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Con piacere, ed una punta di sana soddisfazione (per il traguardo che ripaga i tanti nostri sacrifici) avvisiamo i nostri lettori che il blo...

domenica 21 giugno 2020

Il Signore degli Anelli di Tolkien, salviamo la bella traduzione tradizionale (di V. Alliata di Villafranca) dai nuovi Unni: un'iniziativa editoriale



 "Ferve la speranza. In fondo il vecchio saggio di Oxford se lo merita. Non possono conquistare per sempre!"
"Frodo vide la testa del vecchio re: giaceva abbandonata lungo la strada. «Guarda, Sam!», esclamò dallo stupore. «Guarda! Il re ha di nuovo in capo una corona!».
Gli occhi erano due buchi e la barba scolpita pressoché inesistente, ma l’alta fronte severa era cinta da una corona d’oro e d’argento. Una pianta rampicante dai fiori simili a piccole stelle bianche gli si era avvolta intorno al capo, come per riverire il re caduto, e nelle fessure della sua capigliatura di pietra splendeva della gialla sassifraga.
«Non possono conquistare per sempre!», disse Frodo"
J.R.R. Tolkien, Il Signore degli anelli, libro quarto, cap. VII "Viaggio fino al crocevia".

La nuova traduzione de Il Signore degli Anelli di Tolkien (sul grande autore cattolico vedere MiL QUI che se ne è occupata in molti post e  QUI una recente pazzia in cui accusano di "machismo e suprematismo" Tolkien)  è il tentativo dell'intellighentia radical chic (soprattutto legata al gruppo letterario ultra liberal Wu Ming) di eliminare l'epicità e la mens del Nostro, mirabilmente resa dalla traduttrice Vittoria (Vicky) Alliata di Villafranca (approvata da Tolkiens stesso) per la Quirino Principe, qui la Trilogia, qui i singoli volumi: Vol. IVol II, Vol III.
Le edizioni Il Cerchio hanno felicemente acquistato alcune migliaia di copie della vecchia tradizione (appunto quella di V. Alliata di Villafranca) e la offrono ad un prezzo assolutamente onesto ai vecchi e nuovi lettori dello scrittore di Oxford.
MiL consiglia ai nostri lettori acquisto e lettura del capolavoro del maestro Tolkien.
Alleghiamo:
  1. il comunicato stampa della lodevole iniziativa editoriale.
  2. Alcuni stralci di un denso articolo sulle problematiche della nuova traduzione (QUI un  ulteriore approfondimento sulla medesima traduzione e QUI  un altro articolo sull'argomento).
  3. La "Lettera ai tolkieniani" della prima traduttrice italiana, Vittoria Alliata di Villafranca.
  4. Un articolo dell'editore del Cerchio Adolfo  Morganti sulla mens  "ideologica" della nuova traduzione.
  5. Infine alleghiamole le due nuove copertine "MARZIANE" della nuova traduzione e, più sotto la vecchia copertina e un'altra immagine della saga: per farvi capire come è cambiato lo "stile": "Le riproduzioni di foto del pianeta Marte sono quanto di più lontano dal legendarium tolkieniano si poteva concepire, soprattutto considerando che, a differenza dell'amico C.S. Lewis, Tolkien desiderava proporre narrazioni lontane nel tempo e non nello spazio come invece queste copertine suggeriscono. A prescindere dall'estetica, queste copertine sono errate da un punto di vista concettuale perché invitano il lettore ad associare la terra di mezzo ad un altro mondo rispetto al nostro quando invece appunto, com'è noto, per Tolkien la Terra di Mezzo corrisponde al nostro pianeta, ma in un tempo molto lontano".
Luigi

Un gesto di giustizia culturale: ritorna Il Signore degli Anelli.
In italiano, completo, nella traduzione [di Vittoria Alliata di Villafranca n.d.r.] approvata dall’Autore.



Dal 1 gennaio 2020 l’Italia è l’unico paese civile in cui non si può leggere, in italiano e nella sua completezza, un classico immortale della letteratura europea del ‘900, Il Signore degli Anelli di John Reuel Ronald Tolkien.
Causa di questa paradossale assenza un braccio di ferro fra la nuova proprietà dell’editore e la traduttrice, Vittoria Alliata di Villafranca, per una stupefacente questione di diritti non versati che avrebbe potuto e dovuto risolversi con un onorevole compromesso economico e d’immagine per entrambe le parti, equilibrio che non si è voluto costruire.

L’editore a fronte di ciò ha ritenuto opportuno proporre al lettore una nuova traduzione del testo, per giunta ancora incompleta, che immediatamente è risultata quantomeno “controversa”.

Questa assenza ha inoltre spalancato la porta a strumentalizzazioni ideologiche degne di una vignetta di Giovannino Guareschi, che ci hanno riportato indietro di 40 anni al tempo della “critica militante”, mettendo l’opera di Tolkien al centro di una ridicola battaglia neogramsciana per l’egemonia culturale, senza che francamente alcuno ne sentisse la necessità.

A fronte di questa situazione assurda, specchio non di difficoltà economiche ma della crisi d’identità della cultura e dell’editoria italiana, una rete di Associazioni e studiosi dell’opera di Tolkien, italiani, pagando di tasca propria ha scelto di compiere un duplice gesto di giustizia culturale, nei confronti del Lettore italiano e della figura di John Reuel Ronald Tolkien: rendere disponibile a tutti, in edizione completa, a costi il più possibile contenuti e nella versione approvata dall’Autore, Il Signore degli Anelli. Nell’edizione in tre volumi che anch’essa rispecchia esattamente il progetto originario dell’Autore.

Questo in attesa che i tempi della giustizia restituiscano dignità a chi in questa triste vicenda ha subito un vulnus inaccettabile, e a cui va ancora una volta tutta la nostra solidarietà.

