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giovedì 27 aprile 2023

Convegno del Centre International d’Études Liturgiques (CIEL) il 20 febbraio 2023 «L’altare e il suo orientamento»

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 932 pubblicata da Paix Liturgique il 24 aprile 2023, in cui di riporta la prima relazione del convegno «L’altare e il suo orientamento», organizzato dal Centre International d’Études Liturgiques (CIEL) il 20 febbraio 2023 a Roma (ne abbiamo già scritto QUI, QUI, QUI, QUI, QUI e QUI).
In particolare, dopo una breve presentazione, si riporta il testo dell’intervento di don Claude Barthe, cappellano del Pellegrinaggio internazionale Populus Summorum Pontificum ad Petri Sedem, su «La storia del versus populum dagli anni 1920-1930».
Don Claude Barthe traccia un accurato e critico percorso storico di tale prassi, scardinando alcuni luoghi comuni sostenuti nel periodo post-conciliare e restituendo – anche attraverso esperienze personali – una visione tutt’altro che scontata.

L.V.


Il Centre International d’Études Liturgiques tiene i suoi convegni accademici a Roma ed è diretto dal prof. Rubén Peretó Rivas dell’Universidad Nacional de Cuyo (Argentina).

Il convegno di febbraio si è svolto presso l’Istituto Maria Santissima Bambina, sulle rive di piazza San Pietro, riunendo chierici e laici di tutte le nazionalità, con la presenza di due cardinali, Robert Sarah, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei sacramenti, e Raymond Leo Burke.

Christian Marquant, presidente dell’associazione Oremus/Paix liturgique, ha ricordato la ricca storia del Centre International d’Études Liturgiques dal 1994 al 2003. Undici convegni universitari si sono svolti in Francia, a Roma e l’ultimo ad Oxford, il giorno della sua inaugurazione:

  • La liturgia come tesoro della Chiesa;
  • La venerazione e l’amministrazione dell’Eucaristia;
  • L’altare e il sacrificio;
  • Il sacerdozio gerarchico e il sacerdozio comune nella celebrazione eucaristica;
  • Aspetti storici e teologici del Messale Romano;
  • La presenza di Cristo nella liturgia;
  • Fede e liturgia;
  • Liturgia e Sacro;
  • Liturgia, partecipazione, musica sacra;
  • Roma, madre e maestra della liturgia;
  • e un colloquio in inglese, Il Genio del Rito Romano.

Il Centre International d’Études Liturgiques riprende le sue attività nel 2020, a Roma, con un convegno su «La liturgia tradizionale latina nella sua diversità».

Il primo intervento del convegno di quest’anno è stato quello – in latino – di padre Roberto Spataro, docente presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, sul tema: «Quae docuerint Patres Ecclesiae de altaribus, L’insegnamento dei Padri della Chiesa sugli altari», con padre Spataro che spesso esce dal suo testo per alcuni sviluppi estremamente pungenti, in latino, italiano o inglese, sulla situazione attuale della liturgia «trasformata».

Il prof. Rubén Peretó Rivas ha presentato il volume Heaven on Earth, la prima raccolta di studi pubblicata negli Atti dei convegni del CIEL. Ha parlato delle ultime ricerche in campo liturgico, tra cui la recente pubblicazione del libro di padre Michael Lang dell’Oratorio di Londra, The Roman Mass: from early Christian origins to Tridentine reform.

Il prof. Stefan Heid, docente di storia liturgica e agiografia presso il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, docente presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino - Angelicum, direttore dell’Istituto Romano della Società Görres con sede presso il Cimitero Teutonico nel Territorio Vaticano, ha presentato il suo libro Altar und Kirche (L’altare e la Chiesa).

Il prof. Marc Levatois, laureato in geografia, ha tenuto un’eccellente presentazione su «L’orientamento dell’altare nella costruzione simbolica dello spazio», e Ángel Pazos López, dell’Università Complutense di Madrid, su «El altar y sus elementos en la imagen medieval», l’altare e i suoi elementi nell’immagine medievale.

L’ultima presentazione del colloquio, quella di don Claude Barthe, su «La storia del versus populum dagli anni ’20-’30 del XX secolo», è riportata di seguito.

Non va dimenticato che uno degli interessi di questi colloqui è anche lo scambio tra i partecipanti di tutti i ceti sociali durante le pause o il pranzo. Ironia della sorte, il giorno dopo il convegno, il 21 febbraio, è stato pubblicato, sotto forma di rescritto, il quarto testo dell’offensiva del motu proprio Traditionis custodes contro la liturgia tradizionale. Il vigore di questa liturgia, di cui questo convegno è una delle manifestazioni, mostra lo scollamento dei ripetuti testi sul tema: la liturgia antica è proibita, superata, abolita! con la realtà della vita della Chiesa.

