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domenica 22 novembre 2020

Alcuni riti sono più uguali degli altri?


Dalla primavera scorsa, i protocolli tra Chiesa italiana e Governo hanno indicato la comunione sulle mani come unica possibilità nella Messa, ma solo per i Cattolici. Così almeno si era dedotto confrontando gli accordi firmati in maggio, sostanzialmente differenti nel caso della Chiesa Cattolica e delle comunità ortodosse, nonostante l’identità del valore sacramentale in oggetto. Cito dagli allegati firmati rispettivamente il 7 e 15 maggio 2020. Ai Cattolici si chiede che “abbiano cura di offrire l’ostia senza venire a contatto con le mani dei fedeli”. Agli Ortodossi si chiede che offrano “l’Eucarestia in conclusione della Divina Liturgia senza venire a contatto con i fedeli”.

Una gaffe? Un fraintendimento? Una maliziosa interpretazione tradizionalista? Non pare, infatti questa indicazione è stata rinnovata dopo il 3 novembre, proprio nelle disposizioni perentorie di molte curie: la Comunione sulle mani è l’unica opzione. 

Ora, tale protocollo mette alle corde un cospicuo gruppo di fedeli che anche nella celebrazione Novus Ordo mantenevano la comunione sulla lingua. E che dire dei fedeli Vetus Ordo? La disposizione vigente ha spogliato totalmente della possibilità di comunicarsi l’intera comunità di fedeli che frequentano il rito tradizionale.

Come dovremmo interpretare il tutto? I fedeli che frequentano la Messa in Latino sono forse una non categoria in Italia? Oppure si tratta di una categoria senza diritti? Significa che alcuni riti sono più uguali degli altri?

Non si sa, e intanto ci teniamo questo stato di ingiustizia e ci torna in mente che alcuni mesi fa avevamo indicato proprio nella giustizia uno dei valori cruciali da restaurare per avviare un cammino di pacificazione nella Chiesa e tra gli uomini (cfr. www.coetusdeclaratio.it).

don Marco Begato