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sabato 12 settembre 2020

L'ultima genialata del Card. K. Koch (Unità dei Cristiani): "Potremmo unificare le due forme del Rito Romano e unire i messali, quello antico e quello nuovo"

Ma perchè si scandalizzano tanto sulla duplicità delle due forme (straordinario e ordinario) del Rito Romano? Nella Chiesa Cattolica ci sono due grandi RITI: quello Latino e quello di Oriente. All'interno di entrambi si differenziano, per peculiarità rituali, pur nella professione della medesima fede, diversi Riti (ad esempio quello Romano, quello Ambrosiano) e dei vari Riti esistono a volte diverse forme (come quello tridentino e quello nuovo). Ma nessuno dice nulla. 
Da questa ossessione per la presenza della forma extraordinaria del Rito Romano concomintante a quella idolatrata "post-conciliare" (e la sostanziale indifferenza per le altre forme e gli altri Riti) si ha conferma dell'accanita avversione, solo per motivi ideologici, verso il Messale tridentino. Non può essere altrimenti, se no il porporato tedesco dovrebbe invocare una unificazione di tutti i messali in un unicum omnicomprensivo. Come mai però il Rito Mozarabico o quello Ambrosiano possono coesistere al Rito Romano senza problemi?   
Sotto all'intervista al Card. Koch, un bel articolo di Aleteia del 2015 sulla ricchezza di riti nella Chiesa Cattolica. 
Roberto. 

da Informazione Cattolica, via Korazym.org 7.9.2020

Intervistato dalla rivista cattolica tedesca Herder Correspondenz, il Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha suggerito un’idea per il futuro riguardante il Rito della Santa Messa. “Ci dovrebbe essere una riconciliazione delle due forme”, ha spiegato il Cardinale Koch, riferendosi al Rito post conciliare riformato da San Paolo VI e al Rito “tridentino” pre Concilio Vaticano II e che da ultimo era stato leggermente ritoccato da San Giovanni XXIII.

“Così potremmo avere una forma come sintesi anziché due diverse forme”, ha spiegato il Cardinale Koch, ritenendo che non ci si può aspettare nient’altro, poiché a lungo termine non può rimanere la coesistenza delle due forme.
“L’Eucaristia è la celebrazione centrale dell’unità della Chiesa. Non può avere questo significato se ci sono conflitti e controversie al riguardo”, ha detto Koch.
Specificando il suo pensiero al quotidiano tedesco Die Tagespost, Koch ha detto anche che un tale cambiamento richiederà probabilmente molto tempo e molta pazienza.
Il Cardinale ha chiarito al Die Tagespost che le sue considerazioni sulla rivista Herder Corrispondenz si basano sul pensiero di Papa Benedetto XVI. Secondo Koch, Papa Benedetto XVI era consapevole che “a lungo termine, la coesistenza delle forme, ordinarie e straordinarie del rito romano, non poteva continuare” ma che “la Chiesa avrà bisogno di un rito comune in futuro”.
Sempre secondo il Cardinale Koch, Papa Benedetto XVI sapeva anche che una nuova riforma liturgica non può essere prescritta, poiché richiede un processo di crescita. Tale tesi era stata formulata dall’attuale Papa Emerito già nel 2000 attraverso il libro-intervista “Dio e il mondo”, dove aveva assicurato al giornalista Peter Seewald riguardo a un possibile cambiamento nella liturgia che “se una sorta di movimento si sviluppa dall’interno e non è semplicemente imposta dall’alto, allora arriverà”.

*



La domanda è obbligatoria: perché questo accanimento nella Chiesa Cattolica Romana – e curioso dettaglio, perché questo intervento del responsabile per l’ecumenisme e non della liturgia – contro la forma straordinario del Rito Romano (il Rito “tridentino” pre Concilio Vaticano II), mentre continuano ad esistere in tranquillità diversi altri Riti nella Chiesa Cattolica Romana?

