«Non è che una cosa è verità perché la dice il Papa, ma il contrario: siccome questa è la verità, il Papa deve presentarla e spiegarla alla Chiesa»
(Gerhard Ludwig Müller, cardinale).
Per ora l'anticipazione della probabile disgraziatissima nomina di mons. Wilmer al Dicastero per la Dottrina della Fede non è ancora avvenuta (QUI MiL).
Ci risulta con sicurezza che molti cardinali abbiano direttamente vivacemente protestato con il S. Padre.
Anche prelati non appartenenti allo schieramento conservatore.
Speriamo.
Luigi
19 Dicembre 2022, Korazym. org, di Andrea Gagliarducci
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 19.12.2022 – Andrea Gagliarducci] – La notizia bomba, lanciata dal sito Messa in Latino [QUI] la scorsa settimana, riguarda la nomina del nuovo Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede. Se le voci verranno confermate, sarà ancora un religioso (il Cardinal Ladaria, in uscita, è gesuita), ma più giovane, vescovo e tedesco dell’orientamento di quel Cammino Sinodale che Papa Francesco non ha mancato di mettere in discussione perché – nel Parole del Papa – “in Germania c’è già una Chiesa evangelica”. Si chiama Heiner Wilmer, dehoniano, 61 anni, dal 2018 Vescovo di Hildesheim.
Il suo nome sarebbe circolato per la prima volta nell’ultima riunione del Consiglio di Cardinali, menzionato dal Papa, che sarebbe rimasto colpito dal modo di pensare di questo giovane teologo tedesco, Superiore Generale del Sacro Cuore di Gesù per tre anni. Wilmer non ha mancato di essere critico nei confronti della Chiesa Cattolica, sostenendo nel 2018 che “l’abuso di potere è nel DNA della Chiesa” [QUI]. E, così facendo, non ha esitato a fare riferimento al pensiero di Eugene Drewermann, ex prete e psicoterapeuta che ha applicato la Psicologia del profondo alla lettura della Bibbia.
La Congregazione per la Dottrina della Fede ha sanzionato Drewermann, e per il suo 65° compleanno si è fatto il “dubbioso” dono di lasciare il Cattolicesimo.
Drewermann ha messo in dubbio l’istituzione stessa della Chiesa, il celibato sacerdotale e persino la stessa Bibbia, che ha presentato come un insieme di simboli piuttosto che come un resoconto storico. È per rispondere a questo tipo di approccio, diffuso in Germania, che Benedetto XVI ha scritto la trilogia Gesù di Nazaret. Perché al di là dei simboli, la Bibbia è anche una storia accurata e concreta dei popoli, e così è anche la vita di Gesù.
Se la nomina di Wilmer dovesse essere confermata, Papa Francesco darebbe così un definitivo benvenuto all’approccio che esisteva prima di Giovanni Paolo II e poi dopo Benedetto XVI. Ma lo farebbe anche per contestare un’idea sostanziale, e cioè che si debba difendere permanentemente l’istituzione.
Se Wilmer ha detto che gli abusi sono nel DNA della Chiesa, lo ha fatto pensando anche alle opere di Drewermann, definito «un profeta del nostro tempo non riconosciuto dalla Chiesa». Che cosa avrebbe portato Papa Francesco a questa decisione, allora? Cosa lo ha convinto?
Leggendo l’intervista di Wilmer del 2018 [QUI], troviamo molti spunti che si possono trovare nel pontificato di Papa Francesco. Lasciamo le parole al Vescovo Wilmer: “A volte penso: chi determina esattamente cosa sia cattolico? Continuiamo a comportarci come se fosse la gerarchia, come se noi vescovi avessimo diritto all’etichetta cattolica. È sbagliato! Non siamo una Stiftung Warentest [un’organizzazione e fondazione tedesca per i consumatori che fa ricerche e compara prodotti e servizi senza pregiudizi, fondata nel 1964]. Dobbiamo essere destinatari e ascoltatori che imparano in dialogo con uomini e donne cattolici, ma anche con cristiani di altre confessioni e non credenti. Se questo è teologicamente chiaro, lo sono anche le conseguenze sullo scandalo degli abusi: per arginare il male nella Chiesa, occorre un effettivo controllo del potere nella Chiesa. Serve una distinzione di poteri, un sistema di “Checks and Balances” [il delicato sistema di controlli ed equilibri che caratterizza la democrazia].
E ancora: «Quando sento dal Cardinale Gerhard Müller che i laici non possono giudicare i ministri consacrati secondo l’ordine religioso della Chiesa, posso solo dire: non è vero. Nei primi secoli, diaconi e sacerdoti venivano sempre scelti per l’ufficio episcopale per acclamazione del popolo. A Colonia, come sapete, nel Medioevo i cittadini insorsero ripetutamente contro il potere del loro arcivescovo e, nel 1288, nella battaglia di Worringen, conquistarono la libertà del loro feudatario. C’erano molte più forme di partecipazione nella Chiesa di quante ne abbiamo oggi. Dobbiamo stare attenti a non essere vittime dell’oblio della nostra storia”.
