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martedì 7 settembre 2021

Traditionis Custodes. Una lettera al giornale della Diocesi di Torino. Scomparsa #traditioniscustodes

Pubblichiamo un post comparso sul sito di Marco Tosatti che riproduce la lettera di un cattolico torinese al settimanale diocesano La Voce del Tempo al quale è abbonato.
Essa esprime in forma rispettosa e accorata, fondati rilievi ed esprime non peregrini dubbi su Traditionis Custodes rivolgendosi al direttore dell ‘Ufficio Liturgico don Paolo Tomatis.
Naturalmente non ha avuto risposta, ne la lettera gli è stata pubblicata, probabilmente in quanto non ritenuta degna poiché , come ha detto il maestro di don Tomatis, il Grillo parlante di Sant’Anselmo, i fedeli legati alla Messa antica sono delle “non persone” e le loro argomentazioni irricevibili. Eppure chi legga la missiva di Vincenzo Fedele vedrà che essa non soltanto rivela una fede sincera ma contiene ragionevolezza e buon senso, doti di cui ormai sono completamente privi i liturgisti e i vescovi.
A proposito di vescovi, la notizia è che il 15 settembre si riunirà la conferenza episcopale piemontese. All’ordine del giorno vi è la proposta , caldeggiata dal vescovo di Novara mons. Giulio Brambilla, di emanare una nota esplicativa su T.C. che, accampando motivi di uniformità, leghi le mani a quei vescovi, come quello di Albenga, che volessero manifestare una applicazione che non sia ancor più restrittiva rispetto ad un Motu proprio già limitativo. 
Insomma, più papisti del papa, forse nell’inutile intento di captarne la benevolenza, soprattutto da parte di Brambilla, caduto in disgrazia nei confronti di Francesco dopo il sinodo sulla famiglia. 
Sicuramente, i vescovi piemontesi diranno che non vi sono fedeli in Piemonte che chiedano la Messa Tridentina e che non hanno sacerdoti.  Cosa del tutto falsa poiché nelle diocesi subalpine i coetus ci sono ma i vescovi hanno sempre negato loro il diritto di avere la Messa e così pure i sacerdoti. 
A Torino, diocesi vastissima, così come in tutto Piemonte, il ritornello è stato sempre lo stesso : “andate alla Misericordia” anche se occorresse fare ogni domenica centinaia di chilometri. 
Circa la consistenza dei gruppi, essi non sono meno numerosi di quegli sparuti che ormai partecipano alla pastorale ordinaria. Vedremo cosa riusciranno ad escogitare di più restrittivo di T.C. 
Certo è curioso che questi vescovi tacciano sempre sui temi etici e temano invece la Messa Tradizionale. Ma forse è soltanto l’indice di quanto siano sordi all’azione dello Spirito Santo quando non soffia nella loro direzione.
Luigi

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, l’amico Vincenzo Fedele ci ha inviato questa sua testimonianza, su una vicenza che lo ha visto coinvolto personalmente, anzi protagonista. Buona lettura.
§§§

A fine luglio avevo scritto questa lettera al settimanale diocesano della Diocesi di Torino, LA VOCE E IL TEMPO, a seguito di un articolo del 25 luglio sulla pubblicazione del Motu Proprio di Papa Francesco “Traditionis Custodes” con il titolo “ Il Papa frena la Messa in latino” a firma di don Paolo Tomatis, liturgista principe del foro torinese e fra gli esperti che hanno approntato l’edizione riveduta del Messale Romano in uso adesso. Dal testo traspariva una certa soddisfazione nel vedere finalmente attuato qualcosa che si attendeva da tempo, ma che non arrivava mai.

Conoscendo il livello di don Tomatis, anche se a fronte del suo ideologismo manifesto, ho scritto ponendo i dubbi che avevo e che ho. La lettera si è incrociata con la pausa estiva, quindi non è stata pubblicata. Pensavo di vederla alla ripresa, cioè adesso, ma anche nel primo numero post ferie, non vi è traccia.
Silenzio non solo sulla mia lettera, ma sull’intero problema su cui sta discutendo il mondo intero. Sarà stata la mancanza di spazio. Una pagina intera dedicata alla fulgida figura di Gino Strada. Quattro dedicate alla situazione a Kabul ed all’accoglienza per i profughi afgani, altre pagine dedicate, giustamente, ai giovani, al covid, all’eutanasia, agli oratori, ma di Traditionis Custodes neanche l’ombra. Non esiste più. Nelle pagine della Liturgia si continua a “spiegare” la nuova edizione del Messale, ma su quello antico, da cancellare, silenzio assoluto. Non esiste più.

