Chissà perchè i martiri sotto il comunismo, il S. Padre Francesco se li dimentica sempre.
A differenza di Giovanni Paolo II che visitò la tomba del cardinale martire József Mindszenty (QUI i post di MiL sul prelato) e disse: "la testimonianza delle famiglie cristiane che hanno sopportato la discriminazione ma non hanno rinnegato la loro fede, educando i figli nella fede in Cristo persino a costo di grandi sacrifici; l’esempio di coraggiosa fermezza offerto da Vescovi, sacerdoti, religiosi, che hanno saputo pagare il prezzo di indicibili sofferenze, ed anche della vita per non venir meno al loro dovere. Figure come quelle del Card. József Mindszenty e del Vescovo Vilmos Apor, parlano con eloquenza al cuore di ogni ungherese".
Luigi
Il Sismografo, 9-3-23
La vicenda del Venerabile Primate ungherese è una ferita nella vita della Chiesa e la sua beatificazione va a rilento. Il card. József Mindszenty, arrestato e torturato dal governo comunista dell'epoca, 75 anni fa, alla fine si autoaccusò aggiungendo sotto la firma due lettere: C.F. [coactus feci, ossia: l'ho fatto perché costretto]). Cinquant'anni fa, Papa s. Paolo VI dichiarò vacante la sede di Esztergom-Budapest dopo che Mindszenty rifiutò di rinunciare.
(L.B., R.C. - a cura Redazione "Il sismografo") Ufficialmente nel programma del Santo Padre nel corso della sua Visita in Ungheria dal 28 al 30 aprile prossimi, Pellegrinaggio apostolico n° 41, non c'è nulla su un'eventuale visita alla tomba di József Mindszenty, che si trova nella cittadina arcivescovile di Esztergom, 60 km ca. da Budapest. Si tratta di un'assenza rilevante, di un vuoto sofferto per tutti, che risveglia una ferita.
Le visite di Papa Francesco
Nel caso della prima visita di Francesco in Ungheria, il 21 settembre 2021 per la chiusura del 52.mo Congresso Eucaristico Internazionale, questa non-presenza presso la tomba del card. Mindszenty si poteva capire, anzi giustificare. Francesco allora non visitava l'Ungheria. Era una sorta di tappa "tecnica" verso la Slovacchia. Questa volta, a 48 anni dalla morte del cardinale (6 maggio 1975), la visita del Pontefice è diversa; è quella promessa al Paese, alla nazione, e così concepita fin dall'inizio ma poi, a sorpresa, ridimensionata a pochi luoghi del centro della capitale magiara. L'unica ragione plausibile, da rispettare assolutamente, è la salute di Papa Francesco. Sembra chiaro che quest'odierna situazione consiglia di evitare una trasferta di 120 km, andata e ritorno, tra la Nunziatura e la sede episcopale di Esztergom-Budapest. Solo questa realtà potrebbe spiegare il mancato omaggio papale alla tomba di un gigante del cattolicesimo nella storia dell'Ungheria e dell'Europa.
In Ungheria qualcuno pensa che il Santo Padre potrebbe, a sorpresa, recarsi ad Esztergom-Budapest. Altri, più fantasiosi, esprimendo piuttosto un proprio desiderio, immaginano che il Pontefice potrebbe annunciare una prossima beatificazione.
József Mindszenty, personalità straordinaria, è stato per alcuni decenni un uomo di chiesa molto divisivo e polemico nel contesto di controversie e antagonismi dell'Ostpolitik vaticana allestita per trovare un modus vivendi con i regimi comunisti. Ovviamente, il cardinale ungherese era ferreamente contrario come fece capire dal giorno della sua ordinazione presbiteriale (12 giugno 1915) di fronte a governi totalitari. La sua pastorale è stata sempre carica di contenuti sociali e così criticò severamente l'anacronismo e le ingiustizie dei latifondi ecclesiastici. Non lo apprezzarono importanti settori della società e della Chiesa stessa. Su di lui circolarono, ed è così tuttora, non poche leggende nere. Non mancano, anche oggi, coloro che lo dipingono come un'anticomunista fascista.