Questa iniziativa ha già riscontrato un’inedita e trasversale solidarietà. Ringraziamo Fabio Porfidia, massimo illustratore italiano dell’opera di Tolkien, per aver disegnato e donato un esclusivo ex-libris che impreziosirà ogni copia de Il Signore degli Anelli in tal modo diffusa. Parimenti ringraziamo Il Cerchio per essersi fatto carico della distribuzione della trilogia.

Inoltre, il lettore deve sapere che per ogni copia della trilogia che verrà diffusa, 2 euro saranno destinate ad un nuovo Fondo per le traduzioni tolkieniane, che contribuirà a far conoscere sempre meglio nell’area di lingua italiana l’Opera dell’Autore de Il Signore degli Anelli.

Roma, 1 giugno 2020.


14/11/2019 Huffington Post
Perché non amo la nuova traduzione de Il Signore degli Anelli

È apparsa in questi giorni per Bompiani, accompagnata da una grandine di polemiche, la nuova traduzione a lungo annunciata del capolavoro tolkieniano. A firma dell’anglista e poeta Ottavio Fatica, essa si affianca a quella, ormai classica e finora unica, di Vicky Alliata di Villafranca edita da Quirino Principe.

[...]

Le peculiarità e l’ispirazione della nuova traduzione.

Aprendo la nuova traduzione di Fatica ciò che salta subito all’occhio, avendo fatto sorgere le prime polemiche, è la scelta di ritradurre nomi propri e toponimi: così, per esempio, Oldbuck diventa Vecchio Daino; Samvise è ora Samplicio; La Locanda del Puledro Impennato cambia gestione e si chiama “Cavallino Inalberato”; Grampasso (anzi, Passolungo) si ritrova impiegato per i Forestali.

Al di là del chiaro fastidio nostalgico che una tale ri-traduzione può suscitare nel lettore tolkieniano, è interessante osservare le ragioni ermeneutiche che muovono tale scelta, ragioni tutt’altro che gratuite; e come essa sia correlata con una ben precisa ispirazione interpretativa che è, secondo me, alla base di questa nuova edizione. Il clamoroso cambio di nomi, infatti, non è che il segnale più evidente di un’operazione molto più profonda.

Anzitutto, così come per denominazioni e toponomastica, c’è da parte di Fatica un lavoro certosino su ogni termine del racconto. Con attenzione filologica, ogni significante italiano sembrerebbe utilizzato con un duplice criterio: di parentela e di leggerezza. Per “parentela” intendo un’approssimazione semantica quanto più possibile stringente tra il termine inglese e quello della traduzione; per leggerezza, voglio dire che tra più termini Fatica sembrerebbe scegliere sempre quello che, per il lettore odierno, è più familiare, meno astruso, più immediatamente decodificabile.

Al contrario, la traduzione di Alliata sceglie i termini italiani nel tentativo di evocare adeguatamente la descrizione generale e l’atmosfera del testo, con ampie libertà personali come, per esempio, l’uso di endiadi e altre figure retoriche affatto assenti nell’inglese (un solo aggettivo nell’originale è sovente reso con due aggettivi italiani); il fatto di accorpare alcuni paragrafi o spezzare periodi liberamente; la rimodulazione dei tempi verbali, e così via.

Inoltre, il linguaggio utilizzato da Alliata è tutt’altro che target oriented: si tratta di un vocabolario di matrice letteraria, fatto di termini ricercati, desueti e inusuali, che creano nel lettore italiano un senso di straniamento.

Un nuovo approccio con l’originale inglese

Vediamo già come, su questo aspetto fondamentale, le due traduzioni siano agli antipodi. Ma c’è anche dell’altro. Osservando nel dettaglio il testo inglese di Tolkien, il lettore potrà accorgersi di come l’originale non possegga assolutamente un registro uniforme: al contrario, Hobbit, Elfi, Nani presentano linguaggi specifici e persino singoli personaggi, come Frodo, hanno un modo di parlare tutto loro.

Come in Shakespeare (sebbene il professore di Oxford detestasse il Bardo di Stratford, e dunque non avrebbe amato questo paragone), in Tolkien ogni carachter incarna un universo linguistico. Tutto ciò è assente nella traduzione di Alliata, laddove si opta per uno stile uniforme, monodico, perorante, aedico, prosodico; al contrario, nella versione di Fatica il lettore si accorgerà di come si cerchi di utilizzare differenti registri linguistici italiani per restare fedele a tale caratteristica del testo inglese.

Un esempio esemplificativo: la Poesia dell’Anello

Sarebbero molti gli esempi da portare in tal senso presenti nei due lavori per poter mostrare questa distanza di metodo. Qui mi limito a citare la celebre Poesia dell’Anello: nel tradurla, Fatica aderisce all’originale quanto più possibile sul piano semantico, e utilizza un vocabolario italiano ordinario e contemporaneo, laddove invece Alliata fa suo il testo con modellature personali, riproponendo uno schema di rime e metrica in un linguaggio arcaico ed evocativo:

La versione originale:

Three Rings for the Elven-kings under the sky,
Seven for the Dwarf-lords in their halls of stone,
Nine for Mortal Men, doomed to die,
One for the Dark Lord on his dark throne
In the Land of Mordor where the Shadows lie.
One Ring to rule them all, One Ring to find them,
One Ring to bring them all and in the darkness bind them.
In the Land of Mordor where the Shadows lie

La versione di Alliata:

Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l’Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,
Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra cupa scende.