La storia del versus populum dagli anni 1920-1930

(Buone schede della conferenza di don Claude Barthe)


La storia della celebrazione versus populum nel XX secolo è interessante e complessa: questa modalità di celebrazione si è imposta quasi universalmente nel rito romano senza che vi sia mai stata, a rigore, una legislazione che la rendesse obbligatoria. La motivazione era duplice: il desiderio di un «ritorno all’antico», molto specificamente un ritorno all’antica Messa papale, che predominava in prima istanza, e la ricerca di una «partecipazione attiva» stilisticamente moderna, che prevaleva in seconda istanza. […]

Il «ritorno all’uso antico» nell’epoca del Movimento liturgico

L’idea di una celebrazione «à la romaine», cioè di imitare le Messe solenni del Papa, che dovevano essere esse stesse l’ultima testimonianza di un uso antico, si ritrovava certamente nella disposizione di alcune cerimonie pontificie. Così, nel 1927, mons. Raoul-Octave-Marie-Jean Harscouët, Vescovo di Chartres, molto favorevole al Movimento liturgico, ottenne un indulto che gli consentiva di celebrare la Messa pontificale all’incrocio del transetto, versus populum, in alcune feste solenni.

Va ricordata anche la Messa pontificale celebrata da mons. Angelo Giuseppe Roncalli, Nunzio apostolico a Parigi e futuro San Giovanni XXIII, nella Cattedrale metropolitana di Notre-Dame di Parigi il 24 aprile 1948, per celebrare la recente canonizzazione di Santa Caterina Labouré. Il Nunzio apostolico descrisse la disposizione nei suoi ricordi: «Trono in fondo all’altare come a Roma. Altare rivolto verso il popolo» (Journal de France I 1945-1948, Cerf 2006, p. 494). Si può supporre che l’intenzione fosse quella di offrire una sorta di Messa papale al Nunzio, piuttosto che sacrificare a una novità archeologica, dato che il capitolo e le cerimonie nella Cattedrale metropolitana di Notre-Dame erano molto tradizionali.

Al contrario, la Messa Pontificale versus populum celebrata il 20 agosto 1953 da mons. Francis Joseph Haas, Vescovo di Grand Rapids (Michigan, Stati Uniti), nel Civic Auditorium, in occasione della Conferenza Liturgica Nazionale, è certamente nello stile del Movimento liturgico: l’altare è posto sul palco dell’auditorium rivolto verso il popolo, il trono del Vescovo è dietro di esso, ma a pochi metri dall’altare, a causa della ristrettezza del luogo.

Negli articoli e nelle conferenze del Movimento liturgico, altrimenti piuttosto complesso, c’è relativamente poca evidenza dell’aspirazione a una celebrazione versus populum. Tuttavia, un importante articolo del can. Maurice Michaud, professore presso le Facoltà cattoliche di Lione, è stato pubblicato nel secondo numero della rivista La Maison-Dieu, organo del Centre de Pastorale Liturgique, un articolo su «La celebrazione della Messa di fronte al popolo» (La Maison-Dieu, 1945 - 2), che riferisce l’idea comune all’epoca che la celebrazione versus populum fosse maggioritaria fino al VI secolo.

Ritorno all’antichità, dunque. «Tra gli anni ’30 e il Concilio», ha osservato il card. Jean-Marie Lustiger, «gli specialisti di liturgia davano generalmente come modello la liturgia basilicale dei bei tempi andati, tra il IV e il V secolo: era l’ideale che doveva essere ricostituito! E noi l’abbiamo ricostituita» (Le choix de Dieu. Entretiens avec Jean-Louis Missika et Dominique Wolton, Le Livre de Poche, 1987, p. 429). Nei seminari francesi, un testo ha svolto un ruolo importante a questo proposito: la glossa sull’Ordo romanus primus fornita da dom Henri Leclercq nel Dictionnaire d’Archéologie chrétienne et de Liturgie, poi ripresa in L’Église en prière, un manuale scritto sotto la direzione di Aimé-Georges Martimort (Desclée, 1961), ampiamente utilizzato nei seminari. L’Ordo primus descriveva, ad uso dei Paesi franchi, una Messa stazionale papale, quella del mattino di Pasqua nell’Arcibasilica patriarcale di Santa Maria Maggiore, verso la fine del VII secolo, che testimoniava, con modifiche franche, il rito romano nel suo stato antico. La glossa di dom Henri Leclercq forniva così un tipo di rito che i chierici del XX secolo sognavano ingenuamente di riprodurre, non nello splendore travolgente del culto delle antiche basiliche, ma filtrato dal gusto religioso degli anni Trenta e Cinquanta. L’unico dettaglio, però, è che il testo dell’Ordo primus, proprio perché adattato alle esigenze franche, non descrive una celebrazione versus populum, ma «verso il Signore»…

Gli esperimenti di «fronte al popolo» cominciarono quindi a svilupparsi prima della Seconda Guerra mondiale, soprattutto in Belgio, Germania e Francia, sulla base del desiderio di riprodurre l’antica Messa papale e, giuridicamente, della menzione della celebrazione versus populum esistente nel Ritus servandus. «Spetta solo al Vescovo nella sua Diocesi dirigere e controllare un movimento che tende alla celebrazione davanti al popolo», ha dichiarato il can. Maurice Michaud, senza ulteriori spiegazioni. Ma i Vescovi non erano generalmente favorevoli. Alcuni sacerdoti, tuttavia, hanno insistito nel chiedere il permesso o hanno celebrato in questo modo senza chiederlo.

