Luigi
18 Giugno 2022, Marco Tosatti
Sinodalità, decentramento, responsabilizzazione delle Chiese locali: quante belle parole, vero? Però quando si tratta dell’autonomia dei vescovi nella propria diocesi il Pontefice regnante mostra il suo vero volto, e con un “rescritto” – del genere di quelli con cui toglieva di volta in volta competenze alla Segreteria per l’Economia di Pell, favorendo i vecchi centri di potere economico – obbliga i presuli a chiedere l’autorizzazione a Roma prima di concedere la fondazione di nuovi istituti o società religiose. Il nullaosta va chiesto per scritto a una delle Congregazioni il cui vertice è fra i più discussi, il Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata, e cioè al cardinale Braz de Aviz e padre Carballo OM.
In effetti – a partire dalla persecuzione dichiarata nei confronti dei Francescani dell’Immacolata è venuta emergendo un continua, persistente e dalle caratteristiche psicologicamente rilevanti del Pontefice regnante nei confronti di tutto ciò che profumi, anche da lontano, di cattolicesimo legato a una tradizione bimillenaria. Pensiamo a casi eclatanti come quello dell’Opus Dei, il cui prelato Fernando Ocáriz attende ancora l’ordinazione episcopale. E il cui esponente di punta negli Usa, mons. Gomez, a dispetto del fatto che sia a capo di una diocesi come Los Angeles non ha ricevuto ancora la berretta cardinalizia. Ma gli esempi potrebbero continuare.
Nei giorni scorsi papa Bergoglio ha emanato una direttiva che limita i poteri dei vescovi diocesani, ordinando loro di chiedere il permesso del Vaticano prima di fondare qualsiasi gruppo di fedeli che voglia diventare istituto o società religiosa. Un tentativo di impedire la formazione di nuove comunità tradizionali.
La direttiva di Papa Francesco, o Rescritto, è stata emanata il 15 giugno, ma firmata il 7 febbraio durante un’udienza concessa al cardinale João Braz de Aviz e all’arcivescovo José Rodríguez Carballo, rispettivamente prefetto e arcivescovo segretario del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
Il Rescritto recita:
Il vescovo diocesano, prima di erigere – con decreto – un’associazione pubblica di fedeli con lo scopo di diventare Istituto di vita consacrata o Società di vita apostolica di diritto diocesano, deve ottenere la licenza scritta del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
Il Rescritto, emesso in italiano, sarà “promulgato mediante pubblicazione sull’Osservatore Romano, entrando immediatamente in vigore, e poi pubblicato nel commento ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis”, che contiene i documenti e le azioni ufficiali della Santa Sede.
Come ha osservato la giornalista vaticanista Diane Montagna, il Rescritto del Papa presupporrebbe una modifica del Diritto Canonico 312 §1, sebbene il Rescritto non menzioni che tale modifica sia avvenuta o stia per avvenire, suggerendo che il Cardinale Braz de Aviz potrebbe non essersi reso conto della contraddizione che la direttiva pone al Diritto Canonico esistente.
Il canone 312 §1 difende attualmente il diritto dei vescovi locali di erigere associazioni pubbliche di fedeli, stabilendo che:
Le autorità competenti a erigere associazioni pubbliche sono:
1/ la Santa Sede per le associazioni universali e internazionali;
2/ la Conferenza episcopale del proprio territorio per le associazioni nazionali, cioè quelle che fin dalla loro fondazione sono orientate all’attività su tutto il territorio nazionale;
3/ il vescovo diocesano nel proprio territorio, ma non un amministratore diocesano, per le associazioni diocesane, ad eccezione, però, di quelle associazioni il cui diritto di erezione è stato riservato ad altri per privilegio apostolico.
Le nuove restrizioni imposte ai vescovi diocesani avranno l’effetto pratico di soffocare la crescita di nuove comunità o ordini, in particolare quelli tradizionali, qualora non incontrassero l’approvazione del cardinale Braz de Aviz, fortemente anti-tradizionalista, e comunque docile strumento nelle mani di Carballo e del Pontefice.
C’è veramente da chiedersi se non abbiano ragione quelli – e ormai sono molti – che pensano che il pontefice regnante abbia come obiettivo ultimo quello di soffocare quello che resta della Chiesa cattolica.