Mesta realtà del pontificato attuale: “i giudizi su papa Francesco riguardano aspetti quasi sempre esterni rispetto al mondo ecclesiale e non toccano le reali dinamiche interne alla Chiesa”, “le azioni di Francesco sono valutate più in chiave di interventismo socio-politico che non di natura spirituale”.
Luigi
Settimo Cielo, 22-6-21
È passato un quarto di secolo e si sono avvicendati tre papi dall’ultima grande indagine sulla religiosità in Italia, del 1995. E ora che di una nuova indagine sono stati forniti tutti i dati, si sa che la fede cattolica s’è affievolita di molto, a dispetto del vasto consenso che avvolge l’attuale papa e primate d’Italia, Francesco.
“Gente di poca fede” è il titolo del primo libro che ha dato conto della nuova inchiesta, di Franco Garelli dell’Università di Torino, per i tipi dell’editrice il Mulino.
“L’incerta fede” è il titolo del secondo, di Roberto Cipriani dell’Università di Roma Tre, con prefazione di Enzo Pace, edito da Franco Angeli.
Il primo libro poggia sui numeri di un imponente sondaggio, il secondo su libere interviste – libere, cioè non pilotate – a un campione rappresentativo dell’intera popolazione. Ed è questo secondo libro che coglie meglio il “sentimento” religioso degli italiani, più mosso e variegato di quello dato dalle risposte obbligate e secche a un questionario.
Il capitolo su Jorge Mario Bergoglio è esemplare. A cominciare dal titolo: “Francesco, un papa da aperitivo”, che riprende testualmente le parole di una intervistata: “Papa Francesco, secondo me, è da aperitivo, il classico amico con cui prenderesti un caffè al bar, l’amico di tutti…”.
Le interviste sono state raccolte nel 2017, quattro anni dopo l’elezione di Bergoglio a papa, e registrano un consenso piuttosto ampio per lui. Con molti segnali, però, che mostrano di che tipo è questo consenso, acutamente analizzati dal professor Cipriani.
Per cominciare, mentre le risposte secche al questionario davano un 82 per cento di giudizi positivi sul papa, un 5,4 per cento di giudizi negativi e un 12 per cento di incerti, nelle interviste i positivi calano al 70 per cento, i negativi salgono all’8 e gli incerti al 22.
Ma è soprattutto quando Cipriani adotta i criteri della “sentiment analysis” che le proporzioni variano, e di molto. “Nei riguardi di Francesco – scrive – i sentimenti di tipo positivo sono il 33,2 per cento, i negativi il 20,3 e i neutri il 46,4”.
E queste sono alcune indicazioni che lo studioso ricava dalle interviste:
- “i giudizi su papa Francesco riguardano aspetti quasi sempre esterni rispetto al mondo ecclesiale e non toccano le reali dinamiche interne alla Chiesa”;
- “le azioni di Francesco sono valutate più in chiave di interventismo socio-politico che non di natura spirituale”;
- “la comunicazione intraecclesiale ed extraecclesiale mostra problematicità evidenti: per un verso, dei documenti ufficiali del papa, comprese le encicliche, non si ricordano neppure i titoli, ancor meno i contenuti; per un altro verso alcuni fatti anche primari vengono riferiti con molta approssimazione e perfino con fraintendimenti e capovolgimenti macroscopici”;
- “coglie invece nel segno la serie di affermazioni e di gesti papali concernenti i migranti, i poveri, i sofferenti”;
- “una conferenza stampa del papa a bordo di un aereo riesce a ottenere un riverbero quasi universale, per cui una semplice frase può divenire di largo dominio pubblico”;
- “quel che è certo è il forte influsso dei mezzi di comunicazione di massa nel formulare i giudizi su Francesco”;
- “rimane comunque una buona dose di incertezza nel giudicare l’operato del papa, tacciato ora di conservatorismo mascherato, ora di riformismo eccessivo, con punti di vista contrastanti anche all’interno di una stessa intervista”.
Tutto questo nel 2017, l’anno in cui la popolarità di Francesco ha toccato il culmine e ha iniziato – a giudizio anche di Cipriani – la parabola discendente. In un parallelo sondaggio di Demos del 2017 il 77 per cento degli italiani considerava Francesco “affidabile”. Due anni dopo, nel 2019, la fiducia nel papa è scesa al 66 per cento.
Ma il cuore dell’inchiesta è soprattutto il raffronto tra questi giudizi su papa Francesco e l’affievolimento generale della fede cattolica in Italia.
Che anche in Italia, come in tanti altri paesi, la fede cattolica sia sempre più “dubbiosa” e meno “certa” è ormai un dato inconfutabile, che l’inchiesta ben documenta. E tutti gli indicatori danno questo declino in continuazione anche nei prossimi anni.
Ma appunto, nelle interviste i giudizi su Francesco neppure sfiorano questa crisi generale di fede. Parlano di lui come ignorandola. E anche nel questionario, alla domanda precisa se il papa sia capace di riavvicinare alla fede religiosa, la metà ha risposto di no.
Un indicatore impressionante dell’indebolimento della fede cattolica in Italia è nei giudizi sulla vita oltre la morte. Rispetto all’indagine del 1995, coloro che credono in un’altra vita sono diminuiti di molto: erano il 41 per cento e ora sono il 28,6, mentre sono raddoppiati quelli che negano ogni vita futura, dal 10,4 al 19,5 per cento.
Ebbene, a fronte di questo crollo di fede nella risurrezione, colpisce che nessuno degli intervistati, arrivando a parlare di papa Francesco, parli di lui come di un annunciatore della vita eterna.