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sabato 20 giugno 2020

Liturgia, tradizione e dintorni - IV parte. "Evangelizzazione stabilità, ripetitività del rito; perchè il Confiteor prima della Comunione"

IV parte della collana "Liturgia, tradizione e dintorni" (qui il I post di presentazione, qui la II parte sui primi 4 opuscoli; qui la III parte sugli opuscoli dal 5 al 10). 

In oggi concludiamo la presentazione degli inserti - dall'11 al 14 - della serie “Liturgia, tradizione e dintorni”, giunta alla sua quattordicesima pubblicazione. Beninteso, sono in arrivo altri numeri e non mancheremo di pubblicare le brevi recensioni che l'amico don Marco B SDB farà per Voi. 

Roberto


Dopo le precedenti triadi tematiche, oggi parliamo di quattro opuscoli che toccano tematiche singole. 



Il numero 11 sfida alcuni pregiudizi moderni e indica la correlazione che si dà tra “Liturgia tradizionale ed evangelizzazione”. Nella fattispecie, dopo un richiamo statistico che monitora la diffusione del Rito antico in controtendenza rispetto al declino della partecipazione dei fedeli alla Messa riformata, si elencano quattro aspetti della Messa tridentina che contribuiscono all’evangelizzazione del mondo conemporaneo. Ne accenniamo: la concentrazione rituale sui Misteri della salvezza alimenta lo slancio missionario e di annuncio; la tensione spirituale suscitata dal rinnovamento del Divin Sacrificio incrementa il bene delle anime e il loro sforzo di santificazione; la struttura del Messale e la puntualità delle rubriche arricchiscono la spiritualità sacerdotale dei presbiteri che celebrano e studiano tale realtà; il primato del divino sull’umano addestra alla buona battaglia della fede in questo tempo di grave crisi ecclesiale e internazionale. 

L’elogio della ripetizione fa da trait d'union dei due sussidi successivi. Il numero 12 vede nella stabilità e fissità rituale dell’usus antiquior il segno netto che a guidare la celebrazione non sono gli uomini con la loro inventiva, bensì Cristo, appunto tramite il rito della Chiesa. Una considerazione importante è quella che collega il lezionario antico alla prassi della lectio divina: il lezionario antico riporta un numero ridotto di testi biblici a confronto con le revisioni moderne, ma proprio questo abitua il fedele a meditare costantemente e quindi più approfonditamente alcuni brani, così da scongiurare il rischio di una sfilata di testi destinati al dimenticatoio e favorire anche nei cristiani meno formati un’attitudine alla ruminatio dei pochi ma robusti brani proposti. Si fa notare peraltro, che la mole contenuta di letture bibliche, potrà anche essere accusata di un difetto quantitativo, ma eccelle per la qualità delle selezione degli episodi, capace di nutrire fedeli e santi fino ad oggi. Anche la ripetitività dei gesti conferisce maggior pregnanza al messaggio liturgico nel suo insieme. A dire: difficile entrare in una simile ottica da noi tanto distante, eppure estremamente arricchente per chi accetti una simile sfida. 

L’elogio della ripetizione prosegue nel fascicolo numero 13. Esso richiama lo studio di Roger Buck e il paragone con l’uso che i media moderni fanno della ripetitività: carta vincente nel mondo commerciale e culturale contemporaneo, per quale motivo essa andrebbe irrisa in ambito di liturgia? Al contrario è segno di saggezza usare un mezzo psicologico tanto efficace per i fini nobili della santificazione dei fedeli. La ripetizione si mostra importante anche in riferimento all’impegno di memorizzare i testi biblici: il continuo ritornare di antifone, versetti, espressioni profetiche ed evangeliche aiuta a conservarne memoria e quindi a fare delle scritture alimento che accompagna i cristiani nella loro quotidianità. Al contrario, la moltiplicazione di scritti, il continuo susseguirsi di nuove traduzioni, la rincorsa di frasi sempre nuove e differenti indebolisce la ricezione del messaggio, debilita l’ancoraggio del medesimo nei nostri ricordi e lascia così indifeso il fedele, come depauperato di un antico tesoro. Di qui, pare, si sviluppa quell’ignoranza delle Scritture che contraddistingue il fedele medio oggigiorno. 

Il numero 14 della collana tratta di una parte specifica del rito: “Il Confiteor prima della Santa Comunione”. Perché mantenere due confessioni dei peccati? Perché distinguere quella del popolo e quella del sacerdote? Perché una prima di iniziare la celebrazione e una prima di comunicarsi? Non è un inutile doppione tutto ciò? O al contrario tale duplicazione risponde alla vera natura del rito e dei ruoli e quindi fa chiarezza e verità sulla realtà che si sta celebrando? Distinguere il ruolo del prete e quello del fedele; sottolineare il bisogno di perdono di quest’ultimo di fronte alla comunità, accostarsi alla Divina Eucaristia con devozione e purezza assolute, ecco alcuni elementi custoditi e palesati dal doppio Confiteor. E tutto questo offre l’occasione per una rinnovata catechesi sul valore della Comunione del sacerdote celebrante ai fini della completezza del valore della Messa. 



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Ente promotore: associazione Amicizia Liturgica
Serie: Liturgia, tradizione e dintorni
Fascicolo 11: Liturgia tradizionale ed evangelizzazione.
Fascicolo 12: Utile ripetizione. Un incentivo alla preghiera e alla Lectio Divina.
Fascicolo 13: La ripetizione è la madre di molte cose.
Fascicolo 14: Il Confiteor prima della Santa Comunione.
Per richiedere copie: https://www.cristomorfosis.it/shop mail info@cristomorosis.it 


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