Il giorno dell’Epifania, dopo il canto del Vangelo, si compie la pubblicazione delle feste mobili dell’anno corrente, obbligatoria nelle chiese cattedrali, facoltativa nelle altre. Essa è compiuta sul pulpito o ambone o dal luogo ove si canta il Vangelo, da un Sacerdote o Diacono parato di cotta e piviale bianco, secondo la formula e il canto del Pontificale; se si terrà il Sinodo diocesano, s’inserisce al posto dovuto secondo la data; diversamente si omette la frase che lo riguarda (Cæremoniale Episcoporum, II, XV, 3. PR, III, all’inizio). Durante il canto i ministri vanno allo scanno e tutti stanno seduti.
Riportiamo la rubrica con il testo per l’anno 2021 e la notazione gregoriana; di seguito, le riflessioni tratte dall’Année Liturgique di dom Propser Guéranger (Le Mans 1841-1866), con il testo attualizzato all’anno 2021, e alcune note storiche tradotte dal sito della Schola Sainte Cécile.
In Epiphania Domini, cantato Evangelio, Archidiaconus, sive aliquis Canonicus, vel Beneficiatus, aut alius, juxta consuetudinem loci, pluviali paratus, ascendet ambonem, vel pulpitum, et ibidem, vel in alio loco ubi cantari solet Evangelium, e vetusto Ecclesiae sanctae instituto publicabit Festa mobilia anni currentis juxta infrascriptam formulam, et diem Synodi dioecesanae suo loco promulgabit, licet in formula infrascripta Dominica secunda post Pascha notata sit.
Novéritis, fratres caríssimi, quod annuénte Dei misericórdia, sicut de Nativitáte Dómini nostri Jesu Christi gavísi sumus, ita et de Resurrectióne ejúsdem Salvatóris nostri gáudium vobis annuntiámus.
Die trigésima prima Januárii erit Domínica in Septuagésima.
Décima séptima Februárii dies Cínerum, et inítium jejúnii sacratíssimæ Quadragésimæ.
Quarta Aprílis sanctum Pascha Dómini nostri Jesu Christi cum gáudio celebrabitis.
Décima tértia Máii erit Ascénsio Dómini nostri Jesu Christi.
Vigésima tértia ejúsdem Festum Pentecóstes.
Tértia Júnii Festum sacratíssimi Córporis Christi.
Vigésima octáva Novémbris Domínica prima Advéntus Dómini nostri Jesu Christi, cui est honor et glória, in sæcula sæculórum.
Amen.
L.V.
L’ANNUNCIO DELLA PASQUA
(dall’Année Liturgique di dom Propser Guéranger)
Nelle cattedrali e nelle altre chiese insigni, dopo il canto del Vangelo si annuncia al popolo il giorno della prossima festa di Pasqua. L’usanza, che risale ai primi secoli della Chiesa, ricorda il misterioso legame che unisce le grandi solennità dell’Anno liturgico, come pure l’importanza che i fedeli devono attribuire alla celebrazione della Pasqua, che è la più importante di tutte e il centro di tutta la religione. Dopo aver onorato il Re delle genti nell’Epifania, ci rimarrà dunque da celebrare, a suo tempo, il trionfatore della morte. Ecco la forma nella quale si dà il solenne annuncio¹:
Avrete riconosciuto, fratelli carissimi, che per l’accondiscendente misericordia di Dio come ci siamo rallegrati per la nascita del nostro Signore Gesù Cristo così vi annunciamo anche la gioia per la Risurrezione dello stesso Salvatore nostro.
Il giorno 30 gennaio sarà la domenica di Settuagesima.
Il giorno 17 febbraio sarà il giorno delle Ceneri, inizio del digiuno della santa Quaresima.
Celebrerete con gioia la santa Pasqua del Signore nostro Gesù Cristo il giorno 4 aprile.
Il giorno 13 maggio sarà l’Ascensione del Signore nostro Gesù Cristo.
Il giorno 23 maggio sarà la sua festa di Pentecoste.
Il giorno 3 giugno sarà la festa del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo.
