Effetto post concilio e\o "effetto Francesco"?
QUI AP sul disastro dell'ennesimo ordine religioso che sta chiudendo (in fondo al post alcune suore delle Sorelle della Carità, ovviamente vecchie e...in borghese, foto iconica degli splendidi frutti del post concilio).
Catholic World Report – Don John Stravinskas:
Perché mancano le vocazioni nella più grande diocesi di Europa? “L'arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ha fatto notizia a livello internazionale con l'annuncio di un'importante ristrutturazione del programma di formazione sacerdotale dell'arcidiocesi. [...] Si noti che il calo della popolazione dei seminari milanesi è iniziato nel 2013. Questo dato non è esclusivo di Milano, poiché anche l'Ufficio statistico vaticano ha riconosciuto che "il numero di seminaristi è diminuito ogni anno dal 2013. Cosa è successo nel 2013? Un certo Jorge Mario Bergoglio è diventato Papa. Come cardinale-arcivescovo di Buenos Aires, ha ereditato un seminario quasi pieno; al momento del suo trasferimento a Roma, il seminario era quasi vuoto. Come si spiega il suo "tocco di Mida" inverso con le vocazioni? Sembra evidente che non gli piacciono i sacerdoti e i seminaristi (e nemmeno le religiose). Ha definito i seminaristi "piccoli mostri". In una conversazione con alcuni candidati al sacerdozio, ha chiesto come la loro diocesi stesse andando per le vocazioni e gli è stato risposto che il loro seminario era piuttosto pieno. "Il vostro vescovo deve mancare di discernimento", è stata la risposta sfacciata. O come si può dimenticare l'episodio più inquietante, quando il Papa ha schernito un chierichetto del seminario minore vaticano chiedendogli se avesse le mani incollate e poi ha cercato di aprirle? E quante volte lo abbiamo sentito suggerire che i giovani sacerdoti e seminaristi ortodossi hanno probabilmente bisogno di assistenza psicologica! Se chiedete a qualsiasi vescovo o direttore vocazionale, in via ufficiosa, quale sia la situazione nelle loro diocesi, otterrete la stessa risposta: L'"effetto Francesco"!"
Luigi
Il Sismografo, 8-5-23
(Giampiero Rossi, Corriere della Sera) La proiezione statistica della Curia ambrosiana sul crollo delle vocazioni. Il numero dei sacerdoti è destinato a ridursi di oltre il 37% (con sempre più over 70 sul totale). Brambilla, docente di Teologia: «Dovremo snellirci senza avere paura» -- Nell’anno del Signore 2039, l’arcidiocesi ambrosiana potrebbe accogliere l’ultimo nuovo prete under 30. Perché per l’anno successivo le proiezioni statistiche non ne vedono arrivare nemmeno uno. Per ora è soltanto una suggestione di un modello numerico, ma rende l’idea in modo chiaro e forte. E a sviluppare questa riflessione statistica è la stessa chiesa milanese, che sulla nuova edizione della rivista «La scuola cattolica» pubblica i risultati di una ricerca — che verrà presentata domani al seminario diocesano di Venegono, nell’ambito della «Festa dei fiori» — condotta con l’Università Cattolica, che tratteggia uno scenario in cui la popolazione dei sacerdoti è destinata a ridursi.
La linea di tendenza era già stata individuata in un’analoga ricerca del 2010, ma i dati proposti dallo studio condotto da Andrea Bonanomi, Giulia Rivellini (ricercatore e docente della Cattolica) e Paolo Brambilla (professore di Teologia al seminario) sono spietatamente dettagliati.Dopo aver illustrato le dinamiche demografiche in Lombardia e dopo aver misurato anche i numeri di battesimi, matrimoni e pratica religiosa, i tre ricercatori propongono un modello statistico che apre una finestra sul futuro delle parrocchie e arrivano alla conclusione che — prevedibilmente — nel 2040 i preti ambrosiani si ridurranno di un altro 37,7%, passando dagli attuali 1.694 a 1.055. E dal punto di vista anagrafico lo scenario sarà ancora più marcato: i sacerdoti con meno di 40 anni caleranno del 56,7%, dagli attuali 194 a 84 (anche per l’innalzamento dell’età in cui si entra in seminario), mentre quelli al di sotto dei 75 anni si ridurranno da 1.206 a 767, con un calo del 36,4%.