La versione di Fatica:

Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo,
Sette ai Principi dei Nani nell’Aule di pietra,
Nove agli Uomini Mortali dal fato crudele,
Uno al Nero Sire sul suo trono tetro
Nella Terra di Mordor dove le Ombre si celano.
Un Anello per trovarli, Uno per vincerli,
Uno per radunarli e al buio avvincerli
Nella Terra di Mordor dove le Ombre si celano.

Due opposte concezioni dell’opera di JRR Tolkien

Da questi approcci agli antipodi scaturiscono due traduzioni del testo profondamente differenti, che sottintendono due diverse concezioni dell’opera di Tolkien. Potremmo infatti chiederci quale delle due traduzioni sia più rispondente all’originale, ma la domanda sarebbe posta male e ci porterebbe fuoristrada: perché non esiste mai un “noumenico” testo originale scevro da interpretazioni (ce lo insegna Gadamer). La domanda giusta è forse: che cosa pensiamo dell’opera di Tolkien? Sì, perché quelli che le due traduzioni italiane restituiscono sono due racconti che parrebbero forgiati su due differenti generi letterari.
Quello che Alliata aveva consegnato decenni fa al lettore italiano era, ed è, un testo epico: strutturato cioè in una forma che richiama, da un lato, le saghe cavalleresche e l’arte retorica petrarchesca; e, dall’altro, il dettato delle saghe norrene e celtiche.

Quello di Ottavio Fatica, invece, è un Tolkien quotidiano, scorrevole alla lettura, asciutto, realistico; il suo è un lavoro che (coscientemente, credo) toglie Tolkien dal genere epico per porlo nel genere contemporaneo della Young Adult Fiction. Non si tratta dunque di capire quale traduzione sia più “fedele”, ma di fare i conti con la nostra concezione del testo tolkieniano.

The Lord of the Rings è un’opera narrativa che potrebbe essere accostata, per tematiche ed ispirazione, a Great Expectations di Dickens, al The Jungle Book di Kipling, al Lord of the Flies di Golding? Se pensiamo di sì, quello di Fatica è un ottimo lavoro, perché standardizza Tolkien in un asciutto italiano corrente degli anni Duemila, facendo de Il Signore degli Anelli una storia per ragazzi dai profondi valori culturali.

Ma se pensiamo invece che quella tolkieniana sia un’epopea di matrice epica, una sorta di versione moderna del Beowulf, del Mabinogion e, più indietro, dell’Odissea, ecco che la traduzione romantica e letteraria, volutamente imprecisa ed emozionale, arcaicamente involuta di Alliata, sarà quella che farà per noi. Dunque, ritorna la domanda: come concepiamo la prosa di J.R.R. Tolkien?

Sradicare Tolkien dal genere epico

Che quella di Bompiani sia un’operazione culturale il cui fine è sradicare Tolkien dall’epica classica credo possa osservarsi in due particolari che caratterizzano questa nuova edizione; due particolari che in apparenza non paiono collegati alla traduzione, ma che invece, a mio avviso, sono intimamente connessi con essa. Mi riferisco, cioè, alla copertina del testo e, soprattutto, all’espunzione dell’Introduzione di Elémire Zolla che, fino ad oggi, aveva accompagnato il testo tolkienano.

La copertina della nuova edizione mostra uno strano paesaggio lunare, proprio per evitare (suppongo) una caratterizzazione di genere del testo – il quale, così, sembra volersi presentarsi come un classico contemporaneo con accenti fantastici, e non come una saga eroica modellata sugli antichi.

Che Tolkien sia un autore epico era ferma opinione di Elémire Zolla (al cui lavoro è strettamente collegata la divulgazione di Tolkien in Italia). Nella sua celebre Introduzione, Zolla definisce appunto The Lord of the Rings “una nuova epopea cavalleresca”. La traduzione di Alliata risponde fortemente alla concezione ermeneutica zolliana, così come, parallelamente, la traduzione di Fatica se ne discosta radicalmente.

Si potrebbe dire, un po’ semplicisticamente, che la traduzione di Fatica sia volta a dimostrare che The Lord of the Rings è un testo che racchiude molto di più (e cose molto diverse) di quanto Zolla non abbia visto e creduto. Il che significa dire che la nuova traduzione ci piacerà, nella misura in cui non siamo d’accordo con la visione di Zolla de Il Signore degli Anelli quale testo simbolico e sapienziale.
[...]


