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sabato 24 ottobre 2020

Il documentario “Francesco”: possiamo iniziare a tirare le somme?

La dolorosa – è un eufemismo – vicenda del documentario Francesco, che sta monopolizzando l’attenzione della stampa e dei blog cattolici, non solo di area tradizionale, ha ormai assunto connotati sufficientemente chiari ed univoci da poter tirare, con tutta la prudenza del caso, ma anche con tutta la necessaria puntualità, una prima serie di conclusioni. Il futuro ci dirà quali altre ne potremo aggiungere.

Innanzitutto, occorre definire bene di che cosa si tratta.

Un regista – Evgeny Afineevsky, che ha una sua ben precisa storia professionale ed una ben precisa collocazione culturale, e che è un sostenitore del mondo LGBT – gira un documentario sul Papa. Questo documentario viene poi debitamente diffuso, tanto da suscitare lo tsunami nel quale ci troviamo tuttora coinvolti. 

Attenzione: si tratta di un documentario, non, come è stato detto troppo sbrigativamente, di un’intervista. In tal sede, dunque, conformemente alla natura dell’opera, l’autore assembla secondo il suo programma comunicativo materiale vario, tra cui alcuni spezzoni di un’intervista risalente al 2019; materiale messo insieme, anche con taglia e cuci mirati, per trasmettere l’idea che il regista ha del Papa. È un’operazione comunicativa legittima, e la gran parte dei documentari dedicati a una personalità importante sono impostati così: poi si può e deve discutere sull’esattezza del giudizio veicolato, sull’uso più o meno convincente o appropriato della documentazione assemblata; si possono condividere o contestare le conclusioni raggiunte, si può sostenere che esse non rappresentato adeguatamente la realtà, addirittura che la falsificano. Ma, dato che il documentario serve appunto per trasmettere una certa visione del personaggio, nel nostro caso del Papa, il punto veramente cruciale non è che sia stato costruito strumentalmente per far passare quella certa visione, perché la cosa è, in larga misura, fisiologica, percepibile e, tutto sommato, tollerabile: il documentario non è uno studio scientifico, ma è un’opera creativa e, dunque, non serve a descrivere asetticamente una realtà storica ma, piuttosto, a darne un’interpretazione. Il punto cruciale è qual sia la posizione che ciascuno – a incominciare dal diretto interessato – assume rispetto all’interpretazione del personaggio e alla lettura del suo pensiero proposte dall’autore.

Alla luce di tutto ciò, vediamo di dare il giusto peso a tutte le circostanze e gli elementi utili per capire che cosa sia successo e che cosa stia succedendo.

Punto primo: si deve presumere, fino a prova contraria, che il regista del documentario sia venuto legittimamente in possesso del materiale assemblato. Dunque gli è stato legittimamente concesso anche lo spezzone in cui il Papa parla delle unioni civili, benché quel passaggio fosse stato tagliato dalla versione “ufficiale” dell’intervista di cui fa parte. Un inedito che il regista ha consapevolmente utilizzato per uno scopo ben preciso.

Punto secondo: lo scopo ben preciso consiste nel trasmettere l’idea di un Papa gayfriendly, favorevole alle unioni civili, anche tra omosessuali.

Punto terzo: è ormai incontrovertibile che il Papa e il suo entourage abbiano visionato il documentario; è altresì più che scontato che siano a conoscenza sia del contenuto del messaggio veicolato (il Papa è gayfriendly e favorevole alle unioni civili), sia della tempesta che ne è derivata.

Punto quarto: dopo tutto ciò, il documentario è stato premiato in Vaticano; inoltre, sempre in Vaticano, il Papa ha personalmente festeggiato il regista in occasione del di lui compleanno.

Punto quinto (in realtà ci sembra irrilevante, alla luce dei precedenti): non c’è stata alcuna smentita, anzi, il tenore complessivo del messaggio è stato confermato da diverse personalità notoriamente vicine al Papa.

Ecco, dunque, le somme che possiamo tirare allo stato dell’arte: il documentario – anche se avesse assemblato in modo strumentale il materiale utilizzato – esprime comunque correttamente il pensiero del Papa, il quale, con il suo comportamento, lo ha ratificato. Non è dunque credibile che si tratti di una falsificazione sostanziale, o che il Papa non la pensi come appare nel film a lui dedicato.

Ovviamente, sono ipotizzabili alcune obiezioni.

Si potrebbe dire che il Papa non ha voluto ratificare nulla, che è stato solo gentile, comprensivo ed accogliente con il regista, ecc. ecc.. Ammettiamo che sia vero. Avremmo un Papa quantomeno totalmente inconsapevole delle conseguenze delle sue azioni. Forse dovremmo augurarcelo, anzi dobbiamo auguracelo, specie per la salvezza delle nostre anime, ma la situazione della Chiesa sarebbe comunque umanamente disastrosa.

Si potrebbe anche sostenere che sì, è vero, il Papa ha ratificato, ma il suo pensiero è del tutto ortodosso, accettabile, corretto, condivisibile; o che, comunque, essendo il Papa, egli può dire e fare liberamente ciò che vuole, e i fedeli devono adeguarsi. Lasciamo ad altri, competenti in materia, stabilire se questa obiezione sia teologicamente attendibile; ma se non lo fosse, la gravità della situazione verrebbe addirittura appesantita.

Infine, si potrebbe asserire che la dottrina è rimasta intatta, e che il documentario stesso lo dimostra. Resterebbe, a nostro avviso, il problema della dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2003; in ogni caso, sul punto non entra solo in gioco la teologia, ma anche la logica, dunque noi tutti possiamo azzardarci a dire qualcosa in merito. Per esempio: sostenere che la dottrina non cambia, ed essere favorevoli alle unioni civili, è come dire di essere interisti, ma tifare Juventus... Più seriamente, significa considerare dottrina e atteggiamenti concreti nell’agone sociale, culturale e politico come variabili indipendenti, come universi paralleli che non si incontrano mai. A ben vedere, è il presupposto fondante di Amoris Laetitia, e constatarlo conferma che il documentario rappresenta effettivamente l’attuale pensiero del Papa.

Di fronte a tutto ciò, ci pare che i cattolici di buona volontà non possano più adottare la strategia dello struzzo: imporsi di non vedere, di non sapere, di non capire. Dribblare la realtà non funziona più. Però, grazie al Cielo, della realtà fa parte anche il fatto che, come è stato autorevolmente notato, non siamo di fronte a magistero, ma ad opinioni private, non vincolanti e, appunto, opinabili. Nonostante tutti i documentari del mondo, la dottrina non può cambiare e davvero non cambia, come non ne cambiano le conseguenze, anche sul terreno socio-politico e giuridico. Ma il nostro cuore è spezzato.

Enrico Roccagiachini