Anzitutto va detto, che il Mistero pasquale celebrato nella liturgia cattolica (e ortodossa) è uno, ma le forme della sua celebrazione sono diverse. La Chiesa di Cristo, fedele alla fede apostolica, dalla prima comunità di Gerusalemme fino alla fine dei tempi celebra e celebrerà in ogni luogo lo stesso Mistero pasquale. Le varie tradizioni liturgiche o Riti manifestano la cattolicità (che significa “universalità”) della Chiesa per il fatto di significare e comunicare lo stesso Mistero di Cristo. I diversi Riti nella Chiesa si sono formati nei tempi e nelle varie regioni in cui si è diffusa la Chiesa. Tutti i Riti derivano da quella prima “frazione del pane” praticata dagli apostoli, secondo le istruzioni ricevute da Gesù, per commemorare la sua morte e risurrezione, celebrando l’Eucaristia. In seguito, alla primitiva semplicità di quelle celebrazioni si sono aggiunti nuovi elementi di letture sacre, preghiere e invocazioni. Sono così nati i vari modi di celebrare che ora chiamiamo “Riti”. Il criterio che assicura l’unità nella multiformità delle tradizioni liturgiche è quindi la fedeltà alla Tradizione apostolica, ovvero la comunione nella fede e nei sacramenti ricevuti dagli apostoli, comunione significata e garantita dalla successione apostolica.

La Chiesa Cattolica, sia in Occidente che in Oriente, ha un’ampia gamma di riti, con quattro “tronchi” principalii:

In Occidente:
– Rito Latino

In Oriente:
– Il Rito Antiocheno (Siriaco)
– Il Rito Bizantino (nato da un gruppo di riti provenienti dal Rito Antiocheno sotto l’influenza di San Basilio e San Giovanni Crisostomo)
– Il Rito Alessandrino (Egitto).


In questi quattro “tronchi” si raggruppano tutti i 29 riti oggi esistenti.
Nel Rito Latino dell’Occidente si distinguono:

1. Il Rito Romano: la liturgia tridentina ha avuto la sua ultima espressione nel Messale di Papa Giovanni XXIII del 1962, usato fino al Concilio Vaticano II (Forma Straordinario del Rito Romano); il Messale postconciliare del 1970 di Papa Paolo VI, rivisto da Papa Giovanni Paolo II con la terza edizione tipica (Forma Ordinaria del Rito Romano). Nei termini del Motu proprio Summorum Pontificum di Papa Benedetto XVI del 7 luglio 2007, sull’uso della liturgia romana precedente alla riforma del 1970, si è indicato che la Messa tridentina, ovvero il Messale Romano promulgato da San Pio V e nuovamente modificato da Giovanni XXIII con il Messale del 1962, deve essere considerata come espressione straordinaria della liturgia della Chiesa. Per questo è lecito celebrare la Santa Messa secondo l’edizione tipica del Messale Romano promulgato da Papa Giovanni XXIII.

Alcuni Riti liturgici latini persistono oggi per la celebrazione della Messa in forma rivista dal 1965-1970, ma i Riti liturgici specifici per celebrare gli altri sacramenti sono stati praticamente abbandonati. Tra quelli ancora in vigore:
– Il Rito Bracarense o Bragano, forma opzionale in uso nell’Acidiocesi di Braga, sede del Primate del Portogallo.
I riti di alcuni ordini religiosi, che restano in uso in forma limitata con il permesso dei superiori ecclesiastici grazie al Motu proprio Summorum Pontificum. Grazie a questo testo, gli ordini religiosi con rito proprio hanno recuperato la loro liturgia. Questi riti sono simili al Rito Romano nella sua Forma Straordinaria, ma con alcune particolarità:
– Il Rito Premostratense dell’Ordine dei Premostratensi.
– Il Rito Domenicano dell’Ordine dei Predicatori.
– Il Rito Carmelitano dell’Ordine del Carmelo.
– Il Rito Certosino dell’Ordine dei Certosini.
– Il Rito Cistercense dell’Ordine dei Cistercensi.
Tra i riti oggi in disuso:
– Il Rito Celtico.
– Il Rito Gallicano (Francia), di cui si conserva il libro liturgico più antico della Chiesa latina (V secolo), ha subito un notevole influsso orientale e ha vissuto una sorta di rinascita nel XVII e nel XVIII secolo in varie liturgie regionali, come quella di Lione.
Questi riti e alcuni altri di minore importanza sono stati assorbiti dalla liturgia romana.

2. Il Rito Ispanico o Mozarabico (Spagna e Portogallo), noto almeno dal VI secolo, ma probabilmente affonda le radici nell’evangelizzazione originaria, il suo uso è persistito tra i mozarabici, ovvero i cristiani sottomessi agli arabi in Spagna e la sua celebrazione attualmente è in genere semiprivata.