Il giorno 28 novembre sarà la prima domenica dell’Avvento del Signore nostro Gesù Cristo, al quale si addice l’onore e la gloria per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
¹ La forma proposta dal Guéranger [forma straordinaria] è ovviamente quella anteriore alla riforma del Messale in seguito al Concilio II. La forma attuale [forma ordinaria], che peraltro si proclama in tutte le chiese diocesane e non più solamente nella Cattedrale, pone maggiormente l’attenzione sulla scaturigine diretta dalla Pasqua dei momenti fondamentali del mistero della Salvezza vissuti nel ciclo liturgico. Tuttavia perde il collegamento tra la Pasqua e la Natività, ben evidenziato nella liturgia prima della riforma, così come la sottolineatura penitenziale del periodo della Quaresima.
Essendo l’Epifania l’ultima festa del Temporale prima del ciclo pasquale, il Pontificale Romano (Pars III. De publicatione festorum mobilium in Epiphania Domini) fa pubblicare solennemente, in questo giorno di festa, nelle chiese cattedrali, la data di Pasqua e delle principali feste mobili dell’anno. Questa pubblicazione, secondo gli usi locali, può ugualmente farsi nelle chiese principali e nelle chiese parrocchiali.
STORIA - Questa tradizione risale ai primi tempi della Chiesa. Il Patriarca d’Alessandria, in cui si trovavano i più abili astronomi della cristianità, aveva il compito d’inviare la data della solennità pasquale agli altri Patriarchi orientali ed al Sovrano Pontefice, il quale ne informava i metropoliti d’Occidente.
Si ritiene che il Concilio di Nicea abbia formalizzato quest’usanza. Benché non sia fatta menzione della fissazione della data di Pasqua nei canoni del Concilio niceno che ci sono stati conservati, si sa che la questione fu dibattuta e definita dal concilio grazie a tre testi: una lettera dell’imperatore Costantino, una lettera sinodale per la Chiesa di Alessandria ed una lettera di sant’Atanasio scritta nel 369 ai vescovi dell’Africa. Si ritiene che nel V secolo Cirillo d’Alessandria avrebbe scritto un’epistola pasquale nella quale indicava che «il concilio ecumenico votò all’unanimità che la chiesa di Alessandria, a causa dei suoi illustri astronomi, dovrebbe comunicare ogni anno alla Chiesa di Roma la data di Pasqua, e Roma la comunicherebbe alle altre Chiese».
Tuttavia, non è certo che questo passo si riferisca al primo concilio di Nicea.
Molti Padri della Chiesa dei primi secoli parlano di questo annuncio della data di Pasqua all’epoca della festa dell’Epifania. Il IV concilio di Orléans del 541 e quello di Auxerre del 578 ne hanno esteso l’uso in Gallia (su questo argomento si consulti il Canone letto all’ufficio primo dell’Epifania nell’antico breviario parigino).
Ben rapidamente, i vescovi presero l’abitudine di pubblicare ogni anno, il 6 gennaio, un’epistola festivalis, lettera pastorale nella quale erano annunciate ai fedeli le date di Pasqua e delle feste mobili dell’anno in corso.
Il rito romano possiede, per questa pubblicazione, una formula (il «Noveritis»), assai sviluppata, che si canta all’Epifania: alla proclamazione della data di Pasqua sono aggiunte anche quelle della Settuagesima, del mercoledì delle Ceneri, del sinodo diocesano, dell’Ascensione, della Pentecoste e della prima domenica dell’Avvento. Il recitativo romano utilizza lo stesso tono dell’Exultet della Vigilia notturna pasquale, ciò conferisce un saggio della gioia pasquale all’annuncio della data di Pasqua.
REGOLE LITURGICHE - Nel rito romano, il «Noveritis» è cantato nella festa dell’Epifania nelle cattedrali (e per uso nelle chiese parrocchiali), dopo il vangelo della messa più solenne del giorno. La proclamazione ne è fatta dall’Arcidiacono o, secondo l’uso dei luoghi, dal canonico precantore o da un altro canonico. Rivestito della cappa bianca, quello che è designato per questo ufficio si reca all’ambone o al leggio del Vangelo, ornato di una stoffa di seta bianca.
Celebrabitis non celebribitis
RispondiEliminaSetuagesima è il 31 gennaio, non il 30.
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