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giovedì 30 dicembre 2021

#traditioniscustodes e “Responsa”. Ecco nomi e ragioni che stanno dietro alla guerra dichiarata alla Tradizione

Un'utile traduzione pubblicata da Aldo Maria Valli.
Ci permettiamo di fare una sola osservazione all'intelligente articolo: salva reverentia, siamo abbastanza convinti che il ruolo di Papa Francesco sia stato sottovalutato dall'autore. 
Nostre fonti molto attendibili fanno risalire al Sommo Pontefice la pervicace volontà di tagliare la testa al mondo tradizionale e alla sua liturgia, persino contro il parere di suoi stretti collaboratori, preoccupati di aprire un altro fronte nella guerra in corso - tra opposte fazioni - nella Chiesa di oggi.
E quanto diciamo NON è per relata refero.
Luigi


Cari amici di Duc in altum, questo articolo del professor Rubén Peretó Rivas è imperdibile. Perché non solo fa i nomi di chi c’è dietro l’operazione Traditionis custodes e l’intera guerra alla Tradizione, ma mette bene in luce il profilo di questi epigoni del modernismo liturgico: ideologi incapaci di accettare la realtà e tutti impegnati, con la furia tipica degli ideologi, a disegnare e imporre con la forza una realtà conforme alla loro visione.
***

di Rubén Peretó Rivas

Coloro che conoscono il diritto canonico assicurano che Traditiones custodes è un documento molto discutibile dal punto di vista giuridico, e ancor più discutibili sono le risposte della Congregazione per il culto divino sui dubbi che sarebbero giunti in Vaticano da parte dei vescovi in ​​merito all’applicazione della lettera apostolica. Normative di questo tipo sembrano dettate da un tiranno che, considerandosi al di sopra di ogni ordine legale, ritiene di avere il diritto di fare ciò che vuole. Tuttavia, l’aspetto più grave non è quello canonico, ma sta nell’enorme danno e dolore provocati a decine di migliaia di anime che non vengono né ascoltate né prese in considerazione, ma sono semplicemente emarginate e condannate a una più o meno rapida estinzione.

La domanda a cui cerco di rispondere in questo articolo è: perché agiscono così?

Prima di tutto è necessario capire chi sono gli autori di questa strage del mondo tradizionale. Sebbene il responsabile ultimo sia papa Francesco, i mandanti sono altri. Sappiamo che il pontefice non è interessato alla liturgia, riformata o tradizionale che sia, e la prova sta nel fatto che durante i primi otto anni del suo pontificato non ha preso nessuna decisione restrittiva in merito. Piuttosto il contrario. La volontà di colpire la Tradizione, a mio avviso, proviene dal gruppo di studiosi del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, eredi, insieme agli esponenti della Scuola di Bologna, dello “spirito conciliare” in materia liturgica e non solo. Mi riferisco al combattivo ed emblematico professor Andrea Grillo, che dal 2017 opera all’ombra di Santa Marta e che, come è stato spiegato in questo blog (qui e qui), aveva predetto che cosa sarebbe accaduto. Mi riferisco anche a monsignor Vittorio Viola, ofm, segretario della Congregazione del culto uscito dalle viscere di Sant’Anselmo, e a padre Corrado Maggioni, fino a pochi mesi fa sottosegretario dello stesso dicastero, ai quali si aggiungono tanti altri (vedere qui). Si tratta di una piccola élite di illuminati i quali riconoscono come progenitori monsignor Annibale Bugnini e il suo segretario, monsignor Piero Marini, responsabili degli eccessi liturgici che hanno segnato il pontificato di Giovanni Paolo II.

Una volta stabilito che sono gli artefici della guerra alla Tradizione, torna la domanda: perché lo fanno? Perché coinvolgere la Chiesa in una guerra che sembrava superata? Le ragioni sono molteplici.
Come tutte le élite illuminate, anche questa ha una forte tendenza all’ideologizzazione. Ogni ideologo è assolutamente convinto della verità delle proprie idee e interpreta e manipola la realtà in base a esse. È inutile offrire argomentazioni, è inutile intavolare discussioni, ed è altrettanto inutile evidenziare dati concreti. Se la realtà non è conforme alle loro idee, peggio per la realtà. Per illustrare questo fenomeno non esiste esempio migliore del marxismo. Poco importava che la collettivizzazione e le altre misure che l’élite bolscevica escogitava per favorire la liberazione del proletariato russo fossero respinte da quello stesso proletariato e che ogni volta fallissero. Le misure erano imposte a ogni costo, anche se ciò si traduceva in gulag nei quali morivano milioni di persone. Per l’ideologo la realtà non conta.

