Chiesa parrocchiale di Sant’Anna dell’arch. Nazario Losavio (anno 1993).
Lorenzo
Descrizione del progetto: Nell’affrontare questo progetto ci siamo imposti di risolvere il compito di verificare che l’architettura può essere uno straordinario attrattore soprattutto se riguarda un edificio destinato a ospitare funzioni importanti, perché allora la forma, il luogo e il suo rapporto con l’intorno e l’immagine che trasmette, danno vita ad una identità simbolica per cui l’edificio diviene il supporto di un legame sociale. Si è seguita una tendenza che parte dell’astrattezza dei volumi e cerca una soluzione architettonica all’annoso problema della riconoscibilità dell’edificio ecclesiale come luogo distinto, ma non separato dal contesto della città, concepito secondo un disegno contemporaneo, ma non avulso dalla tradizione. Aldilà della riconoscibilità, l’operazione sostanziale sta nell’elaborazione della chiesa come luogo della celebrazione, luogo a cui tutto il resto riconduce. Purezza geometrica di volumi e di richiami simbolici, complesse articolazioni di suggestioni architettoniche recepite dalla contemporaneità mantenendo contatti visibili con la tradizione. Così il segno ha capacità evocative, al punto di diventare simbolo, momento di incontro importante sia sul piano intellettuale, sia sul piano emotivo. Anche l’accento posto dal Concilio Vaticano Secondo sull’assemblea celebrante aveva imposto implicazioni significative per quanto riguarda l’impianto compositivo. Occorreva essere attenti ad evitare un semplice esercizio formale e attuare il tentativo di esprimere compiutamente luoghi e percorsi della ritualità. Bisognava raggiungere una composizione armonica, globale e integrata in relazione ai diversi luoghi che definiscono l’edilizia di culto e alle numerose discipline e competenze coinvolte nella loro progettazione per convogliare l’immagine a promuovere la sua capacità comunicativa si può configurare come straordinario esempio di ricerca sulle infinite possibilità estetiche connesse all’uso dei materiali in architettura. Il progetto della fine degli anni ottanta è stato approvato e in parte sovvenzionato dalla Conferenza Episcopale Italiana che motivava il suo giudizio di merito come segno innovativo e decisivo che risponde alle ricerche più avanzate divenendo simbolo delle nuove proposte legate al Vaticano Secondo. Dal punto di vista progettuale, la chiesa ha una impostazione che si rifà alla tipologia a pianta centrale; l’intero complesso considera un corpo principale che accoglie la funzione ecclesiastica vera e propria, la sacrestia e la casa canonica e un corpo secondario che è occupato dai locali del ministero pastorale. Per enfatizzare il concetto di povertà e per valorizzare l’immaterialità della religione contemporanea sono stati utilizzati materiali semplici come il cemento, la pietra e il vetro che offrono straordinarie proprietà di trasparenza e diffusione della luce naturale. La scelta estetica riprende il brutalismo architettonico, esaltando la valenza decorativa del materiale utilizzato allo stato puro. Tutte le pareti portanti e le strutture della copertura sono realizzate in cemento armato faccia vista. La scelta è attribuibile, come spesso nei nostri interventi, a ragioni estetiche e funzionali. La pianta è pensata per coniugare semplicemente efficienza organizzativa, flessibilità d’uso, razionalità dei percorsi e multifunzionalità degli spazi. La funzione religiosa è ospitata all’interno di un volume prismatico a sezione esagonale irregolare ricavato nella maglia triangolare semplice che delimita la zona destinata all’aula assembleare, segnando lo spazio con una forma ad alto impatto architettonico. Esternamente al volume centrale se ne sviluppa un altro tutt’intorno, più basso, quasi una dilatazione del primo, come idea di scatola nella scatola, ovvero un doppio volume architettonico in cui lo spazio di connessione ospita i percorsi fruitivi e le funzioni accessorie. Queste zone, completate da coperture piane e più basse, contemplano gli accessi dall’esterno, gli uffici, la sacrestia, la penitenzeria e la zona della cappella feriale. La copertura degli spazi laterali è in calcestruzzo armato a forma piena e quella del blocco centrale è costituito da travi secondarie composte a cassettone con maglia triangolare semplice. Il volume più esterno è definito da setti che all’intersecazione