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sabato 18 luglio 2020

Mario Palmaro nel 2014: "Il fumo di Satana nella Chiesa"

Non si stupiscano i nostri lettori se riprendiamo una lunga lettera del compianto Mario Palmaro che scrisse nel 2014 a Riccardo Cascioli.
Sembra scritto per oggi.
Ricordo Mario con affetto e nostalgia.
Invito anche i nostri lettori a leggere i suoi bellissimi libri e i tanti suoi articoli pubblicati da MiL.
Luigi

Il fumo di Satana nella Chiesa
08-01-2014

Quella che segue è una cosa un po' insolita, ma essendo l'argomento centrale per la vita della Chiesa e per il nostro lavoro, ve la proponiamo pur sapendo di chiedere un notevole impegno a chi vorrà arrivare fino in fondo. Mario Palmaro, firma ben nota ai lettori de La Nuova BQ, mi ha scritto una lunghissima lettera per esprimere pubblicamente la propria indignazione per la deriva che sta prendendo la Chiesa, soprattutto di fronte all'offensiva omosessualista che sta interessando tutto il mondo. Alla lettera segue una mia risposta, che non vuol chiudere il discorso, ma aprirlo anche ad altri contributi. Palmaro, insieme al suo amico e collega Alessandro Gnocchi, nei mesi scorsi è stato al centro di polemiche per una serie di articoli scritti su Il Foglio, in cui criticava duramente papa Francesco. Lo stesso Papa gli ha poi telefonato a casa per chiedergli notizie della sua salute, avendo saputo che Palmaro è stato colpito da una gravissima malattia. Colgo perciò questa occasione per chiedere a tutti i lettori di pregare per lui.

Caro direttore, 

ho letto il tuo editoriale del 3 gennaio – “Renzi, se questo è il nuovo che avanza” – e non posso che condividere la tua analisi sulla figura del nuovo segretario del Pd, sulla sua furbizia disinvolta, sul suo trasformismo, sulle contraddizioni inevitabili tra il suo dirsi cattolico e il promuovere cose che contrastano non solo con il catechismo ma con la legge naturale. Aggiungo i miei complimenti per quello che fai da tempo con la Bussola su questa frontiera dell’offensiva omosessualista e non voglio rimproverarti nulla.

Però avverto la necessità di scrivere a te e ai lettori ciò che penso. In tutta sincerità: ma il nostro problema è davvero Matteo Renzi? Cioè: noi davvero potevamo aspettarci che uno diventa segretario del Partito democratico, e poi si mette a difendere la famiglia naturale, la vita nascente, a combattere la fecondazione artificiale e l’aborto, a contrastare l’eutanasia? Ma, scusate lo avete presente l’elettorato del Pd, cattolici da consiglio pastorale, suore e parroci compresi? Secondo voi, quell’elettorato che cosa vuole da Renzi? Ma è ovvio: i matrimoni gay e le adozioni lesbicamente democratiche. Ma, scusate, avete mai ascoltato in pausa pranzo l’impiegato medio che vota a sinistra? Secondo voi, vuole la difesa del matrimonio naturale o vuole le case popolari per i nostri fratelli omosessuali, così orribilmente discriminati? Smettiamola di credere che il problema siano Niki Vendola o i comunisti estremisti brutti e cattivi, e che l’importante è essere moderati: qui i punti di riferimento dell’uomo medio sono Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, le coop e Gino Strada, Enzo Bianchi ed Eugenio Scalfari. Renzi mette dentro nel suo frullatore questi ingredienti essenziali del suo elettorato, miscelandoli con dosi omeopatiche di don Ciotti e don Gallo, e il risultato è il beverone perfetto che tiene insieme la parrocchietta democratica e l’Arcigay. Aspettarsi qualche cosa di diverso da lui sarebbe stupido. 