3. Il Rito Ambrosiano dell’Arcidiocesi di Milano e in alcune zone vicine, simile al rito romano, con alcune varianti nei testi e una leggera differenza nell’ordine delle letture.

[Fonte: Padre Henry Vargas Holguin – Aleteia, 17 marzo 2015]

Conclusione

Spingere pragmaticamente due essenzialmente opposti insieme, significa essenzialmente abusare della parola riconciliazione.

12 commenti:

  1. Sono d’accordo sul fatto che lo stesso emerito sostenga che i due riti alla fine debbano sfociare in un rito unico riformato

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  2. Sono sempre più convinto che sarebbe bastato fermarsi al Messale del 1966.

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  3. L'introduzione contiene numerose imprecisioni. "Latino" e "orientale" non sono due riti ma, tutt'al più, due famiglie di riti: nemmeno ciò anzi è corretto perchè in Oriente ci sono famiglie tra loro molto diverse. All'interno della medesima famiglia (es. latina) vi sono numerosi riti (es. romano, ambrosiano, mozarabo), e dei singioli riti esistono numerosi usi (del romano lo sono il patriarchino, il lionese, il bracarense etc.). Fino al 2007 però non sono MAI esistite due "forme" del medesimo rito. Anzi, un articolo di don M. Tranquillo apparso anni fa su La Tradizione Cattolica spiega come sarebbe pure difficile considerare i due messali come usi del medesimo rito. Dal punto di vista storico la situazione è certamente unica e anomala.

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    1. Molto interessante, certamente da approfondire, il commento di Unam Sanctam. Grazie

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  4. E sì che il primo aprile è ben lontano...
    Ma quando si estingueranno questi mostri?

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  5. questo articolo a mio avviso ha notevoli imprecisioni:
    - confonde il rito gallicano precarolingio, che era una liturgia affine a quella mozarabica, con i riti cosiddetti neo-gallicani, che erano 'liturgie sorelle' del rito della Chiesa di Roma dopo l'epoca carolingia, nati dalla commistione dell'antica liturgia romana con vari elementi gallicani. il rito gallicano antico poi non ha influssi carolingi, ma solo elementi comuni
    - il rito ambrosiano ha molte più differenze di quelle che menziona l'autore
    - il rito mozarabico era ridotto al lumicino fino a pochi decenni fa, ma ora ci sono anche vescovi che lo celebrano in pubblico https://www.youtube.com/watch?v=YbJ8OxlnLuQ
    - lascia intendere poi che il rito lionese sia in disuso, quando esso ancora sopravvive


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    1. Gsimy ha perfettamente ragione: l'articolo postato presenta delle notevoli imprecisioni.
      E' interessante, nel commento citato, il link della celebrazione in rito mozarabico che grazie a San Giovanni Paolo II viene celebrato con ogni cura nella Cattedrale di Toledo. ( https://www.youtube.com/watch?v=YbJ8OxlnLuQ )
      A Toledo è canonico Mons. Juan Miguel Ferrer Grenesche già sottosegretario della Congregazione per il Culto Divino durante il pontificato di Benedetto XVI cioè durante la debolissima, contrastatissima e breve primavera della rinascita cultuale cattolica.

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  6. Se mai accadrà sarà semplicemente un fallimento. Il vetus ordo resterà in uso in forma clandestina in attesa di tempi migliori. nel frattempo la chiesa visibile continuerà a decadere sotto qualsiasi tipo di rito. Senza Fede i riti sono parole vuote.

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    1. Quello è poco, ma sicuro. Come fu un fallimento il pastiche imposto nel 1969 che ha avuto, come maggior effetto, quello di svuotare le chiese in pochi anni.

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  7. La proposta cardinalizia è invece intelligente al di là della condivisione dei singoli suoi passaggi.
    Ciò non toglie la possibilità di celebrare more antiquo per chi volesse continuare a farlo.

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    1. Anche io penso, come il commentatore delle 17:25, la proposta del Cardinale Koch è interessante perchè "non toglie la possibilità di celebrare more antiquo per chi volesse continuare a farlo" ed è fondata nella contingente realtà liturgica e disciplinare dei giorni attuali.

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    2. Bello che il "a voi cosa toglie?" abbia invaso anche qui!

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