LA VERITÀ SULLA GUERRA DI TOLKIEN
LETTERA AI TOLKIENIANI DI VITTORIA ALLIATA DI VILLAFRANCA


Nell’aprile del 2018 gli amici tolkieniani mi segnalarono un intrepido assalto alla mia traduzione del Signore degli Anelli (su Repubblica e allo stand Bompiani del Salone del Libro di Torino) in nome del nuovismo e del politically correct. Con garbo ma fermezza chiesi all’editore – tramite i miei legali – di dissociarsi pubblicamente dalle dichiarazioni diffamatorie di chi mi accusava di una «giovanile avventura improvvisata», con nientemeno che «500 errori a pagina su 1500 pagine». Accertato che la mia versione, quella vilipesa dai revisionisti benché (o proprio perché) approvata dallo stesso Tolkien, continuava ad essere stampata e commercializzata da Bompiani-Giunti in totale disprezzo della legge sul diritto d’autore e delle minime regole di correttezza, essendone ormai scaduti i diritti da parecchi anni, diffidai l’editore a ritirarla immediatamente dagli scaffali.
La risposta di chi ha incassato ad oggi milioni dalla mia traduzione, senza aver speso nemmeno un euro, rivelava che era in corso una revisione del mio testo, di cui mi si sarebbe «dato conto nel dettaglio, se lo desideravo (sic!) una volta concluso il lavoro di revisione, a settembre». Non solo non si dissociava affatto dalle gravi offese proferite in mio danno, ma anzi, condizionava il pagamento di quanto dovuto per legge (sia per l’illecito uso della mia opera che per la sua manipolazione da parte di terzi già attuata nella versione Ebook) a due clausole vessatorie: l’obbligo di una revisione del mio testo “sotto tutela”, nonché l’obbligo di sottoscrivere un rinnovo del contratto per 10 anni, che includesse e sanasse il passato, a una cifra annua di 880 Euro.
E la grave diffamazione? E il tradimento delle volontà di Tolkien, che rivendicava una scrittura arcaica e rifiutava ogni “adeguamento ai tempi”? Tranquilla! Il provvido editore mi avrebbe consentito di presentare io stessa la mia traduzione, nella versione revisionata dagli “attualizzatori” di Tolkien, con un testo introduttivo che – oltre il danno la beffa – avrebbe in tal modo cancellato, gratuitamente e senza scuse, il reato di diffamazione. 
Non solo, ma incastrandomi in una sorta di letale abbraccio con il plotone nuovista, mi avrebbe resa in qualche modo complice della nuova traduzione, quella che «fa a pugni con il Signore degli Anelli» (Repubblica), quella di chi non lo aveva letto prima di tradurlo e pensava che Tolkien fosse un autore «sgangherato, come lo è tanta letteratura fantasy» (il Venerdì), quella, insomma, «che ha suscitato un oceano di ringhiante disappunto» e «una bufera di inaudita ostilità» (Corriere della Sera).
Non poteva che essere questa la reazione dei lettori di fronte all’esperimento di «diffuso abbassamento dell’epicità» di Tolkien «laddove quella di Alliata puntava a un innalzamento» (sic Corriere della Sera!). Lettori che si sono dimostrati assai più avveduti e attenti di quanto non pensassero gli intellettualoni revisionisti: infatti, pur magari non conoscendo (o forse invece sì? Ma perché bisogna sempre svilire e offendere le persone normali?) gli stilemi danteschi utilizzati da una sedicenne per rispettare le esigenze epiche, etiche e poetiche dell’autore, ne hanno colto la forza affabulante ed evocativa, e non li hanno scambiati per «750mila errori».
«Di un lancio così goffo non c’è forse memoria nella storia dell’editoria italiana», scrive il Corriere, a commento delle migliaia di battute, vignette, filmati, tutti eleganti e creativi, che hanno inondato il web di disappunto e costernazione. Valentino Bompiani – il quale mai avrebbe commesso simili «scelte ingiustificabili» (Corriere della Sera) – si sarebbe tuttavia personalmente e pubblicamente scusato del disonesto tentativo di stroncare il messaggio, terreno e sublime al tempo stesso, di un maestro grande e schivo, che merita ben altro rispetto e considerazione.
Non così i nostri eroi. All’ultima diffida dei miei legali hanno replicato con un ineffabile verdetto, secondo il quale «oltre a non accettare di revisionare la propria traduzione, la sua cliente sceglie di affossarla – ora e in via definitiva – con il ritiro dal commercio»; poi, di fronte al flop delle vendite del nuovo “prodotto” e ai commenti dei lettori che suggeriscono di acquistare anzi «collezionare e regalare, prima che scompaia, la vecchia edizione», essi giocano un’ultima, miserevole carta. Quella della cosiddetta pubblicità comparativa, che non può essere utilizzata neppure per denigrare il detersivo della concorrenza, ma che in questo caso vediamo adoperata in modo ingannevole e subliminale per lucrare su entrambi i “fustini di detersivo” sfruttando il clamore mediatico. Appaiono così disperate “recensioni” su spelonche, quadernetti e bancarelle, e persino cartelloni e promozioni stile “prova finestra”, dove si finge di mettere le due versioni a confronto, e in realtà si traveste da dibattito culturale la denigrazione e un’infima campagna commerciale. Tutto ciò in dispregio di ogni norma così come del buon gusto.
Una reazione tutto sommato simile a quella di Rusconi del 1996, che rifiutò – per non spendere poche lire – la mia richiesta di rivedere il testo, che presentava ancora gli stessi refusi dell’edizione Astrolabio, con buona pace di quei saltimbanchi che si affannano a sostenere, contro ogni evidenza, che qualcuno nel 1971 avrebbe addirittura riscritto la mia traduzione. Rusconi respinse anche la mia proposta di un’introduzione più adatta a illustrare gli intenti e la figura dell’Autore, nonché di un mio commento per spiegare le scelte di stile e della nomenclatura. Poco dopo il rifiuto una nuova edizione uscì comunque, e sempre con gli stessi refusi, ma con un’introduzione in cui si dava dell’opera di Tolkien un’interpretazione “pagana”, neogotica e tenebrosa, quasi fosse da collocare nel retaggio letterario di un satanista come Aleister Crowley. D’altronde appena un mese fa il concetto è stato ripreso dal Venerdì di Repubblica, che nell’impeto della contesa fra i “fustini” ha definito il Signore degli Anelli «un imprendibile nido di draghi». Dove i draghi sarebbero/sareste/ saremmo quei «fan iperfaziosi da curva sud» che difendono come «un vecchio orsacchiotto di peluche» la sua «lingua antichizzata» – dimostrando, una volta di più, di non aver capito nulla, o di non voler capire.
Cosa significa tutto ciò? Che Tolkien non ha trovato, a parte Astrolabio, l’editore italiano capace di apprezzarne il ruolo universale e di esaltarne la figura e lo stile, con il contributo di tutti coloro che nel corso di questi anni, specialmente in Italia, hanno studiato le complessità di un messaggio che – proprio perché insieme epico ed etico – costituisce una seria minaccia all’oligarchia finanziaria e tecnocratica che mira all’oppressione globale, alla schiavitù delle menti e dei cuori e all’appiattimento, anzi alla distruzione, di ogni differenza e identità culturale.
In questa situazione, è evidente che la mia traduzione, proprio perché voluta dall’Autore e da coloro che lo amano davvero, non può rimanere sugli scaffali accomunata a chi la gestisce come un fustino di detersivo. 
E visto che l’ultimo solone comparatore ha decretato in proposito che «il budino si giudica all’assaggio», che il web è pieno di «ingenui» (leggi “ignoranti”) che non capiscono «il respiro vibrato che emerge dal ritmo quando si svolge l’azione e l’indulgenza nelle manifestazioni climatesche avvolgenti», e che infine le «indicazioni (dell’Autore) per i traduttori non sono vincolanti», ma che contano soltanto – così decretano i veri competenti – le «isotopie semiotiche», gli “ingenui” converranno con me che la traduzione approvata da Tolkien debba essere sottratta una volta per tutte a cotanto editore, che, senza neppure rendersene conto, è il primo e autentico nemico di un suo stesso Autore. 
Un Autore amato da milioni di lettrici e lettori che vi ritrovano la bellezza e l’importanza di combattere per preservare le proprie radici, nonché la sofferenza e i travagli di chi si oppone e continua a opporsi all’“oscuro potere” che, sotto la vecchia e marcia insegna dei “tempi nuovi”, nasconde l’asservimento dei corpi e delle intelligenze sotto il nome di libertà.

