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giovedì 19 aprile 2018

Paolo VI e la riforma liturgica. La approvò, ma gli piaceva poco?

Riportiamo di seguito - da Settimo Cielo di oggi -  alcune annotazioni di Paolo VI, riportate da Mons. Sapienza, attuale reggente della Prefettura Apostolica (e certamente non accusabile di simpatie tradizionaliste...) che sono veramente significative a proposito di come la riforma liturgica del NOM - come hanno riportato molti altri testimoni - sia stata anche fatta "malgrado" Paolo VI e sotto la totale e assoluta volontà di Mons. Annibale Bugnini (poi improvvisamente esiliato da Paolo VI a Teheran e con molte chiacchiere su una sua supposta affiliazione alla massoneria).


Visto però che non è la prima volta che escono certe notizie (famosa è  la vicenda della presunta ignoranza di Paolo VI sull'abolizione dell'Ottava di Pentecoste, saputa "a cose fatte"), ci piacerebbe sommessamente sapere perchè Paolo VI stesso permise certe cose.
Misteri della fede.
Per leggere il post completo di Magister VEDERE QUI.
Per opportuna formazione dei nostri lettori, riportiamo (QUI)  il Breve esame critico del «Novus Ordo Missæ» presentato al Pontefice Paolo VI dai Cardinali Ottaviani e Bacci che così riportava: "[,,,] Come dimostra sufficientemente il pur breve esame critico allegato - opera di uno scelto gruppo di teologi, liturgisti e pastori d’anime - il Novus Ordo Missæ, considerati gli elementi nuovi, suscettibili di pur diversa valutazione, che vi appaiono sottesi ed implicati, rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio Tridentino, il quale, fissando definitivamente i «canoni» del rito, eresse una barriera invalicabile contro qualunque eresia che intaccasse l’integrità del magistero.[...]"
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Settimo Cielo 19-4-18
"Lo vuole il papa". È così che monsignor Annibale Bugnini (1912-1982), l'artefice della riforma liturgica che seguì al Concilio Vaticano II, metteva ogni volta a tacere gli esperti che contestavano l'una o l'altra delle sue innovazioni più sconsiderate.
Il papa era Paolo VI, che in effetti aveva affidato proprio a Bugnini il ruolo di segretario e factotum del consiglio per la riforma della liturgia, presieduta dal cardinale Giacomo Lercaro.
Bugnini godeva di pessima reputazione presso alcuni dei componenti del consiglio. "Scellerato e mellifluo", "manovratore", "sprovvisto di cultura come di onestà": così l'ha definito nelle sue "Memorie" il grande teologo e liturgista Louis Bouyer (1913-2004), stimatissimo da Paolo VI.
Il quale papa, alla fine, fu sul punto di fare cardinale Bouyer e punì Bugnini esiliandolo come nunzio a Teheran, resosi conto dei danni che aveva procurato e della falsità di quel "Lo vuole il papa" di cui il reprobo si faceva scudo.
Nei decenni successivi, comunque, gli eredi di Bugnini dominarono il campo. Il suo segretario personale Piero Marini fu dal 1983 al 2007 il regista delle cerimonie pontificie. E di recente sono usciti su Bugnini dei libri che ne esaltano il ruolo.
Ma tornando a Paolo VI, come egli visse la vicenda della riforma liturgica? I difensori della liturgia preconciliare additano in lui il responsabile ultimo di tutte le innovazioni.
In realtà tra Paolo VI e la riforma che man mano prendeva corpo non c'era affatto quella sintonia che i critici gli rimproverano.
Anzi, non poche volte Paolo VI soffriva per ciò che vedeva compiersi, e che era all'opposto della sua cultura liturgica, della sua sensibilità, dello spirito con cui lui stesso celebrava.
C'è un piccolo libro, uscito nei giorni scorsi, che getta una nuova luce proprio su questa personale sofferenza di papa Giovanni Battista Montini per una riforma liturgica di cui non condivideva tante cose:
