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mercoledì 2 febbraio 2022

Crisi del cattolicesimo in Sud America e opzione preferenziale per i protestanti pentecostali


Una crisi drammatica del cattolicesimo in America Latina. 
Le conseguenze della nefasta (e condannata dal Magistero) Teologia della Liberazione.
Luigi

di Julio Loredo, TFP Notizie, 26-1-22

L’America Latina era una volta chiamata il “continente colore porpora cardinalizia”. Allo scoccare del secolo XX, la percentuale dei cattolici superava abbondantemente il 90%, attestandosi in alcuni casi intorno al 98%. La Chiesa era in piena espansione. Affrancandosi dalla tutela di Propaganda Fide, la Chiesa in America Latina diventava a sua volta missionaria. Si moltiplicavano le nuove parrocchie e le diocesi. Nascevano le Pontificie Università Cattoliche. I movimenti laici come le Congregazioni Mariane e le Pie Figlie di Maria, raggiungevano il loro auge. I Papi cominciarono a riferirsi all’America Latina come “il continente della speranza”.

Poi arrivò il progressismo…

Il declino della Chiesa in America Latina iniziò molto prima del Concilio Vaticano II. Nell’analisi di diversi storici e sociologi, già dagli anni '40 in vari Paesi, tra cui il Brasile – per una scelta che poi si dimostrerà calamitosa – la gerarchia ecclesiastica cominciò ad abbandonare lo stile militante e impavido, paladino di un cattolicesimo integrale sulla scia del “omnia instaurare in Christo” di San Pio X, per abbracciare invece una linea di “dialogo” col mondo moderno e di accettazione delle tendenze del tempo. Cioè di “aggiornamento”. Mentre i fedeli chiedevano “più religione”, la gerarchia dava invece “meno religione”[1]. E i numeri iniziarono a declinare…

Quasi come per i vasi comunicanti, mentre la Chiesa cattolica si sgonfiava, le sette evangeliche invece prosperavano[2]. Cioè, la religiosità non diminuiva, ma soltanto cambiava di indirizzo. Negli anni '50, la crescita di queste sette era già percepibile in Brasile e in alcuni paesi dell’America Centrale, in questo caso soprattutto per influenza americana.

Opzione preferenziale per i poveri

La situazione precipitò negli anni '60. Sulla scia del Concilio era nata la cosiddetta Teologia della liberazione, di chiara ispirazione marxista, che lanciò lo slogan “opzione preferenziale per i poveri”. Secondo questa visione, i “poveri” sarebbero i destinatari preferenziali del messaggio evangelico, il locus theologicus privilegiato per l’intelligenza della fede[3]. “La teologia della liberazione — secondo Gustavo Gutiérrez, fondatore della corrente — è un tentativo di comprendere la fede dall’interno della prassi concreta, storica, liberatrice e sovversiva dei poveri di questo mondo”[4]. “I poveri sono il vero locus theologicus per la comprensione della verità e della prassi cristiana”, spiega il teologo Jon Sobrino[5].

Nel 1968, la II Conferenza Generale del CELAM (Conferenza Episcopale Latino-Americana) tenutasi a Medellín, Colombia, adottò ufficialmente questa linea. La presenza di Papa Paolo VI diede all’evento un’ulteriore autorevolezza. Gustavo Gutiérrez esultò: “L’opzione preferenziale per i poveri è il contributo più importante del nostro tempo per la vita e la riflessione dei cristiani in America Latina, e per la coscienza della Chiesa universale”[6].

Questa “opzione” implicava non solo un radicale cambio di prospettiva teologica, con l’introduzione dell’analisi marxista in sostituzione della teologia tradizionale, ma anche un mutamento non meno radicale nella pastorale. Non si predicava più una religione “spirituale” e “a-storica” incentrata sulla pratica della virtù, ma si promuoveva la “liberazione” socio-politica dei “poveri”. Il socialismo, e addirittura il comunismo, prendevano il posto del Regno di Dio. Insomma, si sostituiva la predica del Vangelo con la Rivoluzione. Pensavano che così avrebbero attirato dietro di sé le masse dei “poveri”. E invece…

Mentre la Chiesa latino-americana faceva l’opzione preferenziale per i poveri, i poveri facevano l’opzione preferenziale per i protestanti.

