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lunedì 15 agosto 2022

Il Covile. Cleto Moroni "LA MESSA NON È FINITA" #traditioniscustodes

Una bella recensione - tratta da Il Covile, 25-7-22, N. 640  -  al volume di Cristina Siccardi, "Quella Messa cosí martoriata e perseguitata, eppur cosí viva!", edito da Sugarco.
Luigi

Cleto Moroni LA MESSA NON È FINITA 

Nel 2021 è uscito un nuovo libro di Cristina Siccardi, Quella Messa cosí martoriata e perseguitata, eppur cosí viva!, edito da Sugarco, dedicato alla Messa che alcuni definiscono vetus ordo, altri Messa di sempre. La questione è quanto mai spinosa. Il saggio pone alcune domande ineludibili e radicali: quali erano i reali obiettivi della riforma liturgica; quali sono stati i risultati; perché è tanto importante la fedeltà alla Messa per i cattolici, oggi quasi un miliardo e mezzo in tutto il mondo. N Nel processo piú ingiusto della storia, che la Messa rievoca ogni volta per il suo valore salvifico definitivo e assoluto, Gesú dichiara a Pilato: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Il giudice iniquo reagisce infastidito: «Che cos’è la verità?». La sua domanda scettica (nel senso in cui questo attributo viene inteso oggi) rimbalza sulle pareti della babele contemporanea producendo echi infiniti.

L’accanimento contro la Messa tridentina. 

