metropolita di Marsiglia, su impulso del card. Marc Ouellet P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi. Mons. Aveline, vecchio amico di mons. Dominique Rey, cercò di fare da mediatore, ispirando una «carta» che facilitasse il discernimento delle vocazioni man mano che si presentavano.
Ma Roma, che ne aveva deciso la morte, rimase stupita dalla resistenza del Vescovo, che non si dimise come i suoi coetanei delle Diocesi di Albenga-Imperia e di San Luis, parlò di «dialogo» con la Conferenza episcopale e con Roma, e fece cadere alcuni sacchi di sabbia per sollevare il suo dirigibile.
Poi è arrivata la sorprendente notizia che il card. Ouellet avrebbe vietato le ordinazioni che mons. Dominique Rey avrebbe dovuto celebrare nel giugno 2022. Come per l’offensiva del motu proprio Traditionis custodes, il mondo cattolico conservatore si è commosso: «La decisione senza precedenti di Roma di “sospendere” le ordinazioni sacerdotali che avrebbero dovuto essere celebrate il 26 giugno da mons. Rey sta causando scompiglio nella Chiesa cattolica», ha scritto il giornalista vaticanista Jean-Marie Guénois sul quotidiano Le Figaro il 3 giugno 2022. «A memoria di teologi e vescovi, non abbiamo mai visto una simile sanzione nella Chiesa cattolica. La sospensione – ordinata da Roma – delle ordinazioni sacerdotali previste per il 26 giugno nella Diocesi di Fréjus-Tolone deve essere definita una sanzione. In altre parole, un mezzo brutale per imporre un messaggio di Roma al Vescovo locale, mons. Dominique Rey, 69 anni, che è stato a capo della Diocesi per ventidue anni. Giornali compiacenti come La Vie, chiaramente informati dagli uffici del card. Ouellet, elencavano nel frattempo le «disfunzioni». La principale è «la ristrutturazione del seminario e la politica diocesana di accoglienza». Troppo spazio per i tradizionalisti.
E il 13 febbraio 2023 è iniziata la visita canonica, vera e propria questa volta, fatta per uccidere, sotto la guida della Congregazione per i Vescovi, con due visitatori, il più ostile in assoluto al vescovo locale, mons. Antoine Henry Pierre Marie Hérouard, ex segretario generale della Conferenza episcopale francese, ex rettore del seminario francese a Roma, ex delegato apostolico per il Santuario di Lourdes (da cui doveva essere allontanato il «clericale» mons. Nicolas Jean René Brouwet), recentemente nominato Arcivescovo di Digione, e mons. Joël Michel Marie Luc Mercier, ex Segretario del Dicastero per il Clero, che conosceva mirabilmente il dossier Rey. Nessuno dubitava che la relazione che sarebbe stata redatta avrebbe reso mons. Dominique Rey, come minimo, un Vescovo fantoccio senza poteri. Dal momento che non voleva assolutamente dimettersi.
Uno «scandalo ecclesiale»
«La parola “scandalo ecclesiale” è forte», ha tuonato Jean-Marie Guénois nell’articolo sopra citato, «ma è giustificata. Come possono il Vaticano e coloro che hanno avallato questa decisione, che a priori prende di mira le opzioni ecclesiali del Vescovo di Fréjus-Tolone, tenere in ostaggio dieci giovani seminaristi [quattro futuri sacerdoti, sei futuri diaconi] che non sono responsabili del problema? Senza dubbio ci sono troppe ordinazioni sacerdotali in Francia…». E ha continuato in crescendo: «Se ci sono casi controversi tra i dieci ordinati, la Chiesa ha tutti i mezzi per ritirare l’approvazione agli ordinandi in questione. Se c’è un problema con la gestione del Vescovo, questo problema può essere identificato e affrontato come tale. Ma la punizione collettiva in modo autoritario non piace alla comunità cattolica francese. Anche a sinistra, che non ha a cuore mons. Dominique Rey e che si dice sorpresa dalla “violenza” della procedura. Non si può permettere che l’autoritarismo deplorato da molti in Vaticano alla fine del pontificato di papa Francesco crei una sorta di terrore clericale nella Chiesa cattolica in un momento in cui si parla solo di sinodalità!».
