Il mese di giugno è tradizionalmente dedicato a Nostro Signore Gesù Cristo, celebrato come seconda persona della Ss.ma Trinità, adorato nel Ss.mo Sacramento dell'altare (Solennità del Corpus Domini) e venerato nella potentissima e salvifica immagina del suo Sacratissimo Cuore (la cui festa è il venerdì dopo il Corpus Domini, cioè il I venerdì dopo la II domenica di Pentecoste, che nel 2020 cade il 19 giugno).
Ricordiamo pertanto le 12 promesse fatte a S. Margherita Alacoque e la pia pratica dei 9 primi venerdì consecutivi per guadagnarsi la salvezza eterna.
Proponiamo all'inizio di questo mese (in cui secondo il Novus Ordo si commemora la Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa) una meditazione sul significato di "sacro" di Enrico Salvi.
Roberto.
Contempliano il Sacro Cuore di Gesù.
di Enrico Salvi.
Cattolicità e Sacralità sono sinonimi. Cattolico significa universale e il Sacro è universale. Una Cattolicità che non sia sacra è impossibile, tutt’al più costituisce un illusione. E su quanto questa illusione sia diffusa oggi non occorrerà insistere. O forse no: occorre insistervi eccome!
Senza il Sacro, che è il Totalmente Altro dall’umano, l’umano stesso scade a non senso.
Proprio perché il Sacro trascende in tutto per tutto l’umano, questo può essere liberato dalle sue molteplici imperfezioni, sol che accetti d’esserne trasfigurato e quindi assurgere a senso, a ragion d’essere.
Giova contemplare l’immagine del Sacro Cuore di Gesù. Il Cuore di Gesù è Sacro, è totalmente altro dal cuore umano, ed è grazie alla sacralità del Suo Cuore che Gesù è tanto vero Uomo quanto vero Dio. Quindi Unico Salvatore Universale. Perciò, all’uomo che ci tenga a mantenere soltanto umano il suo cuore, il Sacro è precluso.
Di qui la necessità, per il Cattolico che voglia dare senso pieno al suo vivere, di darsi all’imitazione di Gesù affinché il suo vecchio cuore possa essere arso – e immortalato – dal Fuoco del Cuore di Gesù, rappresentato dalla lampada rossa ardente a fianco del Tabernacolo in cui tale Cuore Fiammante è presente, nonostante l’insana (ma forse anche qualcosa di più) consuetudine di accantonarlo in una cappella laterale e magari sostituendo il cero con una candela elettrica.
Il Cattolico, almeno nelle intenzioni (ma è soltanto dall’intenzione sincera che si può iniziare) cerca di improntare il suo pensare e il suo agire al Sacro, che, intuitivamente e ragionevolmente, può dirsi l’unica Realtà, l’unica Verticalità che può penetrare e redimere l’orizzontalità del profano, se pro-fanum è ciò che sta davanti al tempio e quindi fuori di esso, non potendo così fruire del potere catartico del Sacro. E d’altra parte, il simbolo della Croce rivela che senza la verticalità del Sacro l’orizzontalità del profano non può essere che quella del cadavere.
Ma vi è da dire che la polarità sacro/profano è un frutto spinoso dovuto all’insipienza dell’uomo che in mille maniere pensa di doversi regolare secondo le proprie istanze autoreferenziali, non escluse quelle religiose, fatalmente maculate dal retaggio del Peccato Originale, che, se è vero che viene cancellato dal Battesimo, non cessa di far sentire la sua potente influenza: l’uomo “sapiente”, che nello specchio dell’orgoglio vede se stesso come un dio che vuol continuare a mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male, non solo non è una rarità ma, per usare un termine evangelico, “legione”, visto che lo specchio in questione è retto dalla legione di angeli ribellatisi al Signore. E più il “sapiente” si guarda in questo specchio e più il suo narcisismo cresce fino a farsi esclusivo: (d)IO e soltanto (d)IO.
È così che l’uomo diventa un usurpatore profanatore: con l’orgoglio che lo fa credere un dio egli contamina tutto quello che è fuori del tempio, un “fuori” che, a rigore, non è affatto orfano del Sacro, ciò che il Cantico di Frate Sole insegna meravigliosamente.
Il Sole “è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione”,
quindi tutte le Creature profumano del tocco dell’Altissimo, del tocco del Sacro senza il quale resterebbero o sparirebbero nel nulla. Non soltanto l’uomo, ma anche il fiore, la pietra, la stella e il filo d’erba partecipano del Sacro, e per questo – grande meraviglia! – possono costituire uno spiraglio attraverso cui guizza la Luce sacra trasfigurante.