Lo scandalo, scusate, è un altro. Di fronte a Renzi che fa il Segretario del Pd e strizza l’occhio ai gay, lo scandalo è ascoltare gli esponenti del Nuovo Centro Destra che dicono: “Le unioni civili non sono delle priorità del governo”. Capite bene? Non è che l’NCD salta come una molla e intima: noi queste unioni non le voteremo mai. No: dice che non sono una priorità. Uno incontra Hitler che dice: voglio costruire le camere a gas, e che cosa gli risponde: “Adolf, ma questa non è una priorità”. Facciamole, facciamole pure, ma con calma. Ho visto al Tg1 il cattolico ministro Lupi che spiegava la faccenda. Volto imbarazzatissimo, l’occhio terrorizzato di uno che pensa (ma posso sbagliarmi): mannaggia, mi tocca parlare di principi non negoziabili e di gay, adesso mi faranno fare la stessa fine di Pietro Barilla, mi toccherà lasciare il mio ministero così strategico e così importante, con il quale posso fare tanto bene al mio Paese. E al mio movimento. Ed eccolo rifugiarsi, Lupi come tutti gli altri cuor di leone del partito di Angiolino e della Roccella, nella famosa faccenda delle priorità: no, le unioni civili non sono una priorità. Palla in calcio d’angolo, poi dopo vediamo. Ovviamente poi c’è il peggio: allo stesso Tg1 c’era Scelta Civica che intimava: dobbiamo difendere i diritti delle persone omosessuali. Scelta civica… credo si tratti di quello stesso partito che fu costruito a furor di Todi 1 e Todi 2, e che i vescovi italiani avevano eretto a nuovo baluardo dei valori non negoziabili dietro la cattolicissima leadership di Mario Monti. Poi c’è il peggio del peggio, e nello stesso Tg c’era una tizia di Forza Italia che trionfante annunciava che loro avrebbero miscelarlo le loro proposte sui diritti dei gay con quelle di Renzi. Ho udito qualche rudimentale rullo di tamburo contro le unioni civili dalle parti della Lega di Salvini, flebilmente da Fratelli d’Italia. Punto.

No, caro direttore, il mio problema non è Matteo Renzi. Il mio problema è la Chiesa cattolica. Il problema è che in questa vicenda, in questo scatenamento planetario della lobby gay, la Chiesa tace. Tace dal Papa fino all’ultimo cappellano di periferia. E se parla, il giorno dopo Padre Lombardi deve rettificare, precisare, chiarire, distinguere. Prego astenersi dal rispolverare lettere e dichiarazioni fatte dal Cardinale Mario Jorge Bergoglio dieci anni fa: se io oggi scopro mio figlio che si droga, cosa gli dico: “vai a rileggerti la dichiarazione congiunta fatta da me e da tua madre sei anni fa in cui ti dicevamo di non drogarti”? O lo prendo di petto e cerco di scuoterlo, qui e ora, meglio che posso? 

Caro direttore, in questa battaglia, dov’è la conferenza episcopale, dove son i vescovi? Silenzio assordante. Anzi, no: monsignor Domenico Mogavero - niente meno che canonista, vescovo di Mazara del Vallo ed ex sottosegretario della Cei – ha parlato, eccome se ha parlato: “La legge non può ignorare centinaia di migliaia di conviventi: senza creare omologazioni tra coppie di fatto e famiglie, è giusto che anche in Italia vengano riconosciute le unioni di fatto”. Per Mogavero, “lo Stato può e deve tutelare il patto che due conviventi hanno stretto fra loro. Contrasta con la misericordia cristiana e con i diritti universali – osserva – il fatto che i conviventi per la legge non esistano. Oggi, se uno dei due viene ricoverato in ospedale, all’altro viene negato persino di prestare assistenza o di ricevere informazioni mediche, come se si trattasse di una persona estranea”. Conclude il vescovo: “Mi pare legittimo riconoscere diritti come la reversibilità della pensione o il subentro nell’affitto, in virtù della centralità della persona. E’ insostenibile – sottolinea Mogavero – che per la legge il convivente sia un signor Nessuno”. E per la Chiesa, sul cui tema è stata già invitata a riflettere da papa Francesco, in vista del Sinodo straordinario sulla famiglia, “senza equipararle alle coppie sposate, non ci sono ostacoli alle unioni civili”. Amen.