Prendiamo l’esempio del Brasile. Si passa dal 95% di cattolici nel 1940 al 44,9% nel 2020. In senso contrario, gli evangelici crescono dal 2,7% al 31,8%. Secondo il demografo José Eustáquio Alves, professore presso la Escola Nacional de Ciências Estatísticas, il sorpasso avverrà nel 2032[7]. Situazione non molto diversa in Guatemala, il più grande Paese dell’America Centrale. Si passa dal 99,5% nel 1950 al 45% nel 2022. Gli evangelici, invece, crescono dal 2% fino al 43%. Ci sono oggi 96 “templi” protestanti per ogni chiesa cattolica[8]. La situazione varia da paese a paese, ma la tendenza generale è la stessa: crollo dei cattolici e boom dei protestanti evangelici.

Alle soglie del Terzo millennio, perfino i progressisti più incalliti si rendevano ormai conto che qualcosa non funzionava nella pastorale della Chiesa. Alcune Conferenze episcopali si rivolsero addirittura a note aziende di marketing per chiedere un parere scientifico. Invariabilmente, queste aziende diedero la stessa soluzione: Volete recuperare i fedeli? Tornate alla Tradizione! [9] Con ostinazione, però, i progressisti continuarono imperterriti. Preferivano suicidarsi piuttosto che ammettere di aver sbagliato strada.

Non appena eletto al soglio pontificio, Francesco rilanciò questa linea pastorale fallimentare: “Ah!, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”[10]. L’opzione preferenziale per i poveri trovò posto anche nell’enciclica Fratelli Tutti e nei documenti del Sinodo Panamazzonico tenutosi in Vaticano nel 2017. Più recentemente, nell’Udienza generale del 19 agosto 2019, egli ribadì: “L’opzione preferenziale per i poveri è un criterio chiave dell’autenticità cristiana, un’esigenza etico-sociale che viene dall’amore di Dio”[11]. E ancora nell’udienza generale del 5 agosto 2020 ripropose “il principio dell’opzione preferenziale per i poveri”[12].

Il popolo rigetta il progressismo

Il fenomeno sta ora cominciando a interessare anche i big media. Recentemente, il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo intitolato “Papa Francesco sta perdendo fedeli”. Afferma il noto quotidiano di New York: “Per secoli essere latinoamericano è stato sinonimo di cattolico; la religione cattolica non aveva concorrenza. Oggi il cattolicesimo ha perso aderenti a favore di altre denominazioni nella regione, in particolare del pentecostalismo. Questa perdita non ha smesso di aumentare sotto il primo papa latinoamericano”[13].

Quando si studiano le possibili spiegazioni di questo fenomeno, sorgono diverse concause. Alcune toccano aspetti veri ma secondari, come il bisogno di sentirsi all’interno di una comunità fraterna (ma anche la Chiesa aveva questo, per esempio negli oratori e nelle associazioni laicali). Altre spiegazioni mettono l’accento sugli aspetti sociali: le sette protestanti aiutano materialmente le persone bisognose (ma anche la Chiesa aveva una pletora d’iniziative caritatevoli). La causa principale, però, è un’altra. Secondo un sondaggio dell’autorevole Pew Institute, ben l’81% dei protestanti dichiarano di aver lasciato la Chiesa cattolica perché “voleva sentire parlare di Dio”. Secondo loro, la Chiesa ormai “parla troppo di questo mondo”, mentre loro vorrebbero “sentire parlare di Cristo”[14].

In altre parole, c’è nel popolo latino-americano un’inestinguibile sete di spiritualità (“più religione”), mentre la Chiesa ormai parla quasi esclusivamente di problemi sociali o psicologici (“meno religione”).

Un altro motivo di questa moria di fedeli a vantaggio dei protestanti risiede nello stesso messaggio veicolato dalla Chiesa. Nelle versioni estreme (teologia della liberazione), questo messaggio predica apertamente l’ideale della povertà. Confondendo i Comandamenti con i consigli evangelici, si afferma che solo la povertà ci permetterà di diventare veramente fratelli. Nelle versioni mitigate, si predica la “semplicità”, la “quotidianità”, il “nascondimento”, la “piccolezza”, il “distacco” e via dicendo. In altre parole, per essere cristiani si deve quasi sparire. Tutto questo accompagnato da robuste prediche contro il “consumismo”.

