Riproponiamo un estratto dell'intervista rilasciata dal Card. Camillo Ruini a Il Corriere della Sera, 06.10.2020.
L'ottimo cardinale tratta di vari temi, dalla crisi della Chiesa Italiana (corruzione ad alti livelli), alla recessione dell'impegno dei politici cattolici e spiega come per loro i principi non negoziabili debbano essere necessariamente difesi perchè inscindibili dalla fede.
Infine ammette che esiste un movimento conservatore che critica il Papa Francesco ma spiega che criticarlo in senso costruttivo non vuol dire essergli "contro", anche se esiste chi gli è ostile.
Roberto
Ruini: «La Chiesa italiana è in declino.
Criticare papa Francesco? Non significa essergli contro»
Il cardinale: «La corruzione, specialmente in alto loco, è una delle più gravi piaghe della Chiesa».
Cardinale Ruini, il nuovo libro di Massimo Franco parla del declino politico-culturale della Chiesa italiana. Lei è d’accordo?
«Sì, purtroppo. La dimensione culturale è strettamente legata alla fede e la dimensione
politica ha un’ovvia connessione con quella culturale. Questo declino non può non preoccupare. Occorre reagire: un compito che spetta ai laici credenti, ma anche alla Chiesa come tale. Oggi è più difficile di qualche anno fa; ma non è impossibile».
politica ha un’ovvia connessione con quella culturale. Questo declino non può non preoccupare. Occorre reagire: un compito che spetta ai laici credenti, ma anche alla Chiesa come tale. Oggi è più difficile di qualche anno fa; ma non è impossibile».
Lei ha la sensazione che i temi storicamente cari ai cattolici, a cominciare dalla difesa della vita e della famiglia, non facciano più parte dell’agenda politica?
«Direi che ne fanno parte assai meno di prima. Ma non sono spariti, e nemmeno lo potrebbero: nel contesto dell’Occidente contemporaneo sono inevitabilmente oggetto di dibattito. È di pochi giorni fa una buona notizia, almeno dal mio punto di vista: la Santa Sede ha ribadito con forza il rifiuto dell’eutanasia».
Ma l’emergenza Covid non ha restaurato la centralità, se non della Chiesa, della missione dei suoi sacerdoti?
«Per assistere le persone colpite dalla pandemia hanno perso la vita, accanto a tanti medici e infermieri, anche molti sacerdoti e religiose. La Chiesa italiana si è confermata anche in questa occasione una Chiesa vicina alla gente».
In questi mesi abbiamo avuto un po’ tutti paura della morte. Lei ci ha pensato? Ha avuto paura? Siamo usciti dalla fase acuta della pandemia più forti, o almeno più consapevoli?
«Ormai da anni alla morte penso ogni giorno. Anzi, più volte al giorno, soprattutto quando prego. La morte mi fa sicuramente paura. Ma accanto alla paura, e più forte della paura, sento in me la speranza nell’amore e nella misericordia di Dio. La fede in Dio cambia in profondità il nostro rapporto con la morte: oggi ne parliamo troppo poco. La pandemia ci ha fatto riflettere sulle cose che contano veramente. Speriamo di non dimenticarcene troppo presto».
Che cos’ha provato nel vedere i portoni chiusi delle chiese?
«Li ho visti solo in tv: esco raramente di casa. Ne ho avuto un’impressione triste, mitigata dalla fiducia che il Signore possiamo trovarlo ovunque. Anzi, lui per primo trova sempre la strada per incontrarci».
Torniamo al declino della Chiesa. Cosa dovrebbero fare i cattolici per contare di più, sia nella politica che nella discussione culturale? Come si ferma la scristianizzazione?
«Dobbiamo avere più fiducia nella bontà e nell’attualità di una cultura che abbia il cristianesimo alle sue radici. Un rapporto sano e fecondo tra cattolici e politica passa attraverso la mediazione della cultura. Poi naturalmente occorrono capacità politiche e un grande amore per la libertà. Fermare la scristianizzazione è molto difficile. Non si può farlo solo a livello culturale e tanto meno politico. Decisiva è una testimonianza cristiana autentica, personale e comunitaria. In ultima analisi, decisiva è la grazia di Dio».
Non solo Venezia, Torino, Genova, ma persino Milano oggi non ha un cardinale. Non è anche questo un segno di declino?