Nella lettera avevo messo i miei dubbi, le mie domande, il desiderio di approfondimento di tutto il popolo di Dio verso un approccio legalistico e disciplinare ad un problema teologico, di culto e di onore a nostro Signore Gesù Cristo che scende sugli altari di tutto il mondo e sarebbe bene accoglierlo con la dovuta deferenza, contrizione e maestosità che si addice al Re dei Re, invece che con il chiacchiericcio e le schitarrate delle liturgie odierne.
La lettera che avevo inviato, e che avranno senza dubbio smarrito, è questa.
Sono domande di buon senso e penso di aver usato un tono moderato e non eversivo.
Ma forse è proprio questo aspetto che sta diventando rivoluzionario.
Non serve mettere in piazza la rabbia, anzi nel loro gioco è proprio questo che vorrebbero. Squalificare gli argomenti attaccando il tono e le parole invece di discutere del merito. Demonizzare l’avversario nella impossibilità di contrabatterne i ragionamenti.
Parafrasando un motto sessantottino potremmo dire che il buon senso li seppellirà. La Verità li seppellirà.
Teniamo accesa la lampada e mettiamola in alto, ben in vista, che rischiari anche gli altri.
***

Considerazioni e domande su Traditionis Custodes

Vorrei condividere alcune riflessioni sull’articolo con cui don Paolo TOMATIS il 25 luglio ci presenta il Motu Proprio di Papa Francesco Traditionis Custodes e da cui mi sembra traspaia una certa soddisfazione per il provvedimento che vede la Messa antica come qualcosa di pericoloso e divisivo. Un pericolo di infezione da cui è bene vaccinarsi (tanto per seguire la cronaca).

In un momento in cui la Chiesa tedesca pensa di andare per proprio conto in disubbidienza al Magistero, in cui lo stesso Card. Marx afferma che la Chiesa è ad un punto morto, con gli scandali sessuali e finanziari sotto gli occhi, con gli abussi liturgici che il Santo Padre cita nel Motu Proprio, con le Chiese che si svuotano di fedeli da ben prima del COVID, in tale contesto, che ritengo sconfortante, penso che la potenziale divisione non venga certo dai pochi fedeli che pensano di trarre vantaggi spirituali dalla Messa Vetus Ordo. Don Tomatis nota che “Custodi della Tradizione saranno i Vescovi”. In realtà lo sono da sempre e non dal 16 luglio 2021. Anche nel Summorum Pontificum Papa Benedetto ricordava loro il dovere di sorvegliare attentamente che ci fosse condivisione e che non ci fosse negazione alcuna della validità del Novus Ordo. E’ un modo ben strano di custodire la Tradizione negandola ai fedeli che vogliano praticarla in comunione con la Madre Chiesa che invece oggi sottrae loro un bene considerato prezioso e da sempre custodito e tramandato. Spero che si apra un dibattito dove altri porteranno le proprie riflessioni alla mensa comune. Non ho risposte, al momento, solo tanti dubbi e domande. Papa Francesco , nella sua lettera segnala “il dolore e la preoccupazione per il rischio di avvalorare una Chiesa parallela che sostanzialmente rifiuta la riforma liturgica ed il Vaticano II” segnalando anche che la possibilità offerta da San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI “è stata usata per aumentare le distanze, indurire le differenze, costruire contrapposizioni che feriscono la Chiesa e ne frenano il cammino esponendola al rischio di divisioni”. Questi atteggiamenti non li ho visti da alcuna parte. Nella nostra Diocesi l’unica Chiesa dove si celebra con il rito Vetus Ordo è la Misericordia di Via Barbaroux. In altre occasioni, quasi a livello catacombale (a San Mauro, in Via Pietro Cossa o a Moncalieri), ho visto sempre devozione e spiritualità, ma mai rifiuti, contrapposizioni o contestazioni di alcun genere. Normalmente prendo messa (Novus Ordo) nella mia Parrocchia, ma a volte mi reco, come dicevo, alla Misericordia per la “Messa antica”. Quì trovo raccoglimento, spiritualità, onore a Dio, preghiere, ma nessuna divisione. Andando dal particolare al generale la stessa cosa testimoniano i Vescovi Francesi come quelli USA. Addirittura sulla stessa linea c’è anche un Vescovo Olandese, e l’Olanda è all’avanguardia nel progressismo, ma tutti, (tutti), negano esperienze divisive o contrapposizioni. Analogo atteggiamento sui social e sui media, a parte qualche scalmanato sempre presente e vasti stuoli di sedevacantisti che, già di loro, si chiamano fuori dalla comunione ecclesiastica. Visto gli effetti che il Motu Proprio avrà, sarebbe opportuna la massima trasparenza sul “referendum” e che i dati della CDF siano pubblicati. In particolare quale è stata la metodologia della consultazione della CDF ? Quali le domande ? Quanti Vescovi sono stati consultati ? Quali gli esiti ? Quali i desideri espressi dai singoli Vescovi ? Infine (ma non ultima) qual’è il parere in merito da parte della stessa CDF ? Può tacere su un tale argomento?

