Sempre più un dittatore, non un Pastore di tutti.
Luigi
7 Settembre 2022, Corrispondenza Romana, Roberto de Mattei
In questo confuso tempo di fine pontificato, c’è chi concentra la propria attenzione sugli errori dottrinali di papa Francesco. Lo sforzo è lodevole, soprattutto quanto ad impegnarsi in tal senso sono gli specialisti, ma resta difficile aggiungere qualcosa alla Correctio filialis del 2016, che resta l’atto di critica teologica più completo dell’ultimo decennio.
Ciò che invece gli eventi mettono in luce sempre più chiaramente è la natura politica del governo del Regnante Pontefice e le sue intime contraddizioni. Esemplari, a questo proposito, sono due atti recenti: la proposta di riforma della Curia e il commissariamento del Sovrano Militare Ordine di Malta (SMOM).
La Costituzione apostolica sulla Curia romana Praedicate Evangelium, del 9 marzo 2022 afferma che «qualunque fedele può presiedere un Dicastero o un Organismo» della Curia romana «in virtù della potestà ricevuta dal Romano Pontefice in nome del quale opera con potestà vicaria nell’esercizio del suo munus primaziale». Come ha spiegato il neo-Cardinale Gianfranco Ghirlanda, presentando il documento in sala stampa vaticana, «la potestà vicaria per svolgere un ufficio è la stessa se ricevuta da un vescovo, da un presbitero, da un consacrato o una consacrata oppure da un laico o una laica».
Ciò significa che qualsiasi laico, anche una donna, potrebbe, ad esempio essere nominato Segretario di Stato o Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, perché essi ricevono il potere direttamente dal Papa, e non dal Sacro Ordine.
Ci troviamo di fronte a un atto rivoluzionario in cui papa Francesco ribalta la tradizione consolidata della Chiesa per attribuire ai laici compiti tradizionalmente assegnati all’ordine clericale. Il cardinale Giacomo Antonelli (1806-1876), segretario di Stato di Pio IX, ad esempio, non era né vescovo né sacerdote, ma, come diacono, faceva parte dell’ordine clericale. La Curia romana, infatti, è un organo che coadiuva il Romano Pontefice nel governo universale della Chiesa cattolica e ha sempre avuto una struttura eminentemente ecclesiastica.
Però, per giustificare la sua innovazione, il Papa nega un principio-cardine della teologia progressista. Mentre la teologia tradizionale distingue tra il potere di giurisdizione, che fa capo al Pontefice, e il potere di ordine, che è legato alla consacrazione episcopale, nella visione teologica che si è fatta strada dopo il Concilio Vaticano II, il potere di giurisdizione, o di governo, viene assorbito da quello di ordine, o sacramentale. La nuova teologia vorrebbe infatti liberare la Chiesa dal suo involucro giuridico per conferirgli una funzione etico-profetica, riducendo il Papa a un primus inter pares all’interno del collegio dei vescovi.
Per questo, lo storico Alberto Melloni, capofila della “Scuola di Bologna”, definisce il principio su cui si fonda la Praedicate evangelium, «una tesi che colpisce al cuore il Concilio Vaticano II, e che costituisce un punto dirimente per il futuro della Chiesa» (la Repubblica, 24 agosto 2022). In contrasto con la teologia conciliare, il cardinale Ghirlanda ha infatti precisato che la nuova costituzione «dirime la questione della capacità dei laici di ricevere uffici che comportano l’esercizio della potestà di governo nella Chiesa, purché non richiedano la ricezione dell’Ordine sacro, ed indirettamente afferma che la potestà di governo nella Chiesa non viene dal sacramento dell’ordine, ma dalla missione canonica, altrimenti non sarebbe possibile quanto previsto nella costituzione apostolica stessa» (https://www.agensir.it/quotidiano/2022/3/21/praedicate-evangelium-mons-ghirlanda-laici-hanno-la-stessa-potesta-vicaria-dei-vescovi-sacerdoti-e-consacrati/).
Il Papa dunque, per compiere un abuso di potere, riafferma un principio tradizionale, ma per gli alfieri del progressismo si tratta di una pesante sconfitta teologica.
