Post in evidenza

Un anno di “Fiducia supplicans”: il Papa, l’apostasia Sinodale e l’eresia gay. Joachim Heimerl.

Grazie a Marco Tosatti per la pubblicazione di questa analisi sul disastro attuale ecclesiale. Luigi C. 5 Dicembre 2024  Cari amici e nemi...

giovedì 22 aprile 2021

Dante, de Maistre e il papato. Un confronto utile

Dagli amici di Campari e de Maistre.
Un approfondimento per i nostri lettori: Joseph del Maistre. Il padre del pensiero controrivoluzionario, a cura di campari & de maistre, Cesena, Historica, 2021.
Luigi


di Alfredo Incollingo, 23-3-21

Quest’anno ricorrono i settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, deceduto a Ravenna tra il 13 e il 14 settembre 1321. Risulterebbe ridondante menzionare lo spessore intellettuale del Sommo Poeta, che è notoriamente uno dei padri putativi della lingua italiana e della stessa idea di Italia.

Pochi, invece, hanno ricordato un altro importante anniversario, i duecento anni dalla morte del conte Joseph de Maistre, il padre del pensiero controrivoluzionario, avvenuta il 26 febbraio 1821, a Torino, capitale dell’allora regno di Sardegna[1].
La celebrazione dell’anniversario è passata in sordina, anche se, forse anche all'opera di questo blog, molti giornali nazionali ne hanno parlato e anche il tg2 ha dedicato un servizio al Savoiardo. Il pensiero di de Maistre è ancora oggi un tabù per gran parte del mondo ecclesiastico, che lo considera un pericoloso reazionario.

Dante Alighieri, invece, è spesso descritto come un laicista ante litteram per aver ribadito la necessità di separare l’autorità spirituale dal potere temporale. Buona parte della stampa, quindi, ha trovato più fattibile celebrare un personaggio del calibro del Sommo Poeta, con tutti i meriti letterati che ha, a discapito di un filosofo, Joseph de Maistre, che con estremo realismo ha riflettuto sulla natura umana.

Tuttavia, leggendo con attenzione le considerazioni politiche e teologiche di Dante Alighieri si evince una netta somiglianza di idee con il conte savoiardo.

Questi è stato spesso additato come un intellettuale anacronistico nell’epoca del trionfo degli ideali democratici dell’Illuminismo. Eppure, in quest’età di progresso sociale si era assistito ai cruenti massacri della Rivoluzione francese e delle guerre napoleoniche. Il continente europeo, secondo de Maistre, era ormai in preda al disordine e all’ateismo, la cosiddetta teofobia[2], prodotti nefasti della scristianizzazione e della conseguente decadenza del papato.

Per porre fine alla confusione morale, i nascenti Stati nazionali avrebbero dovuto riconoscere l’infallibilità e l’assolutezza dell’autorità del pontefice romano, poiché solo il diritto divino, fondato sul Vangelo, avrebbe posto fine alle discordie, garantendo pace e giustizia[3].

Le nazioni europee sarebbero state così liberate dalla volontà popolare, che secondo gli illuministi era il fondamento razionale e concreto dei governi. De Maistre dimostrò al contrario la radice nichilista e relativista del volere popolare, pericoloso per la stabilità e la rettitudine dei governi[4].

Queste riflessioni hanno spinto non pochi osservatori a considerare il conte savoiardo il campione della teocrazia.

Dante Alighieri riconosceva nell’autorità dell’imperatore, un sovrano non certo democratico, il fondamento di una società giusta e pacifica. Il Sommo Poeta e de Maistre, naturalmente, scrivono in due età diverse: il primo nel medioevo, quando si credeva che l’Impero fosse ancora il garante della giustizia fra i popoli; il secondo, invece, nell’era degli Stati nazionali, dopo il tramonto dell’ideale imperiale avvenuto molti secoli prima. L’unica entità sovrannazionale dell’epoca in grado di pacificare le nazioni era il papato.

L’Alighieri considerava naturale la separazione tra la Chiesa e l’Impero per i diversi scopi che essi perseguivano. L’imperatore, riunendo sotto di sé le genti del mondo conosciuto, le avrebbe governate con rettitudine e giustizia, assicurandole la felicità in Terra. Si trattava, tuttavia, di una beatitudine effimera, mentre quella «immortale» era garantita dalla Chiesa Cattolica, il cui diritto si rifaceva direttamente al Vangelo[5].

La felicità terrena non era fine a sé stessa, perché «questa mortale felicità alla felicità immortale sia ordinata. Cesare adunque quella reverenza usi a Pietro, la quale il primogenito figliuolo usare verso il padre debbe; acciocchè egli illustrato dalla luce della paterna grazia, con più virtù il circulo della terra illumini. Al quale circulo è da Colui solo preposto, il quale è di tutte le cose spirituali e temporali governatore»[6]. Dante non ha mai osteggiato la Chiesa Cattolica ma ha ribadito il suo (divino) ruolo: guidare l’umanità verso la Salvezza.


[1] Per approfondire il pensiero del conte Joseph de Maistre si rimanda a: Joseph del Maistre. Il padre del pensiero controrivoluzionario, a cura di campari & de maistre, Cesena, Historica, 2021.

[2] j. de maistre, Le serate di San Pietroburgo, Bari, Edizioni Paoline, 1961, p. 102.

[3] j. de maistre, Del Papa, Firenze, Tipografia di Tito Giuliani, 1872, p. 137.

[4] Ibidem.

[5] d. alighieri, Monarchia, a cura di m. ficino, Livorno, Tipografia degli artisti, 1844, p. 115.

[6] Ivi, p. 117.