Inoltre, anche ammesso che sia reale il fosco quadro dipinto per limitare l’uso del Vetus Ordo, perchè non sono stati sanzionati per tempo i responsabili di queste eventuali divisioni, insieme ai Vescovi (Traditionis Custodes), che le hanno permesse senza intervenire e senza nulla sanzionare? E’ più semplice fare di tutta l’erba un fascio e condannare gli innocenti ? Cioè bruciare, insieme alla poca zizzania, tutto il buon grano ?

Come mi sembra anche inutile che si citino gli abusi nelle Messe Novus Ordo, senza però intervenire quando nella Messa si sostituisce il Credo con “fratello sole sorella luna” perchè “non ci credo”. Non è solo l’importanza di chiamarsi Alfredo, (invece di Ernesto), anche il cognome conta, visto che anche a livello vescovile si ripete stessa omissione per non dispiacere ai fratelli valdesi ricevendo solo un fraterno rimbrotto dal Card. Ladaria. Ma, tornando al Motu Proprio è anche fuorviante usare il Quo Primum di San Pio V per proporre l’esatto opposto. San Pio V non inventò alcun nuovo rito, ma raccolse i contributi ed i miglioramenti apportati dai tempi remoti al sacro Rito della Messa per riunirli in un unico Messale, lasciando intatti i riti analoghi in uso da almeno 200 anni, come il rito Ambrosiano, Lionense, Mozarabico, ma anche i riti degli ordini religiosi, i Domenicani i Carmelitani, ecc.

Dire poi che chi segue la Messa Vetus Ordo è contro il Concilio Vaticano II mi sembra un travisamento palese, almeno per due motivi: 1) la Messa Novus Ordo non è stata concepita “dal” Concilio e “nel” Concilio, quindi essere a favore o contro la Messa (ma siamo allo stadio? Nella casa di Cristo ha ragione chi urla più forte ?) non implica assolutamente essere pro o contro il Concilio. 2) Le indicazioni che il Concilio aveva dato sulla Santa Messa, gli atti sono disponibili e Sacrosantum Concilium non è stato ancora abolito, propugnavano l’uso della lingua latina e consigliavano di migliorne lo studio nei seminari, insieme alla valorizzazione del canto gregoriano, della musica sacra, della polifonia, dell’uso dell’organo, ecc. Chi segue la Messa Vetus Ordo è, quindi, ampiamente a favore degli insegnamenti conciliari che, invece, vengono travisati da chi eccede nella creatività senza subire neanche una tirata di orecchi. Il C. V. II, Concilio pastorale, ha cercato giustamente di adeguare il linguaggio della Chiesa al divenire dei tempi, non ha costruito a tavolino un nuovo rito, mai sottoposto all’approvazione dei Padri conciliari, come invece ha fatto Mons. Bugnini manipolando la commissione incaricata degli aggiornamenti e San Paolo VI che, infatti, lo relegò a fare l’ambasciatore in IRAN lamentando il fumo di satana che era entrato dentro le sacre mura. Il C. V. II, per usare una metafora agricola, propose di meccanizzare la raccolta della frutta, adeguandosi ai tempi, invece di raccoglierla manualmente, ma questo non implica che non si debba avere cura dell’albero. Non propose neanche di maltrattare l’albero, di trapiantarlo o di tagliarlo.