Il calcolo sul futuro della «popolazione presbiteriale», cioè dei preti, si basa su un’equazione: P=P+O-A-M+(I-E). Cioè: il numero dell’anno precedente, più i nuovi ordinati, meno quelli che «hanno abbandonato il ministero» e i deceduti, più il saldo dei sacerdoti arrivati nella diocesi e quelli che si sono trasferiti altrove. Partendo da questa formula, i ricercatori hanno delineato quattro scenari diversi, in base a linea di tendenza delle nuove ordinazioni, statistiche di mortalità maschile, numero medio di abbandoni. Si va quindi dalle 17 ordinazioni annue previste nell’ipotesi più ottimistica, alle 7 dello scenario pessimistico, passando per le 12 dell’ipotesi definita «realistica» e approdando al quarto scenario, quello «statistico» che si basa sull’andamento degli ultimi trent’anni. Cioè dai 30 ingressi del 2014 ai 6 del 2022, sui quali sembra aver pesato anche un effetto-pandemia, considerati al di sotto persino della decrescita prevista.
La storia dice che dai 2.200 preti diocesani del 1998 si è arrivati ai 1.737 del 2020 e che nel 2040 si potrebbe scendere a 1.147 nello scenario più ottimistico, 958 in quello pessimistico e 1.050 secondo l’elaborazione del trend statistico. E lo studio pronostica anche la distribuzione dei sacerdoti nei prossimi 20 anni nelle zone di Milano, cioè i decanati. Per esempio, ad Affori si passerà da 16 a 10 preti, tra i quali nessuno al di sotto dei 40 anni, e lo stesso in molte altre zone, poiché nel perimetro milanese, per il 2040, il modello statistico prevede una riduzione da 353 a 220 sacerdoti, con soltanto 14 under 40.
«Conoscevamo queste tendenze — spiega Paolo Brambilla — ma un’analisi approfondita era necessaria per riflettere su come riorganizzare le strutture, il lavoro e per capire la fatica dei nostri preti in questi anni, durante i quali hanno continuato a tenere aperti gli oratori, a promuovere tantissime attività e ad agire secondo il modello di vicinanza degli anni 60-70, sebbene fossero sempre di meno. Qualcosa dovrà essere rivisto — continua don Brambilla —, dovremo snellirci senza avere paura, consapevoli di non poter arrivare ovunque e anche i fedeli dovranno abituarsi all’idea che non ci sarà sempre un prete disponibile per una chiacchierata». Una grande presa di coscienza: «Sì, un’operazione realistica per valutare cosa fare con ciò che avremo a disposizione e per mettere i preti nelle condizioni di andare avanti. Ma nella sua storia la Chiesa ha conosciuto crisi ben peggiori».
Che senso ha dedicare in toto la propria vita agli altri se essa è l'unica di cui si dispone? Una volta si pensava che avesse senso, perché si contava su un'altra vita, quella dopo la morte fisica, ma oggi che il prete è una specie di volontario di ONG, è molto meglio andare per mare a fare l'eroe, che stare chiusi soli come cani nelle canoniche, sommersi da burocrazia e intenti ad organizzare giochini per bambini, disprezzati dalla gente e dal proprio Papa.
RispondiEliminaChe Papa Francesco non abbia giovato è piuttosto evidente. C'è da dire che non è che negli ultimi 50 anni il trend fosse stato positivo...
RispondiEliminaGià il trend non era positivo ma i guasti dell'ultimo decennio sono stati tremendi.
RispondiEliminaÈ un ulteriore esempio di un problema vivo e grave, esempio che, si spera, contribuirà alla diffusione della consapevolezza del problema stesso.
RispondiEliminaUna postilla: se Luca Pacioli avesse impostato una somma algebrica, non avrebbe assegnato a due addendi diversi la stessa lettera ( P ); magari avrebbe usato dei pedici ( che qui non so battere ) p.es. P1 e P2. 🙂