Nel volume si traccia la storia della Messa, dalla sua istituzione sino ad oggi, e si affronta la questione della riforma N scaturita dal Concilio, una presunta primavera che si è rivelata invece un inverno, anche sotto il profilo liturgico. Il saggio esce in libreria mentre si registra lo sconcerto seguito alla pubblicazione del motu proprio Traditionis custodes e della lettera apostolica Desiderio desideravi di Papa Francesco. La Messa nella sua forma tradizionale è davvero perseguitata, eppure è piú che mai viva e vitale, apprezzata anche da tanti giovani. Secondo l’autrice, questa è la dimostrazione piú evidente che la Santa Messa vetus ordo vada al cuore della fede, perché la lex orandi si lega indissolubilmente alla lex credendi: rendere culto a Dio nel solco della Tradizione significa rimanere fedeli al magistero di sempre della Chiesa; rendere culto all’uomo — come si legge nel discorso di Paolo VI per la chiusura del Concilio, del 7 dicembre 1965: «La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Poteva essere; ma non è avvenuto» — non è piú difendere e rendere giustizia alla Cattolicità. Oggi — continua la Siccardi — nessuno può piú affermare che si tratti di un rito legato alla «nostalgia» delle generazioni passate, che in gioventú avevano vissuto la liturgia «antica». Gli anziani dei nostri giorni sono quelli della rivoluzione del Concilio Vaticano II e della rivoluzione liturgica, coloro che continuano a perseguitare «quella» Messa, intorno al cui altare si sono innalzati campanili, basiliche, santuari, monasteri, abbazie, cattedrali. Il Vaticano II è l’unico Concilio della storia che non si è aperto per condannare errori teologici e dottrinali, ma per aprirsi al mondo, ai «lontani», ai protestanti. Non è certo un caso che il primo documento dell’Assise, che ha puntato sull’ecumenismo, sia stata la Costituzione della Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, dove nel primo paragrafo si legge: «Il sacro Concilio si propone di far crescere ogni giorno piú la vita cristiana tra i fedeli; di meglio adattare alle esigenze del nostro tempo quelle istituzioni che sono soggette a mutamenti». L’obiettivo è fallito clamorosamente perché le premesse erano fallaci ed erronee; per questa ragione, come le statistiche evidenziano impietosamente, i seminari chiudono, le parrocchie vengono accorpate, già le diocesi (come quella di Cefalú) affidano le stesse a gruppi di laici. Cosí, mentre le chiese, soprattutto in Europa, si svuotano e vengono vendute sempre piú spesso, quelle di stampo tradizionale sono vitali e rigogliose. L’intento della riforma è stato quello di allinearsi alla rivoluzione liturgica protestante, dove non è piú il Santo Sacrificio dell’altare ad essere lo scopo principale del rito, bensí (seppure non negandolo, come fanno invece i luterani e tutte le credenze che da questo ceppo sono sorte) l’attenzione si è spostata sulla memoria eucaristica dell’Ultima Cena con tutto ciò che ne è conseguito: il sacerdote volta le spalle al tabernacolo per essere frontale all’assemblea; perdita di valore del tabernacolo fino a riporre le pissidi con le ostie consacrate nella cosiddetta «riserva eucaristica»; abolizione della lingua sacra della Chiesa di Roma (lingua che richiama ad un piú intenso rapporto verticale e trascendente con la Santissima Trinità, a differenza del vernacolare, che umanizza e non divinizza il momento liturgico, favorendo la distrazione orizzontale del fedele); perdita della sacralità e dell’adorazione del Corpo e Sangue di Gesú Cristo attraverso l’eliminazione di gesti, silenzi, genuflessioni; prendere in mano la divina Ostia nel momento in cui ci si comunica; violabilità laica del presbiterio; partecipazione dei laici alla ritualità (lettura della Parola di Dio; distribuzione della Comunione; ministranti — non piú chiamati chierichetti — femmine); adeguamenti liturgici attraverso sia l’abbattimento degli altari (sostituiti dalle mense) e delle balaustre, sia l’aniconicità (tipicamente protestante) delle chiese di moderna fattura, sia la depauperazione dei paramenti sacri sacerdotali. Il Novus Ordo Missae è il frutto di un impegno a tavolino di un’apposita Commissione liturgica — alla quale partecipò anche una delegazione di pastori protestanti — presieduta da Monsignor Annibale Bugnini, al quale è stato dato ampio potere di manovra sotto i pontificati di Pio XII e di Paolo VI. Mentre il rito della Messa di sempre si è costituito, invece, mattone dopo mattone, dal momento della sua istituzione voluta da Cristo in poi, lungo i secoli della Tradizione della Chiesa: siamo, quindi, di fronte ad una straordinaria opera di oreficeria, che ha permesso gradualmente incastonature e cesellature liturgiche, umane e divine. Un capolavoro d’inestimabile valore, con il quale il rito rivoluzionato non potrà mai competere, per sodezza di Verità e per Bellezza somma. Dopo 15 anni di vita del motu proprio di Benedetto XVI Summorum Pontificum, clero, religiosi e religiose, famiglie, bambini e giovani hanno conosciuto le meraviglie di tale Santa Messa, alla quale non potranno piú rinunciare per nessuna ragione al mondo. Ne va della loro coscienza. Cristina Siccardi sottolinea che accoglienza e misericordia per ogni realtà mondana sono gli atteggiamenti consueti della Santa Sede contemporanea. Tuttavia non c’è alcun rispetto e riconosciuta dignità per l’identità Chiesa come sempre è stata intesa per duemila anni. La Tradizione è stata tradita e non vengono piú trasmessi gli insegnamenti di sempre. Ecco che la Santa Messa di sempre crea imbarazzo, anzi, produce un vero e proprio terrore nelle alte gerarchie ecclesiastiche perché essa è lo specchio della fede per quello che è veramente, scevra dalle sovrastrutture realizzate dai teologi novatori e dai pastori attenti alle dinamiche moderniste, politiche, sociologiche, psicologiche, ecologiche, piuttosto che alla cura delle anime. 

Le ragioni della riforma liturgica. 