“Lo splendore delle cose ce lo rivela, se non siamo ciechi:
esse gridano Dio ai nostri orecchi, e, se non fossimo sordi, ci desteremmo”
(San Bonaventura).
“Guardate i gigli del campo […] neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro”. Sì, l’Altissimo, il Sacro, tocca i gigli, e toccandoli li fa essere vestendoli splendidamente. Sì, anche guardare un giglio del campo può provocare quella dimenticanza di sé – quindi l’infrazione del narcisistico specchio – che apre la porta al Sacro:
“Ecco, sto alla porta busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre …”.
E per aprire la porta occorre l’anelito incoercibile di conoscere l’Altro da sé, o forse, più precisamente, di esser conosciuti dall’Altro da sé.
E non sarà un caso che l’atteggiamento profanatore abbia finito per ripercuotesi anche all’interno del tempio:
“Quando dunque vedrete l’abominio della desolazione,
di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo – chi legge comprenda -”,
dato che la profanazione del luogo santo non è più di là da venire – “quando vedrete” – bensì attualissima, e ciò per esser venuto meno lo Scudo della pura, Santa Fede Cattolica.
Perciò, ogni pensare ed agire che non sia improntato al Sacro, che non sia un Cantico Solare in cui si discioglie il piombo della falsa personalità incentrata sull’ego, costituisce nient’altro che un’agitazione evanescente che dissipa l’anima nell’inutile, appunto nel profano che essa stessa, come nube grigia e soffocante, soffia su tutte le cose, e oggi più che mai travestito da “religione” e, ancor più subdolamente, da “spiritualità”.
Il Sacro non può essere colto dal pensiero perché non è né un oggetto né un’idea. E’ invece una forza inimmaginabile che può uccidere l’uomo vecchio e far nascere l’uomo nuovo, giacché se il nuovo – l’oro – deve splendere, il vecchio – il piombo – ha da sparire.
“Se Dio deve entrare, la creatura deve necessariamente uscire”, dice Giovanni Taulero.
Il Sacro è in atto ognora e in ogni dove, ed il Sacra-mento è un Rito, cioè un’Azione che lo trasfonde nell’uomo.
Il Sacra-mento trasfonde nell’uomo il Sacro, che, a rigore, genera un uomo dai tratti particolari che lo fanno percepire come un essere non più soltanto terrestre bensì terrestre e celeste insieme, e che nulla ha a che vedere con i modelli mondani moderni (ma forse sarebbe meglio dire post-moderni) che ormai imperversano: l’intellettuale, l’esegeta, l’ermeneuta, il filosofo, il teologo, il colto, l’opinionista, in una parola lo “gnostico”, colui (o colei) che fa della conoscenza intellettuale, anzi intellettualistica, fatalmente analitica e perciò dispersiva, l’acme del Sapere.
Invece il Sacro è Sintesi infinitamente e potentissimamente oltre l’intelletto umano: nessun pensiero e nessuna parola può cogliere il Sacro, ed anzi Esso irrompe proprio quando ogni pensiero e ogni parola (e ogni desiderio) hanno tolto il loro ingombro.
N.B. Per ciò che riguarda il vero gnostico si veda il Padre della Chiesa Clemente Alessandrino:
“Questa gnosi, concessa per diretta trasmissione (dal Cristo), discese solo su pochi tra gli Apostoli, tramandata senza scrittura. Perciò questa gnosi ossia sapienza va conquistata con ascetico sforzo, per appropriarsi di un abito eterno ed inalterabile di contemplazione” (Stromata VI 7, 61, 3).
“Un abito eterno ed inalterabile di contemplazione”: meravigliosamente sconvolgente!
Si capisce che qui siamo al vertice della vita (autenticamente) spirituale improntata al Sacro. Vertice che secondo Clemente è appannaggio di pochi, e anche secondo san Paolo: “non da tutti è la gnosi” (I Cor VIII, 7) . Ma cosa poteva trasmettere il Cristo a “pochi fra gli Apostoli” se non il Fuoco del Suo Sacro Cuore?
Meditare su ciò può aiutare a fare del Sacro, almeno virtualmente, una Presenza, una Luce che penetra ogni attimo dell’esistenza fugando le tenebre dell’orgoglio di cui si pasce l’uomo comune.
Luce che apre gli occhi per smascherare tutto ciò che non ha il sapore del Sacro. O, peggio ancora, ne ha soltanto la parvenza.
“Voi però state attenti!” (Marco 12, 23).
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