Capisci, caro direttore? Fra poco prenderanno mio figlio di sette anni e a scuola lo metteranno a giocare con i preservativi e i suoi genitali, e la Chiesa di che cosa mi parla? Dei barconi che affondano a Lampedusa, di Gesù che era un profugo, di un oscuro gesuita del ‘600 appena beatificato. No, il mio problema non è Matteo Renzi. Caro direttore, dov’è in questa battaglia l’arcivescovo di Milano Angelo Scola? Fra poco ci impediranno di dire e di scrivere che l’omosessualità è contro natura, e Scola mi parla del meticciato e della necessità di comprendere e valorizzare la cultura Rom. E’ sempre l’arcivescovo di Milano che qualche settimana fa ha invitato nel nostro duomo l’arcivescovo di Vienna Schoenborn: siccome in Austria la Chiesa sta scomparendo, gli hanno chiesto di venire a spiegare ai preti della nostra diocesi come si ottiene tale risultato, qual è il segreto. Del tipo: questo allenatore ha portato la sua squadra alla retrocessione, noi lo mettiamo in cattedra a Coverciano. E guarda la coincidenza, fra le altre cose: Schoenborn – che veste il saio che fu di San Domenico e di Tommaso d’Aquino - è venuto a spiegare ai preti ambrosiani che lui è personalmente intervenuto per proteggere la nomina in un consiglio parrocchiale di due conviventi omosessuali. Li ha incontrati e, dice Shoenborn, “ho visto due giovani puri, anche se la loro convivenza non è ciò che l’ordine della creazione ha previsto”. Ecco, caro direttore, questa è la purezza secondo un principe della Chiesa all’alba del 2014. E il mio problema dovrebbe essere Matteo Renzi e il Pd? Prenderanno mio figlio di sette anni e gli faranno il lavaggio del cervello per fargli intendere che l’omosessualità è normale, e intanto il mio arcivescovo invita in duomo un vescovo che mi insegna che due gay conviventi sono esempi di purezza?

E vado a finire. Matteo Renzi che promuove le unioni civili è il prodotto fisiologico di un Papa che mentre viaggia in aereo si fa intervistare dai giornalisti e dichiara: “Chi sono io per giudicare” eccetera eccetera. Ovviamente, lo so anche io che non c’è perfetta identità fra le due questioni, che il Papa é contrario a queste cose e che certamente ne soffre, e che è animato da buone intenzioni. Però i fatti sono fatti. A fronte di quella frasetta epocale in bocca a un papa – “chi sono per giudicare” - ovviamente si possono scrivere vagonate di articoli correttivi e riparatori, cosa che le truppe infaticabili di normalisti hanno fatto e stanno facendo da mesi per spiegare che va tutto ben madama la marchesa. Ma tu ed io sappiamo bene, e lo sa chiunque conosca i meccanismi della comunicazione, che quel “chi sono io per giudicare” è una pietra tombale su qualunque combattimento politico e giuridico nel campo del riconoscimento dei diritti degli omosessuali. Se fossimo nel rugby, ti direi che ha guadagnato in pochi secondi più metri a favore della lobby gay quella frasetta di Papa Francesco, che in decenni di lavoro tutto il movimento omosessualista mondiale. Ti dico anche che vescovi come Mogavero, all’ombra di quella frasetta sul “chi sono io per giudicare” possono costruire impunemente castelli di dissoluzione, e a noi tocca solo tacere.

Intendiamoci: sarebbe da stolti imputare al Papa o alla Chiesa la colpa che gli stati di tutto il mondo stiano normalizzando l’omosessualità: questa marea montante è inarrestabile, non si può fermarla. La ragione è semplice: Londra e Parigi, New York e Roma, Bruxelles e Berlino sono diventate una gigantesca Sodoma e Gomorra. Il punto però è se questo noi lo vogliamo dire e lo vogliamo contrastare e lo vogliamo denunciare, oppure se vogliamo fare i furbi e nasconderci dietro il “chi sono io per giudicare”. Il punto è se anche Sodoma e Gomorra planetari debbano essere trattati con il linguaggio della misericordia e della comprensione. Ma allora, mi chiedo, perché non riservare la stessa misericordia anche ai trafficanti di armi chimiche, agli schiavisti, agli speculatori finanziari? Sono poveri peccatori anche loro? O no? O devo chiedere a Schoenborn di incontrarli a pranzo e di valutare la loro purezza? Caro direttore, la situazione ormai è chiarissima: qualsiasi politico cattolico o intellettuale o giornalista che anche volesse combattere sulla frontiera omosessualista, si troverà infilzato nella schiena dalla mistica della misericordia e del perdono. Siamo tutti totalmente delegittimati, e qualsiasi vescovo, prete, teologo, direttore di settimanale diocesano, politico cattolico-democratico può chiuderci la bocca con quel “chi sono io per giudicare”. Verrebbe impallinato da un Mogavero qualsiasi come un fagiano da allevamento in una battuta di caccia.

