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mercoledì 28 aprile 2021

Su quali note sorgono le chiese moderne?

Un interessante articolo di Stefano Chiappalone, recentemente pubblicato su Cristianità, prende spunto da una lettera di Antoine de Saint-Exupéry per ricercare il perduto senso spirituale da cui sono scaturite abbazie e cattedrali alla luce del nesso tra musica e architettura, giungendo alla conclusione che una società incapace di lirismo non può che costruire edifici asettici.

L.V.


Avevo otto o nove anni quando vissi un’esperienza che si potrebbe descrivere con il tono surreale di alcuni racconti dello scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton (1874-1936): in una piccola stanza quadrangolare dal candore asettico, arredata soltanto da poltroncine scure ordinatamente disposte, un signore dall’ampio mantello compiva dei gesti solenni su di un tavolino coperto da una tovaglia. In realtà, quei gesti e quel signore erano i soli elementi riconoscibili in quello strano luogo che, con l’ostinazione tipica dei bambini, non ero disposto a definire «chiesa» – davvero, non credevo che lo fosse. Fu quello il mio primo e primordiale impatto con la moderna edilizia di culto. Quella freddezza ambulatoriale era distante anni luce dai tre angioletti di stucco che mi attendevano nel borgo natio, affacciandosi tra le volute d’incenso sull’altar maggiore dell’altra chiesa – «quella bella», per dirla con il bambino di allora che nella sostanza non ha poi cambiato idea.

Da allora, ma spero con maggiore consapevolezza, non ho più smesso di chiedermi perché alcune chiese di recente costruzione non sembrano potersi definire tali. È un semplice passaggio da uno stile all’altro, come sempre avvenuto? Eppure, il romanico, il gotico e il barocco – compreso quel “barocchetto” artigianale delle piccole chiese di paese – per quanto diversi, sono accomunati da una sacralità che nel “grigio stil novo” risulta non pervenuta. E se non vogliamo tirare in ballo le categorie di “bello” e “brutto”, al netto di tutti i giri di parole con cui la committenza elogia le “magnifiche sorti e progressive” della nuova edilizia di culto, si potrà dire almeno che questa non risponde adeguatamente a quella sete di sacro, a quel desiderio di un “altrove” che permette anche ad anime laiche di varcare la soglia di un mondo altro rispetto ai luoghi della vita di ogni giorno?

In questa ricerca che non avrà esaustiva risposta, ho trovato uno spunto, un indizio e un inizio di riflessione nella lettera, risalente al luglio 1943, dello scrittore e aviatore francese Antoine de Saint-Exupéry (1900-1944), l’autore de Il piccolo principe, precocemente scomparso in un tragico incidente aereo – circostanza tanto più significativa in quanto la lettera è una sorta di testamento-riflessione sull’ora presente¹. Di fronte al vuoto di una generazione in cui «ogni lirismo suona ridicolo e gli uomini si rifiutano di essere risvegliati a una qualsiasi vita spirituale», l’autore confida: «Generale, non c’è che un problema al mondo. Uno solo. Restituire agli uomini un significato spirituale, delle inquietudini spirituali. Far piovere su di essi qualcosa che assomigli a un canto gregoriano. Se avessi la fede», prosegue Saint-Exupéry, «è assolutamente certo che, passata quest’epoca di “lavoro necessario e ingrato”, non farei altro che promuovere Solesmes» – il riferimento è alla celebre abbazia francese che nel XIX secolo divenne cuore della rinascita del gregoriano.

L’auspicio di Saint-Exupéry e l’accenno a Solesmes richiamano alla mente quel nesso profondo per cui «l’architettura e la musica sono araldi, intimamente connessi tra loro, dell’espressione spirituale del loro tempo», come afferma lo studioso tedesco Hans Graf Huyn (1930-2011), il quale offre poi un piccolo florilegio sul punto, tra cui una lettera del poeta e drammaturgo tedesco Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) che confida: «Ho trovato una pagina tra le mie carte […] in cui definisco l’architettura una musica congelata»².

Se l’architettura sorge su fondamenta spirituali, benché queste ultime siano invisibili, se ne può cogliere qualcosa anche nella “colonna sonora” di una società. Il «candido manto di chiese»³ di cui è intessuta l’Europa medievale è germogliato grazie a una pioggia di gregoriano. Al contrario, una società incapace di lirismo «è capace di innalzare capannoni industriali, ma non riesce a costruire né un palazzo né un tempio»⁴, sentenzia l’aforista colombiano Nicolás Gómez Dávila (1913-1994). Ed è improbabile che sorga qualcosa di paragonabile a volte e cupole, quando suoni naturali e inni liturgici (vale a dire, ciò che concorre alla dimensione contemplativa di una società) vengono soffocati dal tambureggiare di rumori artificiali e ritmi televisivi. Guarda caso, questa “crisi” della moderna edilizia di culto va di pari passo con il pratico abbandono della grande musica sacra: durante le liturgie raramente «piove» sugli uomini «qualcosa che assomigli a un canto gregoriano» o alla polifonia o che in generale lasci trasparire qualcosa di celeste. Prevalgono toni da varietà, canzonette strimpellate, pallida imitazione della musica pop – quelle che un esperto come il maestro Riccardo Muti non ha esitato a definire «schitarrate in chiesa»⁵.

Se l’architettura è «musica congelata», non si può dimenticare che marmi e pietre degli splendidi templi del passato sono stati impastati anche dai Kyrie, dai Gloria e dalle antifone che vi sarebbero risuonati. Ma, guardando al nostro tempo, quale cattedrale potrà mai sorgere sulle note del famigerato Alleluia delle lampadine?

Sabato, 17 aprile 2021

¹ A. de Saint-Exupéry, Lettera al Generale X, disponibile online su biblisem.net/etudes/stexlagx.htm e in traduzione italiana, ma con differente datazione, su: accogliamoleidee.wordpress.com/2015/12/24/antoine-de-saint-exupery/.

² H. Graf Huyn, Ihr werdet sein wie Gott. Der Irrtum des modernen Menschen von der Französischen Revolution bis heute [Sarete come Dio. L’errore dell’uomo moderno dalla Rivoluzione francese a oggi], Universitas, Monaco 1988, p. 89.

³ Rodolfo il Glabro (985-1047), Historiarum libri quinque, III, 4, 13.

⁴ N. Gómez Dávila, In margine a un testo implicito, trad. it., a cura di Franco Volpi, Adelphi, Milano 2001, p. 127.

⁵ Riccardo Muti, Concerto «Omaggio all’Umbria», Norcia (PG), 4 agosto 2018: youtu.be/lAabKWnZ2KI?t=483.

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