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venerdì 15 marzo 2019

Il “caso Cremona”: mosca bianca o mosca cocchiera?


Situazione in evoluzione e potenzialmente foriera  di qualche novità: 
"Ed anche in questo Cremona non è una mosca bianca. Infatti, quella sviluppatasi sotto il Torrazzo non è altro che una nuova manifestazione della sempre più diffusa tendenza dei laici cattolici a non restare silenti di fronte alla molteplice crisi – liturgica, dottrinale, morale – che travaglia attualmente la Chiesa. Una tendenza di cui la difesa della liturgia tradizionale, specie quando essa appare particolarmente minacciata, non può che costituire un momento qualificante. Da Cremona, dunque, sembra giungere un messaggio chiaro: la Messa antica è ormai pienamente rientrata nella vita spirituale di tanti buoni cattolici, che non resteranno muti e passivi spettatori se si cercherà ingiustamente di toglierla loro".
Per la storia della Messa Negata a Cremona vedi MiL (QUI e QUI)
Luigi


13 Marzo 2019, Corrispondenza romana

(di Enrico Roccagiachini) La vicenda della Messa antica impedita dal Vescovo di Cremona è nota da giorni, ed è sufficiente ricapitolarla brevemente.
Nel 2009, un primo tentativo di avviare una celebrazione regolare in diocesi si scontra con l’allora Vescovo, mons. Dante Lanfranconi: che oppone un bel niet, senza troppe spiegazioni, se non quelle, già allora consunte, dell’ideologismo antitradizionale. Anche dopo l’intervento della Commissione Ecclesia Dei, nulla da fare.

Nel 2016 giunge a Cremona il nuovo Ordinario, mons. Napolioni, e i fedeli tornano alla carica. Si sono preventivamente assicurati la disponibilità di una chiesa, il consenso del parroco, e pensano che sia impossibile un diniego giuridicamente difendibile. Ma anche mons. Napolioni oppone un netto niet, per ragioni sostanzialmente identiche a quelle del predecessore.

Anche questa volta segue il ricorso all’Ecclesia Dei. Come dieci anni prima, ai fedeli non viene spiegato che cosa sia intercorso tra la Curia e la Commissione: si sa solo che, di nuovo, la Messa non ha via libera. Poco dopo, però, un giovane padre barnabita, dato che il Motu Proprio glielo consente, inizia a dire con regolarità la Messa tradizionale.

E poiché il Summorum Pontificum stabilisce che alla Messa possano partecipare coloro che spontaneamente lo richiedano, si forma in breve una comunità di cinquanta-sessanta fedeli, età media intorno ai 30 anni. Il che, evidentemente, non piace in curia. Dove il giovane barnabita viene convocato insieme al suo superiore – che non aveva nulla da ridire sulla celebrazione – per essere sinteticamente informato che quella Messa non s’ha da dire. Sicché dall’11 febbraio riprende pieno vigore il regime del niet incondizionato.

Ma questa volta intervengono i giornali, persino il Corriere della Sera. Si chiedono come mai il vescovo di Cremona s’incaponisca contro questi poveri fedeli che vorrebbero pacificamente ascoltare nella loro diocesi, come semplici cattolici uguali a tutti gli altri, una Messa pienamente lecita e legittima. Alla fine, intervistato da La Provincia di Cremona, parla addirittura il Card. Re: pur non essendo un fan della liturgia tradizionale, non capisce perché a Cremona sia impossibile ciò che nel resto del mondo è normale (o, aggiungiamo noi, quasi…).

Cremona mosca bianca, dunque? Oppure mosca cocchiera di un qualche scenario futuro che, francamente, non potrebbe che spaventarci?

In effetti, negli ultimi mesi si è ripetutamente vociferato di attacchi più o meno espliciti al Motu Proprio in sede CEI, dell’auspicio che sia ripristinato il precedente regime indultista, della volontà di ricacciare i coetus fidelium nella solita riserva indiana. Ha destato preoccupazione il ridimensionamento della Commissione Ecclesia Dei, e sono noti i salmi imprecatori composti da Andrea Grillo contro il Summorum Pontificum ed il suo autore.

Tuttavia, in questo nuovo clima almeno apparentemente tempestoso per la Messa antica, la vera novità non è la recrudescente ostilità antitradizionale, ma il fatto che l’opinione pubblica – anche quella meno attenta alle questioni liturgiche – stia in qualche modo aprendo gli occhi, in parallelo ad un’ugualmente rinnovata reazione dei fedeli, nello specifico di quelli cremonesi. «Non sono un frequentatore di messe VO», ha scritto Matteo Matzuzzi su Twitter, «ma mi domando: che problemi ha il vescovo di Cremona nel negare ai fedeli che lo chiedono una messa perfettamente lecita secondo un rito autorizzato dal Papa? Chi è in questo caso il rigido che si fa guidare dall’ideologia?».

Il tweet di Matzuzzi ha colto esattamente il punto: contro la Messa antica si è scatenata, o sta per scatenarsi, una guerra che ha solo motivazioni ideologiche, e che non concerne veramente il bene dei fedeli. È a casi come questo, piuttosto che ad altri ancorché assai più eclatanti, che si adatta l’accusa di clericalismo e di abuso di potere, che oggi risuona frequentemente e nei massimi consessi ecclesiali.

L’opinione pubblica l’ha intuito, indirizzando spontaneamente il suo sostegno alla battaglia dei fedeli cremonesi. I quali, abbandonato l’atteggiamento di rassegnata impotenza che forse li segnò nel 2009, questa volta hanno deciso di non nascondere il loro dolore per l’ingiustizia subita, tanto da attirare sul caso l’attenzione della stampa.

Ed anche in questo Cremona non è una mosca bianca. Infatti, quella sviluppatasi sotto il Torrazzo non è altro che una nuova manifestazione della sempre più diffusa tendenza dei laici cattolici a non restare silenti di fronte alla molteplice crisi – liturgica, dottrinale, morale – che travaglia attualmente la Chiesa. Una tendenza di cui la difesa della liturgia tradizionale, specie quando essa appare particolarmente minacciata, non può che costituire un momento qualificante.

Da Cremona, dunque, sembra giungere un messaggio chiaro: la Messa antica è ormai pienamente rientrata nella vita spirituale di tanti buoni cattolici, che non resteranno muti e passivi spettatori se si cercherà ingiustamente di toglierla loro. (Enrico Roccagiachini)

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