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domenica 6 dicembre 2020

Kwasniewski. "La Messa Tradizionale come antitesi dell’Ideologia Gender"

Un altro interessante intervento del  prof. Peter Kwasniewski.
Luigi

La Messa Tradizionale come Antitesi dell’Ideologia Gender.
30 Novembre 2020, Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, dal sito The Remnant rilanciamo questa analisi del prof. Peter Kwasniewski, che i lettori di Stilum Curiae conoscono bene. Ringraziamo Carlo Schena per l’amicizia, e la traduzione. Buona lettura. 
§§§
Per quanto possibile, provo a partecipare ogni giorno alla S. Messa presso una cappella gestita dalla Fraternità Sacerdotale San Pietro. Sebbene io prenda assai di rado il mio messalino per l’Ordinario della Messa, lo consulto invece sempre per il Proprio, cercando di pregarlo in profondità e di trarne saggezza. In effetti, non sarebbe esagerato dire che continuo a re-imparare la mia fede, e ad impararla meglio, tramite la S. Messa: è una scuola alla quale sono sempre iscritto, dove l’insegnamento è tranquillo, rispettoso, coerente, serio, ed efficace. Qui, l’apprendimento è delizioso, perché avviene senza didattismi forzati, tediosa verbosità o trovate imbarazzanti. Avviene, piuttosto, in quel modo naturale per cui un nuotatore si bagna d’acqua, se nell’acqua si tuffa.

Una cosa che mi ha davvero colpito nelle messe a cui ho partecipato questa settimana (e ogni settimana c’è qualcosa di nuovo!) è quanto fortemente la liturgia tradizionale mette in risalto tanto il lato femminile quanto quello maschile della natura umana e della vita cristiana. È assolutamente non androgina. La sequenza di feste che vanno dal 16 novembre al 20 novembre sono una splendida dimostrazione di questa caratteristica.

Il 16 novembre, ad esempio, è stata la festa di santa Gertrude la Grande, per la quale l’Epistola è tratta dal Comune delle Vergini (2 Cor, 11): “Sono geloso di te con la gelosia di Dio. Ti ho sposata con un solo marito, per presentarti come una vergine casta a Cristo”. Questo, ovviamente, viene applicato a Gertrude, ma descrive l’intera Chiesa come la casta sposa di Cristo. Il Vangelo racconta delle dieci vergini (Mt 25) che escono per incontrare lo sposo e la sposa. L’Offertorio parla delle figlie dei re e della regina. Nell’ordine spirituale, tutti ci uniamo a e veniamo resi fecondi da Cristo Re: questa è fondamentalmente la nostra vocazione battesimale.

Il 17 novembre, invece, troviamo San Gregorio Taumaturgo, uomo grande e valoroso. L’introito annuncia nobilmente: “Il Signore […] ha fatto di lui un principe, così che abbia in eterno la dignità del sacerdozio”. L’Epistola dal libro del Siracide batte sullo stesso tasto: “Egli lo ha glorificato agli occhi dei re, e gli ha dato una corona di gloria […] gli ha dato un grande sacerdozio […]”. Il Vangelo parla della immensa, infallibile forza della preghiera fatta con fede. L’Offertorio: “Ho trovato Davide, mio servo […] la mia mano lo aiuterà, e il mio braccio gli darà forza”. La Comunione: “Fedele e prudente è il servo che il signore ha preposto alla sua casa”. È tutto connotato da un carattere molto attivo e virile: quello che consideriamo ora è il sacerdozio ordinato, una partecipazione speciale a Cristo, lo Sposo, contemporaneamente Capo della Sua sposa, e colui che per lei offre la Sua vita.

Il 18 novembre è la festa della dedicazione delle basiliche dei SS. Pietro e Paolo. E qual è l’Epistola? “In quei giorni, io vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, discendere dal cielo, da presso Dio, preparata come una sposa che si è adornata per il suo sposo”. Ancora una volta viene sottolineato il tema della chiesa nuziale. Questo tema è messo ancora più chiaramente in luce quando il sacerdote usa, per l’occasione, il prefazio gallicano, come è ora consentito fare a tutti i sacerdoti, e come ha fatto il nostro cappellano:

È veramente degno e giusto, equo e salutare, che noi sempre e in ogni luogo rendiamo grazie a Te, o Signore santo, Padre onnipotente, eterno Dio: Tu che, essendo il Datore di tutto ciò che è buono, dimori in questa casa di preghiera che noi abbiamo costruito; e che santifichi con opera incessante la Tua Chiesa, che Tu stesso hai fondato. Perché davvero questa è una casa di preghiera, espressa in sembianze di edifici visibili, un tempio per la dimora della Tua gloria, la sede immutabile della verità, il santuario dell’ eterna carità. Questa è l’arca che ci conduce, strappati al diluvio del mondo, nel porto della salvezza. Questo è l’amata ed unica sposa, che Cristo acquistò col Suo stesso sangue, e che vivifica con il Suo Spirito: nel cui seno siamo rinati per Tua grazia, nutriti con il latte della parola, fortificati con il Pane di Vita, e riscaldati con l’aiuto della Tua misericordia. Ella combatte fedelmente sulla terra, assistita dal suo Sposo e, da Lui incoronata, trionfa eternamente in cielo. E così con gli angeli e gli arcangeli, con i troni e le dominazioni, e con tutte le schiere del celeste esercito, cantiamo un inno alla tua gloria, per sempre dicendo: Sanctus, sanctus, sanctus…