si incontrano a creare una serie di asole vetrate. Appunto a queste si chiedeva di far penetrare la luce nell’aula, per generare un’atmosfera dotata di vigorosa sacralità. La luce, in tutte le sue forme, è il principio che ha guidato l’intero processo progettuale. La luce è concepita con la valenza di modulazione e di differenziazione degli spazi. Il complesso, come già abbiamo evidenziato, è costituito da un blocco in cemento grezzo che si impone nell’ambiente con la sua purezza geometrica in cui i setti sono scanditi da aperture vetrate che esaltano con la luce gli angoli di incastro. Come dice Mario Botta «Le forme semplici, sorrette da una geometria, permettono un miglior controllo degli equilibri che la luce genera all'interno degli spazi». L’effetto estetico è tale per cui la luce bagnando le pareti in maniera differenziata durante le ore del giorno risulta pervasiva e penetra nell’aula creando uno spazio dotato di forte valenza mistica e spirituale. Anche le aperture zenitali sulla zona presbiteriale tramite la scultorea formazione di prismi triangolari che cadono a più livelli sulla zona dell’altare contribuiscono a definire uno spazio dotato di forte significato contemplativo e trascendente. Si è lavorato fondamentalmente sulla luce e sullo spazio facendone materia da disegnare prima e comporre e plasmare poi. Formalmente semplice, ma tecnologicamente complessa, la chiesa ha la presunzione di configurarsi come un progetto strutturalmente moderno e attualistico. In elevato sulla zona presbiteriale oltre la copertura svetta un elemento in calcestruzzo armato destinato all’alloggio per il concerto delle campane, il campanile, che raccoglie le linee in cui si articola tutto l’organismo strutturale e che costituisce l’elemento segnico dell’intero complesso architettonico. La forma che grava sul terreno non è la vera protagonista di questa architettura, essa è solo quello che resta di una progressiva sottrazione di peso a cui è stato sottoposto il suo antefatto. La vera materia architettonica è quindi lo spazio vuoto: spazio simbolico, denso di trascendenza, di assolutezza, il quale trova all’interno dell’edificio religioso i suoi punti focali nell’organizzazione liturgica dell’ecclesia. Questa soluzione architettonica ha però un altro risvolto oltre a quello spaziale: essa consente infatti di tramutare lo spazio in luce. La luce naturale fluisce attraverso fasci dalle aperture circolari che trapuntano il volume centrale o penombre lungo le asole angolari. L’architettura si dissolve così in una eterea luminosità, senza tuttavia rinunciare alla sua funzione programmatrice: il gioco di compenetrazione della luce è calcolato in modo da dirigersi, nei suoi punti nodali, verso i centri pulsanti della liturgia: l’altare, l’ambone e la fonte. In più, la luce penetra dall’alto dell’edificio, di lato e in maniera zenitale sull’altare lasciando che l’intera struttura architettonica viva un momento luminoso nel quale si condensa tutto il suo significato simbolico. Questo si chiedeva all’operazione compositiva con la convinzione di riuscirci. Non vuole essere solo una nuova chiesa né solo una nuova forma contemporanea di un antico tema progettuale. La ricerca doveva essere stata qui in primo luogo linguistica: l’intenzione primaria di esprimere nel modo più consistente e diretto possibile il senso attuale della trascendenza, che si è riassunto infine, grazie ad un lessico squisitamente architettonico, nella elementare realtà dello spazio e della luce.
Fotografie degli esterni:
Fotografie degli interni:
Mamma mia, che roba!!!! Senso del sacro ridotto al niente.... E il tabernacolo dov'è?
RispondiEliminaMi fai un esempio di “senso del sacro”?
EliminaIl miglior brutalismo! Splendida, non manca niente.
RispondiEliminaè vero, come prigione è splendida
EliminaMa anche tu sei uno di quelli che per pregare ha bisogno di ori, stucchi e altri gingilli? Io mi trovo molto bene in chiese come quella in oggetto.
EliminaConosco molta gente che ha fatto le scuole in edifici simili, e non erano molto contente di stare tante ore lì dentro...
EliminaMa le scuole sono prigioni a prescindere. Mica scegli tu di andarci.
EliminaAppunto perché i ragazzi sono costretti a stare ore dentro non dovrebbero essere degli obbrobri
Eliminasi salvano solo le vetrate sopra il presbiterio
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