Papa s. Giovanni Paolo II visitò la tomba di Mindszenty 32 anni fa
Papa s. Giovanni Paolo II, nel corso del suo primo viaggio in Ungheria, dal 16 al 20 agosto 1991, arrivando a Budapest dalla GMG in Polonia (Czestochowa), si recò subito, prima di ogni evento, nella sede primaziale di Esztergom-Budapest, per raccogliersi in preghiera sulla tomba del card. József Mindszenty, le cui spoglie erano rientrate in patria dall'Austria qualche mese prima e tumulate nella cripta della Cattedrale di Nostra Signora e di Sant'Adalberto. Nell'omelia della Messa celebrata il 16 agosto, il Papa così ricordò il cardinale: "All’inizio della mia visita in Ungheria, desidero rendere un cordiale omaggio alla cara e venerata memoria del compianto Cardinale József Mindszenty che ha lasciato una luminosa testimonianza di fedeltà a Cristo e alla Chiesa e di amore alla patria. Il suo nome e il suo ricordo rimarranno sempre". (Omelia) [1]
Il "cardinale di acciaio"
Il cardinale fu battezzato con il nome di József Pehm (29 marzo 1892 – 6 maggio 1975) ma poi cambiò il cognome adottando quello del suo paese natale: Mindszent (Mindszenty.) Si è detto che non voleva usare un cognome tedesco. Fu creato cardinale da Pio XII il 18 febbraio 1946. Era stato ordinato presbitero il 12 giugno 1915 e consacrato vescovo il 25 marzo 1944. Il 13 marzo 2019 Papa Francesco lo proclamò - per le sue virtù eroiche - Venerabile Servo di Dio. Il processo per la beatificazione era stato aperto il 22 ottobre 1996.
Il 6 maggio 1975, a Vienna, morì a causa di un arresto cardiaco dopo un intervento chirurgico. Le sue spoglie rimasero in Austria fino al 1991. Intanto il card. Mindszenty ha avuto la definitiva riabilitazione legale, morale e politica. La Procura generale ungherese ha così chiuso ufficialmente la revisione del processo-farsa subìto nel 1949. La memoria dell'importante porporato ungherese, figura gigante nella storia del Paese e della Chiesa locale nonché in Europa e in buona parte del mondo occidentale, è fortemente legata alla sua opposizione intransigente e irremovibile ai regimi comunisti. Per decenni fu l'icona, insieme ad altri prelati centroeuropei, del cattolicesimo inconciliabile con il marxismo-leninismo, in particolare con lo stalinismo sovietico.
Il 7 ottobre 1945, giorno del suo insediamento nella sede vescovile di Esztergom, sede primaziale dell'Ungheria (dal 1993 arcidiocesi di Esztergom-Budapest) disse: «In questo posto io monto la guardia per Dio, per la Chiesa, per la Patria».
J. Mindszenty fu ordinato sacerdote il 12 giugno 1915 (diocesi di Szombathely) e subito viceparroco di Felsopathy. Presto diventò professore di religione a Zalaegerszeg. Erano anni difficilissimi. Dopo il crollo dell’impero austroungarico (1918), il potere passa nelle mani di un governo rivoluzionario che il giovane sacerdote osteggiava duramente dall'opposizione. Viene internato nel palazzo episcopale agli arresti domiciliari. Sarà arrestato una seconda volta durante il governo filosovietico di Béla Kun. Nel 1919 diventa parroco di Zalaegerszeg senza smettere le sue critiche contro la gerarchia, in particolare per la sua totale indifferenza di fronte alla questione sociale. In un documento collettivo difende gli ebrei e denuncia la situazione critica del Paese. Fra il 1944 e il 1945 fu nuovamente imprigionato, questa volta dai nazisti.
