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domenica 1 marzo 2020

Magister: Dall’Oriente non luce ma buio. Strani ricambi nella curia romana

Mala tempora currunt.
Luigi

Settimo Cielo, 28-2-20
Fondata poco più di un secolo fa, la congregazione per le Chiese cattoliche orientali ha il mandato di “favorire la crescita” di quelle Chiese e “mantenere vive e integre” le rispettive tradizioni.

Ma il doppio recente ricambio al vertice della congregazione sembra contraddire in pieno tale mandato, se si guarda all’identità dei due nominati e ai criteri della loro scelta.
Il nuovo segretario della congregazione per le Chiese orientali, nominato il 25 febbraio, è Giorgio Demetrio Gallaro (nella foto), 72 anni, finora vescovo di Piana degli Albanesi, una delle diocesi italiane di rito greco.

A Piana degli Albanesi molti hanno salutato con sollievo la sua partenza, perché Gallaro non si è mai distinto nel sostenere le tradizioni orientali. Così ne tracciava il profilo www.chiesa in un servizio del 2016:

“Siciliano, canonista, già di rito latino prima di emigrare temporaneamente in America, Gallaro non parla l'albanese, non ama il greco e cerca di imporre l'uso dell'italiano. Incurante delle prescrizioni liturgiche, va a celebrare anche nelle chiese latine dell’eparchia, indossando paramenti latini. Ha accorciato le solenni liturgie bizantine della settimana santa, per lui troppo prolisse, ma alle quali la popolazione è molto affezionata. Sta man mano allontanando dalla cittadina capoluogo dell'eparchia i preti di rito greco, alcuni sposati e con prole, rimpiazzandoli con preti latini. E anche alla Martorana di Palermo, su cui ha giurisdizione, ha interrotto la storica sequenza dei ’papàs’, dei parroci italo-albanesi”.

Viceversa, nel più vasto mondo delle Chiese orientali la nomina di Gallaro è stata accolta con comprensibile delusione. Ritrovarsi come segretario un personaggio non soltanto apertamente latinizzante, ma anche nato, cresciuto e formato nel rito latino, non è un buon segnale per chi si aspetta dalla congregazione un convinto sostegno alle tradizioni d’Oriente. Alla sua nomina deve aver contribuito l’amicizia con Marcello Semeraro, il vescovo di Albano che Francesco ha voluto vicino a sé fin dagli inizi del pontificato, come segretario dei 9 cardinali – oggi calati a 6 – che formano l’alto consiglio del papa.

Quanto al precedente segretario della congregazione per le Chiese orientali, l’arcivescovo Cyril Vasil, è stato rispedito il 20 gennaio nella sua Slovacchia, come amministratore apostolico della diocesi di Kosice per i cattolici di rito bizantino.

Vasil è gesuita, ma non particolarmente caro a papa Francesco, specie dopo che nel 2015, nell’intervallo tra i due sinodi sulla famiglia, si schierò pubblicamente contro la comunione ai divorziati risposati.

E infatti, più che una promozione, il nuovo ruolo dato a Vasil è un declassamento. La sua ambizione era di tornare in patria come arcivescovo maggiore di una inedita e transnazionale Chiesa dei ruteni, con sede metropolitana a Presov, che avrebbe riunito slovacchi, croati e ungheresi di rito greco-cattolico, con in più l’annessione di una diocesi ucraina, quella di Mukachevo, anch’essa popolata da ruteni, per un totale di circa 200 mila fedeli.

Alla Chiesa greco-cattolica dell’Ucraina questo progetto naturalmente era poco gradito. Essa contava piuttosto sulla promozione a Roma, come nuovo segretario della congregazione, di un suo vescovo, Teodor Martynyuk, ausiliare della diocesi greco-cattolica di Ternopil.

Ma né l’uno né l’altro obiettivo è andato a segno. Invece che l’ucraino Martynyuk – o comunque un altro orientale – è stato fatto segretario un italiano latinizzante. Mentre Vasil è solo amministratore provvisorio di una diocesi subordinata a Presov, quella di Kosice, il cui vescovo, Milan Chautur, è tuttora in sede, sia pure sotto inchiesta da parte della congregazione per la dottrina della fede per accuse di molestie sessuali ai danni di una minorenne.

*

Non meno problematica è anche l’altra recente nomina nella congregazione, quella del nuovo sottosegretario, resa pubblica il 3 febbraio.

Anche qui il promosso è un italiano, Flavio Pace, 43 anni, proveniente dall’arcidiocesi di Milano e privo di qualsiasi titolo di competenza in cose orientali che non sia una vaga “certificazione in islamistica”, ma forte d’essere stato in questi ultimi anni il segretario del prefetto della congregazione per le Chiese orientali, il cardinale argentino Leonardo Sandri.

E anche qui la nuova nomina segna un ulteriore passo all’ingiù nel declino già prodotto dal predecessore, Lorenzo Lorusso, domenicano, molto criticato sia in curia sia nei circoli delle Chiese orientali, ma sorretto dal sodalizio con l’allora segretario della congregazione, l’arcivescovo Vasil.

Entrambi erano canonisti ed entrambi insegnavano diritto canonico nel Pontificio Istituto Orientale. E quando il 14 settembre 2019 procedettero alla loro ultima infornata di consultori della congregazione, ben 7 su 9 dei chiamati erano anch’essi professori di diritto canonico, col conseguente malumore nelle Chiese cattoliche d’Oriente, vistesi trattate come problema giuridico invece che come ricchezza ecclesiologica.

Sta di fatto che quando per Vasil si profilò l’allontanamento da Roma, anche per Lorusso la sorte fu segnata. Con lettera in data 15 novembre 2019, allo scadere esatto del suo quinquennio come sottosegretario, ricevette l’ordine di liberare il suo ufficio e di fare ritorno tra i domenicani di Puglia, da dove era venuto.

Il brusco licenziamento allo scadere del quinquennio è la pratica ora adottata in curia per liberarsi da persone sgradite in alto, come già è accaduto più in grande con il cardinale Gerhard Müller, quando fu rimosso da prefetto della congregazione per la dottrina della fede.

Ma se il ricambio poi avviene come nella congregazione per le Chiese orientali, niente assicura che l’imminente riforma della curia romana, tanto decantata, segnerà un reale miglioramento, nelle strutture e soprattutto negli uomini.

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