Parole chiare del giudice Giacomo Rocchi.
Luigi
La Nuova Bussola Quotidiana, 20-07-2020, Giacomo Rocchi
Un'intervista - con annessa rettifica - di Massimo Gandolfini offre lo spunto per un chiarimento a proposito del ddl Zan contro l'omofobia. Perché non da oggi nel mondo cattolico si punta a una legge "buona" sull'omofobia. Ma è profondamente sbagliato: non è solo un problema di libertà, ma di verità.
dopo la manifestazione a Roma delle Sentinelle in piedi – un successo, come le altre in tutta Italia – sono stato sorpreso da un passo di un’intervista del Giornale di Brescia al prof. Gandolfini: “Non siamo contrari a una legge contro l’omofobia, il problema è com’è scritta questa legge”. Il giorno dopo, però, ho letto una rettifica, fatta “al fine di evitare malintesi”, in cui si ribadisce che il disegno di legge Zan è “inutile, dannoso e pericoloso”, “introduce di fatto il reato di opinione” ed è “incompatibile con una società democratica che trova nella libertà di pensiero e di manifestazione uno dei suoi pilastri inalienabili”; quindi, “un’opposizione netta” a questo disegno che “toglie la libertà al cittadino di manifestare la sua opinione in ordine ad aberrazioni sociali ed antropologiche, quali l’utero in affitto, la negazione del diritto del bimbo ad avere mamma e papà, l’educazione scolastica e sociale secondo l’ideologia gender”; “nessuno deve essere obbligato per legge a rinunciare al proprio pensiero sul tema della differenza dei sessi e della personale visione etica della sessualità”.
Psicodramma rientrato? Non ho mai dubitato del prof. Gandolfini! Tuttavia, meglio tornare sulle ragioni dell’opposizione a questo progetto: fa problema come è scritto il progetto Zan? Di più: è solo un problema di libertà?
In rete è circolato lo scritto di Mario Palmaro del 9 agosto 2013 sulla Bussola – vede, Direttore, quanto è prezioso il vostro lavoro e come è impegnativo il nome che vi siete dati? – in risposta a quello del prof. D’Agostino su Avvenire, che sosteneva la versione di un progetto scritto male: “Se qualcuno mi chiede se bisogna opporsi alla repressione legale dell’omofobia, rispondo di no […] dico che è a questo disegno di legge che bisogna eventualmente opporsi, se si riscontra che contiene norme liberticide. […] Non è una legge contro l’omofobia […] che deve preoccuparci, bensì una sua cattiva formulazione …”, fermo restando che “ogni violenza e ogni discriminazione, così come ogni incitazione in tal senso, sono inaccettabili […]”.
Nel “nostro mondo” qualcuno, da sempre, ha un obiettivo: un testo di legge “accettabile”, anzi: “buono”, anzi: “raccomandabile”. Insomma: una “legge cattolica sull’omofobia”; forse “imperfetta” ma, tenuto conto del periodo in cui viviamo, da ritenere un grosso successo …
Del resto, intervista e rettifica sono giunte dopo la manifestazione di Roma, davanti alla Camera dei Deputati, durante la quale politici facevano interviste e prendevano impegni: in effetti, il 27 luglio inizia l’esame degli emendamenti, con la concreta possibilità di una riscrittura del testo del progetto unificato.
Sarò maligno: ma, dopo il “noi” dell’intervista (“non siamo contrari ad una legge contro l’omofobia”), nella rettifica si usa la prima persona singolare: “la mia personale posizione è chiara e nota pubblicamente”. Se il caro prof. Gandolfini si è sfilato da quel “noi”, altri sono rimasti lì?
Non sintetizzo lo scritto di Mario Palmaro: leggetelo e apprezzate la chiarezza di pensiero, la capacità di esposizione, il coraggio! Piuttosto, riassumo perché quel “noi” del prof. Gandolfini mi abbia ferito (avevamo manifestato insieme!).
Allora: sono contrario ad una legge – a qualsiasi legge! – contro l’omofobia! Il progetto di legge non può essere emendato, deve essere censurato e respinto per intero!
Il fatto è che l’omofobia non esiste (e nemmeno la lesbofobia, la bifobia e la transfobia di cui si parlerebbe il 17 maggio di ogni anno nelle scuole e nei discorsi del Presidente della Repubblica). Questo è il punto: non parliamo solo di libertà di pensiero, espressione, educazione ecc., ma di verità.