I rivoluzionari il piú delle volte espongono le loro istanze facendosi falsamente «portavoce del bene comune», in realtà agiscono secondo le proprie soggettive ideologie, proprio come operò la Commissione pontificia liturgica, istituita il 28 maggio 1948, i cui membri erano: monsignor Alfonso Carinci, segretario della stessa congregazione; padre Ferdinando Antonelli Ofm, relatore generale della Sezione Storica; padre Joseph Löw Cssr, vice relatore; padre Anselmo Albareda y Ramoneda Osb, prefetto della Biblioteca Vaticana; padre Agostino Bea, rettore del Pontificio Istituto Biblico; padre Annibale Bugnini Cm, direttore delle Ephemerides Liturgicae, poi segretario della Commissione, un incarico che mantenne dal 1948 fino allo scioglimento della Commissione stessa, quando venne istituita la Commissione preparatoria per il Concilio nel 1960. In dodici anni di esistenza, dal 28 giugno 1948 all’8 luglio 1960, la Commissione si riuní 82 volte, agendo in assoluta segretezza. Tale Commissione godette della fiducia di Pio XII, che veniva informato dal Sostituto alla Segreteria di Stato monsignor Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, e ogni settimana da padre Agostino Bea. Nel caso della rivoluzione liturgica seguita al Concilio Vaticano II, il magistero di Paolo VI sostenne che occorreva sacrificare la lingua latina per il bene di una maggiore e piú diffusa comprensione del contenuto della Messa. Tuttavia, la gente non ne sentiva assolutamente l’esigenza e non si avanzarono mai richieste in questo senso; men che meno mutare le formule, cambiare il Canone, cancellare segni e parole, stravolgere atteggiamenti dei sacerdoti e dei laici, tutti chiamati in definitiva e sostanzialmente ad essere piú protestanti e meno cattolici. Il filo conduttore di questa triste storia è stata la volontà da parte di alcuni esponenti della Chiesa conciliare (la minoranza, non la maggioranza) di variare in profondità l’istituzione religiosa romana e per fare questo era necessario andare all’anima del culto divino: la Messa. Già a partire dalla seconda metà del XIX secolo c’erano liturgisti desiderosi di aprirsi alle realtà liturgiche luterane, calviniste, anglicane, una sorta di grande tentazione cultuale per avvicinarsi ad esse senza piú soggezioni. Uno scopo, dunque, tutto antropocentrico ed ecumenico, dagli orizzonti illusionistici ed utopici, i cui fallaci e dannosi risultati sono sotto gli occhi di tutti. Al contrario, il filo conduttore della Santa Messa di sempre è sempre e solo stata la maggior Gloria di Dio e la santificazione delle anime. Il comandamento dell’Antico Testamento «Ricordati di santificare le feste» si è perfezionato attraverso l’Incarnazione di Cristo per la salvezza eterna delle anime. Egli viene crocifisso incruentemente ogni volta che una Messa viene celebrata. Per questo Gesú ha detto: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,18–20). I protagonisti presenti nel libro, paladini della Tradizione — da san Francesco d’Assisi al cardinale John Henry Newman, da sant’Alfonso Maria de’ Liguori a Padre Pio da Pietrelcina, da san Filippo Neri a Monsignor Marcel Lefebvre — sono coloro che maggiormente hanno lasciato pagine di assoluta credibilità sul rito liturgico bimillenario, un rito che ha prodotto conversioni, miracoli, santificazioni, vite pienamente realizzate e, quindi, che ha realmente «pescato uomini». 

Il dramma dei Francescani dell’Immacolata. 

La persecuzione contro i religiosi dell’istituto fondato da Padre Stefano M. Manelli, che meritoriamente hanno individuato nella Santa Messa vetus ordo il perno cruciale della fede integra e non spuria, costituisce la tipica reazione contemporanea ai danni di tutti coloro che sono in cerca della Verità (l’unica Verità, a dispetto della religione relativista, ecumenica e interreligiosa) esaustivamente rivelata dal Figlio di Dio. Tornando alle Fonti francescane, quindi all’autentica figura di san Francesco d’Assisi e alla sua opera co-redentiva, i Francescani dell’Immacolata hanno dimostrato che non si può slegare il rito dalla dottrina; se ciò avviene l’ambiguità e l’inganno sono manifesti. Per aver compiuto questo percorso di pulizia liturgica e avanzato critiche al problematico Concilio Vaticano II, la Santa Sede li ha commissariati e puniti senza misericordia. Ma la Santa Messa di sempre continua ad attrarre abbondantemente sia vocazioni sia fedeli. Questa è la Primavera della Chiesa, non certo il Concilio Vaticano II, che si è trasformato in un sistema di autodemolizione, come già aveva evidenziato Paolo VI il 7 dicembre 1968 di fronte ai membri del Pontificio Seminario Lombardo. 