Colpisce che, sia in Traditionis custodes sia nel documento di recente pubblicazione, si parli più e più volte della “ricchezza” della riforma liturgica del Vaticano II. Questo tipo di affermazione è tipico dell’ideologo incapace di valutare la realtà. La riforma fu concepita per promuovere una più attiva partecipazione dei fedeli alla vita liturgica della Chiesa, ma ciò che vediamo cinquant’anni dopo è che le chiese si sono svuotate, la frequenza dei fedeli alle funzioni liturgiche è diminuita drasticamente, concentrandosi soprattutto nelle persone anziane, e i seminari, dove si formavano i ministri del culto, si sono svuotati. Sarebbe un errore affermare che la catastrofe sia stata conseguenza della riforma del Vaticano II. È probabile infatti che se tale riforma non fosse avvenuta, la realtà sarebbe stata simile, o anche peggiore, di quella che vediamo. Non lo sappiamo. Tuttavia, ciò che possiamo affermare con logica certezza è che la riforma liturgica promossa dal Concilio Vaticano II non è stata efficace nell’impedire l’allontanamento dei fedeli cattolici dalla Chiesa. E questa non è altro che una valida deduzione che parte dall’osservazione di dati oggettivi. Negarla non è possibile, e gli unici che possono farlo sono, appunto, gli ideologi, talmente innamorati della loro idea da essere incapaci di confrontarla con la realtà.
Traditionis custodes e i Responsa ad dubia, non fanno altro che confermare il fallimento della riforma. Infatti, che a cinquant’anni dalla sua applicazione si sia dovuto ricorrere a misure draconiane per impedire a decine di migliaia di fedeli, per lo più giovani, di frequentare le funzioni tradizionali, implica che i presunti benefici delle riforme non fossero tali, poiché, altrimenti, nessuno avrebbe più memoria della Messa tradizionale.

In breve, la seconda ragione per cui fanno ciò che fanno è la loro incapacità di riconoscere e accettare il fallimento; una profonda mancanza di umiltà che li porta a preferire l’annientamento dei fedeli tradizionalisti, privandoli dei sacramenti, piuttosto che riconoscere che quei benefici della riforma non erano altro che sogni ad occhi aperti, provocati dai vapori scaturiti dal fatuo ottimismo del dopoguerra.
Al di là del fatto che gli ideologi dietro tutte queste misure siano riconosciuti liturgisti, la verità è che essi mostrano una profonda carenza nella loro concezione dei sacramenti. Questi infatti non vengono più intesi come i canali della grazia assolutamente necessari e indispensabili per la salvezza delle anime, ma come luogo privilegiato per l’esercizio del potere. Secondo gli ideologi, è preferibile lasciare i fedeli senza sacramenti, anziché consentire l’accesso alle celebrazioni secondo il rito che i cattolici hanno praticato per più di 1.500 anni e che è stato sancito come valido e mai abrogato da papa Benedetto XVI.

Quanto accaduto negli ultimi due anni, con il pretesto della pandemia di coronavirus, mostra la preoccupante tendenza dell’episcopato mondiale a imporre la propria autorità in modo spietato, privando sacerdoti e fedeli dei loro diritti più elementari, a partire, appunto, dall’accesso ai sacramenti. Il ministero episcopale è stato ridotto a un puro e semplice esercizio di potere, del tutto indifferente alla dimensione spirituale della funzione propria del vescovo.
Un quarto motivo per cui gli ideologi si comportano come si comportano sta nella loro concezione positivistica del diritto liturgico. Per i positivisti, la liturgia è mutata in legge tramite la decisione dell’autorità competente. Questo è l’atteggiamento che vediamo non solo nei legislatori romani, ma anche in buona parte dei vescovi del mondo che, di fronte alla pretesa dei loro fedeli, affermano: “È ciò che comanda il papa”. Questa però non è la concezione cattolica della legge. La concezione cattolica della legge, infatti, suppone che la legge stessa sia sancita in vista della salvezza delle anime e trova la sua legittimità nell’uso costante che diventa consuetudine. L’autorità, quindi, non crea la liturgia né la usa, ma semplicemente la purifica in modo che tutti i suoi elementi siano conformi alla fede. La riforma liturgica del Vaticano II, così come Traditionis custodes e i Responsa, ha trovato attuazione in una cornice di interpretazione positivista del diritto. Quindi, se la consuetudine e il bene delle anime cessano di essere prese in considerazione, e l’appello è al solo peso della legge, tutti i mezzi saranno adeguati per affermare l’autorità e applicare con durezza quella stessa legge.

Dunque, i tentativi di annientamento della liturgia tradizionale sono perpetrati, a mio avviso, da una piccola élite illuminata che, dai propri laboratori sull’Aventino, decide cosa è meglio per il popolo di Dio. Sarebbe conveniente che qualcuno li avvertisse che papa Francesco aderisce alla “teologia del popolo”, di taglio peronista, secondo la quale Dio si rivela nella voce del popolo. Non sarebbe il caso, allora, di ascoltare la voce di Dio che si esprime nella porzione di popolo che preferisce la liturgia tradizionale? O per caso questa rivelazione dovrebbe essere ascoltata fintanto che coincide con i preconcetti di chi detiene il potere? Tutto questo delinea un quadro molto simile, come ho già detto, a quello che caratterizzò la cricca di ideologi che cercò di applicare il marxismo nell’Unione Sovietica. Hanno fallito, e per il popolo russo sono stati settant’anni di sofferenza. E anche in questo caso falliranno. Nulla potranno le imposizioni di un gruppo di illuminati contro la pietà e la memoria del popolo fedele.


Traduzione di Valentina Lazzari

Titolo originale: Los motivos del intento de aniquilación de la liturgia tradicional