Caro direttore, il nostro problema non è Matteo Renzi. Il nostro, il mio problema è che l’altro giorno il Santo Padre ha detto che il Vangelo “non si annuncia a colpi di bastonate dottrinali, ma con dolcezza.” Anche qui, prego astenersi normalisti e perditempo: lo so anche io che effettivamente il Vangelo si annuncia così - a parte il fatto che Giovanni il Battista aveva metodi suoi piuttosto bruschi, e nostro Signore lo definisce “il più grande fra i nati di donna” – ma tu sai benissimo che con quella frasetta siamo, tu ed io, tutti infilzati come baccalà. Tu ed io che ci siamo battuti e ci battiamo contro l’aborto legale, contro il divorzio, contro la fivet, contro l’eutanasia, contro le unioni gay, e contro i politici furbi come Matteo Renzi che quella roba la promuovono e la diffondono. Ecco, tu ed io siamo, irrimediabilmente, dei randellatori di dottrina, della gente senza carità, degli eticisti, degli “iteologi” dice qualche giornalista di cielle. E fenomeni come La Bussola e come Il Timone sono esemplari anacronistici di questa mancanza di carità, di questo rigore morale impresentabile. E non basteranno gli sforzi quotidiani e titanici dei normalisti per sottrarre queste testate alla delegittimazione da parte del cattolicesimo ufficiale, perché tutti gli esercizi di equilibrismo e di tenuta dei piedi in due staffe si concludono sempre, prima o poi, con un tragico volo nel vuoto.

Penso anche che il problema – scusa il fatto personale - non siano Gnocchi e Palmaro, brutti sporchi e cattivi, che sul Foglio hanno scritto quello che hanno scritto: io lo riscriverei una, dieci, cento mille volte, perché purtroppo tutto si sta compiendo nel modo peggiore, molto peggiore di quanto noi stessi potessimo prefigurare.

Ecco, caro direttore, perché il mio problema, e il problema tuo, dei cattolici e della gente semplice, non è Matteo Renzi. Il problema è nostra Madre la Chiesa, che ha deciso di mollarci nella giungla del Vietnam: gli elicotteri sono ripartiti e noi siamo rimasti giù, a farci infilzare uno dopo l’altro dai vietcong relativisti. Per me, non mi lamento, per le ragioni che sai. E poi perché preferisco mille volte essere rimasto qui, ad aspettare i vietcong, piuttosto che salire su quegli elicotteri. Magari con la promessa in contropartita di uno strapuntino in qualche consulta clericale tipo Scienza e Vita, o con l’illusione di tessere la tela dentro nel palazzo del potere ufficiale insieme a tutti gli altri movimenti ecclesiali. O con la pazza idea – scritta nero su bianco - che, sì, Gnocchi e Palmaro magari c’hanno ragione ma non dovevano dirlo, perché certe verità non vanno dette, anzi vanno addirittura negate pubblicamente per confondere il nemico.

No, io non mi lamento per me. Mi rimane però il problema di quel mio figlio di sette anni e di altri tre già più grandi, ai quali io non voglio e non posso dare come risposta i barconi che affondano a Lampedusa, i gay esempio di purezza del cardinale Shoenborn, il meticciato e l’elogio della cultura rom del cardinale Scola, il disprezzo per le randellate dottrinali secondo Papa Francesco, Mogavero che fa l’elogio delle unioni civili. A questi figli non posso contare la favola che il problema si chiama Matteo Renzi. Che per lui, fra l’altro, bastano dieci minuti ben fatti di Crozza.