«Cent’anni fa era italiana la maggioranza assoluta dei cardinali. Con Pio XII è iniziata l’internazionalizzazione, più in sintonia con la cattolicità o universalità della Chiesa, che con Papa Francesco sta conoscendo un ulteriore sviluppo. Naturalmente deve esserci un limite anche a questo processo. Non sarebbe bene che l’Italia fosse sottorappresentata. Anche perché Roma, sede dei successori di Pietro, è la capitale d’Italia».
Qualche cardinale straniero ha teorizzato che il peso degli italiani dovesse diminuire: «Meglio venire da Tonga che da Milano». È diventato un problema essere italiani?
«Non credo che i vescovi italiani avvertano un problema del genere. A ogni modo, la nazionalità sia italiana sia non italiana non deve essere né una colpa né un titolo di merito. Ce lo chiede la natura stessa della Chiesa».
Qualche guaio però in Curia gli italiani l’hanno combinato. Che idea si è fatto del caso Becciu?
«Non ho elementi per una mia valutazione personale. Vorrei dire però che i mezzi di comunicazione sono comprensibilmente attenti alle vicende negative; ma esiste nella Chiesa una moltitudine di persone e di comportamenti che sono invece decisamente positivi, e che la gente conosce perché ne fa esperienza. Per questo la Chiesa è sopravvissuta nei secoli alle sue peggiori crisi».
Però nella Chiesa la corruzione esiste.
«La corruzione, specialmente in alto loco, è una delle più gravi piaghe della Chiesa. Da giovane pensavo che si trattasse di un problema del passato ormai remoto; ma mi illudevo. Continuo a sperare che ne usciremo, con l’aiuto di Dio e facendo ciascuno la propria parte».
Non abbiamo un Papa italiano da quasi mezzo secolo. Essere italiano è ormai un handicap per diventare Papi?
«Penso proprio di no. Direi piuttosto che non è più un vantaggio, o addirittura un pre-requisito; ma è bene che non lo sia più. Papa deve essere eletto colui che è ritenuto più degno e idoneo, indipendentemente dalla nazionalità».
Esiste un movimento conservatore internazionale contro Francesco?
«In qualche modo, esiste; ma ha varie accentuazioni e sfaccettature. Solo pochi possono davvero essere considerati “contro” Papa Francesco: ad esempio, non tutti coloro che hanno formulato qualche critica con intenti costruttivi».
C’è spazio oggi in Italia per un partito dei cattolici? Magari al seguito del premier Conte…
«Non vedo uno spazio del genere. I cattolici devono puntare sui contenuti dell’azione politica, individuati anche alla luce di una visione cristiana dell’uomo e della società; e devono collaborare con chi, cattolico o no, condivide tali contenuti. Oggi purtroppo in larga misura manca proprio l’attenzione a una visione cristiana».
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È in declino dappertutto (la loro chiesa, ovviamente, quella modernista). Del resto, quando, da decenni, si è abbandonata la propria missione, qualcosa dovrà pur succedere...
RispondiEliminaun bravo democristiano, mi aspettavo qualcosa di più
RispondiEliminaLa chiesa cattolica con la sua ossessiva paura per il comunismo ha permesso prima l'ascesa del fascismo e poi di Berlusconi, fenomeni che hanno distrutto il Paese. Ruini ha spinto per Berlusconi ai tempi, il piccolo diavolo di Arcore che ha riempito il parlamento di prostitute che vanno poi a condizionare i maschi e ad attirare sventure sul Paese. Santa Giovanna D'Arco sapeva come la presenza delle prostitute in battaglia attirasse castighi divini. Eppure i politici "cattolici" si alleano a Berlusconi tutt'ora. Le donne compagne di sinistra saranno anche degradate sotto alcuni aspetti ma sono comunque molto più signore e civili di quelle Olgiettine che hanno riempito il parlamento e reso questo Paese uno orrore antropologici. Berlusconi inoltre come faceva anche la lega è pro aborto. Ma agli uomini di destra le donne piacciono o sottomesse e cornute o prostitute perché sono uomini che soffrono di disturbo narcisistico di personalità. E questi politici hanno pure il coraggio di nominare la Madonna. La politica deve stare fuori dalla Chiesa, sia di sinistra che di destra.
RispondiEliminaLa smetta di leggere La Repubblica....fa male alla salute
EliminaNon c'è niente da fare. E' incorreggibile. Nonostante il fallimento del suo "progetto culturale" Don Camillo continua a pontificare come se il principale responsabile della crisi della chiesa italiana non fosse lui.
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