 Una ONG devota.

Gli ultimi anni di emergenza sanitaria hanno reso tristemente evidente che la gerarchia ecclesiastica è piú preoccupata della salute dei corpi che della salvezza delle anime. Dov’è la fede nel Figlio di Dio, unico Redentore del mondo? E nella presenza reale di Gesú Cristo, in Corpo Sangue, Anima e Divinità, nelle Specie Eucaristiche? Insistendo a trasformare la Chiesa Cattolica in una  incoerente ONG devota, alcuni membri della Gerarchia travisano il senso della missione che le è stata assegnata dall’Altissimo, come del resto volevano i modernisti. Nella prefazione al saggio della Siccardi don Davide Pagliarani, superiore generale della Fraternità sacerdotale san Pio X, scrive che «la Santa Messa non può essere compresa e valorizzata se la missione della Chiesa è percepita come apporto socio-umanitario o come impegno ecologico; non è possibile vivere pienamente la Santa Eucaristia se non si è disposti ad uscire dall’indifferenza e dalla tiepidezza; soprattutto non ci si può avvicinare a questo mistero senza la Fede». In tutto il mondo molti fedeli attratti dalla Tradizione lo hanno capito, mentre i pastori sembrano prigionieri di vecchi schemi che hanno fallito. Saranno i fedeli laici, paradossalmente, a salvare la Messa sottraendola alle deviazioni e agli abusi? Cristina Siccardi è convinta che siano innanzitutto i sacerdoti a salvare la Messa per quella che è autenticamente, ovvero quei sacerdoti che non tradiscono la propria identità — il ministro di Dio esiste ontologicamente perché esiste il Santo Sacrificio dell’altare — e proseguono nell’amministrare i sacramenti secondo i crismi non modernisti-protestantizzanti, ma secondo i parametri della Tradizione della Chiesa, la sola che custodisce il deposito della Fede. Come sempre è avvenuto nei gravi momenti di crisi della Chiesa (si pensi alla diffusione dell’Arianesimo dopo il Concilio di Nicea e al proliferare delle confessioni protestanti dopo l’azione dei primi riformatori), i fedeli laici uniti ai loro sacerdoti garantiscono la resistenza necessaria e militante affinché la Grazia santificante possa agire nella instaurazione di tutte le cose in Cristo, riportando ordine, armonia e la vera pace in Lui, perché «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5). Come Cristo è stato perseguitato fino alla morte in Croce, cosí la Sua Messa viene martoriata e crocifissa, perché non c’è nulla di piú ostile alle forze del male che l’Offerta dell’Agnello Immolato, rinnovata sugli altari, quella che riproduce il Calvario per la salvezza di ogni anima. Non si tratta perciò di uno scontro solo fra uomini di Chiesa, ma anche di forze soprannaturali. Di fronte a deviazioni cosí gravi la speranza umana potrebbe indurre a pianificare azioni capillari per diffondere la sana dottrina e favorire la crescita di comunità eroicamente fedeli, secondo il modello che Rod Dreher ha definito «opzione Benedetto». Bisogna tenere presente che qui quella che conta è la Volontà di Dio, perché la Chiesa è Sua, non degli uomini, e la Messa è stata istituita dal Figlio di Dio. È la speranza teologale che va ravvivata, abbandonandosi nelle braccia di Dio Padre e cercando di essere delicatamente sensibili alle mozioni dello Spirito Santo. Maria, Madre della Chiesa, non mancherà mai di intercedere per i fedeli cristiani. Su questa base si può lavorare ad una vastissima catechesi che parta dalla testimonianza di una vita eroica. 

Prima e ultima comunione?