Il 19 novembre è la festa di Santa Elisabetta d’Ungheria. L’Epistola è tratta del libro dei Proverbi: “Chi troverà una donna valorosa? Più delle perle pregiate essa vale. In lei confida il cuore del suo sposo […] Essa gli dà gioie, e mai dispiaceri, per tutto il tempo della sua vita”. Tutta questa lettura tratta da Proverbi, 33, per quanto la Chiesa la applichi alle donne sante, merita soprattutto di essere letta come una parabola sulla Chiesa stessa – una parabola che si incarna (per così dire) nella Beata Vergine Maria, con assoluta perfezione.

Il 20 novembre è la festa di San Felice di Valois, che apparteneva alla famiglia reale, rinunciò ai suoi beni, si ritirò in un deserto, e infine fondò un istituto per il riscatto dei prigionieri dai musulmani. La Messa Comune a lui assegnata – la Justus ut palma – è, ancora una volta, essenzialmente virile, se così si può dire, come lo è la Colletta del giorno.

Ciò che vediamo, in altre parole, è qualcosa di simile a un dialogo liturgico tra sposa e sposo, come una spola che si muove avanti e indietro, realizzando un arazzo tanto più bello quanto sono le relazioni di contrasto tra ordito e trama. E, dal momento che le feste non sono facoltative, e le letture sono in armonia con il ciclo santorale, tutto questo viene SEMPRE presentato, anno dopo anno, ai fedeli che assistono alla Messa quotidiana.

Col tempo, i fedeli non possono fare altro che essere formati secondo quelle intuizioni tradizionali – vale a dire, date da Dio – circa i ruoli degli uomini e delle donne, su ciò che è appropriato alla mascolinità e alla femminilità, sugli ideali che dovremmo porci e sui modelli che dovremmo sforzarci di imitare. Sebbene l’educazione famigliare e la catechesi giochino senz’altro il ruolo più importante nello sviluppo di una sana comprensione della dualità sessuale della natura umana e dei vari modi nei quali, all’atto pratico, tale complementarità può essere vissuta – perché sicuramente non è un sistema a “taglia unica”: ci sono single che ancora non hanno scelto una strada, vergini consacrate, mogli, madri e vedove, proprio come ci sono scapoli, fratelli religiosi, sacerdoti, mariti, padri, vedovi – non può esserci d’altra parte dubbio che anche la preghiera pubblica e formale della Chiesa giochi un fine ruolo nel fornirci esempi luminosi e senza ambiguità dai quali traiamo principi di pensiero e di azione. Questi esempi li vediamo sia nel dipanarsi stesso della liturgia, con i suoi ministri, uomini, e con le donne ornate dal velo, sia nel culto dei santi che ci viene presentato con questi formulari di Messa particolarmente appropriati.

Una cosa che amo particolarmente è che l’immagine della donna nella liturgia tradizionale è un’immagine di regalità, di dignità, di potere – non del potere sacerdotale e regale, cosa che non sarebbe né appropriata né in effetti possibile, ma piuttosto delle figlie dei re, e delle regine, il cui regnare si realizza nel servire. In altre parole, la differenza non risiede nel fatto che “gli uomini sono al comando e le donne sono servi a contratto”, ma piuttosto tanto gli uomini quanto le donne governano nei loro rispettivi regni: vengono resi perfetti da ciò che hanno in comune come battezzati, nonché da ciò che li differenzia nelle loro vocazioni specifiche. Tutti i cristiani sono, insieme, la Sposa di Cristo, la Chiesa. Le vergini consacrate, guidate dalla Beata Vergine, divengono la sposa di Cristo nel modo più completo possibile. Le madri di famiglie cristiane emulano la maternità della Chiesa e della Madre di Dio. Tutti i sacerdoti, in quanto tali, tengono il posto di Cristo divino Sposo, ed esercitano una paternità divina. Il rito romano classico ha il potere di accentuare e sviluppare ciò che è maschile negli uomini, ciò che è femminile nelle donne, ciò che è umano in tutti noi, ciò che è divino in noi, per dono di Dio.

In un momento in cui i ruoli sessuali tradizionali sono stati rifiutati e persino criminalizzati dalla società mondana, quando il valore stesso dell’umanità viene messo in discussione, il ripristino del nostro culto tradizionale è ancora più importante per evitare fenomeni come la disforia di genere, la misantropia, l’aborto e simili altre malattie psicologiche che raramente – se non mai – si sono verificate in società sane, ma che oggi stanno proliferando in un Occidente decadente, disancorato dalla natura e dalla grazia. Queste malattie si possono prevenire con un’adeguata cura dell’anima. Sono proprio i grandi riti liturgici della tradizione cattolica che servono da modelli, profilassi, vitamine e cure. Anche se questi riti non bastano da soli a garantire la salute, non avremo mai la salute nella Chiesa senza di loro.

[Traduzione a cura di Carlo Schena]