Un articolo di Enzo Bianchi su La Repubblica (QUI) in cui difende le comunità tradì.
Ne siamo veramente lieti anche se fino a poco tempo fa diceva esattamente il contrario: ho sentito personalmente un suo intervento alle Settimane Liturgiche CEI in cui il tono era molto preoccupato per la diffusione della Messa Tradizionale.
Ma meglio così, grazie! Anche se certe affermazioni nascono dopo aver assaggiato il bastone della misericordia di Francesco
Luigi
"[...] I tradizionalisti non conoscono la sterilità di vocazioni presbiterali e religiose che conosce oggi la Chiesa: in Francia su una media di poco più di 100 preti ordinati all’anno la metà provengono da movimenti e comunità tradizionaliste. Anche i monasteri tradizionalisti sono fiorenti, con una vita rigorosa e seria. Li conosco personalmente, sono andato e ho mandato alcuni miei fratelli a sostare presso il monastero di Barroux, dove io stesso sono rimasto edificato dalla qualità evangelica della vita che vi si conduce. Ora, come non riconoscere un posto anche per loro nella chiesa, con un atteggiamento inclusivo e non esclusivo, con una volontà di vivere una comunione plurale? La sfida è grande, ma l’attuale reciproca contestazione sfibra la Chiesa e la stanca, in un’ora segnata dalla scristianizzazione della nostra società, nella quale risuona la domanda: siamo gli ultimi cristiani? Occorrono un discernimento e l’accettazione della tradizione cattolica, e dunque anche del concilio Vaticano II, ma si deve fare spazio a una comunione plurale, non monolitica, nella quale i cristiani possono vantarsi di avere in dono l’unità della fede vissuta nella libertà dei figli di Dio. In una chiesa percorsa da diffidenze, censure e divisioni non si vive bene e non si può annunciare con autorevolezza e credibilità il Vangelo."