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venerdì 19 novembre 2021

Storia del Movimento Liturgico #7 - "Una vocazione alla liturgia: S. Giuseppe M. Tomasi di Lampedusa". di A. Porfiri #liturgia

Settimo appuntamento con la Storia del Movimento Liturgico del M° Aurelio Porfiri.
Qui i precedenti.
Roberto

Una vocazione alla liturgia: 
san Giuseppe Maria Tomasi (1649-1713)
di Aurelio Porfiri 

Sarebbe difficile non riconoscere in san Giuseppe Maria Tomasi di Lampedusa, i chiari segni di una vocazione liturgica sin dalla prima giovinezza, una giovinezza segnata da una famiglia nobile ma profondamente devota, in cui i genitori pronunciarono il voto di castità nel 1655, in cui la madre e due figlie entrarono come oblate in un Monastero, in cui il padre era dedito ad opere di carità e ambiva ad una vita contemplativa. Un’influenza veramente importante sul nostro Giuseppe fu quella dello zio Carlo, che si era fatto Teatino. Rinunciando ai diritti ereditari e malgrado aspirasse ad una vita contemplativa, Giuseppe entrò nel 1664 nei Teatini, anche sotto l’influenza del liturgista Francesco Maggio (1612-1686), che fu missionario in Georgia, autore di un Syntagma linguarum orientalium quae in Georgiae regionibus audiuntur nel 1643 e che ebbe grande influenza, specialmente per la liturgia, sul nostro giovane (1).

Si dedicò allo studio e alle opere di bene, malgrado diverse traversie familiari e lutti lo costrinsero anche ad occuparsi degli affari di famiglia. Malgrado questo mai lasciò di approfondire lo studio della liturgia. Fu altamente stimato nella corte romana e dai Pontefici, tanto che nel 1712 fu fatto Cardinale. Alla sua morte si parlò subito di una sua elevazione all’onore degli altari, ma il percorso non fu semplice perché lo si pensava toccato da influenze nefaste: “Nello stesso anno del decesso iniziò una causa di beatificazione, turbata però da accuse circa un suo presunto filogiansenismo, dovute sostanzialmente a sospetti su corrispondenti o allievi della cerchia dei maurini, a equivoci sulla sua presa di distanza dalla contemporanea teologia scolastica, alla rivalutazione della Chiesa antica, al suo spirito tollerante e a critiche mossegli dopo la morte da Giacomo Laderchi (Osservazioni su due libri del card. T., Roma 1720). Queste imputazioni, però, furono facilmente confutate da Giuseppe Maria Pezzo (La difesa de' libri liturgici della Chiesa romana e della sacra persona del ven. card. G.M. T.…, Palermo [in realtà Roma] 1723). L'unico pronunciamento di G. sul quale i difensori della sua causa dovettero veramente adoperarsi fu un parere del 1694 alle integrazioni dei vescovi belgi al formulario antigiansenista di Alessandro VII. Egli le aveva ritenute non necessarie, distinguendo chi contestava le censure ecclesiastiche alle proprie opere, ma non i punti di fede (gli scismatici), dagli eretici veri e propri; questo non piacque agli intransigenti, che tentarono senza successo di attribuirgli anche un altro scritto anonimo sulla materia. La beatificazione di G. avvenne quindi solo il 29 sett. 1803; la canonizzazione, da parte di Giovanni Paolo II, è del 12 ott. 1986. Dal 1971 le spoglie, composte in un'urna trasparente, sono esposte alla pubblica venerazione a Roma nella chiesa teatina di S. Andrea della Valle, eccettuato il braccio destro, custodito dal 1948 nella parrocchiale di Torretta (Palermo)” (2). Certo il giansenismo ebbe un’influenza veramente importante sulla liturgia, ma sembra che il nostro Cardinale seppe tenersi alla larga da quelle idee che a Roma circolavano ampiamente grazie al Circolo dell’Archetto a palazzo Corsini alla Lungara (di cui si abbeverò anche Scipione de’ Ricci) e ai padri filippini della Chiesa nuova. La sua canonizzazione avvenne solo nel secolo passato, per opera di Giovanni Paolo II, e anche lui fu appropriato dall’idea di farne un precursore della riforma liturgica successiva al Vaticano II: “Le sue molte pubblicazioni di argomento liturgico, nelle quali la pietà va unita all'erudizione, motivarono il titolo che gli davano alcuni suoi contemporanei di " Principe dei Liturgisti Romani " e di " Doctor Liturgicus ". In verità, non poche norme che, sancite dall'autorità dei Romani Pontefici e dai documenti del Concilio Vaticano II, sono oggi lodevolmente in uso nella Chiesa, furono già proposte e vivamente desiderate dal P. Tomasi. Fra queste basti ricordare: la forma attuale della Liturgia delle Ore per la preghiera dell'Ufficio Divino; la distinzione e l'uso del Messale e del Lezionario nella celebrazione Eucaristica; varie norme contenute nel Pontificale e nel Rituale Romano; l’uso della lingua volgare, che lui stesso raccomandava nelle devozioni private e nelle preghiere fatte in comune dai fedeli; tutto poi inteso a promuovere una più intima e personale partecipazione del Popolo di Dio alla celebrazione della Sacra Liturgia” (3). Papa Giovanni Paolo II disse tra l’altro nella sua omelia: “Sul solco e dietro l’esempio dei Dottori della Chiesa e dei grandi teologi, egli risponde in modo eminente alla figura del sacerdote, che unisce l’amore per la scienza a quello per la pietà, e ricorda quindi il modello offerto dal Profeta Malachia, quando dice: “Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca l’istruzione, perché egli è il messaggero del Signore degli eserciti” (Me 2, 7). Certamente , la “scienza” alla quale si riferisce qui il profeta, e nella quale ha rifulso il Card. Giuseppe Maria è sostanzialmente la conoscenza, per non dire l’“esperienza”, delle cose divine. Ma San Giuseppe Maria ci conduce a questa mistica conoscenza precisamente mediante la sua testimonianza di “scienziato” della Liturgia, nel senso moderno della parola. Il Tomasi mostra quindi a tutti noi, e specialmente ai pastori di anime, quanto è importante, nel sacerdote, una sana sensibilità culturale, fondata su di un autentico amore alla verità, che si traduce nell’impegno generoso di comunicarla ai fratelli. Un impegno che dà al suo ministero una speciale dignità ed una particolare efficacia”.