Papa Francesco fa spesso eco a questa posizione, di ascolto dei laici, di controllo del potere portato avanti attraverso contatti personali e mai istituzionali, ma anche con la decisione di permettere al Tribunale vaticano di giudicare cardinali o prelati. E poi c’è questa idea della missione canonica, che è conferita dal vescovo e può essere attribuita a chiunque [QUI]. È il centro della riforma della Curia, ma è anche un passo indietro rispetto al Concilio Vaticano II, che aveva legato il potere all’ordine proprio per evitare abusi. E lo stesso avvenne quando fu deciso che i ministri consacrati non potevano essere giudicati: era una forma di garanzia, nata non per difendere l’istituzione-Chiesa, ma per proteggere il sacramento. La linea super-pragmatica del Papa però non ha queste sfumature, né guarda alla storia. Secondo il Papa, le realtà sono più grandi delle idee. Tuttavia, alcune idee corrispondono ai pensieri del Papa e formano la realtà nella visione del Papa.
Il Vescovo Wilmer, tuttavia, si è ispirato a Drewermann, come detto. Ed è qui che le cose si fanno più interessanti. La sua opera più nota è I funzionari di Dio: psicogramma di un ideale. In quasi 700 pagine, Drewermann indaga la formazione e le funzioni sacerdotali alla luce della Psicologia del profondo. La tesi del libro è che chi va in seminario lo fa per sfuggire alla propria sessualità, rifugiandosi nell’odiato apparato ecclesiastico, ridotto a una sorta di nido. Piena di insidie, però, dato che provocherebbe nevrosi nei nuovi sacerdoti per lo studio instancabile, folle e disperato, degli elementi fondamentali della dottrina cattolica. Tutta roba che andrebbe eliminata, scrive l’autore.
“È grave – disse qualche anno fa in un’intervista al periodico tedesco Publik-Forum – la schizofrenia che consapevolmente provoca il dogma ecclesiale”, e cioè “che l’interpretazione della Bibbia e dei contenuti della fede cristiana non deve essere fatto a livello simbolico, ma solo ideologico, nel senso di dogmi oggettivi o di fatti storici”. Questa posizione rispecchia, in qualche modo, anche il pensiero di Papa Francesco. La Chiesa, per Papa Francesco, infatti, non può essere un nido pieno di insidie, ma è la Chiesa del popolo, fatta dal popolo, nutrita nelle periferie. Solo questa Chiesa, così formata, può essere autentica, corretta e veritiera. E poco importa, per Papa Francesco, se si tratta di abbattere qualche struttura. A volte, pensa, questo è necessario e salutare. Sarà dunque questo l’approccio del Dicastero per la Dottrina della Fede? È possibile. Se il Papa ha deciso, procederà alla nomina, anche al di là di ogni possibile obiezione.
In effetti, questa nomina sembrerebbe essere un segno di favore nei confronti del Cammino Sinodale tedesco e dell’approccio dei vescovi tedeschi, aperti a rivisitare il celibato attraverso i temi della sessualità e dell’abuso di potere nella Chiesa. Ma è stato lo stesso Papa a criticare il Cammino Sinodale tedesco, non condividendone in pieno l’impostazione.
Sta di fatto che, ora, la scelta del Papa potrebbe ricadere su questo vescovo-religioso, che sembra essere il volto di una nouvelle vague teologica che mira ad applicare il Concilio Vaticano II in senso più letterale di quanto si è inventato ad ora. Un’abnegazione, in un certo senso, dei precedenti pontificati. Ma anche un ripudio della linea di Benedetto XVI, che aveva sì scelto come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede un Tedesco, ma in linea con l’insegnamento della Chiesa: il Cardinale Gerhard Ludwig Müller. Va notato che Müller è anche un profondo conoscitore della Teologia della Liberazione e un amico personale del fondatore di questa teologia, Gutierrez.
In questa fase tarda del pontificato, Papa Francesco sta chiudendo un’era? Forse. Potrebbero esserci altre motivazioni più “politiche” in questa possibile scelta di Papa Francesco. Vale a dire concedere al mondo tedesco un teologo di una certa apertura alla Dottrina della Fede per frustrare il loro movimento sinodale, che mira a cambiare anche la Dottrina della Chiesa.
La notizia è solo una voce che gira, ma potrebbe essere confermata a breve. È atteso anche l’annuncio del nuovo Prefetto del Dicastero per i Vescovi, indispensabile per le prossime nomine episcopali. Ma è probabile che ci sia una sorpresa qui se la nomina di Hilmer avrà luogo. In effetti, se dovesse arrivare Hilmer, anche molte dichiarazioni di Papa Francesco dovranno essere lette in questa luce: erano reali o erano destinate a catturare l’attenzione di un determinato mondo progressista?
Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato oggi dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].