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martedì 8 dicembre 2020

Il Calice dell’Immacolata Concezione tra i tesori della liturgia cattolica

«La povertà si ferma ai piedi dell’altare», ammoniva San Francesco d’Assisi (non lesinando, in merito, istruzioni dettagliate ai suoi fraticelli), e la Santa Chiesa Cattolica per quasi duemila anni si è mossa in tale solco, rendendo il dovuto e giusto onore a Dio anche attraverso la bellezza e la ricchezza dei paramenti e degli oggetti liturgici.
Tra questi oggi, festa dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, vogliamo ricordare uno dei calici più belli e preziosi, se non il più bello e prezioso, che arricchisce il Tesoro di San Pietro: il Calice dell’Immacolata, fatto confezionare a Roma dal beato Papa Pio IX nel 1854 affinché potesse essere utilizzato per l’offerta del Santo Sacrificio il giorno in cui si sarebbe definito il dogma dell’Immacolata Concezione.
Osservandolo non si può che rimanere meravigliati ed incantati davanti allo splendore dei quasi settecento diamanti che lo adornano e subito la mente del fedele corre all’odierna antifona all’Introito: Gaudens gaudébo in Dómino, et exsultábit ánima mea in Deo meo: quia índuit me vestiméntis salútis: et induménto iustítiæ circúmdedit me, quasi sponsam ornátam monílibus suis (Trasalirò di gioia nel Signore ed esulterà nel mio Dio la mia anima, perché mi ha rivestita di un abito di salvezza e mi ha avvolta con un manto di santità, come sposa adorna dei suoi gioielli).

L.V.



[…] una serie di tesori provenienti dalla Sacrestia pontificia del Vaticano e dai Musei vaticani, alcuni dei quali, come il «Calice dell’Immacolata Concezione», armonioso capolavoro di oreficeria sacra, utilizzato fino al 2001 da Papa Giovanni Paolo II […].
Si tratta del calice più prezioso esistente nella Chiesa Cattolica.
Realizzato in oro e tempestato da settecento diamanti è stato fatto fare appositamente da Papa Mastai Ferretti Pio IX per il giorno 8 dicembre 1854 in cui si celebrava la messa all’interno della Basilica di San Pietro in Vaticano, gremita di prelati e fedeli, per l’ufficiale proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima.
La scelta dei diamanti era proprio legata alle qualità della pietra: pura, incorruttibile, bellissima, come la Vergine Maria.
Un prezioso manufatto che porta in sé l’abilità delle botteghe orafe romane e la tradizione di un dono che, da pagano, si era miracolosamente trasformato in cristiano. Infatti, una tradizione tramandata oralmente ed ancora viva presso gli ambienti vaticani, narra di un magnifico cavallo ornato di stupendi finimenti in oro massiccio tempestati di grossi diamanti sfaccettati, inviato in dono dal Sultano d’Arabia, per il tramite del suo Ambasciatore presso la Corte pontificia, al Papa Pio IX in occasione della sua incoronazione al Sommo pontificato.
Alla morte del destriero, Pio IX, per mantenere vivo il ricordo del dono ricevuto e per onorare anche la memoria della devozione del Sultano, fedele seguace di Maometto ma non per questo chiuso a ciò che oggi definiremmo ecumenismo (tema ad oggi quanto mai attuale) fece commissionare all’orafo romano Spagna un calice ad uso liturgico, affinché tutto il materiale prezioso che costituiva le finiture del cavallo, potesse essere trasformato al servizio e a maggior gloria di Dio.
Così avvenne. L’occasione che si rese disponibile per la sua inaugurazione fu maggiormente significativa. Le cronache del giorno della proclamazione ufficiale dell’Immacolata raccontano di un raggio di sole che, passata la coltre di nubi del cielo romano di quell’8 dicembre 1854, filtra nella Basilica Vaticana dalla michelangiolesca cupola ed illumina il Pontefice poi il calice che si accende di un policromo sfavillio di luce prodotto dalla dispersione del diamante.
Non fu persa occasione da allora in poi perché il Papa usasse il prezioso calice che anche oggi si utilizza nelle maggiori celebrazioni presiedute dal pontefice e cioè in occasione della Pasqua, del Corpus Domini, della festa dei Santi Pietro e Paolo, nella celebrazione del Natale.

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