Di testimoni esemplari hanno bisogno in modo particolare i bambini. Il disamore per l’Ostia Santa comincia nella piú tenera età, con il catechismo in preparazione alla prima comunione. Anche se una madre può essersi impegnata a trasmettere la fede insieme al latte materno, e gli stessi sforzi ha fatto un padre, gli insegnamenti a volte cerebrali e lontani dalla realtà che vengono impartiti in questa fase sono non raramente deleteri.  I piccoli hanno una sensibilità precoce e speciale per l’essenza delle cose. Se dedichi ore ed ore ad insegnare loro che la Messa è soprattutto la festa dei cristiani, un allegro incontro conviviale, in cui non a caso prima della comunione fai dire «Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa» invece dell’originale «Domine, non sum dignus ut intres sub téctum meum», andranno perdendo gradualmente interesse per un intrattenimento liturgico che fa appello quasi esclusivo alle sensazioni. L’esperienza comune è che i bambini smettono di andare a Messa la domenica successiva a quella in cui hanno ricevuto la prima comunione. Qualcuno di loro torna, piú o meno convinto, per prepararsi al sacramento della Cresima, per poi sparire nuovamente. Se Gesú non è Perfetto Dio e Perfetto Uomo, se la Messa non è il rinnovarsi incruento del Sacrificio del Calvario, se Nostro Signore non è realmente presente nelle Specie Sacramentali in Corpo, Sangue, Anima e Divinità, perché gli adolescenti dovrebbero partecipare ad una schitarrata che finisce con l’essere la pallida ombra delle feste che tanti di loro sanno organizzare molto meglio? Di solito rimane in loro qualche ricordo corretto, in mezzo a tanti errori dottrinali trasmessi da parroci e catechisti. A tempo debito riemergerà, perché lo Spirito Santo agisce nell’anima di ogni essere umano. Ma Dio conta sui cristiani, segue la pedagogia ordinaria della trasmissione della fede di generazione in generazione. Era questo che si proponeva la riforma liturgica, negli intenti di alcuni promotori? Togliere saldi punti di riferimento ai cattolici? Smembrare le comunità piú unite e piú sane e far perdere loro autorità?

Babele e Pentecoste.