Poiché la celebrazione davanti al popolo richiedeva un altare staccato dalla parete, gli esperimenti si sono svolti principalmente nel contesto di Messe celebrate su un altare allestito per l’occasione, nelle tappe di riposo dei pellegrinaggi, nelle attività sul campo dei movimenti giovanili, in particolare dello scoutismo, o, a partire dagli anni Cinquanta, nelle nuove chiese in cui l’altare era staccato dalla parete dell’abside in modo tale da rendere possibile questa forma di celebrazione – abbastanza spesso, ma non sempre.

La ricerca della «partecipazione attiva»

Il can. Maurice Michaud, nell’articolo sopra citato, ha incluso anche questo tipo di celebrazione versus populum nell’insieme di misure volte a «far rivivere la Santa Messa nella mente dei nostri “cristiani medi”». Ha quindi collegato il possibile sviluppo della Messa davanti al popolo a quello della Messa dialogata: «Attualmente, la tendenza è quella di far partecipare più attivamente i fedeli alla “Messa bassa”. È la cosiddetta “Messa dialogata”. Questo tipo di Messa porta piuttosto alla celebrazione davanti al popolo, se si verificano determinate condizioni».

Per l’attuazione pratica di questa forma di celebrazione, il can. Maurice Michaud ha insistito sulla massima prudenza da adottare, perché «agli occhi dei fedeli, visto l’uso quasi universale dell’altare disposto per la celebrazione con le spalle al popolo, il ritorno all’antica disciplina ha l’aspetto di un’innovazione». A questo proposito, conosciamo la reazione di Paul Claudel, in un famoso articolo apparso sul Figaro littéraire il 29 gennaio 1955: «La messe à l’envers». Egli protestava contro «a pratica sempre più diffusa in Francia di celebrare la Messa di fronte al pubblico», di cui la Parrocchia di Saint-Séverin a Parigi era un esempio.

Inoltre, nelle nuove chiese le cui foto sono state pubblicate sulla rivista L’Ars sacré, si è tornati all’altare unico (o quasi: in genere avevano un altare maggiore e un altare del Santissimo Sacramento per le Messe feriali), una disposizione che si pensava fosse la regola prima della proliferazione delle Messe private. L’altare che permetteva di rivolgere la celebrazione verso il popolo, senza una gradinata che sorreggeva i candelieri e la croce, era anche naturalmente in armonia con la concelebrazione. Così sono state progettate chiese emblematiche, come Aron a Mayenne (1955), Plateau d’Assy (1946), Lyon-Vaise (1955), ecc.

In occasione di grandi raduni, come il congresso della Jeunesse agricole chrétienne del 1950 al Parco dei Principi, con 70 mila partecipanti, divenne consuetudine collocare l’altare al centro dell’assemblea. Allo stesso modo, nella basilica sotterranea di San Pio X a Lourdes, progettata da Pierre Pinsart e completata e dedicata nel 1958, l’altare è stato costruito al centro della navata, il che significava necessariamente che parte del pubblico doveva celebrare rivolto verso il popolo. Inoltre, la nuova basilica aveva solo due altari, quello centrale e un altare nella cappella del Santissimo Sacramento.

Allo stesso tempo, ci furono tentativi di concelebrazione, il che significava un altare rivolto verso il popolo, o addirittura in mezzo al popolo. Venivano così celebrate Messe sincronizzate, ad esempio durante i pellegrinaggi o i grandi incontri dell’Azione Cattolica: il pellegrinaggio dei prigionieri e dei deportati a Lourdes l’8 settembre 1946; il pellegrinaggio della Lega femminile dell’Azione Cattolica a Lourdes nell’agosto 1952; il pellegrinaggio degli studenti a Chartres a partire dal 1945; i raduni in occasione del pellegrinaggio della statua di Nostra Signora di Boulogne a Colombes e Rouen nel 1946. In queste Messe sincronizzate, alcuni sacerdoti dicevano la Messa individualmente su diversi altari riuniti in unum, o comunque molto vicini, «sincronizzando» i loro gesti con quelli del celebrante principale in posizione centrale. Ma questa pratica è stata proibita dall’istruzione De Musica sacra del 3 settembre 1958.

