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venerdì 15 ottobre 2021

Il fallimento di Francesco. E dopo?

Un durissimo ma utile articolo pubblicato da Aldo Maria Valli: "la gerarchia della Chiesa, a cominciare dal Sommo Pontefice, non riconosce la gravità della malattia terminale e propone di aumentare le dosi della stessa medicina che ha già dimostrato il suo effetto nocivo".
QUI un altro articolo di The Wanderer sul tema.
Luigi

Il fallimento di Bergoglio certifica quello della “Nuova Chiesa” uscita dal Concilio. Eppure si procede sulla stessa strada. E dopo Francesco?


Nelle prossime settimane verrà pubblicato il documento finale scaturito dal sinodo tedesco e si annuncia catastrofico. Il vescovo di Ratisbona lo ha definito eretico e nientemeno che il cardinale Kasper lo ha qualificato come “non cattolico”. Questo evento, che per ora osserviamo da lontano, è indicativo della situazione reale in cui versa oggi la Chiesa cattolica: una Chiesa irrilevante, con una forte tendenza alla scomparsa. In un recente studio condotto in Germania, si conclude che solo il 12% della popolazione, compresi i cattolici, pensa che la religione abbia una qualche importanza nella società. Vale a dire, all’88% non interessa se esiste o meno la Chiesa. E se continueranno a scoppiare gli scandali degli ultimi anni, per loro non sarà strano preferire direttamente che non esista. Sicuramente le percentuali saranno diverse nell’Europa meridionale, negli Stati Uniti e in America Latina —riserva fantasiosa della Chiesa—, ma quanto di più? 20%? 25%? La risposta è sì, nella migliore delle ipotesi.

Ho preso questi dati da un video di padre Santiago Martín di cui consiglio vivamente la visione. E questo sacerdote, che non è un tradizionalista, conclude: “La nuova Chiesa ha fallito”. Il fatto è che, se dopo il Concilio Vaticano II la Chiesa, che era già in ritirata, ha adottato la strategia dell’adattamento al mondo per restare al centro dell’attenzione e non perdere fedeli, quella strategia si è rivelata un pauroso errore che ci ha condotto all’attuale situazione di estinzione.

E non è necessario ricorrere a studi sociologici o a costose indagini condotte da consulenti internazionali. È sufficiente visitare le chiese la domenica —figuriamoci nei giorni feriali— per capire che sono vuote. Lo stesso accade in Europa come in Argentina. Le poche persone che, prima della pandemia, ancora ci andavano hanno già smesso di farlo vista la cattiva gestione da parte dei vescovi delle quarantene decretate dai governi. Un lettore ha commentato il precedente post del blog con le seguenti parole: “Nella parrocchia che frequento, ieri, domenica a messa, c’erano solo sette persone più due del coro, il prete si è quasi messo a piangere. E ne ha tutti i motivi perché qualsiasi setta, di quelle che proliferano là fuori, raccoglie molto più consenso”. E questo non si verifica soltanto in Argentina. È la situazione che si osserva in tutto il mondo.

Ma il problema si aggrava perché la gerarchia della Chiesa, a cominciare dal Sommo Pontefice, non riconosce la gravità della malattia terminale e propone di aumentare le dosi della stessa medicina che ha già dimostrato il suo effetto nocivo. Ricordo, solo per fare un esempio tra i tanti, quanto detto ai gesuiti slovacchi: “Per questo oggi si torna al passato: per cercare sicurezze. Ci dà paura celebrare davanti al popolo di Dio che ci guarda in faccia e ci dice la verità. Ci dà paura andare avanti nelle esperienze pastorali. Penso al lavoro che è stato fatto al Sinodo sulla famiglia per far capire che le coppie in seconda unione non sono già condannate all’inferno. Ci dà paura accompagnare gente con diversità sessuale. Ci danno paura gli incroci dei cammini di cui ci parlava Paolo VI. Questo è il male di questo momento”.

Bergoglio insiste sul fatto che l’adulterio non è più peccato e nell’”accompagnamento” delle persone con diversità sessuale come segni di questa “nuova Chiesa” “in uscita” che si è rivelata un completo fallimento. Pochissimi sono gli adulteri interessati ad andare a messa o a fare la comunione, e ancor meno i sessualmente diversi. Entrambe le categorie sanno bene cosa devono fare per essere salvati: è meglio cavarsi un occhio ed entrare nel Regno dei Cieli con un occhio solo che andare all’inferno con entrambi gli occhi.

