30° appuntamento della rubrica sulla storia del Movimento Liturgico a cura del M° Aurelio Porfiri: beato padre Columba Marmion OSB della Congregazione dell'Annunziata.
Qui i precedenti medaglioni.
Luigi
L’Eucarestia come mysterium fidei: beato Columba Marmion (1858-1923)
Non v’è dubbio che la liturgia è scuola di vita spirituale, quand’essa è curata propriamente e non accentra l’attenzione esclusivamente sul celebrante o sull’assemblea. In essa impariamo a metterci alla presenza del Signore che sempre viene ed è presente nelle Scritture, nell’Eucarestia, nel popolo di Dio e nel sacerdote che agisce in persona Christi.
Un maestro di spiritualità monastica fu il monaco di origine irlandese Columba Marmion. Durante la sua vita fu anche abate di Maresdous (1909-1923) e dovette attendere alle cure dei suoi monaci ma mai dimenticò la fonte e il culmine di tutto, che era la liturgia e la vita spirituale. L’equilibrio che seppe raggiungere nella sua vita lo portò ad essere visto come un modello ed esempio dalla Chiesa, che lo beatificò nel 2000. Nell’omelia Giovanni Paolo II tra l’altro disse: “Oggi l'Ordine benedettino si rallegra della beatificazione di uno dei suoi figli più illustri, Dom Columba Marmion, monaco e abate di Maredsous. Dom Marmion ci ha lasciato in eredità un autentico tesoro di insegnamento spirituale per la Chiesa del nostro tempo. Nei suoi scritti insegna un cammino di santità, semplice e tuttavia esigente, per tutti i fedeli, che Dio per amore ha destinato ad essere suoi figli adottivi in Cristo Gesù (cfr Ef 1,5). Gesù Cristo, nostro Redentore e fonte di ogni grazia, è il centro della nostra vita spirituale, il nostro modello di santità”. Dom Marmion lasciò molte opere importanti, come Cristo nei suoi misteri ed altre. In quest’opera parlando dell’Eucarestia dice: “Voi dunque potete constatare che in ogni mistero di Gesù vi è l'ombra per rendere meritoria la nostra fede, e la luce per aiutarla: in tutti vediamo rivelata l'ineffabile unione della divinità con l'umanità. Sennonché vi ha un mistero in cui l'umanità e la divinità, anziché rivelarsi, spariscono ambedue ai nostri occhi: è il mistero dell'Eucaristia. Che cosa vi è sull'altare prima della consacrazione? Un po' di pane e un po' di vino. E dopo la consacrazione? Per i sensi, per la vista, il gusto ed il tatto, vi è ancora del pane e del vino. La fede sola penetra al di là di questi veli fino alla realtà divina racchiusa sotto di essi. Senza la fede non vi vedremmo che del pane e del vino, non vi vedremmo Iddio quale si rivela a noi nel Vangelo e «neppure vi vedremmo l'uomo»: In cruce latebat sola deitas, At hic latet simul et humanitas (Inno Adoro te). Quando Gesù Cristo, durante la sua vita terrena, proclamava di essere Figlio di Dio ne dava anche la prova: si constatava con certezza che era un uomo, ma un uomo «la dottrina del quale non poteva venire che da Dio»; (Joan. III, 34) e «che quell'uomo operava dei miracoli che Dio solo può operare» (Ibid. IX, 32-33). Nicodemo il Fariseo, con il cieco nato, lo riconosceva anche: «Maestro, sappiamo che tu sei venuto da parte di Dio, poiché nessuno saprebbe fare i miracoli che fai se Dio non fosse con lui» (Ibid. III, 2). La fede era anche allora necessaria, ma i miracoli di Gesù e la sublimità della sua dottrina aiutavano la fede dei Giudei, sia degli ignoranti come dei dotti. Nell'Eucaristia invece non vi è posto che per la fede pura che si fonda unicamente sulla parola di Gesù: «Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue»: l'Eucaristia è innanzi tutto un «mistero di fede»: mysterium fidei (Canone della messa)“. È vero, nell’Eucarestia la nostra fede è provata alla radice e cimchiedevun’adesione che va oltre le evidenze materiali. Ecco perché abbiamo sempre più bisogno che i nostri Pastori confermino la nostra fede piuttosto che correre appresso alle frenesie del mondo.