Una legge non può fondarsi su un concetto falso ed ingannevole. L’omofobia non è una patologia (la legge punirebbe i malati?) né una condotta (la legge penale punisce le condotte, non le opinioni).
L’atteggiamento intollerante verso le coppie omosessuali in luoghi pubblici? Beh, oggi l’intolleranza si manifesta verso molte “categorie” (i cristiani con le loro antiche chiese, le famiglie numerose, i bambini, le donne che lavorano e hanno una famiglia, i preti); comunque, quando il sentimento si trasforma in violenza o ingiuria viene già punito. In realtà si vuole stabilire per tutti e definitivamente che l’omosessualità è buona, che l’ideologia gender è giusta, che i bambini possono cambiare sesso/genere/identità di genere, che una mamma o un padre non sono necessari, che è meglio comprare i figli piuttosto che concepirli in un rapporto perenne di amore, e così via.
Non è (solo) un problema di libertà: che lo Stato democratico si fermi davanti alla camera da letto non comporta affatto che tutto è buono e giusto, è proponibile alla società, ai ragazzi, ai bambini. Di più: non tutte le differenze di trattamento sono ingiuste se giustificate dall’omosessualità, dall’adesione all’ideologia gender, dal travestitismo, dal transessualismo: spesso sono doverose (come il divieto del ricorso alla fecondazione artificiale per le coppie omosessuali), altre volte sono un diritto che deve essere mantenuto (scelta di insegnanti, di baby-sitter, rifiuto di iniziative “educative”, tutela della privacy, libertà del lavoro ecc.). Lo Stato deve favorire lo sviluppo della famiglia naturale fondata sul matrimonio e aiutarla a svilupparsi e a generare figli.
Siamo in una guerra totale, dopo quelle sul divorzio, l’aborto, la fecondazione artificiale, l’eutanasia, le unioni civili, una guerra durissima: ma non possiamo annacquarla. Chi punta ad una “legge cattolica contro l’omofobia” spera di evitare lo scontro, la battaglia. Li capisco, ma non possiamo! Forse ci sono altri obiettivi: la permanenza nella società “che conta”, il successo apparente in politica, i soldi (non solo l’8 per mille! Quanta parte dei 4 milioni di euro stanziati ogni anno per “finanziare politiche per la prevenzione e il contrasto della violenza” andrebbero a centri cattolici contro le discriminazioni?).
Ma ogni compromesso su principi fondamentali determina una sconfitta integrale rispetto ai valori da difendere. Come ci spiegano Scandroglio e Fontana, qui non esistono leggi imperfette, ma leggi giuste o ingiuste. Le vicende della legge 40 sulla fecondazione artificiale ce lo hanno insegnato.
Certo: la legge Zan è anche una promessa di carcere per chi dirige le manifestazioni contro il progetto, di censura, di punizione dei genitori che terranno a casa i figli quando la scuola diventerà arcobaleno, di licenziamento di insegnanti, dipendenti pubblici e privati e giornalisti per qualunque “errore” anche minimo, di divieti di manifestazioni, di carabinieri nelle canoniche per identificare chi parla e chi ascolta, di preti pubblicamente censurati e minacciati (e, temo, rimproverati dai Vescovi). Nei social network fioccheranno le chiusure e gli oscuramenti e dalla televisione pubblica e privata scompariranno i pochi che, ancora, riescono a difendere la verità.
Quindi, sì: libertà, libertà, come abbiamo gridato rivolti ad un Parlamento di un Paese democratico!
Una battaglia per la verità e la libertà!
A parte che se è una "fobia" ciò significa che il "fobico" non può farci nulla, non è una sua opinione, non è un suo tipo di odio ragionato verso altri, se è una fobia (cioè una paura) significa che la cosa è istintiva, è quindi inevitabile e non c'è niente di male. Per cui i fautori del pensiero unico sbagliano anche nel metodo, dato che il "fobico" è un incolpevole. Ma la verità è che vogliono cancellare tutte le opinioni difformi: chi la pensa diversamente da Gates, Soros & company viene dipinto come un ignorante o un delinquente o un fobico. Questi miliardari pervertiti e annoiati vorrebbero modellare il mondo a loro immagine e somiglianza, ma non ce la faranno mai: la gente è lontana da quel sentire perverso.
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