Caro direttore, caro Riccardo, perché mai ti scrivo tutte queste cose? Perché questa notte non ci ho dormito. E perché io voglio capire – e lo chiedo ai lettori della Bussola - che cosa deve ancora accadere in questa Chiesa perché i cattolici si alzino, una buona volta, in piedi. Si alzino in piedi e si mettano a gridare dai tetti tutta la loro indignazione. Attenzione: io mi rivolgo ai singoli cattolici. Non alle associazioni, alle conventicole, ai movimenti, alle sette che da anni stanno cercando di amministrare conto terzi i cervelli dei fedeli, dettando la linea agli adepti. Che mi sembrano messi tutti sotto tutela come dei minus habens, eterodiretti da figure più o meno carismatiche e più o meno affidabili. No, no: qui io faccio appello alle coscienze dei singoli, al loro cuore, alla loro fede, alla loro virilità. Prima che sia troppo tardi.

Questo ti dovevo, carissimo Riccardo. Questo dovevo a tutti quelli che mi conoscono e hanno ancora un po’ di stima per me e per quello che ho rappresentato, chiedendoti scusa per aver abusato della pazienza tua e dei lettori.

Mario Palmaro



Caro Mario,

ti ringrazio di questa lettera, che pubblico volentieri malgrado tu avessi qualche dubbio, anzitutto perché sei un amico che stimo e, secondo, perché mi permette di fare chiarezza sulle questioni di fondo che poni e che sono centrali anche per la missione de La Nuova BQ.

Preciso subito due aspetti per me secondari, per poi passare al nodo della questione. Primo: non ho mai detto che noi abbiamo un problema Renzi, al massimo Renzi sarà un problema per chi lo vota. Se ho scritto di Renzi è per due motivi: siamo un quotidiano e seguiamo le notizie giorno per giorno, non c’è dubbio che in questi giorni le proposte politiche del leader Pd siano la principale notizia politica; inoltre molti cattolici sono affascinati da questa figura emergente, ed era bene puntualizzare che per quello che ci sta a cuore non c’è proprio nulla di nuovo nel suo programma, rispetto ai classici temi della sinistra. E, come già detto chiaramente, i princìpi non negoziabili sono parte del Magistero della Chiesa e non sono soggetti a mode pastorali.

Seconda questione: non credo sia corretto fare di ogni erba un fascio per quel che riguarda sia i politici sia i vescovi. Se la legge sull’omofobia è stata frenata è anche perché alcuni deputati e senatori del centro-destra si sono spesi senza riserve. Questo mi sembra giusto riconoscerlo, così come si nota che tanti politici che ci tengono a definirsi cattolici lavorano per il “nemico”. Inoltre sulle proposte di Renzi c’è anche chi dal Nuovo Centro Destra ha detto parole chiare. Poi vedremo a conti fatti a cosa sarà stata data la priorità. Anche il panorama dei vescovi non è tutto uguale: senza fare nomi, sappiamo che alcuni vescovi italiani in questi giorni hanno detto parole chiare su unioni civili e unioni tra persone dello stesso sesso, anche se la stragrande maggioranza di loro ignora la questione e diversi altri esprimono posizioni in aperto contrasto col Magistero, come del resto ieri non abbiamo mancato di rilevare. 

Parlando di vescovi, entriamo però subito nella vera questione che la tua lettera pone, ovvero la Chiesa. Una Chiesa ormai in ritirata davanti all’ideologia mondana, di cui questa ondata omosessualista è l’aspetto oggi più eclatante e invasivo; una Chiesa che parla di altro mentre si sta distruggendo l’uomo nella sua essenza, l’essere fatto a immagine e somiglianza di Dio. Il vero nemico è dentro, tu dici, la Chiesa trema alle fondamenta; e tale pensiero diventa insopportabile pensando al futuro dei tuoi figli.

Ci sono molte cose vere in ciò che dici, caro Mario, e sai che anche La Bussola non è tenera con certi personaggi e certe idee. Ma credo anche che alla tua descrizione manchi una parte, quella più importante. Ovvero la certezza che a guidare la Chiesa è Cristo, che la Chiesa non è opera di uomini anche se l’opera degli uomini è indispensabile. Solo questa certezza ci rende liberi e lieti pur davanti ai problemi enormi che ci sovrastano, solo questa convinzione vissuta ci dà la forza di sostenere una battaglia impari dove il fuoco amico è diventato più pericoloso di quello nemico.