Sulla linea del Tomasi di Lampedua precursore si muove, anche se con più prudenza, il Busolini: “Oggi l'opera tomasiana appare per molti versi anticipatrice di risultati della recente scienza liturgica, biblica e patristica: per il rigoroso approccio alle fonti, basato su un'accurata esegesi del testo, la prudenza nell'enfatizzare gli aspetti simbolici della liturgia, cui preferiva lo studio del suo senso storico, il coinvolgimento dei laici nella liturgia. Sono significativi per questo aspetto il suo originale progetto per la disposizione degli arredi sacri nel duomo di Palma, del 1675, e i tanti opuscoli che divulgavano in italiano preghiere, salmi, parti della messa ecc. (dalla Vera norma di glorificare Dio, del 1687, al Breve ristretto dei Salmi del 1699, alla Breve instruzione del modo di assistere fruttuosamente al santo sacrifizio della messa del 1710 e al piccolo compendio di Bibbia, patristica e liturgia che è l'Esercizio cotidiano per la famiglia, del 1712), anche se non giunse ad auspicare l'adozione delle lingue volgari nella liturgia. Vengono infine le proposte di recite laicali dei salmi, nelle domeniche, nelle parrocchie rurali prive di parroci e le indicazioni per la riforma del Breviario romano (accolte in parte da Benedetto XIII 15 anni dopo la sua morte). Si potrebbe dire che alcune scoperte tomasiane sono state accolte dalla Chiesa cattolica, non sempre consapevolmente, solo con la riforma liturgica del concilio Vaticano II. Di rilievo anche il suo piano per un corso di teologia basato sulle opere dei Padri della Chiesa (Indiculus institutionum theologicarum veterum Patrum, 1701), che avrebbe voluto vedere attuato dal Mabillon accostando trattati dogmatici dei Padri ad altri di sfondo storico. Il Mabillon morì però troppo presto e G. pubblicò solo tre volumi di questa Biblioteca patristica, portata tuttavia a termine, secondo le sue indicazioni, dal Vezzosi” (4). Certo, non bisogna disprezzare chi cerca di avvicinare la liturgia al popolo, anzi. Bisogna però ben vigilare affinché idee molto insidiose non entrino in questa azione meritoria, di fatto rendendola vana. Detto questo, va certamente onorato il Giuseppe Maria Tomasi come modello di cultura e santità.

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NOTE
(1) BUSOLINI, Dario (2001). GIUSEPPE MARIA Tomasi, santo in treccani.it.
(2) BUSOLINI, op. cit.
(3) causesanti.va
(4) BUSOLINI, op. cit.