Vittoria Alliata di Villafranca
31 dicembre 2019



Quanto costa (e costerà) al signor Giunti la Guerra dell’Anello?

Come tutti oramai sanno, dal 1 gennaio non c’è più in libreria Il Signore degli Anelli di JRR Tolkien. Un caso unico in Europa, che misura con specchiato rigore una strategia di rimozione e controllo all’interno del mondo editoriale italiano di gloriosa matrice ideologica proletkult/paleocomunista/nordcoreana. E che piove, pesantissima, nelle tasche di un editore fiorentino che con tutta evidenza non se l’aspettava: il signor Giunti, delle omonime celebri edizioni, che probabilmente era convinto di fare un bell’affare acquisendo le edizioni Bompiani… e che all’inizio della questione, parlandone di persona, era convinto di aggiustare le cose alla svelta: è o non è il proprietario? Ignorando il peso del kombinat politico-giornalistico che si è trovato – è il caso di dirlo – in casa.
Ora, dopo 40 anni di associazionismo tolkieniano e altri 40 anni di pratica editoriale (ossia cose estranee ai più come diritti, contratti, accordi, prassi, leggi italiane…), essendo stato portato a conoscenza di alcune amenità, errori (io credo del tutto voluti) ed omissioni sulla vicenda Alliata-Bompiani pubblicate su circuiti autoreferenziali di estrema sinistra1, ed essendo stato testimone diretto di quasi tutta questa stagione (a differenza di chi ama parlarne soprattutto senza averla vissuta), credo opportuno far emergere alcuni dati di realtà. Che esiste, e non coincide con le rappresentazioni di chi applica alla realtà la massima rivoluzionaria “quando i fatti confliggono con le mie idee, tanto peggio per i fatti”.
E cominciamo dal fondo.

La vittima designata.
Il povero signor Giunti, secondo quanto confidato ad un suo e nostro grande Autore, cui non poteva negare né udienza né un parere, era convinto di chiudere la querelle apertasi fra la Vittoria Alliata di Villafranca e Bompiani in merito ai diritti di traduzione non pagati de Il Signore degli Anelli (per tre anni, a quanto risulta alla Traduttrice, non contestata in ciò dalla controparte) su un piano usuale in questi casi, ossia commerciale e quasi amichevole. Talmente convinto da essersi sbilanciato in questo senso non solo con l’autorevole tramite, ma anche con la diretta interessata. Nel giro di pochi giorni si è reso conto che a volte il proprietario è l’ultimo a sapere le cose ed ad aver diritto di parola: una figura povera assai, sintetizzata in una mail tanto imbarazzata quanto pregna di attestazioni di impotenza, agli atti.
Il fatto è che il kombinat che da anni lavorava, dentro e fuori la casa editrice, per demolire una presunta “egemonia neofascista” negli “studi tolkieniani”, dopo essersi un poco scaldata i muscoli con l’operazione Lettere di Tolkien, sostituendo alla precedente tramite una fitta opera di lobbying nei corridoi una nuova traduzione alla precedente (che in sé è un mediocre esempio di terrapiattismo socialista, quindi destinato a riscuotere ben poco interesse), stava da tempo puntando su un bersaglio più alto e simbolico (“colpiscine uno per educarne cento”), la traduzione di Vittoria Alliata de Il Signore degli Anelli, il cui cambio a loro parere costituirebbe nientepopodimenoché l’alba di una “nuova era”, auspicabilmente proletaria ed antifascista, che si apre accompagnata dalla morte di Christopher Tolkien. E non aveva certamente intenzione di farsi mettere i bastoni fra le ruote da un proprietario qualsiasi. Era il tempo in cui Renzi era ancora nel PD. C’entra? C’entra.