Anche il secondo caso vede un grave abuso di potere. Il 3 settembre 2022 il Papa ha promulgato la nuova Carta Costituzionale dell’Ordine di Malta e ha decretato lo scioglimento dell’attuale Sovrano Consiglio, imponendo un Sovrano Consiglio provvisorio, che guiderà l’Ordine fino al gennaio 2023 quando sarà convocato il Capitolo Generale Straordinario per eleggere il nuovo Gran Maestro.
Come era accaduto nel 2017, quando il Papa aveva imposto le dimissioni dell’allora Gran Maestro Matthew Festing, l’Ordine di Malta è stato trattato alla stregua di un qualsiasi istituto di diritto pontificio, ignorando tradizione, storia e memoria, di un ordine che ha oltre novecento anni di vita. L’Ordine di Malta ha infatti una duplice personalità giuridica che, sul piano del Diritto Canonico, lo subordina alla Santa Sede e sul piano del Diritto internazionale gli assicura l’indipendenza da essa.
L’articolo 3 della Carta Costituzionale soppressa dal Papa, al paragrafo 1, afferma che «l’Ordine è soggetto di diritto internazionale ed esercita le funzioni sovrane». Queste funzioni sono: il potere esecutivo, rappresentato dal Gran Maestro, assistito dal Sovrano Consiglio; il potere legislativo, rappresentato dal Capitolo generale; il Potere giudiziario, rappresentato dai Tribunali Magistrali. L’art. 4 par. 6 statuiva che «la natura religiosa non esclude l’esercizio delle prerogative sovrane spettanti all’Ordine in quanto soggetto di diritto internazionale riconosciuto dagli Stati». Non c’è dubbio che il Papa abbia il diritto di regolare la vita religiosa dei cavalieri professi che emettono, in maniera solenne, i tre voti monastici, ma non può intervenire nelle autonome scelte politiche e di governo dell’Ordine.
Il cardinale Ghirlanda, autore anche in questo caso della giustificazione giuridica dell’atto di Papa Francesco, ha citato una sentenza del 24 gennaio 1953, emessa dal Tribunale Cardinalizio istituito da Pio XII, in cui si ricorda che le «prerogative inerenti all’Ordine […] come soggetto di diritto internazionale […], che sono proprie della sovranità, […] non costituiscono tuttavia nell’Ordine quel complesso di poteri e prerogative, che è proprio degli Enti sovrani nel senso pieno della parola». Questa sentenza non è tuttavia un atto di magistero e va inquadrata in un contesto storico e giuridico plurisecolare, in cui la Santa Sede ha sempre riconosciuto la natura sovrana dell’Ordine di Malta, «senza interferenza da parte di altre autorità laiche o religiose», come ha ricordato Benedetto XVI, ricevendo i Cavalieri, in occasione del nono centenario del privilegio Pie postulatio voluntatis del 15 febbraio 1113.
Quali sono state però, sul piano dei fatti, le conseguenze di questo arbitrario intervento pontificio? Il 23 gennaio 2017 papa Francesco, pur senza aver nessun titolo giuridico a farlo, impose le dimissioni di Matthew Festing da Gran Maestro dell’Ordine di Malta. Il barone Albrecht von Boeselager, capo dell’ala progressista tedesca, sospeso da Festing dalla sua carica di Gran Cancelliere, cantò vittoria. Il 28 gennaio seguente, con l’appoggio del Papa e del cardinale Parolin, il Sovrano Consiglio formalizzò le dimissioni di Festing e revocò il decreto di sospensione di Boeselager, che tornò così Gran Cancelliere. Ora, anche Boesaleger è stato messo alla porta, ma soprattutto è stato vanificato il tentativo del gruppo tedesco di trasformare l’Ordine di Malta in una ONG secolare. Nel caso della Praedicate Evangelium, l’abuso di potere di papa Francesco, che stravolge la vita della Curia, è basato su un giusto principio; nel caso del commissariamento dello SMOM, l’arbitrio è basato su un principio erroneo, ma il progressismo è sempre perdente, nel primo caso di principio, nel secondo di fatto. Però, in entrambi i casi cresce, con il potere del Papa, il caos nella Chiesa.