In questo libro monsignor Sapienza – che dal 2012 è reggente della prefettura della casa pontificia – raccoglie varie pagine dei "Diari" redatti da colui che con Paolo VI era il maestro delle cerimonie pontificie, Virgilio Noè (1922-2011), poi divenuto cardinale nel 1991.
Con questi "Diari" Noè prolungò una tradizione che risale al "Liber notarum" del tedesco Johannes Burckardt, cerimoniere di Alessandro VI. Nel resoconto di ogni celebrazione Noè registrava anche tutto ciò che Paolo VI gli aveva detto prima e dopo il rito, compresi i suoi commenti a talune novità della riforma liturgica sperimentati per la prima volta in quell'occasione.
Ad esempio, il 3 giugno 1971, dopo la messa di commemorazione della morte di Giovanni XXIII, Paolo VI commentò:
"Come mai nella liturgia dei defunti non si parla più di peccato e di espiazione? Manca completamente l’implorazione alla misericordia del Signore. Anche stamattina, per la messa celebrata nelle Grotte [vaticane], pur avendo dei testi bellissimi, mancava in essi tuttavia il senso del peccato e il senso della misericordia. Ma abbiamo bisogno di questo! E quando verrà la mia ultima ora, domandate misericordia per me al Signore, perché ne ho tanto bisogno!".
E ancora nel 1975, dopo un'altra messa celebrata in memoria di Giovanni XXIII:
"Certo, in questa liturgia mancano i grandi temi della morte, del giudizio…".
Il riferimento non è esplicito, ma Paolo VI qui lamentava, tra l'altro, l'estromissione dalla liturgia dei defunti della grandiosa sequenza "Dies irae", che in effetti oggi non si recita né si canta più nelle messe, ma sopravvive solo nei concerti, nelle composizioni di Mozart, Verdi e di altri musicisti.
Un'altra volta, il 10 aprile 1971, al termine della veglia pasquale riformata, Paolo VI commentò:
"Certo che la nuova liturgia ha molto alleggerito la simbologia. Però la esagerata semplificazione ha tolto degli elementi che una volta facevano molta presa sull’animo dei fedeli".
E chiese al suo cerimoniere: "Questa liturgia della veglia pasquale è definitiva?".
Al che Noè rispose: "Sì, Padre Santo, ormai i libri liturgici sono stati stampati".
"Ma si potrà ancora cambiare qualche cosa?", insisté il papa, evidentemente non soddisfatto.
Un'altra volta, il 24 settembre 1972, Paolo VI replicò al proprio segretario Pasquale Macchi, che lamentava la lunghezza del canto del "Credo":
"Ma ci deve essere qualche isola in cui tutti si ritrovino insieme: ad esempio il 'Credo', il 'Pater noster' in gregoriano...".
Il 18 maggio 1975, dopo aver notato più d'una volta che durante la distribuzione della comunione, in basilica o in piazza San Pietro, c'era chi passava di mano in mano l'ostia consacrata, Paolo VI commentò:
"Il pane eucaristico non può essere trattato con tanta libertà! I fedeli, in questi casi, si comportano da… infedeli!".
Prima di ogni messa, mentre rivestiva i paramenti sacri, Paolo VI continuò a recitare le preghiere previste nel messale antico "cum sacerdos induitur sacerdotalibus paramentis" anche dopo che erano state abolite. E un giorno, il 24 settembre 1972, chiese sorridendo a Noè: "È proibito recitare queste preghiere mentre si indossano i paramenti?".
"No, Padre Santo: si possono recitare, se lo si vuole", gli rispose il cerimoniere.
E il papa: "Ma non si trovano più queste preghiere in nessun libro: anche nella sagrestia non ci sono più i cartelli… E così si perderanno!".
Sono piccole battute, espressive però della sensibilità liturgica di papa Montini e del suo disagio per una riforma che vedeva procedere fuori misura, come lo stesso Noè ha annotato nei suoi "Diari":
"Si ha l’impressione che il papa non sia completamente soddisfatto di quello che è stato compiuto nella riforma liturgica. […] Non sempre conosce tutto quello che è stato fatto per la riforma liturgica. Forse qualche volta gli è sfuggito qualche cosa, nel momento della preparazione e dell’approvazione".
Anche questo dovrà essere ricordato di lui, quando nel prossimo autunno Paolo VI sarà proclamato santo. [...]