Bompiani, fine anni ’90.
Chi scrive è stato per molti anni vice-presidente della Società Tolkieniana Italiana, ed in questa veste, assieme allo storico e probabilmente unico Presidente della STI, Paolo Paron, ebbi l’avventura di essere accolto al Soglio milanese dell’editrice dopo la cannibalizzazione di Rusconi e lo spacchettamento dei suoi diritti editoriali. Si trattava di iniziare col nuovo Editore quella collaborazione che già col vecchio era iniziata. Ora, rammento col sorriso il cipiglio dell’allora direttore editoriale Bompiani, che ci accolse con le mani giunte e il volto austero e leggermente schifato, premettendo che lui personalmente era amico di Alberto Moravia e Umberto Eco. Pover’uomo, cosa doveva fare per vil denaro… stampare addirittura le opere di Tolkien… una sofferenza proletaria profonda forse lenita dai profitti così borghesemente intascati... Chi c’era ricorderà la storica visita del Moravia accompagnato da Dario Bellezza all’ItalCon di Montepulciano del 1986, il suo gretto materialismo socialista, la sua scomunica del fantastico come “letteratura escapista piccoloborghese”, e quanta rabbia in corpo dei tanti studiosi e scrittori di fantastico di sinistra, spesso cari amici lì presenti… (ma che volete che ne sappiano l’AIST e Vu’Minchia…) Insomma, questo era il clima più di vent’anni fa, e non abbiamo alcuna evidenza che – in tema di conservazione - il crollo del Muro abbia cambiato alcunché. Semmai si dimostra la veridicità di un principio caro alla cultura ermetica tradizionale (così cara anche a VM) secondo cui “il simile attira il simile”.

Una proposta che non potete rifiutare…
Rapidamente messo da parte il signor Giunti nella gestione delle trattative con l’Alliata, si sono presentati per farlo alcuni avvocati scelti direttamente da Bompiani. Ora, i dettagli del rapido scambio e rottura fra le parti, pubblicamente esposti dalla Alliata, non hanno incontrato alcuna contestazione da parte della controparte, per cui possono esser presi come veridici. E prendendoli sul serio da Editore non posso che dire che se gli avvocati di Bompiani avessero voluto far saltare ogni trattativa con la Alliata avrebbero dovuto fare esattamente come han fatto. E quindi, lo deduco per rispetto alla loro professionalità, questo era il loro obiettivo fin dall’inizio. 
Basti mettere in fila alcune evidenze:
a) L’oggettivo stato di debito e fallo di Bompiani nei confronti dell’Alliata per i diritti non pagati, e soprattutto per il contratto non rinnovato alla scadenza. Per un’opera come Il Signore degli Anelli una prassi editoriale del genere è più che dilettantesca, è suicidaria. O è una scelta precisa da parte dell’Editore, che certamente non può pensare che, legittimamente, il traduttore non se ne accorga… E parliamo di un silenzio di Bompiani durato anni, non settimane… Quindi, vi sarebbero tutti i componenti per presupporre una precisa volontà ai danni della traduttrice. Ma perché porre le basi di un conflitto processuale che l’editore poi quasi certamente perderà?
b) La quale traduttrice, poi, non è una ragazzetta di 25 anni presa per il collo dall’editore di turno e sottopagata, come purtroppo sempre più spesso accade, per il proprio lavoro. Bompiani sa di aver a che fare con una persona che non ha paura ad affrontare la mafia in Sicilia, figuriamoci Bompiani a Milano o Giunti a Firenze.
c) Il Signore degli Anelli non è un’opera che gira solo tra gli aficionados che reciprocamente si parlano bene addosso, come i testi dell’AIST: è un best-seller internazionale, con numeri da capogiro. Non abbiamo numeri ufficiali in mano (a dispetto dell’editore li otterrà la Alliata in tribunale), ma siamo modesti se ipotizziamo una vendita di almeno 10.000 copie all’anno. La questione dei diritti lievita, ovviamente, in proporzione.
d) A fronte di tutto ciò, dopo aver fatto scorrere tempo inutile di fronte alle diffide dei legali dell’Alliata (così, tanto per far alzare la temperatura della trattativa…), essa scrive che gli avvocati di Bompiani le mandano una proposta non aperta ed interlocutoria, come da prassi ed ovvia strategia legale in questi casi (chi lavora sa bene che una causa a proprio carico è già una prima sconfitta per i costi, i tempi, l’aleatorietà della giustizia in Italia etc.), ma “prendere o lasciare”, poggiata su due richieste che nemmeno la ragazzetta di 25 anni di cui sopra potrebbe ingoiare per non morire di fame; e ce le elenca la stessa Alliata:
d1) «l’obbligo di sottoscrivere un rinnovo del contratto di traduzione per 10 anni, che includesse e sanasse il passato, a una cifra annua di 880 Euro.»
d2) «era in corso una revisione del mio testo, di cui mi si sarebbe “dato conto nel dettaglio, se lo desideravo (sic!) una volta concluso il lavoro di revisione, a settembre”» e quindi «l’obbligo di una revisione del mio testo “sotto tutela”».
In tema, gli Editori sanno bene che le leggi europee sul diritto d’Autore impediscono di manipolare le traduzioni in loro possesso e regolarmente contrattualizzate senza il consenso previo e scritto del traduttore medesimo. Anche perché una nuova traduzione come tale accettata, anche con la stessa firma, è “nuova opera dell’ingegno” e quindi sfugge alle garanzie sottoscritte dalle parti nel contratto precedente, esigendo una nuova contrattualizzazione.
e) In sintesi, non solo si sottraevano alla traduttrice i denari a lei dovuti da anni, ma la si voleva sottopagare con una cifra annuale che sulla base del contratto esistente copriva sì e no la vendita di 400-500 copie del libro (contro le 10.000 da noi ipotizzate assai cautamente), con ciò azzerando anche il vulnus dato dal contratto scaduto.
f) E per giunta le si chiedeva di accettare che “qualcuno” (non si sa chi, anche se a questo punto delle idee ce le siamo fatti venire) avrebbe avuto il diritto di metter mano alla sua traduzione con o senza il suo consenso, imponendole le proprie modifiche ed azzerando quindi le precedenti tutele sia economiche che contenutistiche (nuova traduzione = nuova opera dell’ingegno).
g) In tema di registri linguistici, e chiedendo venia agli avvocati della Bompiani se qui ci riferiamo al contesto culturale dell’AIST, credo che nemmeno il nostro baldo Arduini possa obiettare alla definizione di tutto ciò come di una sòla plateale, anzi, fin troppo plateale.
h) E che gli avvocati di Bompiani avessero già ampiamente previsto e ragionevolmente prevenuto l’ineluttabile rifiuto della Alliata a fronte di queste condizioni capestro è provato dall’ultimo argomento da loro avanzato a chiusura dei contatti diretti e che lei stessa riporta: «“oltre a non accettare di revisionare la propria traduzione, la sua cliente sceglie di affossarla – ora e in via definitiva – con il ritiro dal commercio”»; ovvero, un vero e proprio ricatto, oltretutto ripreso rapidamente con toni esaltati e millenaristici da Vu’Minchia come conferma finale del trionfo - per mancanza di avversari - della traduzione del GT (l’inutile fatica); affermazioni avventate sulla cui attendibilità sarà necessario soffermarsi più diffusamente in altra sede (non si può pretendere che chi si è formato nella Corea del Nord conosca le leggi del bieco capitalismo europeo). Un ricatto che chiunque fosse dotato di un minimo di fibra morale non poteva che rimandare al mittente.
i) Giunti/Bompiani è certamente un grande editore, ma per ritirare un libro di grande diffusione come Il Signore degli Anelli dalle librerie italiane ci vogliono mesi di preparazione, come ogni editore ben sa, fatta di sensibilizzazione dei distributori regionali, delle librerie, etc. A dicembre 2019 tutto risultava ancora aperto, in fieri. Le librerie vendevano Il Signore degli Anelli liberamente e senza limitazioni. Nel nostro caso, invece, addirittura in piene festività natalizie parte la macchina nazionale ed alla data del 7 gennaio 2020, come abbiamo potuto notare personalmente, les jeux sont faites. Miracolo di una mirabile organizzazione editoriale o organizzazione della procedura di ritiro del volume in ampio anticipo, attendendo o addirittura anticipando il frutto necessitato della trattativa fasulla, ovvero della sòla, ossia il rifiuto dell’Alliata? Anche qui sarà il tribunale ad avere l’ultima parola.
j) Quindi appare assai probabile che non sia stata la Alliata a voler ritirare la sua traduzione dal commercio, ma gli avvocati di Bompiani a porla in condizioni tali da costringerla a rifiutare proposte indecenti a salvaguardia della propria dignità professionale e personale. Questi sono i fatti, del tutto evidenti a chiunque li guardi sapendo come funziona l’editoria senza fette di prosciutto sugli occhi. E ricordando che anche Goethe sperava che esistesse un inferno fatto apposta per questa categoria professionale cui anch’io (ahimé) appartengo.

