«[...] anche in un regime democratico le leggi possono essere ingiuste. E fin dalle origini la nostra fede ha insegnato che la disobbedienza civile è richiesta di fronte a leggi gravemente ingiuste o a leggi che pretendano che noi facciamo ciò che è ingiusto oppure immorale. Simili leggi mancano del potere di obbligare in coscienza poiché esse non possono rivendicare nessuna autorità oltre a quella della mera volontà umana. Pertanto, si sappia che non acconsentiremo a nessun editto che obblighi noi o le istituzioni che guidiamo a compiere o a consentire aborti, ricerche distruttive dell'embrione, suicidi assistiti, eutanasie o qualsiasi altro atto che violi i principi della profonda, intrinseca ed eguale dignità di ogni membro della famiglia umana. Inoltre, si sappia che non ci faremo ridurre al silenzio o all'acquiescenza o alla violazione delle nostre coscienze da qualsiasi potere sulla terra, sia esso culturale o politico, indipendentemente dalle conseguenze su noi stessi.
Noi daremo a Cesare ciò che è di Cesare, in tutto e con generosità. Ma in nessuna circostanza noi daremo a Cesare ciò che è di Dio»
(Dichiarazione di Manhattan).
Piccoli spunti sul lavoro domenicale.
Luigi
1-5-21, Informazione Cattolica, Don Gian Maria Comolli
Il secondo capitolo del Libro della Genesi ci spiega che Dio, dopo aver creato l’uomo, lo ha posto nel giardino dell’Eden per coltivarlo, impegnandosi anche per la sua fioritura e conservazione (cfr. vv. 4-15). Allo stesso tempo, il Creatore gli ha “delegato” la potestà di attribuire il nome a tutte le creature, sebbene come puntualizzato dal compianto card. Dionigi Tettamanzi (1934-2017), «poiché immagine di Dio, e quindi collaboratore di Dio, l’uomo non è l’arbitro insindacabile o il padrone assoluto del creato: è unicamente “l’economo di Dio”» [D. Tettamanzi, L’uomo immagine di Dio. Linee fondamentali di morale cristiana, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1994, p. 45]. A tal riguardo Papa Francesco ha specificato che è “tremenda” la responsabilità dell’uomo nei confronti della cura e salvaguardia del creato (cfr. Laudato si’, n. 66).
Dobbiamo chiarire che le realtà e le creature terrestri sono finalizzate unicamente al benessere della persona umana che, da canto suo, non può essere mai trasformata, da nessuno, in strumento. Inoltre, il mondo non fu creato da Dio come “prodotto finito”, bensì come un’opera da “completare” mediante la creatività dell’uomo e della donna. Un impegno, quest’ultimo, che non è stato compromesso neppure dal peccato originale che ha comunque troncato la perfetta armonia originaria dell’uomo con Dio, con gli altri uomini e con il creato.
«Il lavoro – ricorda il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa – appartiene alla condizione originaria dell’uomo e precede la sua caduta; non è perciò né punizione né maledizione […]. Nonostante il peccato dei progenitori il disegno del Creatore, il senso delle Sue creature e, tra queste, dell’uomo, chiamato ad essere coltivatore e custode del creato, rimangono inalterati» (n. 256).
Nell’ambito del lavoro assume una particolare importanza il “riposo festivo” che il numero 258 del Compendio correttamente qualifica come “riposo sabbatico”. E il riposo è anche il vertice dell’insegnamento biblico sul lavoro, essendo l’alternanza lavoro/riposo un ritmo fondamentale dell’esistenza e una salvaguardia da ogni forma d’idolatria (cfr. Compendio n. 258). Come Dio si riposò il settimo giorno (cfr. Gen. 2,2), così gli uomini devono godere di sufficiente riposo e tempo libero che consenta loro di dedicarsi al culto dovuto al Creatore, alla pratica delle opere di misericordia, allo stare gioiosamente con la famiglia e alla crescita culturale. Ebbene, la distensione della mente e del corpo è irrinunciabile.
«Il riposo cristiano – ricordano i Vescovi italiani – afferma la superiorità dell’uomo sull’ambiente che lo circonda: egli riconosce come suo il mondo in cui è chiamato a vivere, ma progetta e anticipa il mondo nuovo e una liberazione definitiva e totale dalla servitù dei bisogni» (Nota Pastorale della CEI, Il giorno del Signore, 11 maggio 1984, n. 16). Il riposo domenicale inoltre consente di inquadrare e di riconoscere il significato proporzionale delle attività e delle preoccupazioni quotidiane, di meravigliarsi delle bellezze della natura, favorisce la riflessione e apre spazi ai valori dello spirito. Una prima conclusione che sarà ripresa inseguito. Tranne che in situazioni eccezionali, nessuno deve rinunciare, o peggio ancora nessuno può essere costretto a rinunciare a questo diritto-dovere.