L’attuale catastrofe della Chiesa non è colpa di Francesco. Lo abbiamo ripetuto qui innumerevoli volte; sono problemi che si trascinano da decenni e sono stati sistematicamente risolti male. Ma è sua responsabilità l’ecatombe che si prevede nel prossimo futuro. Un paio di giorni fa un media laico ha descritto Bergoglio come “il Papa più ridicolo della storia della Chiesa” e come “tonto”, e con questo capiamo che anche i suoi amici più stretti lo hanno lasciato solo. Il re è nudo e ormai non solo il bambino se ne è accorto.

Considero che sia un compito urgente e una seria responsabilità dei vescovi, incaricati da Nostro Signore di governare la Chiesa, di sedersi e riflettere seriamente sul da farsi per trovare una via d’uscita che abbia una minima garanzia di successo. Il pontificato di Bergoglio è già finito e fallito. Non si può insistere su quella via. Il problema è cosa arriverà dopo di lui. È chiaro che la crisi nella Chiesa non può essere risolta sollazzandosi con il mondo e radunando folle alla Gmg o con i viaggi pontifici. Quelle ingenue speranze degli anni ’80 e ’90 sono state seppellite.

Padre Martín, alla fine del suo video, spiega che secondo lui la soluzione esige unità. Sono d’accordo. Il problema è come ottenerla.

Titolo originale: La Iglesia irrelevante
Traduzione di Valentina Lazzari
Testo rivisto dall’autore

4 commenti:

  1. Dire che Papa Francesco affermi che l'adulterio non sia peccato mi sembra alquanto fuori luogo. Riportate l'esatto documento, discorso, in cui Papa Francesco fa un' affermazione del genere, prima di sparare cavolate. Papa Francesco, molto sapientemente, dice, di fronte a innumerevoli casi di divorzi e coppie irregolari, come comportarsi? Bisogna solo condannare, o magari è il caso di accompagnare queste persone, già di per sé ferite? Molto semplicemente, un po' di buonsenso.

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    1. Senta, anonimo: quando Papa Bergoglio ha fatto inserire negli Acta Apostolicae Sedis la sua famosa lettera in cui 'sdoganava' la Santa Comunione per gli adulteri non pentiti, mi sa dire cosa ha fatto, se non approvare l'adulterio e favorire il sacrilegio? Da quando in qua è "buonsenso" approvare e favorire l'adulterio ed il sacrilegio?
      E qui, con gli Acta, anche ha gettato finalmente la maschera che ancora aveva indossato con Amoris laetitia, nascondendosi dietro ad una noticina in calce alla stessa.
      E non parliamo poi di altri sacrilegi, di tipo diverso ma quasi - dico quasi, perché negli Acta Apostolicae Sedis si trattava della SSma Eucaristia, ossia del Corpo stesso di Gesù Nostro Signore - altrettanto dirompenti come la venerazione pubblica di un idolo pagano, la famosa 'pachamama', nella Basilica Vaticana di San Pietro...
      Abbia pazienza, ma qui io la pazienza la sto perdendo davvero.
      Di fronte a un sacrilegi come questi, penso che tutte le malefatte di alcuni (pochi, in verità) Papi del lontano passato finiscono per impallidire del tutto.
      don Andrea Mancinella, eremita della Diocesi di Albano

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    2. Lei oltre ad essere un eremita, è anche ubriaco? In quale lettera il Papa ha sdoganato la comunione ai divorziati risposati? No, me lo dica, e riporti le esatte parole in cui il Pontefice dice "da oggi in poi è giusto ed in ogni caso dare la comunione ai divorziati risposati". Intende forse la nota a margine in Amoroso Laetitia? No, quella nota non dice assolutamente questo. Quindi, oltre a fare l'eremita, magari legga bene i documenti prima di sparare cavolate. Fermo restando che la comunione non è e non sarà mai un premio per i prefetti, come affermavano i giansenisti di cui voi siete i degni eredi (eresia condannata dalla Chiesa)

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    3. il canone 915 allora è giansenista? è giusto fare la Comunione quando uno con il peccato mortale ha rotto la Comunione con Dio e con i suoi fratelli?
      la comunione come premio per i 'prefetti' è orrenda e grave eresia, ma è anche eresia dire che uno può comunicarsi in qualsiasi condizione, anche se in peccato mortale, oppure senza preparazione, oppure manifestando irriverenza verso il Sacramento
      tanto più se la situazione di costoro è pubblica

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