Il volto al popolo si impone fin dall’inizio della riforma liturgica

Dalla morte di Pio XII nel 1958 all’inizio della riforma liturgica nel 1964, le celebrazioni rivolte al popolo divennero estremamente numerose. Io stesso ho assistito alla prima Messa celebrata davanti al popolo in un villaggio della Diocesi di Auch nell’ottobre 1958. Dopo la morte del Papa, nel santuario era stato eretto un enorme catafalco che oscurava l’altare principale. Un altro altare provvisorio fu eretto al tavolo della comunione, dove le celebrazioni durante il periodo di lutto furono versus populum.

In occasione dell’incoronazione di San Paolo VI, il 30 giugno 1963, per la prima volta la Messa fu celebrata sul sagrato dell’Arcibasilica patriarcale di San Pietro in Vaticano (fino ad allora la Messa era stata celebrata nella Basilica, seguita dall’incoronazione stessa nella Loggia). La configurazione interna della Basilica era stata replicata all’esterno, con il trono in cima alla scalinata d’ingresso della Basilica e l’altare rivolto verso il popolo sottostante.

Per continuare a raccontare la mia esperienza personale, sono entrato nel Seminario Pio XI annesso all’Istituto Cattolico di Tolosa nel 1964, cioè un anno prima della fine del Concilio, e nel 1964 ho vissuto la Messa rivolta verso il popolo tutti i giorni feriali, mentre la Messa solenne della domenica, con diacono e suddiacono, si svolgeva ancora all’altare maggiore, con il celebrante rivolto verso l’abside. Poi, nel 1965, l’altare fu posto al centro del coro dei seminaristi.

La riforma conciliare non dovette nemmeno occuparsi del versus populum, poiché la celebrazione rivolta verso il popolo era diventata parte integrante del passaggio alla nuova liturgia.

L’istruzione Inter œcumenici del 25 settembre 1964 afferma al n. 91: «È bene che l’altare maggiore sia staccato dalla parete per potervi facilmente girare intorno e celebrare rivolti verso il popolo».

La Presentazione generale del Messale Romano lo ripete: «È bene, per quanto possibile, che l’altare sia eretto a una distanza dal muro che consenta di percorrerlo facilmente e di celebrarlo rivolto verso il popolo» (n. 262 nell’edizione tipica del 1970 del nuovo Messale, n. 299 nell’edizione tipica del 2002).

La mania era tale che alcuni vescovi cercarono – inutilmente – di frenarla. Così mons. Gabriel-Marie Garrone, Arcivescovo metropolita di Tolosa, uno dei maggiori artefici del Concilio Vaticano II, metteva in guardia i suoi sacerdoti ne La Semaine Catholique de Toulouse del 28 febbraio 1965: «Da questi articoli [nn. 91 e 95 dell’istruzione Inter Œcumenici] risulta chiaramente che la celebrazione della Messa rivolta verso il popolo non è comunque richiesta. Anzi, ci possono essere casi in cui la disposizione materiale del coro e l’architettura la sconsigliano espressamente». E per citare mons. Henri-Martin Félix Jenny, Vescovo ausiliare di Cambrai e membro del Consilium per l’applicazione della Costituzione conciliare sulla liturgia: «Il sacerdote ora si rivolge deliberatamente verso i fedeli durante le letture e gli appelli che rivolge loro: non è senza interesse che egli sia occasionalmente rivolto, come loro, verso il Signore che adoriamo e preghiamo».

Allo stesso modo, la Commissione diocesana per l’arte sacra della Diocesi di Parigi, in un documento del 20 luglio 1965, ha fatto la seguente osservazione: «Se il sacerdote deve poter celebrare davanti al popolo, non è indispensabile che lo faccia ogni giorno. Quando celebra durante la settimana, senza assemblea, può legittimamente desiderare di celebrare senza avere una navata vuota davanti a sé. È quindi consigliabile prevedere su entrambi i lati dell’altare uno sgabello abbastanza grande da consentire la celebrazione in entrambe le posizioni».

Alcuni hanno pensato di poter sostenere che le indicazioni della Presentazione generale possano essere interpretate come un’eccezione al versus populum. Di fatto, però, la situazione di regola/eccezione si è invertita rispetto alla precedente normativa: mentre l’antico ritus servandus faceva riferimento alla Messa rivolta verso il popolo come una possibilità, l’istruzione Inter Œcumenici del 25 settembre 1964 e la Presentazione Generale del Messale Romano del 3 aprile 1969 presuppongono che la celebrazione rivolta verso il Signore sia una possibilità.

1 commento:

  1. Come è noto, durante l'ultima cena, ad un certo punto Gesù si voltò dicendo ai discepoli che aveva una questione da sistemare con suo padre....

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