Ora, come diceva pittorescamente un leader del carnevale di Rio de Janeiro, Joãozinho Trinta, “o povo gosta de luxo, miséria é para intelectual” (al popolo piace il lusso, la miseria è per gli intellettuali). Gli evangelici predicano la “teologia della prosperità”, secondo cui la grazia di Dio porta anche all’abbondanza materiale. E il popolo corre loro dietro. Evidentemente, la povertà non è fatta per i poveri…

Ma c’è ancora un’altra causa che vorrei evidenziare: lo spirito conservatore degli evangelici. Richiama subito l’attenzione che in molte cerimonie evangeliche gli uomini siano in giacca e cravatta e le donne con la gonna sotto il ginocchio. Ciò mostra un’evidente voglia di decenza e di pudore nel vestire che la Chiesa ha da molto abbandonato. Si moltiplicano negozi protestanti di abbigliamento, maschile e femminile, che offrono soltanto vestiti morigerati.

Questo spirito conservatore si manifesta anche nelle scelte politiche. Le sette evangeliche tendono decisamente verso il centro-destra, mentre la Chiesa si butta quasi sempre a sinistra. In America Latina il socialismo è ormai un fenomeno di élite. Un sano populismo, cioè un atteggiamento che tenga conto delle reali appetenze del popolo, non dovrebbe assecondare le loro preferenze politiche?

Chiudiamo questo articolo, ormai troppo esteso, facendoci la domanda dal milione di dollari: perché i progressisti si ostinano su questa via fallimentare? Secondo il Wall Street Journal, nell’articolo sopra citato, l’ipotesi che il cattolicesimo divenga minoranza non spaventa il Vescovo di Roma. Anzi, sembra proprio questo il suo scopo. E allora tante cose del suo pontificato si spiegherebbero.

Note

[1] Cfr. Massimo Introvigne, Una battaglia nella notte. Plinio Corrêa de Oliveria e la crisi del secolo XX nella Chiesa, Sugarco, 2008, pp. 29-44. Introvigne analizza la crisi della Chiesa in Brasile dal lato dell’offerta religiosa, e conclude: “La religione declina quando l’offerta non è abbastanza ‘religiosa’” (p. 35.). Plinio Corrêa de Oliveira era il leader della corrente che chiedeva “più religione”.

[2] Utilizziamo la parola “setta” nel senso stretto, cioè un gruppo religioso organizzato staccatosi dalla Chiesa cattolica.

[3] Cfr. Julio Loredo, Teologia della liberazione. Un salvagente di piombo per i poveri, Cantaglli, 2014.

[4] Gustavo GUTIÉRREZ, The Power of the Poor in History, Orbis Books, New York 1983, p. 37. Trad. italiana, La forza storica dei poveri, Queriniana, Brescia 1981.

[5] Jon SOBRINO, Ressurreição da Verdadeira Igreja. Os Pobres, Lugar Teologico da Eclesiologia, Edições Loyola, São Paulo 1982, p. 102. Locus theologicus, espressione coniata nel secolo XVI, vuol dire fonte o sorgente della teologia.

[6] Gustavo Gutiérrez, “Opción por los pobres. Evaluación y desafíos”, Allpanchis: n. 43-44, 1994, p. 583.

[7] “Evangélicos devem ultrapassar católicos no Brasil a partir de 2032”, Veja, 4 febbraio 2020.

[8] “Católicos superan por poco a evangélicos”, Prensa Libre, 21 gennaio 2022.

[9] Cfr. “Chiesa e marketing. Vince la Tradizione”, Tradizione Famiglia Proprietà, marzo 2015.

[10] Udienza ai mezzi di comunicazione, 16 marzo 2013. Cfr. Joan Planellas Barnosell, La Iglesia de los pobres: del Vaticano II al Papa Francisco, 2015, p. 2.

[11] “El Papa: El amor preferencial por los pobres es misión de todos”, Vatican News, 19 agosto 2020.


[13] Cfr. “Wall Street Journal: El Papa Francisco está perdiendo a los católicos iberoamericanos”, InfoVaticana, 13 gennaio 2022.

[14] “Iberoamérica está dejando de ser católica”, Infovaticana, 18 gennaio 2022.