Il 15 settembre 1945 viene nominato arcivescovo di Esztergom e l’anno successivo creato cardinale.
Vittima dello stalinismo spietato
J. Mindszenty, con energica attività pastorale non risparmia critiche al governo e al tempo stesso è intransigente con molti membri della gerarchia cattolica. Nella notte del 26 dicembre 1948 viene arrestato. Le accuse sono le solite, che sentiamo anche oggi: cospirazione contro lo Stato, alto tradimento, traffico di valuta e spionaggio. Nel 1948 dopo umiliazione, torture e vessazioni di ogni tipo - in particolare indirizzate contro la fede del porporato - è sottoposto a un processo farsa che si concluderà con la condanna a morte. Questa pena sarà poi commutata in ergastolo.
"Sfinito fisicamente, sottoscrisse l'accusa di cospirazione tesa a rovesciare il governo, ma ebbe la lucidità di porre in calce la sigla C.F. (coactus feci, ossia "firmai perché costretto"). L'arresto del cardinale ebbe grande risonanza nelle cronache e fu considerato una prova della natura antireligiosa e oppressiva del comunismo." (Scheda Wikipedia)
Il card. Mindszenty fu liberato dal popolo durante la rivolta ungherese nel 1956 però la tragica repressione sovietica lo costrinse a rifugiarsi nell’ambasciata americana. "Nel corso dei decenni, ricorda la scheda Wikipedia, il cardinale riceve diverse visite di prelati su incarico di Giovanni XXIII e Paolo VI. Nel 1971, accogliendo il desiderio di Paolo VI, parte per Roma, per poi trasferirsi nel Pazmaneum di Vienna. Compie visite pastorali agli ungheresi emigrati nel mondo. Le sue omelie, però, irritano il governo, che invia proteste alla Santa Sede. Nel 1973 Paolo VI chiede a Mindszenty di rinunciare alla sua arcidiocesi perché ormai ultraottantenne. Il cardinale fa presente l’impatto negativo se ciò fosse avvenuto."
I primi di febbraio 1974, si fece pubblica la decisione di Paolo VI: dichiarare vacante la sede dell’arcidiocesi di Esztergom e nominare un Amministratore apostolico.
Numerosi studiosi della questione assicurano che la decisione di Papa Montini fu presa alla fine del 1973, cinquant'anni fa.
Cronologia dei successori di Mindszenty:
- József Mindszenty † (2 ottobre 1945 - 2 febbraio 1974 dimesso)
- Sede vacante (1974-1976)
- László Lékai † (12 febbraio 1976 - 30 giugno 1986 deceduto)[13]
- László Paskai, O.F.M. † (3 marzo 1987 - 7 dicembre 2002 ritirato)
- Péter Erdő, dal 7 dicembre 2002
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[1] Giovanni Paolo II in Ungheria - 1996
"Al tempo stesso, però, la considerazione delle ombre non deve far dimenticare le innumerevoli testimonianze positive dei credenti di ogni tempo. La recente lettera pastorale dei vostri Vescovi (cf. Episcoporum Ungarorum, Epistula Pastoralis, Lettera del 5 giugno 1996) invita ad esaminare alcune vette di questa storia di fede e di luce che il Signore, nonostante i peccati degli uomini, ha scritto anche nella vostra Terra: la testimonianza delle famiglie cristiane che hanno sopportato la discriminazione ma non hanno rinnegato la loro fede, educando i figli nella fede in Cristo persino a costo di grandi sacrifici; l’esempio di coraggiosa fermezza offerto da Vescovi, sacerdoti, religiosi, che hanno saputo pagare il prezzo di indicibili sofferenze, ed anche della vita per non venir meno al loro dovere. Figure come quelle del Card. József Mindszenty e del Vescovo Vilmos Apor, parlano con eloquenza al cuore di ogni ungherese." (Discorso di s. Giovanni Paolo II - Cattedrale di Gyor - Sabato, 7 settembre 1996)