Nel Novus Ordo Missae si percepisce una sorta di compromesso con l’irrazionalismo luterano. Esso ebbe origine nell’epoca dell’umanesimo cattolico, che favorí la rilettura dei classici greci e romani alla luce della Rivelazione del Logos. Il fatalismo e l’illogicità di Martin Lutero sono distanti anni luce dallo spirito di un S. Tommaso Moro, per citare solo uno dei santi rinascimentali. «Io non lo amo, lo confesso apertamente», disse il protestante Thomas Mann ammettendo la sua posizione nei confronti di Lutero. «Ciò che è estremamente tedesco, separatista e antiromano, antieuropeo, mi sconcerta e mi spaventa, anche quando si presenti come libertà evangelica e come emancipazione spirituale, mentre ciò che è specificamente luterano, la villania collerica, le invettive, l’eruttare infuriato, la spaventosa vigoria mischiata a delicata profondità d’animo e a massiccia credenza superstiziosa nei demoni, negli incubi e nei mostri, suscita la mia istintiva ripugnanza». La riforma liturgica, lungi dall’attrarre i protestanti alla communicatio in sacris, ha adulterato la natura della Messa. Oltretutto il Sola Scriptura (l’interpretazione sregolata della Bibbia propugnata da Lutero, senza la vigilanza accorta del Magistero della Chiesa) è uno dei principi che causano ancora oggi la nascita di nuove confessioni protestanti, sulla base di nuove letture eccentriche dei testi. Proprio cosí come tutto era cominciato, con riformatori divisi fra di loro sin dagli inizi nella comprensione della Scrittura: Lutero (1483–1546), Zwingli (1484– 1531), Calvino (1509–1564), per non parlare degli anglicani e di altri ancora della prima fase. Nessuno ci ha guadagnato allontanandosi dalla Verità ed è solo sulla base della Verità che si può instaurare il dialogo per tornare alla casa comune. C’è da considerare il ruolo del modernismo in tutto ciò. Condannato da S. Pio X nel 1907 con il decreto Lamentabili Sane Exitu e con l’enciclica Pascendi Dominici Gregis, il movimento venne privato momentaneamente del pungiglione piú velenoso, la tattica dell’infiltrazione nel mondo cattolico per smantellare le basi dottrinali, senza attaccarle apertamente come avevano fatto gli eretici dei secoli precedenti. Una volta smascherato, il movimento teologico sembrava destinato a scomparire. Invece riapparve all’interno del movimento liturgico, mettendo da parte all’apparenza l’interesse per la sovversione della teologia dogmatica. Personaggi come Josef Andreas Jungmann (1888–1975) e Louis Bouyer (1913–2004) riuscirono a corrompere una realtà meritoria, nata sotto i migliori auspici di una sana rinascita della liturgia con religiosi animati da sacro zelo, primo fra tutti dom Prosper Guéranger(1805–1875). Nel caso di Jungmann e Bouyer, piú che la contaminazione con l’irrazionalismo luterano, prevale il razionalismo illuminista, sulla base del quale un intellettuale militante può dire tutto e il contrario di tutto, per es. con l’uso ambiguo dell’archeologismo, cercando una forma primaria, pura, della Messa, nelle prime comunità cristiane. Una sintesi dei due approcci si trova in Romano Guardini (1885–1968). In realtà la sua non era tanto una messa al bando del sillogismo, bensí una fiducia romantica nel sentimentalismo neocavalleresco. Non a caso fece sistemare il castello di Rothenfels, soprattutto la «sala dei cavalieri», in modo da celebrare la Messa con i giovani della Quickborn (da lui definiti Dame e Cavalieri) disposti a ventaglio attorno ad una mensa aniconica come i Cavalieri della Tavola Rotonda. Per fare questo si avvalse dell’aiuto dell’arch. Rudolf Schwarz, che con le sue opere minimaliste e con il suo libro Costruire la chiesa influenzò gran parte dell’architettura sacra successiva. Nel volume sono espliciti i principi modernisti (Gesú non è il Figlio di Dio, scopre gradualmente la propria missione). Nelle sue architetture è chiaro invece il riferimento allo spiritualismo della Società Teosofica, che nega la dottrina dell’Incarnazione della Seconda Persona della Trinità Beatissima. Se questi sono i riferimenti articolati della riforma liturgica, la situazione attuale è davvero una monumentale Babele. Da un lato messe-convivio, a volte autentiche pagliacciate. Dall’altro «aule liturgiche» glaciali, piú adatte a pratiche di meditazione trascendentale (bene che vada) che all’incontro con Gesú Cristo sul Calvario della storia dell’uomo. In realtà si tratta di questioni molto differenti. Nel caso delle chiese moderne — architettura e arredo — la bocciatura è senza appello: semplicemente non sono chiese, sembrano buone solo per conferenze, feste da ballo o al piú riunioni esoteriche. Nel caso della Missa vetus ordo, invece, essa è celebrata da stuoli innumerevoli di sacerdoti santi con fede nel valore salvifico della transustanziazione, cura dei particolari, devozione, unione alla Chiesa celeste. Stat Crux dum volvitur orbis. E la Madonna veglia incessantemente sui figli di Dio. Al centro dei mosaici delle volte, in corrispondenza dell’altare, nelle chiese medievali siciliane è raffigurata l’Etimasia (preparazione). La colomba dello Spirito Santo è assisa su un trono costellato di segni della Passione di Gesú. Evoca la parusia, la seconda e definitiva venuta dell’unico Redentore dell’umanità. Bisogna invocare una nuova effusione di doni, simile a quella di Pentecoste, affinché ci sia una profonda e diffusa conversione dei cattolici, insieme ad una rinnovata presa di coscienza della Verità. Che Nostro Signore, una volta tornato sulla terra, trovi una fede viva nei cuori di tutti gli eletti.