Del resto che nella Chiesa le cose vadano a rovescio non lo scopriamo certo noi. Ad affermarlo con molta chiarezza fu Paolo VI in quella famosa omelia per la festa dei santi Pietro e Paolo del 1972: «Da qualche fessura il fumo di Satana è entrato nel tempio di Dio… Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio». E qualche anno dopo - settembre 1977, pochi mesi prima di morire – al suo amico Jean Guitton aggiungeva: «Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all'interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico». 

Ma Paolo VI non finisce qui, in questa descrizione scoraggiante. Nel prevedere che questo «pensiero non cattolico» nella Chiesa diventi maggioritario, aggiunge però: «Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia».

Il pensiero della Chiesa è quello del Magistero, è quello del Catechismo, non importa quanti continueranno a seguirlo. A noi è chiesto soltanto questo. Non importa se gli elicotteri sono partiti e ci hanno lasciati lì in balia dei vietcong, per stare alla tua metafora, noi sappiamo solo che dobbiamo fare bene il lavoro a cui siamo stati chiamati perché è a Lui che alla fine – prima o dopo – dovremo rendere conto. Come diceva Benedetto XVI nell’enciclica Spe Salvi il pensiero del Giudizio Finale dovrebbe sempre accompagnarci, non per metterci paura ma per sostenerci e consolarci. 

Non esiste un popolo cattolico chiamato a ribellarsi contro i suoi governanti indegni – e dopo la ribellione cosa si fa? –, esiste una sola Chiesa fatta di peccatori e traditori ma resa santa dalla guida di Cristo, e dove tutti - dal Papa all'ultimo dei battezzati - sono chiamati alla conversione.

E la Chiesa è tale in quanto unita intorno al Papa. Certo, si può anche sentire di non avere quella sintonia con il Pontefice che sarebbe auspicabile; certo, le scelte pastorali possono anche essere discusse, e si può mostrare perplessità davanti a indirizzi e nomine. Ma sempre avendo ben presente che il Papa non è il presidente della Repubblica, rappresenta Cristo ed è per questo che lo seguiamo. L’unità della Chiesa è il bene supremo, e l’unità si fa intorno al Papa, che è infallibile nel definire la verità rivelata: «Il Papa non può errare nell’insegnarci le verità rivelate da Dio», diceva il Catechismo di San Pio X, e questo è anzitutto quello che conta. La storia della Chiesa ci insegna che nei secoli sono stati in tanti ad avere ragione contro la mondanità di vescovi e papi (certi atteggiamenti non sono nati oggi), ma chi ha privilegiato le proprie ragioni rispetto all’unità ha solo provocato disastri, si è perso e ha fatto perdere molti altri. Chi invece si è sacrificato per l’unità della Chiesa, ha trovato poi valorizzate anche le sue ragioni.

Nelle prossime settimane avremo modo di tornare su alcuni aspetti dell’attuale pontificato, però è anzitutto importante evitare di giudicarlo dagli articoli di Repubblica, Corriere, Avvenire e così via. Lo so anch’io che quello che passa nell’opinione pubblica sono i titoli dei giornali mentre i discorsi, le omelie, i documenti non li legge nessuno (o quasi), però credo che il nostro sforzo sia anzitutto quello di presentare con chiarezza i contenuti veri dei suoi interventi. E’ quello che La Nuova BQ cerca di fare sistematicamente. Poi si potrà discutere di un passaggio o di una affermazione, si potrà anche esprimere perplessità su certi contenuti, ma almeno che sia su ciò che il Papa ha veramente detto e non su quello che altri decidono di fargli dire. 

Caro Mario,

possiamo ben convenire sul fatto che la situazione della Chiesa è drammatica e le cose volgono al peggio, ma la certezza di cui sopra fa sì che l’arma principale per “reagire” non sia quella della pubblica indignazione, quanto quella della preghiera e della penitenza. Come disse Benedetto XVI nel famoso discorso al mondo della cultura francese nel 2008, parlando dell’esperienza del monachesimo benedettino, «nella confusione dei tempi» l’unico obiettivo deve essere «quaerere Deum, cercare Dio». Tutto il resto ci verrà dato di conseguenza.

Riccardo Cascioli

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