Qui rimanendo, la parola è oramai consegnata ai tribunali della Repubblica, che sono sempre abbastanza lenti ma alla fine arrivano anche a sentenza; sulla base della giurisprudenza più consolidata in argomento cerco quindi di mettere in fila (ché l’intelletto vacilla…) i rischi pecuniari che il povero sig. Giunti potrebbe dover affrontare per questa vicenda che si è voluta non sanare in maniera dignitosa. Rischi che si aggiungono ai danni che la Bompiani dovrà subire per il ritiro dal mercato e la macerazione delle copie esistenti del Signore degli Anelli su tutto il territorio nazionale, aggiunti a quelli della mancata vendita del testo per X anni. L’ipotesi che Vu’Minchia agita in rete, che l’inutile fatica del GT riesca a vendere quanto la traduzione precedente, visti i dati disponibili (as es. su Amazon) è come il comunismo: un periodo ipotetico di irrealtà.
E l’elenco di questi rischi è, purtroppo, impressionante.

1. Spese legali proprie per una causa civile di importo complessivo di numerose centinaia di migliaia di euro, per i tre gradi di giudizio (una decina d’anni di durata complessiva, in media).
2. Risarcimento per i diritti di traduzione delle copie del Signore degli Anelli traduzione Alliata vendute dalla scadenza del contratto fino al ritiro della medesima (3 anni e qualche mese), più rivalutazione ed interessi.
3. Risarcimento per l’utilizzo della traduzione a contratto scaduto per più di tre anni.
4. Risarcimento «per la manipolazione da parte di terzi» (della traduzione a firma Alliata) «già attuata nella versione Ebook» de Il Signore degli Anelli, come lei stessa segnala.
5. Risarcimento per le spese legali sostenute dalla controparte per tutti i tre gradi di giudizio, qualora risultasse vincente, evento a questo punto francamente MOLTO probabile.
6. Risarcimento per lucro cessante: se la responsabilità del fallimento delle trattative venisse addebitata alla cattiva volontà dell’Editore (come è possibile), quanto potrebbe chiedere la traduttrice a titolo di risarcimento per i diritti che legittimamente avrebbe potuto incassare dal ritiro dell’opera fino alla data della sentenza?
7. Danni morali e reputazionali, avendo l’Editore sostenuto per iscritto, tramite i suoi legali, che la Alliata è una traduttrice che ha bisogno della tutela di un altro professionista per poter pubblicare la propria traduzione de Il Signore degli Anelli presso Bompiani.
8. Danno esistenziale, etc.

In sintesi, un vero affarone. Dapprima il povero signor Giunti si è trovato a dover obbedire alle indicazioni del kombinat interno…, che in tal modo ha dimostrato a lui, ai suoi ospiti ed a tutti noi chi comanda in casa sua. Ma intanto paga…
Poiché un Editore attento se non altro al proprio tornaconto si sarebbe comportato ben diversamente, e non so dire se oggi sia possibile recuperare il terreno perduto. Anche se forse varrebbe la pena da parte sua provarci.
Sappia quindi che in questa triste circostanza ha veramente tutta la nostra editoriale comprensione, temperata tuttavia dall’attenta valutazione delle conseguenze storico-dialettiche del celebre verso di un suo reazionario conterraneo che in quanto tale noi amiamo molto: «Chi è causa del suo mal…».