Va detto che il pensiero cattolico «di sinistra» si è completamente allontanato dalle aspettative di ciò che resta del popolo cristiano in Francia. Un questionario intitolato Synode sur la synodalité [Sinodo sulla sinodalità: N.d.T.] ha rivelato che il 92,9 per cento degli intervistati si aspetta che un sacerdote dispensi i sacramenti in via prioritaria, l’87,6 per cento è favorevole al celibato sacerdotale, il 70 per cento critica la Chiesa perché «non accetta le sue opinioni e tiene per sé la verità per paura di offendere», il 74 per cento si aspetta che promuova «un modello bioetico che garantisca il pieno rispetto della persona umana dal concepimento alla morte naturale», il 70 per cento si aspetta che «difenda la famiglia nella sua forma tradizionale». In breve, i Cattolici praticanti ritengono che il pensiero ecclesiastico dominante abbia sbagliato tutto. Mons. Dominique Rey lo ha capito. In Les espaces du catholicisme français contemporain (Presses Universitaires de Rennes, 2021), lo storico Vincent Herbinet dedica un intero capitolo all’analisi del caso della Diocesi di Fréjus-Tolone e del suo diverso Vescovo. Parla di una «quarta via», né progressista né fondamentalista, e nemmeno di una «terza via» come quella del card. Jean-Marie Lustiger negli anni Ottanta e Novanta. Vincent Herbinet, che «ipotizzava che una militanza cattolica più visibile avrebbe preso forma d’ora in poi con la famiglia, le questioni etiche e dottrinali», ha giustamente attribuito un’importanza decisiva al legame tra classici e tradizionalisti, facendone il punto centrale del tentativo di mons. Dominique Rey.
Questo era l’aspetto più sovversivo dell’ordine ecclesiastico stabilito e quindi l’accusa principale rivolta al Vescovo di Fréjus-Tolone: in sintonia con la realtà attuale di ciò che resta del Cattolicesimo francese, mons. Dominique Rey contribuiva a sfumare i confini tra Cattolici conservatori e Cattolici tradizionali. Sia per Vincent Herbinet che per il giornalista vaticanista Jean-Marie Guénois, l’esperienza di mons. Dominique Rey nella Diocesi di Fréjus-Tolone, nonostante le sue debolezze, era un laboratorio per il futuro.
Un Vescovo che scommette sul futuro della Chiesa? Gli uomini del passato, a Roma e nell’episcopato francese, volevano fargliela pagare.
Quindi un’ultima osservazione: chi potrebbe essere l’eroe impeccabile che potrebbe succedere a mons. Dominique Rey?
I fedeli che hanno visto come sono state le nomine episcopali per diversi decenni si chiedono… e si preoccupano!
Una indecenza. “Se hanno odiato me, odieranno anche voi”. Una preghiera per lui.
RispondiEliminala chiesa è madre, quindi siamo una famiglia della quale il papa è il capo riconosciuto perchè eletto sotto l'egida della Spirito Santo e da esso è ispirato. Se si crede a questo, l'umiltà, il servizio e l'obbedienza al papa sono le colonne portanti di questa famiglia. Idem vale per il dettami e le scelte condivise operate da un Concilio Ecumenico (il Vaticano II) straordinario e storico. La tradizione va preservata nella sua sacralità ed anche in qualche forma liturgica che viene praticata e rispettata (vedasi ad esempio le chiese orientali), ma non può diventare un metodo costante ed anacronistico di praticare la fede, fuori dalla dottrina indicata chiaramente dal Concilio e indicata dall'autorità petrina del S. Padre. Questa è la Chiesa; inutile definirsi tradizionalisti se non si crede a questo. Questa infatti è la più vera e sacra tradizione
RispondiEliminaa cui ogni cattolico (in primis i consacrati) deve attenersi. Cerchiamo la via dell'unità e non pratichiamo strade fuorvianti e dannose per il corpo di Cristo che è la Chiesa stessa. Amiamola....e tanto ci basti!