Benedetto XVI non ebbe timore ad affermare che “Ciò che le generazioni precedenti consideravano sacro, rimane sacro e grande anche per noi, e non può essere all’improvviso del tutto proibito o addirittura considerato dannoso. E’ doveroso per tutti noi conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e dar loro il giusto posto”. Sono affermazioni di “fatti” a livello ecclesiologico, non solo norme regolamentari e disciplinari, come i punti di Traditionis Custodes. Ciò che per generazioni è stato considerato sacro, per noi non lo è più ? Possiamo considerarlo dannoso e vietarlo ? Non è più doveroso conservare le ricchezze cui si sono abbeverati, nei secoli, schiere di Santi e la Chiesa tutta ? Nella tradizionale “Messa latina” c’è una qualche “Lex Orandi”? C’era ? Se c’era, quando e come è decaduta ? Forse, prima di divulgare con compiacimento la nuova normativa, sarebbe stato opportuno attendere e fare qualche riflessione, come molte conferenze episcopali stanno facendo in tutto il mondo, visto anche che T. C. contiene affermazioni forti e da chiarire, come il fatto che la Liturgia del Novus Ordo sia “l’unica espressione della Lex orandi del rito Romano”. Ma allora il Messale di San Pio V, aggiornato nel 1962 da San Giovanni XXIII (il Papa buono), è abolito ? La Quo Primum è cancellata ? Dove si colloca adesso quella che veniva definita “forma straordinaria” ? La “Lex orandi” non è l’insieme dei testi storici, delle preghiere, delle cerimonie, dei canti, delle musiche che compongono il Rito Romano ?

All’art. 3- punto 5 di T C leggo anche che il Vescovo deve procedere “nelle parrocchie personali e canonicamente erette a beneficio di questi fedeli, a una congrua verifica in ordine alla effettiva utilità per la loro crescita spirituale, e valuti se mantenerle o meno”.

Mi chiedo : come si determina l’efficacia della parrocchia per la crescita spirituale dei parrocchiani ? Come viene misurata, giudicata o analizzata ?

Ci sarebbero tanti altri aspetti, ma la lunghezza mi impedisce di continuare. Cito solo che i Custodi della Tradizione, cioè i Vescovi, devono chiedere alla Santa sede se vogliono autorizzare nuovi sacerdoti a celebrare con il Vetus Ordo. Il decentramento, che c’era, dal 16 luglio è stato accentrato in onore alla sinodalità ?. Un sacerdote che viene ordinato proprio per celebrare la Santa Messa, deve richiedere un permesso apposito per poterlo fare ? Anche come celebrazione privata ?

Mi chiedo, infine, se qualcuno si sia reso conto dell’enorme regalo fatto alla FSSPX, (la comunità di San Pietro avrà gli stessi problemi di noi miseri fedeli), visto che, di fatto, saranno gli unici a poter celebrare tranquillamente con il vecchio rito, dopo essere stati autorizzati da Papa Francesco, (Giubileo della Misericordia), anche a confessare, celebrare i matrimoni, ecc.

Vincenzo Fedele . Abbonamento n. 11719

4 commenti:

  1. Andate avanti ad attaccare i vescovi e il Santo Padre. Dove c'è Pietro li è la santa Chiesa. Oramai siete fuori dal Cattolicesimo anche se formalmente non siete scomunicati

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  2. Per favore, aiutatemi a sostenere la petizione per il ripristino delle processioni nell'arcidiocesi di Milano: https://chng.it/CmbCkT9m

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  3. Bisognerebbe cominciare a chiedere conto ai modernisti della loro fedeltà al CVII, dato che l'inarrestabile creatività liturgica non trova alcuna ombra di giustificazione nei documenti conciliari...

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  4. Ottima lettera, complimenti. § Solo una precisazione: sulla celebrazione privata del rito antico, il “Traditionis custodes” non dice nulla, sicché in questo resta in vigore il “Summorum pontificum”: dunque, la celebrazione privata è affatto libera per qualunque sacerdote, senza nessuna condizione.

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