Adolfo Morganti


Note
1. Trattasi dell’AIST e del bizzarro Vu’Minchia (utilizzo in questo scritto, come anche altrove, la traduzione in napoletano dello pseudonimo cinese scelto dal Vu’Minchia, frutto dell’immensa perizia linguistica, stilistica e simbolica di Settimio Riposo, il Grande ed Indiscutibile Traduttore [d’ora in poi GT], recentemente premiato dall’Accademia delle Scienze di Pyongyang come “Gran Traduttore del Popolo” 2019).
2. Siccome di mestiere faccio lo psicoterapeuta, l’etica professionale mi impedisce di commentare in sede pubblica le psicopatologie altrui.
3. Il Dizionario Treccani in rete così definisce lo spettro semantico del termine sòla: s. f. [propr. voc. di suola], region. – 1. Raggiro, imbroglio, truffa. 2. (anche m.) (estens.) Persona che ha l’abitudine di imbrogliare, di raggirare; imbroglione.






9 commenti:

  1. Il Signore degli anelli è un'opera meravigliosa che rimanda alla nostalgia di un mondo dove bene e male erano principalmente divisi e si combattevano. Ora sono dentro ciascun uomo in parti uguali, non c'è il buono e il cattivo nel senso pieno del termine e la battaglia è molto più subdola, interna e pericolosa. Sul fatto che sia un'opera cattolica, per me lo è ma non totalmente, perchè è influenzata dai miti celtici, dalla cultura ariana vedica. Per alcuni aspetti ricorda il Ramayana e il Mahabharata (anch'essi più indoeuropei che indiani). Del resto Roma deriva da Rama e ha come città opposta Ravenna che deriva da Ravana (il nemico di Rama), ma queste cose a scuola non le insegnano perchè viene tutto occultato, come che che i giudei vengono dalla tribù degli Yadu. La stella di Davide è la stesso simbolo di Krishna sceso 5000 anni fa e infatti gli ebrei calcolano il loro calendario da 5000 anni. A chi piace vedere questo genere c'è il bellissimo Mahabharata di Peter Brook

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    1. Contributo interessante. Grazie gian.

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    2. Unità trascendente delle religioni.

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  2. Tolkien va letto in inglese. Non conosco le varie traduzioni in italiano, ma dubito che gli si possa rendere giustizia comunque.

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    1. Non tutti sanno l'inglese bene quanto lei da poter sostenere una lettura di tali tomi! Siccome appunto come dice lei, non conosce le traduzioni in italiano, non può esprimere giudizi, improntati solo su un "dubito che...".
      Forse lei che legge solo testi in inglese, non ha letto il nostro post perchè era in italiano: in esso si dice che la prima traduzione di Vittoria Alliata di Villafranca era stata approvata dallo stesso Autore a suo tempo.
      Quindi essa gli rende giustizia. A meno che lei non pretenda di saperne di Tolkien più di Tolkien stesso...

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    2. I giudizi li posso esprimere eccome! Di traduzioni ne ho viste e fatte tante da diverse lingue per sapere che anche la migliore versione sarà sempre un adattamento approssimativo di espressioni che non in tutte le lingue esistono, e questo a prescindere dall'avallo o meno dell'autore.
      Il tono da maestrino stizzito è proprio fuori luogo...neanche la traduzione l'avessi fatta te.

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    3. Veramente il primo ad aver assunto un comportamento da "maestrino" (io leggo solo in inglese, quella in italiano non l'ho letta e quand'anche so già a priori che non è perfetta) l'ha assunto lei.
      Se l'autore l'ha avallata, non può lei dire che comunque "non rende giustizia".
      Forse, a questo punto, mi viene da pensare che quelle che fa lei, di traduzioni, non rendono giustizia.
      Saluti

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    4. Ma che stai dicendo? Come si fa a vedere in una frase neutra come "Tolkien va letto in inglese" un atteggiamento da maestrino? Che le mie traduzioni non rendano giustizia è un dato di fatto, non mi offendo certo, non è che perché tu sei permaloso, tutti devono essere permalosi. Qualunque traduzione è un'approssimazione nel migliore dei casi, una forzatura nel peggiore. Spesso è una miscela delle due cose. Finché si tratta di tradurre il manuale del frigorifero conta poco, ma opere di alta letteratura o, peggio ancora, in poesia, sono semplicemente intraducibili. Le traduzioni pubblicate possono far capire cosa succede, ma non è certo la rappresentazione fedele di quello che viene detto in un'altra lingua. Allitterazioni, ritmi delle parole e delle frasi, modi di dire o frasi fatte sono talmente diversi da lingua a lingua, che cercare di renderle è assolutamente impossibile, oltre che inutile. Leggi la traduzione di Vincenzo Monti dell'Iliade...è un'opera splendida, ma perché è una splendida poesia in italiano...non mi aspetto certo che traduca fedelmente la poesia greca. E lo stesso si può dire per Shakespeare o Milton, Dante o Leopardi, Dostoevskij, Goethe...non mi sembra di affermare niente di blasfemo. Poi se a qualcuno salta la mosca al naso per tale ovvietà, è un problema suo.
      E tu saresti un "moderatore" che approva i commenti degli altri? E i tuoi chi li approva? Che toni, mamma mia!

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  3. Solo in Italia poteva crearsi una simile situazione.....terra piatta?il nostro cervello vogliono appiattire.

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